UN LIBRO (RECENTE (
26/01/07) ) CHE "Cronologia" RACCOMANDA PER
LA DINAMICA DEI FATTI - SOPRATTUTTO PER CAPIRE CHE COSA ACCADDE NEI
MESI FATIDICI, COME SI GIUNSE ALLE DICHIARAZIONI DI GUERRA (LA PRIMA
FU LA RUSSIA) E IL CONFLITTO NEI PRIMI 5 CAOTICI MESI.
Jean-Jacque
Becker - 1914 L’anno che ha cambiato il mondo.
«Quando
gli orrori della guerra si manifesteranno, quando il tifo compirà
l’opera cominciata dalle granate, quando la morte e la miseria
li colpiranno, gli uomini, passata l’euforia, si volgeranno
verso i dirigenti tedeschi, francesi, russi, italiani e domanderanno
loro: come giustificate tutti questi cadaveri?»
Jean Jaurès, leader del partito socialista francese.
Il 28 giugno 1914 a Sarajevo, capitale della Bosnia-Erzegovina, alcuni
colpi di pistola sparati dallo studente nazionalista serbo Gavrilo
Princip uccisero l’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando
e sua moglie, innescando una serie di decisioni politiche e avvenimenti
che condussero allo scoppio di una guerra su scala mondiale. Lo spaventoso
bilancio di questo conflitto è tristemente noto: milioni di
morti, un disastro economico e culturale e l’avvento dei regimi
totalitari che hanno insanguinato il ’900.
Come
è potuto accadere? Quali erano gli obiettivi e i pensieri dei
protagonisti della scena politica di quel periodo? E quali furono le
reazioni dei popoli all’annuncio di un conflitto imminente? Jean-Jacques
Becker, analizzando con grande rigore gli avvenimenti del 1914, smentisce
la teoria, da sempre accettata, secondo la quale la prima guerra mondiale
sarebbe stato un evento in qualche misura «inevitabile».
Attraverso l’analisi puntuale di un ricchissimo materiale storiografico
(che comprende memorie e diari, scambi epistolari – per esempio
quelli tra Guglielmo II e Nicola II –, periodici e pamphlet),
l’autore ci offre una nuova chiave di lettura della vicenda. Attraverso
le parole e le scelte di presidenti e imperatori, ambasciatori, intellettuali
e leader politici di ogni livello, si dipana davanti ai nostri occhi
l’intreccio quasi diabolico di ostinazione, ingenuità e
inettitudine che incendiò l’Europa d’inizio secolo.
Nei primi mesi del
1914, tutti pensavano che la guerra non sarebbe durata più
di qualche mese, e che non avrebbe oltrepassato i limiti di una contesa
«locale» tra Austria-Ungheria e Serbia: un errore fatale,
nel quale incapparono non solo eminenti capi di Stato (il viaggio
in Russia di Poincaré e Viviani nei giorni dell’ultimatum
austroungarico) ma anche le organizzazioni operaie, con la Seconda
Internazionale incapace di sanare i dissidi tra socialisti francesi
e socialdemocratici tedeschi.
Becker
segue l’evolversi della situazione mese per mese, ricostruendo
con pazienza la dinamica dei fatti e indagando in maniera acuta le
azioni di tutti i protagonisti della vicenda.
Il risultato è un affresco complesso, innovativo e penetrante.
«Nella storia degli uomini vi sono date conosciute ovunque nel
mondo: tra queste, il 1914. Tutti sanno che in quell’anno l’Europa,
il continente che allora dominava il globo, avvampò, con conseguenze
tali che al conflitto venne dato – in seguito e a torto –
il nome di prima guerra mondiale. Un avvenimento di quella portata
non poteva essere stato frutto del caso e poiché costò
la vita a quasi 10 milioni di esseri umani, si decise che si era trattato
di una conclusione inevitabile.
La Grande Guerra poteva essere evitata modificando, così, radicalmente
la storia del XX secolo? Domande di questo tipo sono assurde o perlomeno
antistoriche, dal momento che essa è scoppiata, e il dovere
dello storico consiste nel tentare di analizzare ciò che è
stato.
Eppure, la prima guerra mondiale rappresenta un problema reale, dal
momento che essa è uno dei soggetti storici su cui sono stati
scritti più libri. La discussione dura da novant’anni:
in tutti i paesi, i più grandi specialisti di storia contemporanea
(e anche di altri periodi) continuano a interrogarsi, innanzitutto,
sulle responsabilità della guerra del 1914, poi sulle cause
che l’hanno determinata. Ci limitiamo a citare Jean-Baptiste
Duroselle e François Furet: alla fine della loro vita, la Grande
Guerra rimaneva ancora qualcosa di «incomprensibile» per
il primo e di «enigmatico» per il secondo. L’uno
e l’altro non alludevano soltanto alle cause scatenanti della
guerra, ma al conflitto nella sua interezza e in particolare all’accanimento
con cui si combatté e all’ostinazione dimostrata dai
popoli europei nel distruggersi a vicenda. Nondimeno, la spiegazione
di ogni evento bellico si trova molto spesso nel momento in cui esso
scoppia. Tale momento è diventato così importante da
giustificare la domanda: sarebbe stato possibile evitare che la guerra
avesse luogo, perlomeno in quel periodo, e cosa sarebbe successo in
quel caso? Per molto tempo si è studiata la concatenazione
di fatti che hanno portato alla guerra per concludere che una volta
avviato l’ingranaggio non era più possibile arrestarlo,
e che l’intera Europa fu travolta per un semplice effetto meccanico.
A dire il vero, l’ingranaggio era già stato messo in
moto in altre occasioni, ma fino ad allora erano state trovate soluzioni
pacifiche per fermarlo. Inoltre, rifugiarsi dietro una spiegazione
meccanica non significa forse accettare una visione deterministica
della storia? Siamo sicuri di esserci davvero domandati se non ci
siano stati momenti in cui il meccanismo poteva essere fermato? Non
si è forse messo troppo l’accento sulla fatalità
e sul destino e non abbastanza su ognuno di quegli istanti in cui
la volontà di un uomo o di un gruppo di uomini avrebbe potuto
far muovere il meccanismo in senso inverso? In ogni caso, se la forza
del destino si è esercitata sempre in un’unica direzione,
ci deve essere una spiegazione. Siamo in grado di trovarla presso
gli uomini presi uno a uno e i popoli considerati nel loro insieme?
Forse la chiave dell’enigma, dell’incomprensibile, è
proprio qui, ed è qui che bisogna cercarla.
La costituzione
degli Stati nazionali fu una delle principali realizzazioni del XIX
secolo. Nel mosaico di paesi in cui era divisa l’Europa all’inizio
del secolo, gli Stati nazionali erano ancora rari: la Francia, il
Regno Unito e forse, in certo qual modo, la Russia (per quanto la
Russia sia rimasta in gran parte uno Stato patrimoniale, cioè
di proprietà di una dinastia, e abbia racchiuso all’interno
dei propri confini un gran numero di popoli non russi). Tuttavia,
nel corso del secolo, numerose regioni si riunirono in compagini nazionali,
come la Germania, l’Italia e i Paesi balcanici, che si erano
liberati dell’influenza ottomana per diventare tanti piccoli
Stati nazionali. Retaggi della storia come l’Austria-Ungheria
cominciarono a essere percepiti come reliquie del passato, e l’impero
degli Asburgo fu così messo in discussione, dall’interno,
dalle nazionalità che si sentivano dominate e, dall’esterno,
dai popoli che intendevano costituire nuovi Stati con i loro compatrioti
all’interno dell’Impero. Da ciò deriva l’atteggiamento
mostrato dall’Austria-Ungheria improntato a una difesa aggressiva
contro tali pericoli.
Non si tenne sufficientemente conto di un tratto caratteristico degli
Stati nazionali: i loro abitanti cessavano di essere sudditi di un
sovrano per diventare cittadini con diritti e doveri; tra questi doveri
ve n’era uno che aveva assunto un ruolo centrale: la difesa
della patria contro i pericoli e le ambizioni esterne, vere o presunte.
Certamente, la guerra è un elemento costante della storia,
ma quest’idea così radicata aveva mascherato il fatto
che il confronto tra Stati nazionali non avrebbe più avuto
molto a che vedere con la guerra tradizionale, la guerra «dinastica».
Non si trattava più di guerre dalle quali i popoli erano esclusi,
ma di un conflitto che li avrebbe coinvolti, di cui sarebbero stati
i «beneficiari» e che avrebbe dato loro la sensazione
di combattere per i propri interessi. Il servizio militare obbligatorio
e, nel caso, la mobilitazione generale erano due aspetti di questa
nuova realtà. I popoli erano diventati «patrioti»
nel senso nuovo del termine e né i politici, né i popoli
stessi avevano immaginato gli effetti di questo cambiamento. Si è
sempre detto che i Balcani sono la santabarbara d’Europa, ma
in realtà, attraverso il moltiplicarsi delle «patrie»,
era tutta l’Europa a essersi trasformata in una santabarbara,
senza che se ne avesse davvero coscienza. Esisteva l’idea che
potesse scoppiare una guerra, ma erano pochi coloro che avevano intuito
che sarebbe stato un evento ben diverso da quelli del passato. L’aspetto
più grave era costituito dall’atteggiamento dei politici
di quegli Stati nazionali, i quali non si rendevano quasi conto della
nuova situazione, spesso estranea alla loro formazione intellettuale.
È pur vero che, un secolo prima, le guerre legate alla Rivoluzione
francese e all’Impero napoleonico avevano rappresentato una
sorta di anticipazione delle guerre nazionali che si sarebbero verificate
più tardi, ma non ne era stata tratta alcuna lezione. I monarchi
e i politici repubblicani continuavano a ragionare secondo schemi
che appartenevano al passato, all’epoca degli Stati dinastici:
questa inadeguatezza rappresentava il più grande pericolo per
la pace in Europa. Da un lato vi era un insieme di nazioni che non
avevano in generale alcuna vera ragione di combattere i propri vicini,
ma in seno alle quali era cresciuto l’odio nei confronti dell’altro
(il patriottismo, ribattezzato in questo caso nazionalismo, induce
spesso – quasi sempre – a percepire il vicino come un
avversario, un nemico); dall’altro, un gruppo di politici europei
riteneva che fosse loro dovere dar prova di «fermezza»,
e pensavano che regolare un contenzioso con i vicini, se necessario,
attraverso l’uso delle armi, fosse certamente un fatto deplorevole,
ma pur sempre nella natura delle cose. «Difendersi» contro
ciò che non poteva essere interpretato altrimenti che come
un’aggressione era un indiscutibile dovere.
Questo non era lo stato d’animo di tutti gli europei. Esistevano
in Europa forze potenti il cui obiettivo era la pace: le Chiese, in
particolare, sentivano la necessità di vigilare. C’era
anche il movimento operaio, la cui importanza continuava a crescere
in proporzione allo sviluppo dell’industria; ma i dirigenti
socialisti o sindacali erano convinti che il rischio di una guerra
dipendesse dalle rivalità tra i capitalisti e non avevano compreso
– o l’avevano intuito soltanto molto debolmente –
che la causa dei conflitti si trovava, molto probabilmente, altrove,
nelle contrapposizioni nazionali. Le masse operaie non erano preparate
a opporvisi, perché non erano affatto convinte di non possedere
una patria come aveva dichiarato, un po’ troppo semplicisticamente,
Karl Marx mezzo secolo prima: gli operai erano patrioti come il resto
della popolazione. Se fosse scoppiato un conflitto, essi non avrebbero
riconosciuto ciò che era stato loro predetto e si sarebbero
schierati senza esitare a fianco della propria patria.
Era, quindi, ineluttabile l’incendio della santabarbara europea?
Non è detto. A lungo andare, le nazioni avrebbero potuto trovare
un equilibrio pacifico, come era già successo in passato: tuttavia,
sarebbe bastato che uno di questi Stati ritenesse di avere ragioni
legittime, ragioni indiscutibili per «doversi difendere»,
perché l’Europa prendesse fuoco, quasi per sbaglio, senza
che fosse valutata l’entità del disastro. Fu questo il
destino dell’Austria, verosimilmente perché non era uno
Stato nazionale e sentiva minacciata la propria sopravvivenza come
Stato storico. Dalla scintilla avrebbe potuto scaturire soltanto un
fuocherello, ma l’incendio divampò in tutta Europa perché
allora non vi era nessun politico saggio, intuitivo e dotato di sufficiente
inventiva in grado di comprendere ciò che stava accadendo:
ovvero che non si trattava più soltanto di trovare una soluzione
a un problema tra vicini. La dimostrazione clamorosa di questa mancanza
di comprensione è data dalla convinzione, diffusa all’epoca,
che il conflitto sarebbe stato sì terribile, ma di assai breve
durata. Avrebbe anche potuto essere così, eppure la guerra
fu lunga, proprio perché non era più un conflitto dinastico,
ma un conflitto di popoli.
J.-J. B.
Jean-Jacques Becker, professore emerito di Storia contemporanea all’Università
di Paris X-Nanterre, è presidente dell’Historial de la
Grande Guerre di Péronne.
«I Leoni» – storia – 26/01/07 pagg. 350 –
– traduzione dal francese di Gianluca Perrini http://www.lindau.it
______________________________________________________
COME
POI FINI'
ERA GIA' STATO SCRITTO NEL1913 > >
ANTECEDENTI
LA CRISI DEL 1914 -LA NEUTRALITA' DELL'ITALIA |
L'Europa
nel 1914, già da parecchi anni era divisa politicamente in
due blocchi che, per le rispettive forze militari terrestri si equivalevano.
Da una parte la TRIPLICE ALLEANZA formata da Germania, Austria-Ungheria
e Italia; dall'altra Francia, Russia e Inghilterra con degli accordi
avevano formato e dato origine alla TRIPLICE INTESA.
Il carattere della prima - come del resto anche la seconda - stipulata
per la prima volta il 20 maggio 1882 e rinnovata nel 1891, nel 1902
e nel 1912, era nettamente difensivo senza possibilità di equivoci,
infatti, all'Art. III si affermava "Se una o due delle parti
contraenti, senza provocazione diretta da parte loro, venissero ad
essere attaccate ed a trovarsi impegnate in una guerra con due o più
grandi potenze non firmatarie del presente trattato, il casus
foederis si presenterà nsimultaneamente per tutte le altri
parti contraenti".
Quanto alla Triplice Intesa, una di queste potenza, la Francia in
uno scambio di lettere avvenuto nel 1902 tra il ministro degli esteri
italiano Prinetti e l'ambasciatore di Francia Barrere, si era convenuto
quanto segue: "Nel caso che la Francia fosse oggetto di un'aggressione,
diretta o indiretta, da parte di una o più potenze, l'Italia
conserverà una stretta neutralità. Lo stesso avverrà
se, in seguito ad una provocazione diretta, la Francia si trovasse
costretta a prender l'iniziativa d'una dichiarazione di guerra per
la difesa del suo onore e della sua sicurezza. La parola "diretta"
ha questo senso e questa portata: I fatti, che possono eventualmente
essere invocati come provocazione, debbono concernere i rapporti diretti
tra le potenze provocatrici e la potenza provocata. Non esiste da
parte dell'Italia, e non sarà concluso da essa alcun protocollo
o disposizione militare contrattuale d'ordine internazionale, che
fosse in disaccordo con la presente dichiarazione".
Questi
erano gli accordi dell'Italia con la Francia. Ora veniamo all'applicazione.
Nel novembre 1912 la Serbia invade l'Albania settentrionale ed occupa
Durazzo. L'Italia e Austria-Ungheria si oppongono; la Russia tace.
Il governo italiano fa sapere a quello francese che l'Italia sarebbe
stata risolutamente a fianco dell'Austria-Ungheria contro la Serbia
se questa avesse persistito nella pretesa di tenere Durazzo; se Francia
e Russia avessero appoggiato la Serbia, si sarebbe trattato di un'aggressione.
Questo deciso e fermo atteggiamento dell'Italia fu importante per
la risoluzione dell'episodio ed il 9 novembre Sazonov dichiarava alla
Serbia ch'essa doveva rinunciare a qualsiasi acquisto territoriale
sul litorale albanese (Tittoni - Nuovi scritti di politica interna
ed estera - pag. 63 - già in "Fatti e cifre inconfutabili"
del generale Marietti - Ediz Ist. Nastro Azzurro, Torino).
Nel marzo del 1913 la conferenza di Londra decide che Scutari deve
rimanere albanese. I Montenegrini entrano in Scutari e rifiutano di
abbandonarla. L'Austria-Ungheria minaccia d'invadere il Montenegro.
L'Italia si oppone a questa azione isolata della sua alleata, e reclama
quella collettiva. Anche questa volta il fermo e deciso atteggiamento
dell'Italia conduce alla soluzione pacifica del conflitto con la partenza
dei Montenegrini da Scutari. (ib. pag. 64).
Pochi mesi dopo nell'agosto del 1913 un'avventata iniziativa della
Bulgaria contro i suoi alleati nella precedente ed appena cessata
guerra, si riduce a mal partito. L'Austria che aveva non solo incoraggiato
ma anche aiutato militarmente la Bulgaria, vede crollare il suo piano
di indebolimento della Serbia e pensa subito di attaccarla. Questa
volta però vuol sentire prima i suoi due alleati. La Germania
è contraria, "perchè il conflitto non avrebbe
potuto rimanere localizzato". Mentre l'Italia rifiutando
categoricamente ricorda che il trattato non è applicabile ad
un'aggressione contro la Serbia (Ib. pag. 65).
A questo punto emergono chiaramente questi tre fatti precedenti alla
crisi dell' agosto 1914: 1° Che l'Italia fu coerente ai precedenti
episodi; 2° ciò che aveva detto non poteva essere da nessuno
ignorato; 3° se anche la Germania avesse mantenuto la propria
coerenza, la guerra sarebbe stata evitata.
I fatti precipitano con l'assassinio dell'Arciduca Francesco Ferdinando
a Sarajevo.
1914-15 - PRIMO
ANNO DI GUERRA |
Dal delitto
di Sarajevo del 28 giugno, l'Austria dopo quasi un mese di elaborazioni,
mand� alla Serbia il 23 luglio un "ultimatum"
che poneva condizioni gravose. La Serbia invoc� l'interessamento della
Russia, la quale dichiar� che un eventuale conflitto austro-serbo
non avrebbe potuto lasciarla indifferente.
La Germania escludendo di avere preventivamente conosciuto la nota
austriaca alla Serbia, dichiar� di approvarla, pur augurando che il
conflitto rimanesse localizzato. Mentre l'Austria non si dichiar�
soddisfatta della risposta della Serbia, e ruppe il 25 luglio le relazioni
diplomatiche.
A questo punto la Russia interess� prima la Francia poi la Gran
Bretagna per cercare insieme di mantenere l'equilibrio europeo. Propose
che l'Austria rinunziasse ai punti pi� gravosi contenuti nell'ultimatum
alla Serbia, ma l'Austria-Ungheria non accett� nessuna modifica.
La notizia perviene a Pietrogrado, che il 29 luglio (prima di ogni
altra potenza) mobilita parzialmente il suo esercito verso l'Austria-Ungheria,
ma esclude ogni ostilità, tanto che l'ambasciatore russo resta
a Vienna;
- Ma nello stesso giorno l'Austria-Ungheria inizia le ostilità
verso la Serbia, e comunica a Berlino che la proposta conciliativa
proposta dall'Inghilterra è giunta troppo tardi, quando la
guerra era già cominciata. E aggiunge che sulla questione serba
nessun altro deve interloquire.
Il 31 luglio la Russia dichiara la mobilitazione generale, e ne da
comunicazione all'Italia.
Nella stessa sera del 31 luglio la Germania proclama lo stato di guerra,
lancia l'ultimatum a Francia e Russia e ne da comunicazione all'Italia.
In ITALIA nella stesso giorno del 31 luglio, Cadorna presenta al Re
un piano d'intervento dell'esercito italiano (sul Reno) a fianco agli
eserciti della Triplice Alleanza, com'era contemplato nei Trattati.
Cadorna era stato nominato Capo di Stato Maggiore dell'Esercito italiano
appena il 1° luglio, per l'avvenuta morte del generale Pollio.
Cadorna considerate le scarse possibilità di un'azione offensiva
sulle Alpi dopo gli ingenti lavori di fortificazione eseguiti dai
Francesi, e ritenendo che prima d'ogni altra cosa ai tedeschi importava
metter fuori causa l'esercito francese di campagna, proponeva l'impiego
dell'esercito Italiano sull'alto Reno tra Friburgo e Strasburgo; 5
corpi d'armata e 2 divisioni di cavalleria, capaci di operare nel
breve arco di 4 settimane. (Ricordiamo qui che la battaglia della
Marna ebbe inizio alla fine della 5a settimana).
Il 31 Luglio la Russia ordina la mobilitazione, allarmando così
la Germania.
Il 1° agosto la Germania ordina la mobilitazione generale e dichiara
guerra alla Russia.
Nello stesso giorno il Belgio ordina la mobilitazione generale.
Mentre l'Italia avverte l'ambasciatore francese della neutralità.
Il 2 agosto la Germania invade il Lussemburgo ed intima al Belgio
di lasciarle libero passaggio.
- Nello stesso giorno l'Inghilterra mobilita la flotta.
- L'Italia comunica alla Triplice la sua neutralità
- In Francia primo giorno di mobilitazione.
Il 3 agosto la Germania dichiara guerra alla Francia accusandola di
sconfinamenti.
- L'inghilterra apprende l'intimazione al Belgio.
Il 4 agosto la Germania penetra in Belgio senza dichiararle guerra.
- L'Inghilterra intima di fermare l'invasione in Belgio, e si prepara
a mobilitare le forze terrestri.
- Non ricevendo nemmeno risposta all'intimazione, nel corso della
notte l'Inghilterra dichiara la guerra alla Triplice Alleanza (senza
l'Italia che ha dichiarata la sua neutralità).
Elencati
sopra i principali avvenimenti in ordine cronologico vediamo subito
qual'è stata l'influenza della neutalità italiana.
"Preziosa" dichiarerà in seguito il maresciallo Joffre
nelle sue "memorie". Ma anche gli atti parlamentari, i documenti
diplomatici, i giornali dell'epoca, gli studi posteriori dicono abbondantemente
che la neutralità italiana ebbe conseguenze "grandi",
in senso dannoso agli imperi centrali ed in senso favorevole alla
Intesa. "Decisiva forse" per l'esito finale: "decisiva
certamente" per l'esito della battaglia della Marna
del 6 settembre 1914.
La Francia era convinta che l'Italia avrebbe schierato sulle Alpi
6 corpi d'armata per impedir loro di sboccare dalle Alpi in pianura.
A sua volta i francesi avevano predisposto con il piano XVII di schierare
sulle Alpi quattro divisioni di riserva (la 64a, la 65a, la 74a, la
75a); una divisione territoriale; otto gruppi di alpini; quattro reggimenti
di guarnigione nelle piazze (il 157°, il 158°, il 159°,
il 173°).
Inoltre tenuto conto della piena libertà di movimento nel Mediterraneo,
la Francia potè far rientare e trasportare dall'Algeria-Tunisia
tre divisioni.
In totale una forza di 350.000 uomini pari a dieci divisioni che la
neutralità italiana rese disponibili per accorrere alla battaglia
della Marna sferrata dai tedeschi; che inoltre non poterono contare
sui 5 corpi d'armata e le 2 divisioni di cavalleria che Cadorna doveva
portare al loro fianco sul Reno.
BARRERE allora ambasciatore francese a Roma, in seguito sul "Figaro"
di Parigi del 24 maggio 1927, dichiarerà: "Mi luccicavano
gli occhi quando ufficialmente appresi ufficialmente da Salandra la
neutralità dell'Italia (1-2 agosto 1914). Il mio Paese
(la Francia) aveva schierato alla frontiera italiana più di
350.000 uomini. Dopo la dichiarazione di guerra tedesca, io potevo
avvisare il mio Governo che le nostre truppe al confine italiano potevano
recarsi a combattere i tedeschi sulla Marna. E da quel momento la
vittoria della Marna fu sicura e lo scacco della strategia tedesca
assicurato. Sia la neutralità sia il successivo intervento
italiano a est divenne uno dei grandi fattori della vittoria degli
Alleati".
I Tedeschi se avessero vinto sulla Marna in pochi giorni sarebbero
piombati su Parigi. Dunque la vittoria morale apparteneva anche all'Italia.
Eppure questa considerazioni non ebbe poi alcun peso sul contegno
a Versailles di Clemenceau, Wilson e Lloyd George, i quali furono
ostili alle rivendicazioni italiane, e perciò resero acuti
e insolubili i contrasti.
-------
Era dal 1871, da circa 40 anni, che la guerra gravitava fatalmente
sull'Europa. La Francia anelava per riavere l'Alsazia e la Lorena;
la Germania premeva per far trionfare la sua grande potenza industriale;
la Gran Bretagna proprio per questo espansionismo tedesco era impaziente
di arrestarlo; mentre la Russia di problemi interni da risolvere ne
aveva pi� d'uno, dopo la fallimentare guerra col Giappone (era stato
inutile rivolgere l'espansionismo a est), poi la rivoluzione civile
a Pietroburgo con i tanti errori dello zar Nicola II, e con
un Lenin gi� emergente ma anche responsabile di far diventare le soluzioni
ai problemi ancora pi� difficili. Lo zar ritorn� volentieri nuovamente
sullo scenario occidentale, sui contrasti di vecchia data, e con i
rapporti con gli Asburgo e i Prussiani stracarichi di vecchi
rancori.
Arriviamo infine all'Italia. Questa dichiar� che trattandosi di guerra
intrapresa dall'Austria in contrasto col carattere difensivo contemplato
nel trattato della Triplice Alleanza, sarebbe rimasta neutrale. Anche
se non mancano rapporti segreti con la Russia e la Gran Bretagna per
un'alleanza per scendere in campo contro gli ex alleati.
La Germania il giorno 2 agosto era gi� pronta a invadere il
Lussemburgo, per portarsi sul Belgio con la palese intenzione di aggirare
gli sbarramenti della Mosa per poi buttarsi sulla Francia. Nella notte
del 4 agosto, la Gran Bretagna, ben sicura ormai della neutralit�
italiana, dichiar� guerra alla Germania, la quale l'aveva gi� dichiarata
da poche ore alla Francia. Il 5 agosto l'Austria dichiar� guerra alla
Russia; nello stesso giorno il Montenegro all'Austria; il 6 agosto
la Serbia alla stessa Germania.
In pochi giorni, la guerra che gravitava sull'Europa, scoppi�. Ma
non solo sullo scenario europeo. Il conflitto si propag� immediatamente
alle lontane colonie tra anglo-francesi e tedesche, s� che divent�
fin dal principio mondiale.
Il 10 agosto anche la Francia dichiar� guerra all'Austria, il 13 l'Inghilterra,
e il 15 agosto pure l'impero giapponese inizi� le ostilit�
contro la Germania nei mari dell'estremo Oriente, a Kiao-Ciou.
FRONTE OCCIDENTALE - Il vero e proprio inizio del conflitto.
Il primo a subire il peso delle armi germaniche fu il Lussemburgo,
invaso fin dalla notte del 2-3 agosto. Poi subito dopo la Germania
si gett� contro il Belgio per allargare il fronte verso la Francia,
girare gli sbarramenti fortificati della Mosa e della Mosella per
poter cogliere di sorpresa la Francia con non ancora un esercito in
campo ma solo in mobilitazione, mettendola subito in crisi.
Quando i tedeschi piombarono da nord potenzialmente erano gi� nel
cuore della Francia.
Dopo tre giorni di impari lotta l'8 agosto Liegi fu presa, i vicini
fortini resistettero fino al 15 agosto, ma ormai la via verso ovest
era stata aperta. Le colonne germaniche procedettero spedite anche
se contrastate dai belgi a Tongres, a Saint Trond, a Diest e a Tirlemont,
e non si fermarono neppure dopo uno scontro con i Francesi, venute
a soccorrere i belgi a Dinant. Il 17 agosto il governo belga dovette
abbandonare Bruxelles, riparare ad Anversa; il 19 agosto lo
raggiunse tutto l' esercito mobile dopo aver sostenuto un combattimento
a sfavore nella citt� di Aerschol, permettendo il giorno dopo
ai tedeschi, il 20 agosto, di entrare a Bruxelles.
Subito un esercito franco-britannico si butt� nella mischia, impegnandosi
il 22 a Charleroi e Mons cercando di sbarrare la strada agli invasori.
Purtroppo la caduta di Namur tolse il punto d'appoggio all'ala destra
degli alleati. Furono 3 giorni di battaglia sanguinosa che si
chiuse il 25 agosto con la prima ritirata dei franco-britannici, che
provoc� un altro ripiegamento a quelle truppe francesi che si erano
spinte all'offensiva in Lorena e in Alsazia fino a Molhouse.
Il 3 settembre gi� era minacciata Parigi (a 40 km.). Il governo abbandon�
la capitale e si trasfer� a Bordeaux.
Se l'Italia, in questa circostanza molto critica per i francesi, non
fosse stata neutrale ma a fianco dell'Austria, la catastrofe francese
sarebbe stata inevitabile. Fu infatti provvidenziale, quando -dopo
la grave crisi iniziale- ci fu il ripiegamento francese in grazia
della sicurezza sul fronte italiano a est. Un arretramento che permise,
finalmente, di organizzare bene l'esercito, fino al punto di essere
questo in grado di sferrare una grande offensiva.
Il 13 settembre oltre la battaglia a Ourcq, si scatena infatti
la battaglia della Marna costringendo i tedeschi a ritirarsi sull'Aisne,
mentre a Verdun i francesi da ovest ad est ricongiunti riuscirono
a resistere a degli attacchi disperati, pur perdendo la diga
fortificata di Saint-Mihiel. Ma poi spingendo altre nuove armate
alla loro sinistra, i francesi cercarono di avvolgere la destra tedesca,
che arretrando si estese dai Vosgi al Mare del Nord.
Poi resisi conto che l'ala sinistra degli alleati era la pi� debole
decisero di assalirla, per aprirsi la via alle coste della Manica, con
l'intenzione di isolare la Francia dall'Inghilterra.
I tedeschi qui commisero un piccolo errore; non si erano sbarazzati
del tutto dell'esercito belga, e questo rafforzato da alcuni reparti
britannici, inizi� a minacciare alle spalle i tedeschi. Cosicchè
a Termonde il 16 settembre li impegnarono in un critico combattimento.
Il 28 settembre i tedeschi si scatenarono su Anversa che il 10 ottobre
si arrese, ma l'esercito belga-britannico riusc� a ritirarsi sulla
sinistra dell'esercito principale fin sull' Yser, presso il mare,
tallonati invano dai tedeschi. Inizia qui la Battaglia di Calais,
e terminò quella viva a novembre, pur senza successo, ma di
l� gli alleati non si mossero pi�. Per quattro anni la guerra divent�
di trincea. A unirsi a loro ci furono anche dei Garibaldini italiani,
nelle Argonne, negli ultimi giorni di dicembre. Vi morirono Bruno
e Costante Garibaldi, figli di Ricciotti.
FRONTE ORIENTALE - Se i tedeschi avevano ritardato la immediata
mobilitazione, con la conseguenza di farsi sorprendere, la stessa
cosa non era accaduta in Russia; fin dal 2 agosto i russi non solo
erano pronti per una eventuale offensiva, ma sorpresero gli stessi
tedeschi quando il 6 agosto con l'armata di Rennemkampf invadevano
la Prussia orientale.
Verso la met� d'agosto un'altra armata russa comandata da Samsonow
piomb� sui laghi Masuri, anche se con meno fortuna, fu infatti sbaragliata
dai tedeschi facendo migliaia di prigionieri. Ma quelli della Prussia
continuarono a stringersi addosso ai tedeschi, che fuggendo verso
Berlino seminarono il panico in Germania.
Allarmati i tedeschi dovettero ritirare forze dalla Francia, riuscendo
s� a fermare i russi il 2 ottobre ad Augustow, ma non andarono oltre,
si dovettero arrestare sulla linea del Niemen, lasciando così
un'ampia manovra ai russi su un buon tratto della Prussia orientale.
Dopo quello a ovest, si era dunque aperto un altro fronte a est, e
la situazione si era fatta inoltre grave per i germanici e per gli
austriaci anche nel settore meridionale.
Gli austriaci verso la fine di agosto, avevano commesso anche loro
un errore: si erano spinti nella Polonia centrale e, tra la Vistola
e il Bug vicino a Dublino, furono attaccati da russi il 28 agosto
nella direzione di Leopoli e dopo una lunga battaglia durata fino
al 13 settembre furono sconfitti, perdendo la capitale galiziana,
lasciando in mano ai russi 130.000 prigionieri, 200 cannoni, e con
in resto dell'esercito perchè minacciato, costretto a ritirarsi.
I russi l'8 settembre si affacciarono ai valichi dei Carpazi. alcuni
avamposti scesero in Ungheria, il 13 finita la battaglia occupavano
quasi tutta la Bucovina.
Fu a questo punto, ai primi di ottobre, che il comando germanico assunse
anche la direzione delle operazioni sul teatro di guerra austriaco,
scatenando subito una offensiva contro Varsavia, muovendo dalla Slesia
verso la Vistola, costringendo i russi a ripiegare. Ma non di molto,
infatti ricompattandosi i russi tornarono nei dintorni di Cracovia,
poi sui laghi Masuri, occupando Soldau. A ricacciarli indietro ci
pens� il maresciallo tedesco Hindemburg (famoso poi nel periodo hitleriano)
conquistando ma poi anche arrestandosi in trincea il 7 dicembre a
Lodz e sull'ovest di Varsavia. Mentre gli austriaci ripresero l'offensiva
su Cracovia, senza successo, furono infatti, nuovamente battuti ancora
dai russi che si avvicinarono alla citt� ancora pi� di prima, fortificandosi
sui Carpazi e sul Dunaiz. In questa ottima posizione ci rimasero tutto
l'inverno, poi il 21 marzo scatenarono un'altra grande offensiva a
Przemysil facendo prigionieri 170.000 austriaci che lasciarono sul
campo 2500 cannoni. Per l''Austria il disastro, e quindi la situazione
divenne molto critica. Gi� si temeva una invasione dell'Ungheria,
quando ancora una volta i germanici salvarono la situazione prima
con una offensiva sui Carpazi, poi il 9 maggio ne sferrarono un'altra
sfondando il fronte russo con la falange di von Mackensen. I russi
furono costretti a ritirarsi dalla Galizia.
A questo punto torna in scena Hindemburg con un piano strategico ben
congegnato. Concepisce una manovra a triangolo con due lati
un attacco alla Polonia con due grandi masse, mentre una terza
con un largo movimento aggirante avrebbe attaccato il fronte
verso Varsavia Iwangorod. Il 1� agosto 1915 i tedeschi erano divenati
i padroni della situazione, mentre gli austriaci entravano a Lublino.
INTERVENTO TURCO - Nell'ottobre 1914 la Turchia abolito le precedenti
Capitolazioni, timorosa di una espansione russa, ai primi di novembre
prese le armi per gli imperi centrali, impegnando i russi alla frontiera
armena ma senza ottenere grandi risultati. Tent� invano di attaccare
l'Egitto, tra il gennaio e febbraio del 1915, precisamente sul Canale
di Suez, ma a sua volta veniva attaccata ai Dardanelli dalla
flotta anglo-francese. Un tentativo di sbarco in Egitto compiuto il
25 aprile, fall�, non riuscendo cos� i turchi in nessuno degli
obiettivi strategici prepostisi.
And� meglio sui Dardanelli riuscendo a controllare lo stretto,
interrompendo le comunicazioni tra la Russia e i suoi alleati.
NELLE COLONIE - La guerra si � estesa subito fuori d'Europa, nelle
Colonie dei rispettivi stati in guerra. Fra questi i giapponesi. Dopo
76 giorni di assedio, il 7 novembre 1914, prendono Kiao-Ciou, dopo
aver occupato, insieme con gli australiani, le isole germaniche del
Pacifico.
In Africa sud-occidentale, il Camerum, il Togo vengono facilmente
invasi: Mentre tutta l'Africa orientale possesso germanico, fu completamente
bloccata.
La Mesopotamia invasa diventa preda degli Alleati dell'Intesa
fino al nord di Bassora.
ITALIA: - Dopo nuove pressioni tedesche per coinvolgere l'Italia,
il ministro degli esteri Sonnino risponde negativamente. Ma nel primo
discorso parlamentare del 3 dicembre del nuovo governo, Salandra parla
di "una Italia armata e pronta a ogni evento" e delle "sue
giuste aspirazioni". Grandi manifestazioni di consenso degli
irredentisti e degli inteventisti. Il 5 il Salandra ottiene la fiducia
con 413 favorevoli e solo 41 contrari.
"Che l'Italia non potesse, per il raggiungimento dei suoi fini
nazionali, rimanere neutrale indefinitivamente, era chiaro a molti
ma non a tutti gli italiani. Era altrettanto chiaro che, trattandosi
di impegnare la nazione a fondo in una lotta per la vita o per la
morte, l'Italia doveva essere lasciata giudice della scelta del momento,
in cui entrare in azione; questo momento avrebbe dovuto logicamente
essere quello, nel quale le sue forze militari fossero pronte. L'Italia
invece, venne stretta da un duplice assedio diplomatico da parte dell'Intesa
e da parte tedesca, spinta ad entrare in azione quando l'esercito
non era ancora pronto e quando la situazione strategica era tutt'altro
che favorevole in entrambi le parti in cui l'Italia entrava".
(ib. pag. 14)
(Ricordiamo che il 1° maggio 1915
-pochi giorni prima dell'entrata in guerra dell'Italia, la situazione
militare complessiva era nettamente a favore degli imperi centrali:
in Occidente dopo aver i tedeschi attaccato coi gas ad Ypres; in Oriente
quando la 11a armata germanica e la 4a austriaca sui Carpazi costrinsero
i Russi a retrocedere profondamente. L'Intesa stringeva dai due lati
il nemico, è vero, ed aveva libere le comunicazioni e i rifornimenti;
ma non possedeva in quel momento la superiorità di forze capaci
d'imporre la soluzione.
In questa situazione si comprendono l'ansiosa ricerca di nuovi alleati
da parte dell'Intesa e, da parte tedesca, gli sforzi per impedire
che tale ricerca giungesse a frutto).
9 DICEMBRE - Con l'occupazione austro-ungarica di Belgrado, Sonnino
invia a Vienna una nota per ottenere garanzie circa i compensi per
la sua neutralit�.
25 DICEMBRE - Vienna blocca le trattative dopo che l'Italia con le
sue truppe, per volont� di Sonnino sono sbarcati in Albania, occupando
Valona. Giustificazione: per impedire l'occupazione da parte
di altre potenze. Ma a Vienna diffidano e non hanno ancora capito
da che parte si sta schierando l'Italia.
SECONDO ANNO
DI GUERRA >
TABELLONE
TEMATICO
HOME PAGE CRONOLOGIA
.
|