SCHEDE
BIOGRAFICHE PERSONAGGI |
MARIA
LUISA D'AUSTRIA (2 di 3) |
IMPERATRICE A PARIGI
Nel Castello di Saint-Cloud, a ovest di Parigi sulla Senna, il 1 di aprile 1810 avvenne il matrimonio civile tra il Bonaparte e Maria Luisa. Fu una cerimonia borghese, con cornice imperiale. Ma su 28 Cardinali invitati, 14 non vollero essere presenti alla cerimonia, adducendo la scusa che non approvavano una cerimonia civile separatamente da quella religiosa. Napoleone si irritò molto per queste assenze, anche perchè giudicava che fosse una mancanza verso sua moglie, donna estremamente devota.
Il giorno successivo nel Palais des Tuileries, ex palazzo reale, ora Palazzo Imperiale, avvenne la cerimonia religiosa con Maria Luisa che dovette reggere il pesantissimo manto dell'incoronazione. Il corteo si diresse verso il Louvre al Salon Carrè, adibito a cappella. L'irritazione da parte dell'Imperatore aumentò ancora perchè i quattordici Cardinali, presenti alla precedente cerimonia, si erano ridotti a undici. La sua ira si dimostrò vietando loro di indossare la porpora, costringendoli a lasciare i loro possedimenti ed a trasferirsi in provincia. Maria Luisa non venne a sapere che l'assenza dei Cardinali era dovuta al mancato riconoscimento papale del divorzio di Napoleone da Giuseppina. Alla cerimonia seguì un banchetto alle Tuileries. Poi gli sposi si affacciarono al balcone per farsi festeggiare dalla folla. Successivamente Napoleone e Maria Luisa dovettero sottoporsi alla consacrazione del letto matrimoniale: e finalmente rimasero soli.
Pochi giorni dopo Maria Luisa scrisse al padre di trovarsi benissimo a Parigi, di essere felice ed aggiunse che l'Imperatore la amava "sinceramente e teneramente", e che sperava di avere presto un figlio maschio da lui, e che più lo si conosceva e più si imparava ad amarlo e stimarlo. Che assolutamante non era quel diavolo come descritto a Vienna.
Napoleone era molto contento del modo di comportarsi di Maria Luisa, che lo trattava come sì il suo signore, ma anche come un marito nel senso più borghese della parola. Ma era anche molto geloso, sia perchè lei avendo ventidue anni meno di lui faceva propria la sua freschezza, sia perchè vedeva nella moglie qualcosa di completamente suo, di sua proprietà. E lei si interessava della casa e non interferiva nelle cose politiche, che erano considerate cose da uomini.
Maria Luisa era dolce verso di lui, devota e ubbidiente. Napoleone era una persona molto virile e in questo sembrava andassero molto d'accordo, ma da alcune lettere scritte al padre non si capisce bene se Maria Luisa si comportasse così verso di lui per vero amore o pura condiscendenza. Inoltre Maria Luisa incominciò a riporre fiducia nel marito, perchè non aveva ancora perso quel bisogno di avere sempre accanto qualcuno a cui riconoscere la superiorità e alle cui decisioni potesse rimettersi. Insomma era rimasta incantata dal fascino dell'Imperatore; fu conquistata dal suo modo di fare, dal come sapeva compiacerla, dal garbo con cui la trattava. I doveri coniugali diventavano piaceri coniugali che lei non disprezzava affatto, al punto che divennero più propriamente forme di sessualità.
Tre mesi dopo il suo ingresso in Francia, a Maria Luisa fu detto che aspettava un figlio e Napoleone raggiante trovò subito un titolo per il nascituro: Re di Roma. Questo voleva indicare che padre e figlio avrebbero retto un Impero universale: il padre a Parigi, al centro dell'Impero, ed il figlio reggitore della Città Eterna. Se poi fosse nata una femmina (cosa che avrebbe creato una tremenda delusione a lui ed a tutta la Francia), ella avrebbe ricevuto il titolo di "principessa di Venezia"; ma tutti fecero i preparativi per la nascita di un figlio, futuro erede al trono. Nel 1811 i genitori erano fiduciosi: il padre aspettava che l'aquilotto raffigurato sulla culla, l'Aiglon, continuasse l'alto volo della vecchia aquila; la madre sperava che l'Imperatore, una volta assicuratasi la successione, si accontentasse di quello che aveva ottenuto e mantenesse la pace.
Il 20 marzo 1811, Maria Luisa diede alla luce un figlio maschio ed i cannoni spararono 101 colpi a salve per avvertire il popolo della nascita dell'erede. Il piccolo fu battezzato in pompa magna con il nome di Napoleone Francesco Giuseppe Carlo nella Cattedrale di Notre-Dame il 9 giugno 1811. Il popolo seguì la manifestazione più con curiosità che con affetto, perchè, sbalordito dallo sperpero che veniva fatto, pensava all'acuta crisi economica che la Francia pativa in quel momento.
Anche la borghesia incominciava a staccarsi dall'Imperatore perchè lo accusava di aver ridotto i diritti politici, senza soddisfare le aspettative economiche. D'altra parte si stava alienando anche la simpatia dei giacobini essendosi legato ad un'Asburgo. Per i realisti, il figlio appena nato, fu considerato un bastardo, perchè figlio della figlia di un Sovrano e di un Capo di Stato illegittimo.
Napoleone, all'apice della sua potenza, era felice: vedeva una continuità del suo Impero, oltre alla sua invidiabile unione matrimoniale. Gli altri Stati sperarono che, dandogli un figlio, Maria Luisa avesse saziato le ambizioni dell' Imperatore e avesse così contribuito a mettere le basi per una pace duratura.
A causa delle non poche difficoltà avute da Maria Luisa durante il parto, Napoleone, che avrebbe voluto assicurarsi una discendenza numerosa, dovette invece diradare la sua presenza notturna nella camera da letto dell'Imperatrice. Così la felicità di Maria Luisa veniva offuscata: ciò era dovuto anche dal fatto che il figlio le veniva via via allontanato per inculcargli, fin da bambino, con istitutori prescelti, le qualità marziali del padre, invece che l'amorevole mansuetudine della madre.
Napoleone, oltre che aver cercato di creare una propria dinastia aveva contribuito sicuramente a creare uno "Stile Impero", privo di fronzoli, ma, innalzando a nobiltà coloro che più lo avevano seguito ed aiutato nelle battaglie, aveva contribuito a rendere assai militaresca tutta la Corte: essa mancava quindi di quel non so che di distintivo dei veri nobili. Con l'avvento di Maria Luigia pensò di aver risolto questo problema, ma per la stessa Imperatrice anche Napoleone le sembrava essere un parvenu, malgrado egli si sforzasse di imitare il portamento dei Borboni. Tanto più Maria Luisa lo osservava, tanto più si rendeva conto della distanza che correva tra l'Imperatore e Francesco I. Questo non lo fece capire; non dissimulò invece la propria crescente avversione per l'ambiente di Corte, di cui detestava sempre più il bizantinismo. Teneva perciò la distanza dai nuovi nobili che avevano maniere cortigiane, emulatrici di quelle spagnole od austriache. Ma Napoleone aveva chiamato a Corte anche membri della vecchia nobiltà, anche se non di altissimo rango (perchè quelli erano finiti in gran parte sul patibolo), ma intuiva che costoro si erano messi al servizio del nuovo regime, non tanto per cambiarlo, quanto per ragioni carrieristiche. Maria Luisa era dunque circondata da un miscuglio di vecchia e nuova nobiltà, ma si accorse ben presto che era quest'ultima a determinare il tono della Corte.
L'Imperatrice si fece finalmente un'amica nella duchessa di Montebello, che era stata innalzata come prima dama di Corte di Maria Luisa: fu un affetto saldato dal solito fatto che l'Asburgo aveva come sempre bisogno di appoggiarsi a qualcuno, e costei era sempre a sua disposizione sapendosi rendere indispensabile. Più tardi alla Duchessa fu rinfacciato di essersi servita della propria posizione per rovinare il rapporto tra l'Imperatrice e l'Imperatore, seminando zizzania e sospetti. Ma questo non impediva che Maria Luisa l'amasse moltissimo, anche perchè vedeva in lei una grande differenza con le Bonaparte, che scendevano sempre più nella sua considerazione. La cosa era del resto reciproca.
Maria Luisa era gelosa di una sola persona: di Giuseppina Beauharnais, prima moglie di Napoleone. E lo stesso Napoleone faceva paragoni fra le due donne: la prima, Giuseppina, era tutta grazia ed arte, era scialacquatrice e spesso non diceva la verità; l'altra, Maria Luisa, era tutta innocenza, era parsimoniosa ed incapace di simulare. Maria Luisa non aveva certamente il fascino e la civetteria di Giuseppina. Per questo a Corte, Maria Luisa non fu particolarmente amata, anche perchè faceva vita piuttosto ritirata nella cerchia dei suoi intimi amici. La gente giudicò sprovvedutezza la sua inesperienza, arroganza la timidezza che lei cercava di dissimulare con un portamento impettito, come le era stato insegnato a Vienna. Così la seconda Imperatrice non riuscì ad avere il riconoscimento e l'amore che la Corte ed il popolo avevano tributato a Giuseppina. I nuovi nobili le invidiavano il sangue blu, i vecchi non le perdonavano di aver accettato un usurpatore; per il popolo lei era "l'autrichienne", pronipote di Maria Antonietta.
Ma Maria Luisa, ventenne, isolatasi nella sua Maison de l'Imp�ratrice, trovò qui finalmente l'ordine desiderato, la sicurezza e la pace che le erano necessarie. Ricamò, suonò l'arpa, il clavicembalo ed il pianoforte. Prese lezioni di canto, si migliorò nell'arte del disegno della quale si era già impratichita a Vienna. Si dedicò alla lettura che veniva da lei considerata come fonte di apprendimento e di educazione. Amava scrivere molto, soprattutto al padre, ma anche al marito quando era lontano ed inviava lettere al suo parentado viennese e biglietti ai conoscenti parigini.
A Maria Luisa piacevano molto i dolci, le torte, lo champagne e mangiava molto. Ciò le procurò problemi di linea e di salute. Ma faceva anche lunghe camminate all'Eliseo, veloci cavalcate a Sain-Cloud. Il suo soggiorno a Versailles le portò sentimenti contrastanti: le piaceva molto il parco, ma non amava l'interno, dove troppe cose le riportavano alla memoria la sventurata Maria Antonietta. Le feste di Corte non le piacevano perchè non davano diletto e perchè non amava assolutamente ballare. Un'intera giornata in società l'affaticava molto.
Nel 1811 a Parigi e nelle grandi città francesi e nel 1812 nelle campagne scoppiarono rivolte, scioperi e tumulti provocati dalla fame. Napoleone cercò di pilotare la crisi e di porre riparo alla carestia, contando anche sulle iniziative benefiche dell'Imperatrice, che aveva nel frattempo spinto Napoleone ad avvicinarsi di più alla Chiesa. Gli aveva inculcato il dubbio ed il timore che le cose non andassero più tanto bene, perchè non riusciva, perseguitando la Chiesa, ad avere la benedizione di Dio. Così su richiesta dell'Imperatrice alle Tuileries si svolsero, durante la settimana pasquale, quasi le stesse cerimonie che si svolgevano nello stesso periodo alla Hofburg di Vienna.
Nei suoi rari viaggi si fece delle idee personali su quanto stava avvenendo nell'Impero francese. A Parigi poteva leggere solamente i giornali devoti alla Corte, non le arrivava la stampa straniera; ma passando per Bruxelles e per Amsterdam, si accorse che l'economia, una volta fiorente in quei paesi, era ridotta a mal partito a causa del blocco imposto da suo marito alla vicina Inghilterra. La coppia imperiale fu accolta da quella popolazione con molta freddezza, trattandoli quasi come conquistatori.
L'Imperatrice non era però al corrente dei disegni dell'Imperatore che voleva risolvere con le armi i numerosi ed ormai imprescindibili problemi di politica estera. Egli dichiarava desideri di pace, diceva che quella era anche la ragione per la quale si era legato agli Asburgo. Ma i suoi principali nemici, il Re d'Inghilterra, l'Imperatore d'Austria, e lo stesso Zar di Russia, che lo aveva abbracciato a Tilsit, non gli credevano ed avevano paura che lui mirasse ancora ad eliminare le vecchie monarchie e ad inserirsi così nel consesso dinastico.
Due Imperi, come quello francese e quello russo non potevano coesistere, pensava Napoleone, preparandosi alla guerra contro lo Zar Alessandro I, nella speranza di una rapida vittoria. L'esercito francese era formato da 600.000 uomini (la Grande Arm�e), il più grande che si fosse mai visto.
Anche Austria e Prussia dovettero, seppur malvolentieri, in qualità di paesi satelliti, dare il loro contributo in uomini e mezzi. Napoleone partì con il suo esercito e Maria Luisa dovette rinunciare al marito per lungo tempo, con la paura che potesse succedergli qualcosa. Lo accompagnò solo fino a Dresda, dove però potè rivedere il padre. Sembra che Maria Luisa si sia sentita in obbligo di dar l'impressione ai genitori di essere felice al fianco di Napoleone, e vari e quasi sempre positivi furono i commenti dei suoi parenti, anche se velati da qualche dubbio.
Il mattino del 29 maggio 1812, Napoleone mosse da Dresda per marciare sulla Russia. Prima di partire aveva concesso a Maria Luisa una breve vacanza in Austria. Costei, da Dresda, passò per Praga dove ebbe un'accoglienza estremamente festosa, quale quella di un figliol prodigo che ritorna a casa.
Il 6 luglio vicino a Eger, Maria Luisa si accomiatò dal padre e prese la via del ritorno per Parigi dove arrivò il 18 luglio. Napoleone le scriveva di star bene e dei progressi che faceva in guerra: aveva attraversato il Neman, che, secondo il trattato di Tilsit, avrebbe per sempre dovuto segnare la linea di pace tra l'Impero d'Occidente e quello d'Oriente.
A Maria Luisa non mancava il denaro; le mancava il marito. Aumentavano inoltre le preoccupazioni anche politiche per l'assenza di Napoleone dalla Capitale. Queste preoccupazioni le procuravano spesso febbre e forte malessere.
Ogni avanzamento verso Mosca costava all'Imperatore molti uomini e materiale. I russi si ritiravano, evitando lo scontro in campo aperto; gli tennero però un poco testa solo a breve distanza da Mosca. Il 7 settembre vi fu la battaglia del Borodino dove i russi si ritirarono perdendo 45.000 uomini contro i 30.000 dei francesi. Il 14 settembre Napoleone entrò a Mosca e s'insediò al Cremlino. Ma il giorno dopo, gli stessi russi dettero fuoco alla capitale per non lasciarla in mano al nemico.
Il 19 ottobre 1812 Napoleone incominciò la ritirata, avendo atteso invano a Mosca una proposta di pace dello Zar. Ma era ormai troppo tardi per sfuggire al terribile inverno russo. Durante il ritorno scriveva a Maria Luisa di stare bene e di avvicinarsi sempre più a lei, ma le notizie che arrivavano non erano confortanti. Il ripiegamento non era una mossa tattica, come lui le aveva scritto, bensì l'inizio di una sconfitta, di una catastrofe. Il potere dell'Imperatore era veramente in pericolo: nel gelido inverno russo, al passaggio della Beresina (26-28 novembre), durante la ritirata che si trasformò in fuga, caddero quasi 400.000 uomini. La Grande Arm�e si era dissolta. La notte tra il 5 ed il 6 dicembre Napoleone abbandonò le sue truppe e si diresse rapidamente verso Parigi, per salvare il salvabile almeno in patria.
In Europa si pensò subito che fosse giunta l'ora della liberazione dall'imperialismo francese: lo Zar, dopo averlo cacciato dalla Russia si apprestava ora a cacciarlo anche dall'Europa, il Re di Prussia sentiva "aria di primavera" e l'Imperatore d'Austria scriveva alla figlia: "Quale cambiamento politico dall'ultima lettera che ti ho scritto!".
Napoleone aveva spesso spiegato a Maria Luisa la differenza tra suo padre e suo marito. Il primo era libero di tornare nella sua Capitale a godersi l'Impero che aveva ereditato, anche dopo una battaglia persa; lui, che aveva conquistato il trono con le vittorie militari, l'avrebbe perso se non avesse aggiunto vittoria a vittorie.
Il 1813 incominciò per Napoleone con i preparativi di una nuova guerra, stavolta difensiva, contro la Russia, l'Inghilterra, la Prussia. Sperò fino all'ultimo, avendo sposato un'austriaca, che Francesco I gli si alleasse o almeno non aderisse alla coalizione antifrancese: a Maria Luisa toccò il compito di fare da messaggera per l'alleanza. Ella cercò di fare del suo meglio, perchè desiderava la pace temendo per se stessa, per suo marito, per suo figlio e per l'Impero. Non ottenne risultati efficaci: gli austriaci, dopo la campagna di Russia, non erano più disposti a combattere per i francesi.
In Francia, Napoleone riuscì a mettere insieme un esercito di 300.000 uomini. Preoccupato anche per la politica interna, riuscì a far firmare al Papa Pio VII, che lui stesso aveva fatto trasportare a Fontainbleu, un documento in cui veniva ritirata la scomunica (13 gennaio 1813). Per ottenere questo, Napoleone si disse disposto a convalidare i vescovi nominati dal Pontefice ed a rinunciare allo Stato della Chiesa, fino allora annesso alla Francia. Maria Luisa fu felice di questo patto e scrisse subito al padre dicendo che l'Imperatore aveva concluso nel migliore dei modi il conflitto e le pendenze che aveva con la cristianità.
Essendosi però reso conto di aver concesso troppo al Papa, il 24 marzo 1813, Napoleone sconfessò il Concordato, lasciando sfavorevolmente colpita e scossa la moglie devota, che fra l'altro aveva sperato che il Papa avrebbe anche sancito la validità del suo matrimonio e la conseguente legittimità di suo figlio. Alcuni giorni dopo anche il Papa ritirò il proprio assenso al Concordato.
Fu così che, per essere sicuro della sua dinastia venne introdotta la clausola della Reggenza da dare all'Imperatrice in nome del figlio di soli due anni. Il 30 marzo 1813, Maria Luisa venne insediata in qualità di Reggente e prestò giuramento davanti all'Imperatore e al Gran Consiglio. Avrebbe preferito continuare ad adempiere ai suoi doveri coniugali senza doversi accollare obblighi pubblici.
La mattina del 15 aprile 1813, Napoleone mosse alla volta della Germania, iniziando quella nuova campagna militare che lo porterà inesorabilmente alla fine.
Napoleone seguiva ed ordinava, seppur da lontano gli avvenimenti parigini, e Maria Luisa doveva presiedere il Senato, il Consiglio di Stato, il Consiglio dei Ministri ed il Consiglio Privato. A nome dell'Imperatore, Maria Luisa si appellò al popolo francese affinchè resistesse alla coalizione nemica. Ma a Parigi cresceva l'insoddisfazione generale ed anche fra gli stessi ministri non c'era più la concordia di un tempo. Lei partecipava alle Assemblee, ma non interveniva nei discorsi, nei problemi: avrebbe preferito essere altrove fino a quando non fosse ritornato l'Imperatore. Invece dal fronte, Napoleone le ordinò di ricevere un diplomatico austriaco per far avvertire Francesco I, che se avesse aderito alla coalizione contro di lui, sarebbe entrato immediatamente con il suo esercito a Vienna. Cosa che lei disse, ma con parole meno dure, incaricando il diplomatico di dire al padre che, in caso di una sua adesione alla Coalizione contro suo marito, lei stessa si sarebbe trovata in una posizione assai difficile.
Secondo Maria Luisa l'unica possibilità di uscire da quei problemi era la pace: ma Napoleone ribattè in una lettera che l'unica possibilità di pace era quella di una vittoria; ed anche suo padre le rispose che la pace dipendeva unicamente da Napoleone stesso. Lei quindi si trovava tra due fuochi, con problemi che la portavano ad essere deperita, con le occhiaie dovute alla febbre, sempre stanca ed esaurita. Ormai anche Napoleone la rimbrottava spesso perchè non era riuscita a convincere il padre ad allearglisi, non ricordando che fra gli Stati vigono leggi che sono ben diverse da quelle coniugali.
Napoleone intanto con 200.000 uomini aveva sconfitto i russi ed i prussiani a L�tzen (2 maggio 1813); il 10 maggio entrò a Dresda. Poi il 20 e 21 maggio 1813 li risconfisse a Bautzen, costringendoli a ritirarsi in Slesia. A Dresda ebbe un incontro con Metternich, sperando di sentire parole favorevoli alla sua causa, quali almeno un aiuto militare di cui tanto il Bonaparte aveva bisogno. Invece l'ambasciatore austriaco gli propose condizioni di pace sottoscritte anche da prussiani e russi. Esse prevedevano che la Francia e la dinastia non sarebbero state toccate, ma in cambio egli avrebbe dovuto restituire tutti i territori conquistati, compreso il ripristino dell'Impero asburgico nelle sue proprietà pre-napoleoniche. Napoleone le respinse subito.
Tutto questo Napoleone riferì a Maria Luisa. Non le disse invece che se lui non avesse accettato, anche l'Austria avrebbe mosso contro di lui. Fu concessa una tregua, poi prorogata fino al 10 agosto 1813. In questo tempo Maria Luisa raggiunse il marito a Magonza, e se ne staccò il 1 agosto quando costui partì per Dresda; furono giorni belli, in compagnia del marito, sia pur increspati da qualche nube. Il 9 agosto Maria Luisa ritornò di nuovo a Saint-Cloud.
L'11 agosto, finita la tregua, l'Austria dichiarò guerra alla Francia. Il 26-27 agosto Napoleone vinse l'esercito boemo a Dresda. Fu l'ultima vittoria di Napoleone. Il 6 settembre venne infatti sventato un suo attacco su Berlino. La consistenza numerica delle truppe napoleoniche si andava però ormai disfacendo. Napoleone scrisse a Maria Luisa ordinandole di fare un discorso al Senato dicendo che la Francia aveva necessità di altri 160.000 uomini. Maria Luisa fece la sua parte con tono del tutto impersonale, ma comportandosi con dignità e decoro. Ma a Parigi Maria Luisa, chiamata "l'autrichienne", non era più vista con benevolenza, anzi. Se non era mai stata popolare, ora era decisamente invisa. Ed anche lei era particolarmente inquieta, tanto piùche non aveva ricevuto notizie da Napoleone dal 5 al 25 ottobre. Egli non voleva confessare di essere ormai stato battuto tra il 16 ed il 19 ottobre, nei pressi di Lipsia, nella battaglia decisiva contro austriaci, russi e prussiani. Scontro che prese il nome di "Battaglia delle Nazioni". In esso aveva perso 80.000 uomini, ma era riuscito a sfuggire ad un accerchiamento con 120.000 uomini. Dovette tuttavia evacuare dalla Germania fino al Reno dove arrivò con soli 90.000 uomini. Il 9 novembre 1813 rientrò a Saint-Cloud per la seconda volta da sconfitto.
Intanto anche a Parigi le cose andavano male, la gente era allo stremo, e continuavano ad arrivare cattive notizie. Le tasse erano raddoppiate e gli stipendi ridotti. Si sentiva ormai poca gente osannare l'Imperatore a causa dei gravami che lo stesso aveva richiesto alla Francia per la sopravvivenza della Nazione, come lui diceva, che invece erano per mantenere il suo sistema di potere.
Anche Maria Luisa, pur sperando veritiere le parole di ottimismo che le infondeva il marito, disse che anche lei era triste ed abbattuta e che ormai stava perdendosi d'animo.
Gli alleati frattanto si erano arrestati al Reno ed offrirono all'Imperatore condizioni di pace del tutto accettabili: riconoscimento della dinastia dei Bonaparte e dei confini "naturali" della Francia, in cambio della rinuncia all'Olanda Germania, Polonia, Italia e Spagna. Napoleone sdegnato pose un secco rifiuto.
Il Bonaparte, che finora aveva perso solo la Germania, s'apprestò pertanto all'ultimo scontro, mentre ormai i realisti volevano ripristinare i territori e le dinastie pre-napoleoniche. Lo stesso Papa aveva ormai abbandonato Fontainbleu per ritornare a Roma.
Il 20 e 21 dicembre 1813, gli Austriaci passarono il Reno a Sciaffusa e Basilea. Il Capodanno del 1814 prussiani e russi entrarono per la prima volta in territorio francese.
Maria Luisa capì che il trono poggiava ormai su un terreno malfermo e lo vedeva, traballante com'era, sfasciarsi del tutto. Lo stesso Imperatore incominciava ad essere piuttosto insicuro. Maria Luisa era sempre più spaventata da quello che le poteva succedere: nel migliore dei casi avrebbe dovuto continuare a fare le fatiche di Reggente in sostituzione del marito partito per la guerra; nel peggiore ci si poteva aspettare la morte del consorte e forse la fine della dinastia.
Il 23 gennaio 1814 Napoleone avvertì che avrebbe raggiunto la testa dell'esercito e rinominò nuovamente la moglie Reggente e suo fratello Giuseppe, ex Re di Spagna, suo Consigliere. All'alba del 25 gennaio Napoleone si staccò dalla sua famiglia che non avrebbe rivisto mai più.
L'1 febbraio fallì un primo tentativo di respingere gli austriaci, russi e prussiani nei pressi di la Rothi�re. Il 10 ed il 14 febbraio sconfisse invece l'esercito prussiano.
L'8 febbraio inviò a Parigi l'ordine a Giuseppe Bonaparte di abbandonare Parigi unitamente al Governo andando verso la Loira, e di sfollare a Rambouillet sia l'Imperatrice che il principe ereditario, in caso di una sconfitta decisiva o di un'eventuale sua morte in battaglia. Napoleone era infatti convinto che Francesco I, in caso di vittoria, sarebbe stato completamente disinteressato che sua figlia mantenesse la Reggenza in Francia, ed avrebbe anzi provveduto a trasferirla in Austria assieme al Principe ereditario, che ormai aveva tre anni. Questa era una cosa che Napoleone non voleva assolutamente: avrebbe preferito veder "strangolato" suo figlio, piuttosto che vederlo a Vienna educato a diventare un principe austriaco.
Napoleone si volse verso il grosso dell'esercito nemico e lo battè il 17 e 18 febbraio a Nangis e a Montereau, costringendolo a piegare su Troyes. Scrisse a Maria Luisa di sperare di confortarla con le sue vittorie e fece ordinare da lei di far sparare a Parigi una salva di cannone in onore del vincitore.
Maria Luisa continuava a scrivere al Consorte che tutti a Parigi auspicavano la pace, anche perchè mancavano quattrini per poter continuare la guerra. Fin dal 5 febbraio erano state avviate segrete trattative di pace ed ella vide finalmente la possibilità di una schiarita; scrisse anche a suo marito dicendogli che accettando avrebbe potuto salvare il trono ed il matrimonio. Ma il 19 di marzo gli alleati ruppero le trattative con i francesi, spinti anche dall'Inghilterra che voleva estirpare per sempre la dinastia napoleonica.
Le battaglie si erano intanto susseguite: l'esercito austriaco aveva vinto a Bar-sur-Aube, e quello slesiano a Laon (9-10 marzo). Napoleone non si arrese, e con i 30.000 uomini superstiti mosse contro l'esercito principale, ma fu battuto il 20 e 21 marzo ad Arcis-sur-Aube.
Ormai Maria Luisa aveva smesso di sperare nella pace. Gli alleati usarono una nuova strategia: lasciarono un contingente a combattere contro Napoleone e con il grosso dell'esercito puntarono su Parigi, che se conquistata, avrebbe fatto crollare tutto l'esercito francese. La strenua difesa della Capitale s'infranse il 25 marzo. A Parigi la gente terrorizzata, leggeva i bollettini del governo napoleonico, ma si procurava coccarde bianche, distintivo del partito borbonico.
Il 28 marzo venne convocato il Consiglio della Reggenza presieduto da Maria Luisa, riservata come sempre. Il Ministro della Guerra parlò dell'impossibilità di difendere Parigi e propose di far evacuare dalla città l'Imperatrice ed il Principe ereditario, per portarli in luogo sicuro. Altri consiglieri si dichiararono contrari, facendo osservare che tale partenza sarebbe stata vista come una diserzione, che avrebbe scoraggiato la popolazione e accelerato la caduta della capitale dell'Impero, cioè dell'Impero stesso. Così il Consiglio di reggenza votò la risoluzione per la permanenza a Parigi della Reggente. Allora Giuseppe Bonaparte, luogotenente Generale dell'Impero, mostrò la volontà espressa da Napoleone l'8 febbraio. Egli voleva che l'Imperatrice ed il Principe ereditario lasciassero la Capitale con il Governo ed il tesoro dello Stato, dirigendosi verso la Loira. Il Consiglio di Reggenza si conformò allora all'ordine dell'Imperatore.
Quella stessa notte Maria Luisa scrisse a Napoleone che si atteneva alle disposizioni che egli aveva lasciato, ma disse che non voleva assumersi la colpa del terribile effetto che questa partenza avrebbe fatto sul popolo parigino. Lasciò le Tuileries alle 10 del mattino del 28 marzo 1814, quando già i cosacchi erano a Neuilly ad ovest della città. Non vi sarebbe mai più rientrata. Partiva perchè le avevano detto che anche suo figlio era in pericolo. Quando il corteo di carrozze si mosse fu giustamente paragonato al corteo funebre dell'Impero.
Maria Luisa, nella sua fuga con il Consiglio di Reggenza ed i membri della famiglia Bonaparte, si fermò a Blois dal 2 aprile fino all'8 aprile: questa città fu quindi l'ultima Capitale dell'Impero.
Nel frattempo Napoleone aveva trovato rifugio tra le mura del castello di Fontainbleu difeso dalle truppe lealiste. Il 2 aprile 1814, a Parigi si era formato un Governo Provvisorio che dichiarò decaduto Napoleone. Il 4 aprile, Napoleone fu invitato a formulare una rinuncia al trono a favore del figlio. Fu lo stesso Napoleone che fece scrivere da Maria Luisa all'Imperatore d'Austria per salvaguardare la salvezza della figlia e del nipote. A sua volta Francesco I, sollecitato dal Metternich, giunse alla conclusione che Maria Luisa aveva ormai compiuto il proprio dovere verso la Francia, e che era ora di sciogliere, con i nuovi avvenimenti, quel sodalizio che per l'Austria era divenuto assai compromettente.
Lo Zar chiese ed ottenne da Napoleone una dichiarazione di rinuncia senza condizioni al trono. Non vi sarebbe stata pertanto ne' Reggenza per lei, ne' successione al trono per Napoleone II.
A Blois, Maria Luisa aspettò invano una missiva da suo marito su quello che avrebbe dovuto fare: alcuni la consigliarono di raggiungere il marito a Fontainbleu, altri di ritornare in Austria da suo padre.
L'8 aprile le si presentarono un rappresentante del Governo Provvisorio francese ed un aiutante dello Zar, i quali la invitarono a deporre la Reggenza ed a farsi accompagnare subito ad Orl�ans. Vi giunse il 9 aprile, piena di paura. Qui dovette restituire, come beni appartenenti alla Francia, tutti i preziosi che aveva portato con lei, compresi i doni che l'Imperatore le aveva fatto personalmente.
L'11 aprile, da Fontainbleu, Napoleone le annunciò "l'accomodamento" avuto con gli alleati: "a me danno l'Isola d'Elba, a te e a tuo figlio Parma, Piacenza e Guastalla".
Maria Luisa intanto non capiva più se Napoleone volesse essere raggiunto da lei oppure no: ma aveva l'impressione che non la volesse; a lui invece era stato chiaramente fatto capire che non gli avrebbero più lasciato vedere l'ex-Imperatrice. Lo stesso Francesco I le consigliava la separazione dal marito ed il ritorno dal padre. Anche Napoleone approvò, rassegnato, quest'ultima scelta.
Il 16 aprile Maria Luisa arrivò col figlio a Rambouillet per incontrarsi col padre Francesco I, che l'abbracciò e la prese sotto la sua protezione. La prospettiva di rivedere Vienna le recò non poco sollievo e la conclusione dell'accordo relativo a Parma le fu di consolazione, anche se le fu detto che il Ducato era "una cosa di 400.000 anime e 3 o 4 milioni di entrate". Ma qui lei sarebbe stata Sovrana diretta e non consorte di un Sovrano dispotico.
Il 20 aprile 1814 Napoleone fu portato da Fontainbleu all'Elba.
Il 24 aprile, Maria Luisa con il suo seguito, ed una scorta austriaca, iniziò il suo viaggio verso Vienna. Fisicamente affaticata e moralmente distrutta, aveva ora l'unico desiderio di godere un pò di pace. Si sentì un pò sollevata al suo arrivo in Tirolo, dove fu accolta non come una deposta Imperatrice, bensì come l'Arciduchessa d'Austria. Le furono attribuite grandi feste.
Ma il contrasto interno tra l'attaccamento al marito e l'affetto per il padre non era ancora risolto. Il suo ideale sarebbe stato quello di trovare protezione ed appoggio a Vienna, agi e potere a Parma, e gioia, per se' e per il marito, con qualche temporaneo soggiorno all'Elba. Ma la via che l'avrebbe portata all'Elba le restò perennemente chiusa.
Da tutti questi avvenimenti, Maria Luisa ne uscì, ventiduenne, più matura e più forte, pronta a condurre una vita in cui avrebbe potuto finalmente essere completamente indipendente.
CONTINUA
DUCHESSA A PARMA > >