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8. L'ASIA ANTERIORE DURANTE L'IMPERO NEO-ASSIRO


Ashshurbânipal (Assurbanipal) Re del Neo- Impero Assiro

 

Non conosciamo le ragioni prossime del cambiamento di dinastia nella casa regnante assira. Il "canone degli eponimi" registra per l'anno 746 una sollevazione nella città di Kalah, antica capitale dell'Assiria, essa fu forse la causa molto probabile della fine del governo di Ashshurnirâri. Da questa rivoluzione che scosse tutto il paese, uscì, sembra come usurpatore, un'illustre sovrano, che occupò il trono dell'Assiria col nome di Tiglathpileser (IV), restaurandone la potenza (745-727).

Già nel primo anno del suo governo i disordini di Babilonia, duramente provata dalle incursioni delle genti caldee, diedero a questo re il desiderato appiglio per sbarazzare il paese dagli invasori, ma anche per imporre, nello stesso tempo, la sovranità dell'Assiria a Nabonassar, il cui figlio Nabûnadinzîra (733-732) pare la riconoscesse senza opposizione.

Babilonia era allora appunto, a giudicare dalle notizie nelle liste di re, indebolita da dispute interne. Un rapido cambiamento di dinastia portò sul trono, nel 732, il governatore di una provincia, Nabûshumukîn; che però dopo appena un mese e mezzo fu cacciato dal principe caldeo Ukînzira.

Allora intervenne Tiglathpileser, togliendo di mezzo Ukînzîra e i suoi alleati ed assumendo ufficialmente il titolo di «re di Babilonia» e «re di Sumer e Akkad», col quale egli regnò in Babilonia, portando l'altro nome di Pûlu o Phul, forse il suo nome originario.
Grandiose spedizioni verso nord e ovest avevano preparato questa sua potenza. Urartu e le terre dei Nairi erano state di nuove ridotte in soggezione mediante successive imprese militari e i paesi di confine assicurati con fortificazioni.

Ma il punto centrale della politica fu da Tiglathpileser spostato verso occidente. Si intrapresero spedizioni marittime contro quasi tutti i principi della Siria. Il vittorioso sovrano ricorda con orgoglio, nelle sue epigrafi, i tributi cui assoggettò vari principi :
«... il tributo di Kushtashpi di Kutmmuch, di Rassunu (il Rezin della Bibbia) di Damasco, di Minichimmu (Menahem della Bibbia) di Samaria, di Chirummu (Hiram II) di Tiro, di Sibittibil di Byblos, di Urikki di Qui, di Pisiris di Karkemish, di Inil di Hamath, di Panammû di Samal, di Tarchulara di Gurgum, di Sulumal di Milit, di Dadil di Kaski, di Uassurmi di Tabal, di Ushchitti di Tuna (?), di Urballa di Tuchana (?), di Tuchammi di Ishtunda, di Urimmi di Chushimna (?) e della regina Zabibi di Arabia: oro, argento, piombo, ferro, pelli di elefanti », ecc.

Ci interessa specialmente, in questo elenco, la menzione di Panammû, essendosi trovata di questo re di Jaudi in Seng'irli, a fine secolo XIX, una statua (oggi nel Nuovo Museo di Berlino) con una iscrizione nel dialetto locale «cananeo», innalzata al re in Samal dal suo figlio e successore Birrekab.
Sulla stele é espressamente ricordato il nome di Tiglathpileser. Anche per la storia israelitica il suddetto elenco contiene un ben accetto punto d'appoggio da parte del re assiro: la notizia della soggezione di Menahem di Israele insieme a quella di Rezin di Damasco.
Essa voleva dire per Israele - dove dopo la morte di Geroboamo II avevano infuriato disordini e guerre civili - un nuovo riparo contro i nemici del regno, cui Menahem non aveva certo attratto a sé con mezzi legittimi: « Menahem diede a Phul cinquecento quintali d'argento perché stesse dalla sua parte e gli fosse di rinforzo nel regno », dice il racconto-cronaca del secondo libro dei Re (cap. 15, v. 19).

Ma anche il regno di Giuda, che con Athalja (cfr. sopra) aveva riacquistato solo temporaneamente la propria indipendenza contro Israele, viene ormai a trovarsi in posizione subordinata rispetto all'Assiria. Anche Azarja (in Assiro Azrijau), figlio e successore di Amazia, figlio di Joas, che a suo tempo era stato eletto dal partito sacerdotale a erede del trono contro Athalja, l'eroe della rivoluzione, é ricordato fra i tributari di Tiglathpileser.
Dopo che il suo nipote Ahas (in assiro Jauchazi) ebbe rifiutato di aderire ad una «lega» propostagli da Pekah (Paqacha), figlio di Menahem e da Rezin di Damasco, e gli alleati mossero all'assedio di Gerusalemme sua capitale, egli si rivolse al re assiro per aiuto, che gli fu di buon grado concesso.

L'esito della campagna assira non corrispose forse ai desideri di Ahas, che aveva sperato di guadagnarsi la supremazia su Israele. Tiglathpileser cominciò coll'assediare Damasco, limitando a Samaria il possesso territoriale di Pekah. Una rivoluzione là scoppiata sbalzò di trono il re: a successore fu proclamato il conquistatore assiro, Hosea (in assiro Ausia), lo stesso assassino del re. Non più tardi dell'anno seguente, con la morte di Rezin (732), Damasco piombò nell'estrema rovina. Caduta la città, ridotto il regno di Damasco a provincia assira, anche lo scarso territorio di Israele, la provincia di Samaria, dovette subire lo stesso destino.

Con la distruzione del regno di Damasco era scomparso l'unico stato che nell'Asia occidentale fosse di una certa importanza per l'Assiria, come nei tempi antichi lo stato dei Chatti e dei Mitanni per Babilonia. I principi sabei, con i quali in questo stesso periodo di tempo Tiglathpileser quasi venne a contatto, riconobbero di buon grado la sovranità assira. Nessun baluardo separò da allora in poi la potenza dell'Assiria da quella dell'Egitto; si capisce pertanto che, appunto dopo la soggezione di Damasco, l'Egitto venne a riprendere una parte nella politica dell'Asia anteriore.

(vedi la cartina dettagliata nella pagina del precente cap. 7 )

Del successore di Tiglathpileser, Salmanassar IV (727-722), che resse la Babilonia sotto il nome di Ululai, non si é trovata finora nessuna epigrafe reale. Stando alle notizie del Vecchio Testamento sembra che nei cinque anni del suo regno la fedeltà dei vassalli dell'Assiria nell'Asia occidentale cominciasse a vacillare. Per lo meno si narra che Hosea, fidando in un eventuale aiuto del re di Egitto, allora soggetto all'Etiopia, rifiutasse di pagare alla corona assira il tributo di Samaria.
Si sa poco come finisse il breve regno di Salmanassar. Ma l'usurpazione del trono in Assiria e un nuovo attacco dei Caldei in Babilonia fanno pensare a forti contrasti interni, causati probabilmente da questioni di culto religioso.

L'usurpatore salito al trono nel 722 fu però l'ultimo capostipite di una dinastia assira, saggio in politica, valoroso stratega e devoto alla patria: portò, come sovrano di Assiria e di Babilonia, il nome celeberrimo di Sargon (II), cioé di «re legittimo»: e a distinguerlo dal suo grande antenato le fonti lo chiamano talora «Sargon junior» (722-705). A glorificazione del suo nome e per ordine suo sorse alle falde del G'ebel Maglûb, nel luogo dell'odierno villaggio Khorsabad, la nuova capitale «Fortezza di Sargon» (DûrSharrukin).

L'impero universale assiro ascese sotto il suo governo al culmine della potenza. Il destino di Samaria, provincia assira, fu irrevocabilmente deciso (722). «Nel nono anno di Hosea il re conquistò Samaria all'Assiria e trasportò Israele in Assiria»: così narra il Libro dei Re e le notizie dei cuneiformi confermano con eguale precisione: «Io assediai Samaria e la espugnai e ne condussi via 27.290 abitanti come prigionieri di guerra».

Più lungo e faticoso fu l'installamento della potenza assira in Babilonia: il caldeo Merodachbaladan, aiutato dal re degli Elamiti Chumbanigash, resistette per dieci anni a Sargon, finché questi lo cacciò dalla capitale Dûrjakin verso l'Elam e si fece incoronare in Babilonia.

A questi tentativi di restaurare l'antica indipendenza di Babilonia pare debba attribuirsi il fermento manifestatosi in tutto l'occidente dell'Assiria, fino al Mediterraneo. Le spedizioni quindi intraprese da Sargon per mantenere la sovranità assira e per ampliarne il dominio sono i fatti d'arme più splendidi che la storia dell'Assiria registri. Una lega di Hamath con la città filistea di Gaza, cui avevano aderito diverse province assire della Siria, compresa Damasco, fu dispersa e resa innocua dopo due grosse battaglie.
Fu domata la sollevazione di Asdod, appoggiata da Giuda, Edom e Moab: Karkemish ridotta a provincia assira, e un buon numero di genti sabee fatte tributarie.
Fino a Cipro si spinsero gli eserciti assiri e sette re di quell'isola rimasero per lunghi anni dipendenti dell'impero.

Eppure proprio sotto il governo di Sargon comparvero per la prima volta gli indizi del gravissimo pericolo minacciante la esistenza dell'Assiria. Nella regione interna di Urartui a nord, del pari che a sud nella regione interna dell'Elam, crescevano le potenze ostili destinate alla rovina dell'impero.
Nella razza indogermanica germogliava la distruzione dei Semiti dell'Asia occidentale; e ne rimasero salvi solo le stirpi arabe, che quattordici secoli dopo dovevano riportare, da conquistatori, lo spirito semitico in buona parte di quel mondo.

Già al tempo di Sargon si era diffusa nel nord di Urartu una comunità di stirpi di origine indogermanica, note poi nella storia coi nomi di Sciti e Cimmerii. A tale emigrazione e diffusione è verosimile partecipassero anche i Medi, forse in origine apparentati cogli Elamiti e più tardi assimilati dagli Indogermani. Quando gli Assiri si furono aperti una via nell'Urartu, dovevano necessariamente scontrarsi con queste tribù.
Rusas, re degli Urartu, si mise a capo della rivolta di Van (da cui il nome dell'odierno lago di Van): il che mosse Sargon a debellare le genti che avevan preso parte alla sollevazione. Sconfitto Rusas e i suoi alleati, la sicurezza del confine fu allora ristabilita. Ma pare che poco dopo nuove lotte accesesi nel nord conducessero il re in persona sul teatro della guerra, dove avrebbe trovato la morte. Ci mancano però notizie precise sulla fine del potente sovrano.

Il regno, per allora intatto e non indebolito, passò al figlio suo Sanherib (705-681); abbandonando la residenza del padre, egli stabilì la corte nella sua città prediletta, l'antica Ninive (nell'alta Mesopotamia), da lui abbellita con nuovi splendidi edifici e diventata proprio per questo celebre; sede del culto della dea Ishtar, aveva quindici porte e si stendeva sulla riva sinistra del Tigri, davanti all'odierno emporio commerciale di Mossul.
Celebre per i grandiosi palazzi e per le grandi opere d'irrigazione, la nuova capitale ebbe specialmente negli ultimi anni di governo, le cure del sovrano.
Tale attività edilizia fu preceduta da numerose e notevoli imprese militari. In specie nella Caldea babilonese Sanherib fu costretto, dallo stato delle cose, ad un pronto e duraturo intervento.

La potenza di Merodachbaladan era ben lontano dall'esser stata infranta da Sargon. Una lega del Caldeo con Elam e con vari stati aramei chiamò l'Assiria alle armi, sconfiggendo in Kish gli alleati.
Sanherib affidò il governo della Babilonia a Bilibni, un babilonese educato alla corte assira, il quale però non poté reggere più di due anni contro Merodachbaladan e si vide costretto, per la propria salvezza, ad aderire alla lega rinnovatasi fra la Caldea ed Elam.

Una seconda battaglia, nella Babilonia meridionale restaurò nel paese la sovranità di Sanherib che, ricacciati i Caldei, mise come reggente, in luogo di Bilibni, il proprio figlio Ashshurnadinshuma.
Avendo il re degli Assiri preso ad inseguire verso l'Elam i principi caldei fuggiaschi, cioè Merodachbaladan e il suo antico avversario e poi alleato Mushizibmarduk, il re elamita Challushu ne approfittò per irrompere rapidamente in Babilonia, far prigioniero Ashshurnadinshuma e, detronizzatolo, mettere al suo posto il principe babilonese Nirgalushizib.

L'Assiria ha da ora in poi da sostenere lunghe guerre; oltre Elam, tribù dei Medi si schierano con i Babilonesi. Fra le più belle descrizioni di uno storiografo assiro é quella della sanguinosa battaglia di Chaluli, contro gli alleati. Solo dopo cinque anni (689) Sanherib poté punire esemplarmente Babilonia, dove fin dal 692 il caldeo Mushizibmarduk si era impadronito del trono di Nirgalushizib; la città fu distrutta e i suoi dei trasportati in Assiria: ma nemmeno questo bastò a scuotere la potenza di Elam e Caldea.

Nello stesso periodo di queste agitazioni in Babilonia, ebbe anche luogo una spedizione assira contro l'Occidente, resa necessaria da una sollevazione della Fenicia e Palestina. Luli (Elulaios), signore di Sidone, e Hiskia, figlio di Ahas, uniti con i principi confinanti, potevano contare sull'esito felice di un'impresa, resa più difficile all'Assiria per i suoi gravi impegni in Babilonia, e il cui successo sembrava assicurato agli alleati dall'aiuto armato ripetutamente offerto dall'Egitto.
Ma la forza di Sanherib era maggiore di quanto avessero pensato, inoltre l'aiuto dell'Egitto questa volta mancò. Così avvenne che Moab ed Edom, Arvad e Byblos furono di nuovo assoggettati a tributo, e conquistati Askalon ed Ekron. Luli dovette fuggire a Cipro ed Hiskia e si vide portar via un buon numero di paesi della Giudea.
Solo Tiro, e in specie Gerusalemme, resistettero all'assedio degli Assiri. Le notizie dei cuneiformi sul blocco di Hiskia nella sua capitale, fatte incidere da Sanherib sopra un cilindro di argilla a ricordo delle sue gesta, formano un prezioso complemento al racconto degli stessi fatti descritti nel Vecchio Testamento. Dalle due fonti risulta che il re assiro dovette togliere l'assedio e accontentarsi di sottrarre alla signoria di Hiskia quel territorio, senza poter dis
truggere il regno di Giuda come tale.

Sembra invece che riuscissero felicemente due altre spedizioni in occidente, intese a domare rivolte in Cilicia e nei distretto di Tabali a nord-est di essa. Dalle notizie parallele sulla prima di queste spedizioni, dell'anno 698, trovate in un prisma ottaedro in cuneiformi scoperto anni fa, e nella traduzione armena della Cronaca di Eusebio, si può facilmente riconoscere l'importanza che aveva allora la «via cilicia» per le comunicazioni dell'Asia minore con le regioni dell'Eufrate come pure con la valle del Nilo la espugnazione di Tarso e di altri punti fortificati ridiede agli Assiri la chiave di questa via carovaniera, che invasori stranieri, forse greco-ionici, avevano cercato di togliere loro.

Nel gennaio del 680 a. C. il grande re assiro Sanherib fu assassinato da uno dei suoi propri figli, che aveva tramato una congiura contro il fratellastro Asarhaddon (680-668), designato dal padre (forse ancora lui vivo) a successore o eletto coreggente. La sollevazione, finita con la fuga dell'assassino presso Urartu, fu domata in poche settimane ed Asarhaddon poté dedicarsi presto ai grandi compiti lasciatigli dal padre. Quel che questi era stato per Ninive, fu il figlio, non meno di lui monumentomane, per Babilonia.

Per opera di Asarhaddon l'antica capitale risorse con templi e palazzi magnifici; come patrono di Babilonia, egli cercò di annodare amichevoli relazioni con i regni limitrofi dei Caldei e degli Elamiti, il che sembra essergli riuscito almeno riguardo alla Caldea, dopo che ebbe energicamente respinto diverse incursioni di quei principi nella Babilonia. Ma di lì a poco, sempre nuove rivolte ed agitazioni sui confini occidentali dell'impero, in specie a Sidone e Tiro, non lasciarono dubbi al sovrano, accorto politico, che la mira principale delle sue imprese dovesse essere l'Egitto, che ora cominciava sul serio, e naturalmente per il proprio vantaggio, a ingerirsi negli affari dell'Asia anteriore.

Sidone sola, tuttavia, fu presto ridotta all'obbedienza; espugnata e distrutta la città, il re Abdimilkûti inseguito in Cilicia, qui di nuovo sconfitto e fatto prigioniero. Ma un tempo molto più lungo occorse per assoggettare Bâlu di Tiro, tenacemente sostenuto dal re egiziano Tirhaga.
Un sostegno che non fece più esitare Asarhaddon a prendere le armi contro il nuovo nemico nella terra del Nilo, dove lo attendeva una lunga guerra.
Solo nel 670 gli assalti degli Assiri furono coronati dal successo. Dopo una marcia faticosa attraverso la penisola sinaitica l'esercito raggiunse Menfi, la capitale egizia, che fu espugnata e ridotta in cenere. Tirhaqa fuggì verso il sud; Asarhaddon mise dei governatori a capo del territorio conquistato; ed anche Tiro a quel punto dovette riconoscere la signoria assira.

Però il dominio asiatico sul Nilo fu di breve durata. Solo dopo due anni Tirhaqa riuscì, con soldati mercenari, a toglier di mezzo l'amministrazione insediata dagli Assiri ed a ristabilirsi saldamente nel Basso Egitto.
Asarhaddon invece morì durante la nuova campagna da poco iniziata. Così la prima grande azione degli Assiri contro l'Africa terminò senza risultato. Né il re prima di morire poté indurre gli Elamiti a concludere la pace se non temporaneamente.

Gravi pericoli si andavano intanto addensando nel nord dell'impero, dove fin dal tempo di Sargon la posizione di Urartu era fortemente in una situazione critica, né alcuna valida linea di difesa si opponeva agli assalti degli Indogermani.
In tali situazione politica si trovava l'Assiria, quando sul trono di Ninive salì il suo ultimo grande sovrano, Ashshurbânipal, il Sardanapalo dei Greci (668-626), accanto al quale, per volere del padre, stette come re di Babilonia il fratello Shamashshumukin, il Saosduchinos dei Greci (668-648 a.C.).

Le prime imprese del lungo governo di Ashshurbânipal furono volte a continuare le guerre contro l'Egitto, con esito all'inizio felice. Tirhaqa fu di nuovo sconfitto, e così fu aperta la via verso Tebe, dove gli Asiatici diedero battaglia a Tanutamon, nipote e successore del re degli Etiopi morto nel frattempo; espugnarono Tebe e di là si spinsero più oltre a sud.

Nonostante questi successi, Ashshurbânipal non riuscì a trarre profitto del predominio conquistatosi nel regno dei Faraoni. Più gravi compiti lo attendevano nel nord del suo proprio regno e sui confini dell'Elam; e inoltre i progressi di Babilonia lo costrinsero a richiamare i suoi soldati dall'Egitto. Qui poi il principe Psammetico I di Sais, figlio di Necho I, riuscì già nell'anno 663 a cacciare, mediante un esercito appena arruolato, i monarchi che signoreggiavano nei singoli distretti dell'Egitto, impadronendosi, come primo re della XXVI dinastia, del dominio assoluto su tutta la terra dei Faraoni.

Le contese per la successione al trono di Elam dopo la morte del re Urtaku misero per la prima volta Ashshurbânipal a contatto col paese, contro il quale furono poi dirette le sue principali imprese. Tiumman, fratello di Urtaku, si era impadronito del governo cacciando i nipoti, i quali quindi invitarono gli Assiri ad una spedizione contro lo zio.
Ma quando Ashshurbânipal ebbe messo a governatori dell'oriente e del mezzogiorno della regione due di questi figli di Urtaku, cioè Chumbanigash e Tammariti, scoppiò nel suo proprio paese la tempesta che a poco a poco si era addensata.

Shamashshumukin, re di Babilonia, fratello germano di Ashshurbânipal, si mise alla testa di una lega armata, cui aderirono, ai danni dell'Assiria, quasi tutti gli Stati dell'Asia occidentale: i due principi elamiti, i Caldei, diverse stirpi aramee ed anche popolazioni arabe.

Per sfuggire alla rovina che lo minacciava, Ashshurbânipal dovette chiamare alle armi tutte le sue forze ed agire senza riguardi, con rapide mosse ed abili colpi. Prodigi di tattica, quali l'assedio di Kutha, Babilonia e Sippar, infransero presto la potenza di Babilonia che, morto. Shamashshumukin tra le fiamme, ricadde nelle mani dell'Assiria.

Nel 647 a. C. Ashshurbânipal vittorioso assunse il titolo di re di Babilonia, col nome di Kandalanu. La Fenicia, la Palestina, gli Stati aramei ritornarono sotto la dominazione assira. L'Elam però, sul cui trono Ashshurbânipal aveva di nuovo messo Tammariti, tentò sotto Chumbachaldash, benché lacerato da disordini interni, di riconquistare la propria indipendenza. Ma questa volta Ashshurbanipal disponeva dell'esercito, liberatosi nel frattempo da altre imprese; e si prese una terribile vendetta del nemico ereditario. Susa, la capitale, espugnata, saccheggiate le immagini dei re e le statue degli dei, devastato tutto il paese e il regno per sempre distrutto.

Però tutto questo non fece che affrettare il crollo, ora inevitabile, dell'impero mondiale degli Assiri. La lotta decisiva mosse dalla Media, l'altipiano che si estende ad est e nord-est e dai confini settentrionali dell'Assiria, occupati per ampio tratto da stirpi indogermaniche (Sciti e Cimmeri); contro questa lotta a nulla approdarono gli sforzi dei successori di Ashshurbânipal, Ashshuritililani e Sinsharrishkun. Inoltre i Caldei approfittarono della manifesta debolezza dell'Assiria per vendicarsi della presa di Babilonia.
Nabopolassar fece lega con i Medi che assalivano l'Assiria, mentre questa a sua volta aveva stretto alleanza con gli Ashguzei, forse affini di schiatta ai Medi e nei quali possiamo forse riconoscere gli «
Ascena» dell'Antico Testamento, e gli Sciti degli scrittori classici.

Ignoriamo, mancandoci le iscrizioni, le cause immediate che condussero alla rapida decadenza della signoria assira. È attestato - specialmente da fonti greche - che i Medi, guidati da Kyaxares, devastarono l'Assiria e fecero cadere la capitale, Ninive (606 a. C.), mentre Nabopolassar s'impadroniva di tutta la Babilonia e della parte dell'Assiria situata ad occidente del Tigri, fondando così l'ultimo grande regno semitico dell'antichità.

E proprio di questo regno
parleremo nel prossimo capitolo

IL REGNO CALDEO O NEO-BABILONESE
E LA PERSIA FINO AD ALESSANDRO MAGNO > > >

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