DA
20 MILIARDI ALL' 1 A.C. |
DA
1 D.C. AL 2000 ANNO x ANNO |
PERIODI
STORICI E TEMATICI |
PERSONAGGI E PAESI |
ANNO 408 d.C.
(QUI riassunto dell'intero periodo dal 395 al 431)
*** ROMA TEME L'INVASIONE
*** PER SOPRAVVIVERE BISOGNA PAGARE
*** SOLUZIONE ROMANA: L'ASSASSINIO DI STILICONE
Il 1� MAGGIO a Costantinopoli, all'et� di 31 anni, muore l'imperatore bizantino ARCADIO. Insediano sul trono suo figlio, un pupazzetto, un fanciullo di soli 7 anni, TEODOSIO II, sotto la tutela di un certo Antemio.
Mentre in Italia, abbiamo sempre suo fratello, poco pi� che ragazzino, ventitreenne, cresciuto molto in fretta come pretese di comando ma non come saggezza e capacit� di fare il sovrano; � l'imperatore d'Occidente ONORIO, che � come se non esistesse. Avrebbe ora l'et� per fare l'imperatore, dopo aver superato l'et� tutelare, ma � il suo tutore che ha in mano il potere e anche il suo destino.
Onorio non crescer� mai; sar� sempre un suo asservito, ed anche un giovane troppo viziato.
L'uomo forte � solo e unicamente suo suocero, STILICONE.
Lui ha in mano l'esercito imperiale e solo lui ha in mano le veri sorti dell'impero. Indubbiamente Onorio ha invidia del carisma di Stilicone, ne ha pure timore perch� teme di essere assassinato per insediarsi lui sul trono. Questi fantasmi persecutori se li porter� sempre dietro. Intanto quest'anno si � rifugiato a Roma, lontano da Stilicone che aveva messo la sua base operativa a Ravenna.
Nello stesso tempo in Italia si prevede un'altra invasione di barbari dalle Alpi, a nord; ma anche da ovest arriva una minaccia non proprio barbara ma questa volta "romana". Infatti, il soldato semplice divenuto imperatore per acclamazione � entrato ormai nella sua parte come Imperatore. La sua ambizione sta salendo vertiginosamente. COSTANTINO III, sospinto dai Galli e dai Britanni ha l'intenzione di scendere in Italia e prendersi formalmente il trono sia di ONORIO che del defunto ARCADIO; quest'ultimo � ora di fatto (non potrebbe essere altrimenti) in mano agli ambigui uomini di palazzo, come reggenti del piccolo Teodosio II.
La difesa in Italia e della sorte di entrambi i due imperi � quindi affidata solo al bravo generale STILICONE, che organizza a Bologna un grande esercito per andare a difendere i confini e l'impero dall'invasione del potenziale usurpatore. Nel farlo, cerca uomini, ma per i motivi gi� detti in precedenza (in Italia non ci sono pi� elementi validi) non pu� far altro che ricorrere ancora una volta agli stranieri, come se non bastassero i due che ha gi� a suo servizio e che sono ognuno alla guida di una armata: SARO e ULDIN, uno goto, l'altro unno.
Ed ecco il colpo di scena. L'insubordinazione. Il principe goto SARO, spalleggiato da ULDIN l'unno, si rivelano per quelli che sono, hanno capito che ormai sono solo loro due la spina dorsale dell'esercito, e che STILICONE non ha neppure pi� un romano al suo fianco, ma solo gli uomini che loro due guidano. Non vogliono rovesciare del tutto Stilicone, n� prenderne il posto, ma l'obiettivo � quello di dividersi l'impero in parti uguali.
Pi� che insubordinazione � un vero e proprio atto di imperio. Mandano prima un segnale al loro sempre beneamato capo ALARICO, il quale manda a dire a STILICONE (suo nemico di vecchia data): "Vengo anch' io con le mie armate a difendere l'Italia con i miei due "amici", Saro e Uldin che sono gi� sul posto, ma chiedo in cambio, "e subito" (non ha dimenticato il benservito di alcuni anni fa) 4000 libbre d'oro".
Stilicone non poteva far altro che sottostare al ricatto; era del resto l' unico modo per far fronte alle invasioni. Un no voleva dire non solo rifiutare l'appoggio di Alarico, ma anche non poter pi� contare sul leale appoggio dei suoi due generali, visto che si erano apertamente schierati dalla parte di Alarico, pur non essendo venali.
Stilicone si rec� quindi a Roma per far esaminare la richiesta di Alarico e raccogliere la pecunia. Qu� litig� furiosamente con l'imperatore fantoccio ONORIO, succube di uomini dall'alta aristocrazia romana. L'uno e gli altri non si rendevano conto della sciagurata situazione in cui si trovava Stilicone e l'Impero stesso, ma nonostante questo il generale riusc� a strappare con delle buone ragioni l'ingente somma. Ma a Roma seguirono molte critiche; gi� si mormorava in certi ambienti ostili: "quel generale comportandosi cos�, ci mette tutti nelle mani dei barbari. Finiremo sempre ricattati".
Si form� � prese avvio subito una congiura.
Con la scusa di dargli una buona scorta, misero insieme - e a disposizione di Stilicone - un migliaio di straccioni romani (con dentro alcuni soggetti molto ambigui), che si affiancarono e seguirono il ritorno di Stilicone a Ravenna.
Una volta arrivati a destinazione, un tale OLIMPIO seguito da un gruppo di romani, lo affront� in un momento di pausa quando il grosso del suo esercito era assente, e gli tir� fuori una lettera firmata dall'imperatore Onorio che lo condannava a morte per alto tradimento.
Stilicone impallid� alla notizia, ne rimase turbato. Come risposta chiese solo di ritirarsi a dire due preghiere nella chiesa vicina. Poteva salvarsi fuggendo o fare un cenno ai suoi pochi fedeli che erano in questa amara circostanza ancora vicino a lui; invece si rassegn�.
Aveva tenuto in piedi da solo con i governi vacanti l' unica difesa dell'Italia, e ora lo ricompensavano cos�; in 23 anni si era prodigato nell'offrire un buon servizio all''impero e ora, perch� aveva trovato per arrivare a una pace una via poco militare pagando Alarico, li aveva tutti contro.
Anche per lui questa soluzione di pagare era una via disonorevole, ma nella circostanza era l'unica soluzione per uscire da questa critica emergenza; eppure a Roma, senza aver capito il problema, lo accusavano di tradimento.
Stilicone non reag�, forse per la profonda amarezza si rassegn� al destino che l'aspettava; lo condussero su un cippo e lo decapitarono. Era il 23 agosto di quest'anno.
OLIMPIO, con troppo zelo, and� poi oltre: disse ai suoi uomini che potevano anche razziare e uccidere le donne e i bambini negli accampamenti dei "barbari", con gli uomini in quel momento assenti. Alcuni pi� intelligenti di questo cinico capo impazzito, pensarono bene di squagliarsela e di correre nelle file dei "barbari" piuttosto che restare dentro un gruppo di "selvaggi e di belve" che non onoravano in quel modo Roma.
Disertarono e si rifugiarono nelle file di ALARICO, che appresa la nefandezza cap� che nell'agire cos�, infami traditori erano semmai Olimpio, i suoi uomini e Onorio e si prepar� a punirli. Alarico pur non ricevendo i soldi aveva molto apprezzato la buona volont� di STILICONE, che se aveva scelto la strada pi� breve per fare la pace e per farsi aiutare per andare incontro a Costantino III, questo lo faceva in tutta onest� per salvare l'impero e l'intera penisola. Fu perfino sconcertato che a Roma non capissero questa onest� e il pericolo che correvano.
La prima reazione a fine anno di Alarico fu quella di scendere a Roma e cingerla d'assedio; insomma punirla senza tanto distinguere chi era privo di colpa e chi aveva organizzato quell'infame spedizione a Ravenna guidata da Olimpio.
Nel frattempo in Spagna i VANDALI, non molto spaventati da quel COSTANTINO III, e dopo il riposo ai piedi dei Pirenei, finite le scorte di grano e di vino a Bordeaux e Tolosa, scavalcano questa volta i Pirenei, invadono la penisola iberica, la percorrono tutta fino a Gibilterra e qu� si fermano. S'insediano definitivamente in questa zona (ovviamente meno quelli che preferiranno scendere in Africa) e non si muoveranno piu', sono ancora l�, la zona e i suoi abitanti hanno ancora il nome dei Vandali: cio� la V-Andal-usia.
Prima l'intera penisola era chiamata dai romani, "iberia" perch� abitata dagli "iberi" di provenienza indoeuropea; gli Arabi invece in seguito chiameranno tutto il territorio - queste belle valli fertili - con in nome di "erba medica" che vi cresceva rigogliosa. Un'erba originaria della Media che seminarono per la prima volta proprio gli arabi chiamandola cos� "la terra della bella erba" . Erba medica in arabo si chiama appunto Espana, che poi portata in Italia la si chiam� erroneamente "erba spagna" invece che "erba araba".
*** CLAUDIO CLAUDIANO, poeta latino di Alessandria d'Egitto, muore anche lui quest'anno; fa in tempo a lasciarci un'opera proprio su Stilicone: Lodi di Stilicone, oltre la Guerra gotica, Il ratto di Proserpina, Epitalami.