DA
20 MILIARDI ALL' 1 A.C. |
1 D.C. AL 2000 ANNO x ANNO |
PERIODI
STORICI E TEMATICI |
PERSONAGGI E PAESI |
ANNO 713 d.C.
(Vedi
QUI i singoli periodi in
"RIASSUNTI DELLA STORIA D'ITALIA")
*** LIUTPRANDO RE DEI LONGOBARDI
*** GLI ARABI IN SPAGNA
Il re che abbiamo visto vincitore sulle sponde del Ticino non fa in tempo a godersi un solo anno di regno che muore, lasciando come suo successore il figlio LIUTPRANDO di cui invece sentiremo parlare per oltre 31 anni.
Dedicò i primi 10 anni di governo al rafforzamento dell'autorità regia nei confronti dei suoi subalterni colleghi duca, che erano sempre più intolleranti del potere centrale. Sulla traccia di tale politica vigorosamente accentratrice e mirando ad un avvicinamento della tradizione longobarda con quella romana delle popolazioni italiche sottomesse, attese all'aggiornamento delle leggi che aveva emanate ROTARI, promuovendo 15 assemblee che ordinarono in 153 capitoli le nuove leggi specie in materia di diritto privato, rivissuto -e questa era la novità- alla luce dei precetti religioso-cristiani: infatti nel prologo di tali leggi, spesso vi sono accenni rivolti a reprimere superstizioni e concezioni magiche.
Liutprando ci offre in queste leggi anche un saggio di notevole maturità giuridica là dove introduce il concetto di reato come violazione non solo del diritto privato, quanto della pace sociale. Quanto alla politica con i vicini, con Venezia e Comacchio, Liutprando patteggia nuovi confini e un regime di navigazione fluviale; inoltre sposando GELTRUDA figlia del re dei bavaresi, si legherà nel prossimo 715, anche con CARLO MARTELLO, che divenuto re dei Franchi, divenne anche un suo protettore.
In un secondo tempo Liutprando cambiò atteggiamento, iniziò come era accaduto ai suoi predecessori, a voler tutto, e lo ritroveremo improvvisamente a inaugurare una fase più bellicosa del regno, caratterizzata da una serie ininterrotta di azioni belliche con alterne vicende, che via via racconteremo nei prossimi anni che seguono.......
GLI ARABI IN SPAGNA
Ed ecco giunti all’emiro MUSA, che già entrato in Spagna alla fine del 712, va a raccogliere i frutti fatti maturare dal suo schiavo TARIQ. Varca la Sierra Morena si impadronisce dell'Estremadura dove riceve la collaborazione degli Ebrei che erano stati da anni sempre perseguitati sia dai Visigoti sia dai Bizantini. Evitando di ripetere il percorso del suo schiavo-condottiero, Musa occupò prima le città che ancora resistevano, di cui una lo tenne occupato per un mese, Merida, ma poi gli abitanti di questa città conosciute le promesse che faceva il generale, il 30 giugno si arresero. I patti che gli arabi avevano fatti furono però rispettati scrupolosamente. Anche Siviglia si ribellò al primo attacco, ma poi anche questa città che era la sede del governo dai tempi dell'impero romano, aprì le porte a MUSA e l'arabo entrò in questa città che era la sede e il centro intellettuale della Spagna. Proseguendo arrivò anche lui a Toledo, dove lo aspettava ben sistemato il pacifico TARIQ. Con lui riuscì a sfogare la sua collera provocata dall'invidia che nutriva nei confronti di questo suo subalterno sfacciatamente baciato dalla fortuna. Un’invidia che aveva covato per quasi un anno e mezzo. Ma venne anche per lui il turno dei rimproveri. Questi gli giunsero dal Califfo WALID, che gli mandava a dire che doveva rientrare immediatamente a Damasco, e che nessuno gli aveva detto di fare quelle conquiste, nè lui e tanto meno Tariq che era pur sempre un suo subalterno.
Perché questo sia accaduto, noi possiamo sì rispondere, ma solo attenendoci alle varie interpretazioni che ci sono state lasciate dagli storici occidentali di allora e poi tramandate, ma dato che queste versioni contrastano con quelle degli Arabi, possiamo benissimo nutrire molti dubbi.
(Tuttavia ci affidiamo agli Arabi in Spagna, di H. Schreiber e alla Storia dei popoli Arabi, di A. Hourani)
È certo che alcune ragioni di quel rimprovero e quindi divieto di fare conquiste in Spagna, le dobbiamo cercare all'interno della struttura politica Araba che da Damasco doveva essere ben diversa vista da un generale stanziato in Marocco (dove Musa era Emiro – cioè governatore). Da Damasco molto probabilmente avevano pensato che ogni movimento ha i sui limiti, e la migrazione araba anche sul continente non avrebbe permesso di mettere in campo un numero di uomini sufficienti a mantenere una occupazione permanente della Spagna, anche se in questa mandavano non eserciti arabi ma tutti i berberi possibili del Marocco.
Si sarebbe verificato in Spagna con la divisione dei vari territori, ciò che stava succedendo già fra i califfi nella stessa Arabia. Da Damasco vedevano lontano, perché queste divisioni si verificarono proprio anche fra Berberi e gli Arabi del Marocco. I movimenti erano avvenuti in un momento favorevole, e le fortunate conquiste le poteva ugualmente fare chiunque si fosse avventurato sopra Gibilterra in questo periodo.
I Berberi prima e gli Arabi dopo, non sarebbero mai riusciti a conquistare la Spagna, e forse neppure a entrarci, senza le discordie interne che avevano preceduto il loro arrivo. Per la mancanza di disciplina e di unità che avevano i duchi, il clero e il re, la Spagna era in una situazione di alta vulnerabilità. I Re dei vari territori, oltre che farsi la guerra, emanavano editti contro le popolazioni in continuazione, creando perfino nei propri sudditi odio e desiderio di rivalsa ad ogni occasione. Operando così nelle lotte intestine si distruggevano reciprocamente. E non essendoci una unione, tutti singolarmente erano estremamente vulnerabili.
Abbiamo visto che perfino gli ebrei arsi dall'odio, paradossalmente corsero ad aprire le porte ai loro più acerrimi nemici, agli arabi! accolti come fratelli! Quelli che atavicamente erano i peggiori nemici del popolo di Israele, accolsero in trionfo gli Islamici come fratelli liberatori. Lo stesso errore fatto dai re, dai duchi, dal clero in Spagna, fra poco lo faranno gli stessi Arabi. Partito MUSA e lasciato sul posto suo figlio, ABD al AZIZ e lo schiavo-condottiero TARIQ, si scateneranno le rivalità, l'antagonismo fra Arabi e Berberi. Una lotta che sarà destinata ad essere fatale soprattutto per gli arabi dato che alcune discordie che erano già scoppiate in oriente cominciarono a farsi sentire fino in Marocco, e col tempo nella stessa Spagna. In tal modo si spezzò la compattezza dei nuovi conquistatori. Iniziarono a mancare di unità.
Quando gli arabi saranno fermati con la BATTAGLIA DI TOURS (O POITIERS), non dovremmo dare molto importanza e presentarla come un evento di primaria importanza nella storia del mondo dove si afferma che quella battaglia segnò l'arresto degli arabi. Gli Arabi erano già da anni in lotte interne e a Poitiers emerse la non unità. E anche la banalissima venalità. Da libri marocchini oggi sappiamo, che i Berberi nella loro campagna in Spagna furono ripagati dagli arabi con il bottino più scadente, e che MUSA prima di partire per Damasco diede l'incarico di ricolmare le sue navi di tutti gli oggetti preziosi che lui, ma soprattutto Tariq suo subalterno, si erano procurate nelle razzie, e i denari che avevano richiesto alle città quando avevano patteggiato la resa.
Al British Museum di Londra c'è il papiro dell'arabo generale Musa quando lasciò la Spagna richiamato a Damasco dal Califfo, e ci ha tramandato diversi dati di questa carovana che si apprestava a far ritorno a Damasco, sappiamo che tutto il tesoro razziato andò al Califfo, e che lo stesso Musa cadde in disgrazia e non occupò più nessuna posizione di primo piano; mentre i suoi figli che aveva lasciato in Spagna a fare i governatori o furono deposti o furono uccisi. Ma non dai locali, ma dalle loro lotte intestine.
Se poi andiamo pure a vedere le carte dei Berberi, troviamo che un altro capo dei Berberi che aveva contribuito a raccogliere tutto quel tesoro, ma che fu ripagato con gli scarti, andò ad allacciare rapporti non solo amichevoli con un duca che fra poco farà bella figura contro gli arabi, ma dichiarerà la sua indipendenza dagli arabi e allaccerà anche rapporti familiari con i Franchi. E quel duca era ODDONE.
Ma continuiamo nella nostra storia. La fermata degli arabi sui Pirenei fu puramente una delle tante battaglia che dovrebbe accennare solo la cronologia; solo incidentalmente gli Arabi furono fermati con la battaglia di Poitiers, poiché quello che poteva sembrare una rapporto causa effetto non era che una coincidenza. Lo abbiamo detto già prima; ogni movimento ha i suoi limiti, e in Spagna questo limite si era già verificato nelle stesse file arabe nel periodo della battaglia di Poitiers. Avevamo visto nella nascita dell'Islamismo come erano sorte all'improvviso le varie dinastie che iniziarono con il potere a moltiplicarsi e a combattersi non più come i loro nemici nel deserto per un cammello o una pianta di datteri come nell'assedio di Medina, ma vi erano in gioco ora regni interi, egiziani, persiani, bizantini, e non erano cose da poco, ma Città millenarie, con tesori accatastati da secoli.
La stessa cosa accadde nei Berberi, ma nell’arco di tempo ancora più breve; in venti anni, si erano già create dinastie che si combattevano l'un l'altra per prendersi città come Siviglia, Malaga, Cordova, Toledo, Siviglia, Salamanca, l'Andalusia e tante altre città.
In Marocco i berberi prima erano una unità, ma poi esaltati dai successi, si misero pure loro a dare inizio a lotte intestine. La prima fase fu quella di voler essere indipendenti dagli arabi, questi all’inizio pur essendo i padroni degli orgogliosi berberi; non erano i conquistatori della Spagna. I berberi sapevano che gli arabi erano saliti sul loro carro vincente solo dopo, eppure si comportavano come conquistatori e padroni, così le contese iniziarono; e non avvennero solo fra i due antagonisti, ma c'era di mezzo il popolo locale che ora si schierava con questo ora con l'altro; ogni città diventava nemica o degli arabi o dei berberi in un modo alternato, e senza nessuna unità nazionale, sempre pronte -spesso per necessità- ad essere ora amiche ora nemiche.
Nel 745 come vedremo, ABD AL RAHMAN della tribù Berbera dichiarò la sua indipendenza da Bagdad, e quando si pensò di punirlo per tanta audacia, accolse quelli che erano andati a cacciarlo come amici, e distribuì loro doni dieci volte di quanto prometteva a loro Bagdad, rendendo inefficace ogni potere militare inviato dalla lontana capitale Araba.
In più disse loro, prendetevi l'esercito e rendetevi indipendenti da Damasco e da Bagdad, che tanto qui altri eserciti non arriveranno mai, o se arriveranno, li accoglieremo come abbiamo accolto voi, come amici. Qui c’è abbondanza per tutti. I bottini ce ne sono in tutte le città d'Europa, e anche se l' Europa non è grande come l' Asia, ha però essa più ricche città che non tutta l’Asia. I Berberi avevano inoltre capito una cosa, che gli Arabi nel Marocco (che fra l’altro non erano poi molti) avevano perso oltre che le capacità anche la volontà di combattere, perché logorati dall’ozio e dal benessere, e quando tentarono la secessione dagli islamici nel 741, costoro erano del tutto impotenti a reagire, da tempo si erano dati ai divertimenti con i ricchi bottini che giungevano dalla Spagna. Mangiavano, bevevano, si contornavano di cento concubine ciascuno, più nessuno era capace di montare su un cavallo per fare mille chilometri come facevano i loro non lontani avi. Il meno graduato dei soldati aveva il suo harem di 10 donne e una tenda che solo pochi anni prima non aveva neppure il più grande commerciante de la Mecca.
Da Damasco –piuttosto allarmati- fu inviato un altro un poderoso esercito per ricreare disciplina, ordine, sudditanza al Califfo, ma fece la fine del primo, anzi non arrivarono neppure in Spagna, si sciolsero già in Marocco, e ogni comandante di un reparto, accolti nelle tende dove c'erano ogni delizia del corpo e dello spirito, conquistati e desiderosi di emulare quelle ricchezze che tutti dicevano accumulate in pochi mesi, presero subito la via di Gibilterra a farsi in Spagna la loro personale conquista, aggiungendo confusione a confusione. Anarchia ad anarchia. Il più bravo dopo due tre colpi andati a segno creava subito la sua dinastia, i sui eredi, i suoi successori; tutti si sentivano re, e tutti credevano di poter fondare un loro regno per l'eternità. Molto, molto diversa fu invece, l'altra grande avanzata saracena nell'Europa centrale, e più precisamente in Sicilia in Sardegna e nell' Italia meridionale in parte. Ma di questo parleremo più avanti.