.
IL LIBRO DEL MESE - Un testo di Ilaria Tremolada: prima indagine
seria su un tema stranamente trascurato dalla nostra ricerca storica

ALL'OMBRA DEGLI ARABI I RAPPORTI
ITALO-ISRAELIANI DAL 1948 AL 1956

di PAOLO DEOTTO

"In sintesi, i diplomatici italiani danno allo Stato israeliano una duplice valenza: una negativa, in quanto la sua presenza e la sua forza venivano viste come un pericolo per gli interessi italiani in Medio Oriente, e una positiva attraverso la quale paradossalmente Israele appariva come un elemento in grado di proteggere proprio quegli interessi che dall'altra parte esso stesso minacciava. Quella che può sembrare una contraddizione trova però una spiegazione nell'importanza attribuita ai paesi arabi nell'ambito della strategia pensata a Palazzo Chigi".

Stiamo leggendo il libro di Ilaria Tremolada, "All'ombra degli Arabi - Le relazioni italo-israeliane 1948-1956. Dalla fondazione dello Stato Ebraico alla crisi di Suez" - M&B Publishing editore, prefazione di Sergio Romano.

Le considerazioni che abbiamo sopra
riportate (con riferimento al periodo tra il 1950 e il 1952) sintetizzano con efficacia il travaglio della nostra politica estera in Medio Oriente, nel delicato periodo in cui quella regione conobbe un avvenimento di portata epocale, che veniva a sconvolgere equilibri antichi: la nascita dello Stato di Israele.
Questo libro, come l'autrice stessa sottolinea nella premessa, costituisce uno dei primi studi organici sull'argomento dei rapporti Italia-Israele, in una storiografia che ha prodotto moltissime opere sulla questione palestinese, quasi sorvolando sulla fondazione dello Stato ebraico.

Con un paziente lavoro di lettura dei documenti dell'Archivio Storico del Ministero per gli Affari Esteri, suddivisi per biennio, e all'interno di ogni biennio suddivisi per argomenti, Ilaria Tremolada percorre la strada di un rapporto tormentato, in cui si confrontarono le ambizioni (forse eccessive) dell'Italia, preoccupata, dopo il disastro bellico, di ritrovare un suo ruolo autonomo in politica estera e di mantenere un rapporto privilegiato con gli Stati arabi, e le ambizioni di Israele, che da subito proiettò la sua politica estera verso l'Occidente e in particolare verso il nostro Paese.

La storia dei rapporti Italia-Israele inizia già prima della nascita ufficiale dello Stato ebraico: il primo capitolo è dedicato proprio alla politica italiana nei confronti dell'immigrazione illegale ebraica in Palestina. Siamo nel periodo tra il 1945 e il 1948 e la nostra posizione geografica ci pone come il naturale punto di partenza delle navi che, cariche di profughi ebrei provenienti dai diversi paesi d'Europa, si dirigono verso la Palestina, spesso in violazione del contingentamento imposto dalle autorità inglesi, che limitano il numero di ebrei ai quali è concesso di raggiungere quella terra nella quale, secondo la dichiarazione redatta nel 1917 da Lord Balfour, avrebbero dovuto costituire il loro "focolare nazionale".

L'atteggiamento inglese trovava la sua ragione nel desiderio di non incrinare la propria posizione di preminenza nel mondo arabo, che non vedeva ovviamente di buon occhio la costituzione di uno Stato ebraico; il governo di Londra manteneva un atteggiamento ambiguo, perché furono proprio i britannici, con la già citata "Dichiarazione Balfour" del 1917, a rendere più viva la speranza degli ebrei di poter avere una propria patria, ma nel contempo appoggiavano il potente emiro hascemita della Mecca, Hussein Alì, che non faceva mistero delle sue aspirazioni alla costituzione di un grande stato indipendente formato da tutti i territori arabi dell'impero ottomano.

Questa politica di ambiguità e doppiogiochismo trovò la sua espressione nel Libro Bianco del 1939, che fissava il limite di 75.000 permessi in cinque anni per l'immigrazione in Palestina degli ebrei.
L'Italia del 1945 era un Paese sconfitto e occupato dalle truppe alleate. Gli inglesi imponevano la loro direzione in politica estera ed ovviamente il nostro governo non poteva elaborare alcun indirizzo che fosse in contrasto con gli interessi britannici. Però hanno sempre fatto parte, per fortuna, del nostro bagaglio culturale anche i motivi umanitari, e l'Italia non poteva chiudere gli occhi di fronte alla tragedia che aveva sconvolto il popolo ebraico, sterminato dalla furia nazista ed ora desideroso di costituire un proprio Stato, un "focolare nazionale", che mettesse fine ad una storia millenaria fatta di ingiustizie, vessazioni, pogrom.
La palese insufficienza dei permessi britannici spinse l'organizzazione militare clandestina ebraica della Haganà a costituire un
apposito ufficio per organizzare l'immigrazione clandestina. È in questa situazione che si mette in luce una donna di eccezionali doti di carattere, Ada Sereni, che iniziò a coordinare l'attività degli ebrei in Milano fin dal 1944, continuando la sua opera anche dopo la morte del marito, Enzo, catturato dai tedeschi. Ada Sereni, come ci ricorda Tremolada, ha lasciato una memoria autobiografica di estremo interesse, dalla quale emergono i suoi rapporti, ovviamente non ufficiali, col nostro Primo Ministro, De Gasperi e col ministro degli Esteri, Sforza.

La posizione italiana nei confronti dell'attività illegale ebraica era, di fatto, di grande tolleranza, sia sulla spinta di motivi umanitari, sia per la preoccupazione che gli americani (come avevano ventilato) smettessero di fornire aiuto alle decine di migliaia di profughi ebrei affluiti in Italia in attesa della partenza per le coste della Palestina; le nostre disastrate finanze postbelliche non ci avrebbero consentito di farci carico dei profughi, e quindi la loro partenza per la Terra Promessa rispondeva anche a un immediato interesse nazionale.
Il lettore potrà seguire le vicende delle varie navi, Fede, Fenice, Enzo Sereni, President Warfield, che, cariche di profughi, mossero dalle coste italiane per la Palestina, con le nostre autorità che si sforzarono di "non vedere" e "non sapere" (anche nei confronti di un problema vitale per il costituendo Stato ebraico: il trasporto di armi) nei limiti in cui questo atteggiamento poteva essere tenuto senza intaccare del tutto i rapporti con la Gran Bretagna, la cui politica verso l'immigrazione ebraica diveniva comunque sempre più impopolare agli occhi dell'opinione pubblica.

Il secondo capitolo del libro di Ilaria Tremolada tratta il biennio 1948-50: anni cruciali, nei quali nasce lo Stato di Israele e inizia il dibattito internazionale sullo status di Gerusalemme. L'Italia ha ormai riconquistato la propria sovranità piena, essendo cessata la tutela delle Potenze Alleate. Sovranità piena non vuol dire completa possibilità di decidere, perché il nostro Paese deve comunque fare i conti con l'America, verso la quale la scelta di campo del Governo De Gasperi è stata chiara, e con il Vaticano, la cui influenza, non solo morale, è molto forte sulla politica democristiana. Inoltre l'azione di De Gasperi e Sforza è mossa da varie pulsioni: il desiderio di far riprendere all'Italia un ruolo preminente in campo internazionale; la preoccupazione di mantenere buoni rapporti col mondo arabo, considerato un partner commerciale importante; l'aspirazione, espressa in particolare dalla sinistra democristiana, di far assumere all'Italia un ruolo di mediazione e collegamento con il vicino Oriente, pur mantenendo la propria fedeltà alle alleanze con i Paesi occidentali e in particolare con gli Stati Uniti.

In questa congerie di motivazioni, nel biennio esaminato le relazioni tra Italia e Israele esistono quasi unicamente per la politica israeliana, che sollecita un rapporto con l'Italia, non solo per i precedenti storici, ma anche per la posizione geografica che ha sempre reso il nostro Paese, volente o nolente, al centro di quanto accade nel bacino del Mediterraneo. Le avances politiche del governo di Ben Gurion suscitano spesso la reazione stizzita dei Paesi arabi, che avevano imposto il blocco economico contro Israele, dopo il fallito tentativo di distruggerlo militarmente, cui fanno seguito le continue rassicurazioni italiane ai partner arabi.

La questione di Gerusalemme poteva essere il banco di prova per la capacità italiana di elaborare una linea autonoma di politica estera: ma uno schema di trattato tra Francia, Italia, Israele e Giordania, che prevedeva un Governatorato che garantisse de facto l'internazionalizzazione della Città Santa (dichiarata annessa per la parte ovest dal Parlamento israeliano e per la parte est dal Re di Giordania), non andò mai oltre la fase progettuale: il nostro Paese non faceva parte ancora delle Nazioni Unite, Stati Uniti e Gran Bretagna avevano già accettato la situazione creata da giordani ed ebrei, e così cadde la possibilità per l'Italia di affermarsi in Medio Oriente come Potenza Cattolica di garanzia.

È nel biennio 1950-52, trattato nel capitolo III del libro di Tremolada, che "le relazioni faticano ad assumere consistenza, ma acquistano forma". Anzitutto (oggi può sembrare un'affermazione banale, ma non lo era cinquant'anni fa) Israele ha continuato ad esistere, è una realtà in forte espansione, continuamente alimentata da una grande immigrazione. Poi, l'Italia sta uscendo dal periodo più faticoso del dopoguerra, ha risolto il problema delle
colonie, è entrata nell'Alleanza Atlantica e nel Consiglio d'Europa, prodromi al suo ingresso all'ONU. È un Paese che sta riacquistando fiducia in sé stesso e la stessa elaborazione della politica estera esce da un periodo che si può definire alquanto pressappochista, quantomeno non guidato da una linea sempre chiara ed univoca.

Il ministro plenipotenziario italiano a Tel Aviv, Anzillotti, in un'interessante relazione al governo, di cui Tremolada riporta ampi stralci, esprime la propria preoccupazione per l'espansione di Israele, non tanto temuta in termini territoriali (preoccupazione del resto non del tutto assente, per il continuo aumento di popolazione dello Stato ebraico), quanto in termini di potenza economica, sostenuta da ingenti capitali statunitensi. Secondo il diplomatico italiano la crescente ricchezza di Israele può tradursi nella nascita di una potenza "… capace di escluderci da quest'area che è vitale per i nostri traffici e il nostro commercio, anche lasciando da parte la politica". Si rendeva necessario quindi, secondo Anzillotti, far capire a Israele che "un modus vivendi basato sulla reciprocità di trattamento è interesse loro almeno quanto nostro…".
Inoltre era necessario "… assicurasi un posto sui mercati dei Paesi arabi e nei traffici del Mediterraneo, in modo da renderne difficile l'accaparramento da parte di Israele…"

Insomma, le relazioni più organiche tra Israele e Italia partirono proprio dalla necessità di "controllare" un velleitarismo egemonico di Israele, che esisteva, peraltro, molto più che nella realtà, nei timori della nostra diplomazia. Proprio su questo periodo, 1950-52, l'autrice faceva la riflessione che riportavamo in apertura, circa l'ambivalenza della politica italiana: "In sintesi, i diplomatici italiani danno allo Stato israeliano una duplice valenza: una negativa, in quanto la sua presenza e la sua forza venivano viste come un pericolo per gli interessi italiani in Medio Oriente, e una positiva attraverso la quale paradossalmente Israele appariva come un elemento in grado di proteggere proprio quegli interessi che dall'altra parte esso stesso minacciava. Quella che può sembrare una contraddizione trova però una spiegazione nell'importanza attribuita ai paesi arabi nell'ambito della strategia pensata a Palazzo Chigi". Infatti, unitamente ai timori espressi da Anzillotti, si riconosceva però un ruolo equilibratore di Israele, in una regione che comunque era soggetta a frequenti squilibri politici, dovuti ad organizzazioni statuali ancora basate sulla potenza di famiglie e tribù regnanti. Non a caso un'altra delle direttive di comportamento della politica italiana fu quella di non prendere posizione sulla situazione di permanente conflitto arabo-israeliano, per non inimicarsi nessuna delle due parti.

Israele comunque non rinuncia alla sua politica di apertura verso l'Italia ed ottiene, dopo oltre un anno di trattative, che il ministro degli esteri Sharett possa effettuare una prima visita in Italia, ricevuto da De Gasperi, che reggeva ad interim il ministero degli esteri in seguito alle dimissioni di Sforza. Anche se i colloqui non sortiscono alcun effetto immediato, sono però l'occasione per Sharett per rassicurare l'Italia sulla posizione di Israele, paese che si considera più mediterraneo che mediorientale, e che si sente portato naturalmente a una politica di amicizia con l'Occidente. Inoltre Sharett enfatizza il ruolo di mediazione che l'Italia può avere tra Arabi e Israeliani e rassicura De Gasperi sull'anticomunismo di Israele, anche se la presenza di una folta colonia ebrea in Unione sovietica consiglia prudenza nei toni, per non pregiudicare le aspirazioni di quegli ebrei a raggiungere la terra promessa.

Non è ancora possibile concludere un trattato di amicizia, commercio e navigazione, ma anche questo arriverà, dopo la stipula da parte di Israele di un analogo trattato con gli Stati Uniti: il placet americano è ancora una condizione essenziale della nostra politica estera.
Nel quarto capitolo, anni 1952-54, "cresce l'impegno italiano nel Mediterraneo e si approfondisce l'amicizia con Israele", Ilaria Tremolada ci conduce sulla strada tortuosa delle non ancora sopite paure italiane di inimicarsi i Paesi arabi e della costanza israeliana nel cercare di approfondire sempre più il rapporto col nostro Paese.
Il governo italiano del resto non può non prendere atto della posizione sempre più importante di Israele, Paese in continuo e prodigioso sviluppo. Queste contrastanti spinte porteranno finalmente, nel 1954, alla firma del trattato di amicizia, commercio e navigazione, grazie soprattutto all'instancabile attività del diplomatico israeliano Sasson, che ha ormai imparato a muoversi tra i meandri della politica italiana. Viene invece preso in contropiede il governo italiano da un'autonoma iniziativa israeliana, che propone una visita, con carattere puramente tecnico, di una Commissione dell'esercito israeliano, che si sarebbe fermata per cinque giorni in Italia, per visitare stabilimenti per la produzione di materiale bellico. il Ministero della Difesa dà subito il suo benestare, confermando l'orientamento positivo che si era andato consolidando nei confronti di Israele tra gli organismi tecnici.

Palazzo Chigi non gradisce l'iniziativa, e infatti dà disposizione affinché la visita non sia resa di pubblico dominio con comunicati stampa; del resto però non può non prendere atto di una decisione che è formalmente solo "tecnica" e quindi dà a sua volta l'assenso alla visita della Commissione: sarà questo il primo passo che porterà alla collaborazione militare tra Italia e Israele.
Ormai però, sottolinea Ilaria Tremolada, la strada dell'amicizia tra i due Paesi è iniziata e non potrà più arrestarsi, perché senza dubbio, aldilà delle convenienze politiche ed
economiche che legano l'Italia al mondo arabo, lo Stato di Israele è, come mentalità, cultura e impostazione di vita, molto più vicino all'anima italiana rispetto ai Paesi arabi. La nostra politica verso Israele è spesso fatta quasi di soppiatto, data l'estrema suscettibilità degli arabi, ma la crescita economica e politica di Israele sono realtà che acquistano sempre più peso, quasi a pareggiare quello dei rapporti economici col mondo arabo.

1954-56: un biennio difficile per la politica in Medio Oriente e un periodo di cambiamenti profondi in Italia. In Egitto maturano le condizioni che porteranno alla crisi di Suez, in Italia il lungo periodo di governo di De Gasperi è terminato. Fanfani, Scelba, Segni sono i nuovi Presidenti del Consiglio che governeranno l'Italia in questo biennio. Ma emerge sempre più anche una figura anomala nel panorama politico italiano, quell' Enrico Mattei, già partigiano nelle file democristiane, ora presidente dell'ENI, che ha impostato una politica spregiudicata ma efficace, tesa a garantire al Paese la maggior autonomia possibile in campo energetico. Una politica di questo tipo, data la dipendenza che l'Italia ha comunque con l'estero, e in particolare coi Paesi arabi, per l'approvvigionamento di petrolio, non può non influenzare anche la nostra politica estera.

Nel frattempo i rapporti tra Italia e Israele progrediscono; il trattato di commercio (che non era gran cosa in sé, ma aveva avuto un primo profondo significato politico) era stato il primo passo; ora le rispettive Legazioni di Roma e Tel Aviv venivano elevate al rango di Ambasciate. Si organizzava anche una visita in Israele del Presidente del Consiglio Superiore dell'Agricoltura, Montanari, mentre il Ministro del Tesoro italiano, Gava, in visita non ufficiale in Israele, prolungò di diversi giorni il previsto soggiorno, venendo ricevuto anche dal Primo Ministro israeliano, Sharett.

Tutto quindi andava per il meglio nelle relazioni tra Italia e Israele? Non tutto. Le nubi di guerra che si addensavano all'orizzonte, con la politica panaraba di Nasser che parlava esplicitamente di cancellazione dello Stato di Israele, rendevano sempre più delicata la nostra pretesa di mantenere una posizione filo-araba e nel contempo di sviluppare i rapporti con Israele. Oltre alle questioni ancora irrisolte, legate allo status della città di Gerusalemme (che comportò complicate alchimie diplomatiche, con ambasciate che continuavano a mantenere la loro sede a Tel Aviv, ma inviavano consoli a Gerusalemme), a complicare la politica italiana intervenivano anche le velleità di "neo atlantismo" di uomini come il presidente della Repubblica, Gronchi, il già citato Enrico Mattei, il ministro degli Esteri, Martino, che volevano far acquisire al Paese una posizione più indipendente da quella americana, cercando di porsi come "potenza mediatrice" nel complicato scenario che avrebbe portato alla crisi di Suez, all'intervento anglo - francese e alla seconda guerra arabo-israeliana.
( su questi fatti bellici, vedi altri link di Cronologia: TABELLA ISRAELE )

Mentre le tensioni in Medio Oriente si acuivano, i Paesi arabi erano sempre più in fermento nei confronti dell'Italia, alla quale rimproveravano una politica ambigua, da una parte filo-araba e dall'altra parte filo-israeliana, con la concessione ad Israele di acquistare petrolio dall'Italia col sistema delle triangolazioni (vanificando così il blocco economico imposto dagli arabi), alla partecipazione di allievi israeliani ai corsi per cadetti dell'Accademia Navale Italiana.
Il risultato di tante ambiguità in politica estera arrivò presto: i Paesi arabi iniziarono a compilare liste nere di ditte italiane accusate di avere rapporti di affari con Israele, minacciando le stesse di non poter più commerciare col Medio Oriente arabo. Analoga lista fu compilata per le navi mercantili italiane che facevano scali commerciali con Israele, alle quali sarebbe anche stato negato il sostegno delle rappresentanze diplomatiche italiane nei paesi arabi, se avessero continuato nei loro rapporti con Israele.

Conclusione: il Ministero della Marina Mercantile, di concerto con quello degli Affari Esteri, metteva in allarme le principali compagnie nazionali e le invitava ad uno "scrupoloso controllo" dei movimenti delle navi, onde evitare "danni ingenti".
E chiudiamo con le parole dell'autrice: "Con ciò l'Italia si piegava definitivamente, seppure in clima di tensione bellica, che non lasciava molte alternative, sotto il peso delle ritorsioni arabe… La paura di compromettere dieci anni di attenta strategia mediterranea paralizzava l'Italia, portandola ad assumere un atteggiamento acritico e sottomesso. Il rapporto con Israele ne subiva le conseguenze, rimanendo all'ombra degli arabi".

E con questa frase, che chiude il libro, abbiamo terminato la nostra lettura. "All'ombra degli Arabi" di Ilaria Tremolada è un libro prezioso perché, come dicevamo in apertura, costituisce la prima seria ricerca su un tema stranamente trascurato dalla nostra pubblicistica storica. È un libro ricco di documentazione, dotato di una lunga bibliografia e di un indice dei molti nomi citati, che di sicuro sarà di grande interesse sia per lo storico, sia per l'appassionato.

BIBLIOGRAFIA:
All'Ombra degli Arabi - Le relazioni italo-israeliane 1948-1956. Dalla fondazione dello Stato ebraico alla crisi di Suez, di Ilaria Tremolada, prefazione di Sergio Romano - M&B Publishing srl editore, Milano 2003. Pagg. 246.

Questa pagina (solo per Cronologia)
è stata offerta da Franco Gianola
direttore di http://www.storiain.net


 ALLA PAGINA PRECEDENTE  

TABELLA ISRAELE

INDICE TEMATICO      CRONOLOGIA GENERALE