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ANNO 349 d.C.
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riassunto del PERIODO
di GIULIANO dal 337 al 363 d.C.
L'ANNO 349
*** LA SESSUALITA' E I SUOI CODICI
NEL MONDO ROMANO
Nell'impero ma soprattutto a Roma, nonostante vi sia gi� da Costantino in poi vigente una legislazione religiosa-politica, amministrativamente guidata dai nuovi funzionari che stanno condizionando la vita politica e civile con una nuova morale, quella cristiana, Roma � ancora pagana. In questi ultimi anni di libert� di costumi (terminer� del tutto con Teodosio nel 380), il mondo romano non � ancora imbrigliato nelle severe leggi della nuova religione di Stato.
Sta vivendo il romano gli ultimi anni della sua lunga storia C'� ancora molto lassismo, si svolgono ancora tantissimi riti pagani, i giochi cruenti non sono ancora stati aboliti, e nel costume pubblico e in quello privato la vita godereccia vi scorre ancora. Vale dunque la pena riportare gli ultimi anni di un mondo che scomparir� nell'arco di una sola generazione. Toccando questa volta certi aspetti della vita privata: quelli della sessualit�.
In quest'ultimo periodo le mogli degli uomini pubblici (e sono questi che indicano e fanno la morale corrente come abbiamo gi� letto in precedenza) erano ancora trattate come esseri marginali, che non contribuivano al carattere sia privato sia pubblico dei mariti. Il rapporto coniugale di per se' aveva ben poco peso sugli stessi, visti, come "personaggi pubblici" del mondo romano. Un mondo singolare decisamente fatto di solo maschi.
Quella che potremmo chiamare "emancipazione" delle donne di questo periodo non era altro che una libert� dei mariti buttata li', non donata ma data con l'indifferenza. Pi� che una libert� concessa, per la poca considerazione che si aveva della donna, era un abbandonarla a se stessa.
Il piacere che la donna provava nei rapporti intimi matrimoniali interessava poco il mondo mascolino.
Era considerato da parte degli uomini il rapporto sessuale coniugale nient'altro che un impietoso dovere per la procreazione, era quella romana una mascolinit� che in casa spesso si preservava dagli eccessi, anzi spesso praticava l'astinenza a oltranza. (vedremo dopo perch�).
Non tutti erano per� cos�, una minoranza era molto attiva. Ciononostante quelli sposati solo saltuariamente si univano alla propria moglie, spesso lo facevano pi� volentieri con le giovani serve che avevano in casa, adatte allo scopo; servivano al loro sollazzo e a molte altre cose, come aiutare la moglie a fare i mestieri, che passiva faceva buon viso a cattiva sorte. Questa sorte era che il marito gli portava troppo rispetto, ma solo per un motivo, perch� lei era la madre dei suoi figli, la santa, mentre il vero sollazzo lo faceva con la serva, non con la rispettabile moglie. Per fare i figli bastava qualche unione, non era ancora un dovere (questo arriv� poi con la morale della nuova religione, che cre� alti muri nella comunicabilit� fra i due sessi e qualche ipocrita fessura ovviamente riservata solo ai potenti).
Ma non ancora contenti di queste libert� in casa, gli uomini si passavano la voce dove c'era in una certa casa una tale che faceva impazzire con le sue prestazioni, o in altre dove si potevano trovare matrone di classe, vogliose, pronte a fare tutti i giochi erotici pi� spinti. Erano in sostanza le loro mogli, quelle che in casa rimaste a bocca asciutta si davano cosi da fare per soddisfare i desideri e dar sfogo all' immaginazione inappagata dentro le mura domestiche. Era un modo quindi come un altro per fuggire alla depressione vera o presunta causata da una vita matrimoniale assurda e ipocrita.
Pi� erano ricche, ed � ovvio, pi� curavano la bellezza, il corpo, la grazia; ma si chiedevano per cosa? Tanto impegno nei civettuoli riti della belt�, per poi restare a digiuno o al massimo per giacere con lo schiavetto che avevano in casa. Per fortuna che c'erano le amiche spregiudicate che prima o dopo facevano scoprire le alcove giuste, e combinavano con gli uomini giusti, e quindi il rimedio c'era. Gli incontri chi li cercava li trovava e ne traeva intima soddisfazione, del resto le case degli amori clandestini sono sempre calde e accoglienti, e con amanti sempre fantasiosi e vogliosi, altrimenti perch� mai andrebbero in cerca di avventure gli uni e gli altri.
Non c'erano come abbiamo visto lo scorso anno solo i "Vu' Compra'", come oggi, o le frittelle di Apicio, c'erano anche le donne con gli stessi appetiti ed esigenze sessuali come oggi, e per qualcuna non era vita la sua se non aveva la sua buona razione giornaliera o settimanale di sesso. Quelle che rompevano gli indugi scoprivano subito che l'unico antidoto per la depressione domestica era fare l'amore clandestino e farlo in un modo intrigante, fantasioso e meglio ancora se focoso.
E gli uomini chi erano? Alle volte (pochi) erano gli stessi mariti di quelle donne che si trovavano nelle stesse condizioni delle prime. Loro andavano lontano dal loro quartiere, ma anche le mogli libertine andavano in posti lontani. Ad alcuni uomini frequentando le "case" poteva capitare di imbattersi in una parente, o addirittura trovarci la stessa moglie o figlia.
Ma questa categoria di uomini non era una folla, la folla era rappresentata semmai dalle donne. Che non erano delle prostitute, erano donne solo a digiuno, con poche scelte. Sia in casa (dove un servo non risolveva la situazione, altrimenti la civetteria a cosa serviva?) sia fuori, dove la domanda non era molto forte.
Il piacere in quanto tale non poneva problemi alla moralit� maschile. Si considerava del resto solo quest'ultima, mentre quella confezionata e imposta alla donna era solo in funzione del terrore di non farla ingravidare da un altro; non soffrivano gli uomini per l'offesa dignit� di mariti, ma soffrivano per essere stati truffati nella loro discendenza, cui si dava molto peso.
Nessun problema invece creavano i vari rapporti con le donne esterne, e lo abbiamo visto che sulla porta di molte case c'erano chiare indicazioni di cosa si offriva; scritte e insegne erano in bella vista e indicavano quali prestazioni sessuali si praticavano, da quelle semplici a quelle pi� spinte, e dato il basso prezzo queste cose dovevano essere molto comuni per i "normalissimi" "consumatori" desiderosi di particolari prestazioni dove la propria libido con un'estranea la si praticava senza pudore o con calma per i pi� esigenti o frettolosamente per chi guardava al sodo.
Al romano piaceva infatti, pi� l'amore passeggero che non quello impegnato, passionale, che era quasi aborrito, decisamente rifiutato perch� non virile.
Infatti, se il piacere fisico in quanto tale non poneva problemi se era praticato con le concubine nel sollazzo casalingo, oppure ricorrendo alle donne di piacere delle "case" che davano le pi� appaganti ed estemporanee soddisfazioni carnali, ci� che invece veniva giudicato male e con la massima severit�, era l'effetto che provocava l'altro tipo di piacere quello sensuale e passionale sul pubblico comportamento e sulle relazioni sociali dell'uomo. Quindi bandita era la passionalit� nella vita di ogni giorno.
Possiamo trovarla questa raccontata e romanzata nelle opere dei grandi autori, ma in pratica questa passione non era vissuta nella realt�, ma solo nell'immaginario collettivo di qualche soggetto "normale". Era riportata nella poesia, nella letteratura, ma era desiderata pi� che praticata. Se ricordiamo, l'Ars Amandi di Ovidio, un'opera condannata per oscenit�, non offese la coscienza individuale n� dell'uomo n� della donna comune, ma offese la dignit� dell'"uomo romano", del "prode romano". Questo fu lo scandalo! In poche parole essere donnaiolo "amante" non era un vanto, era quasi un'infamia, una debolezza che non faceva onore al prode.
La vergogna di un uomo della classe dei potenti, dei funzionari, del ceto medio, consisteva nel sottomettersi nei due atteggiamenti passivi davanti ad una donna. Uno era il sensuale sentimentale platonico dove temeva di subire una "contaminazione morale", mentre l'altro era il sessuale passionale che temeva come "contaminazione fisica".
Diciamo che in entrambi i due casi l'uomo "normale" virile soffriva. C'erano in questi atteggiamenti il terrore della effeminatezza (*) e della dipendenza carnale e sentimentale, che non si conciliava con l'immagine pubblica che l'uomo romano efficiente doveva avere e offrire; il suo corpo doveva mantenere come in un serbatoio i preziosi "calori" per prendervi la sua energia fisica. Il dispendio di queste energie sentimentali-sessuali eccessive poteva "raffreddare" il suo temperamento e portarlo a un'impietosa commiserazione e frustrazione. Scopare con la puttana s�, amare no! Questo era il principio.
(*) Paradossalmente effeminato non era chi andava con un giovinetto dello stesso sesso, ma chi andava con una donna. Era dal maschio che "il maschio" prendeva energie (lo vedremo pi� avanti)
Di qui il particolarissimo codice sessuale dell'epoca, quasi un codice di Stato, non personale. Si � sempre favoleggiato sui vizi sessuali dei romani, ma al posto delle leggende di qualche panegirista cristiano che voleva dare un'interpretazione di parte, molto cupa e peccaminosa per giustificare il castigo divino, restano invece le testimonianze di alcuni seri scrittori che anche indirettamente ci danno un quadro ben preciso di quella che era la "morale" sessuale dell'epoca; che era come fare una merenda, non vivevano di certo l'amplesso con una donna come un piacevole rito dell'erotismo puro..
Gli scrittori dell'epoca che li hanno illustrati come tali, restano solo esercizi narrativi, una palestra letteraria. Pensiamo alle poesie di Catullo; sono al 98% infarcite di quelle che a noi appaiono deviazioni morbose: erano solo nell'immaginario del suo autore, non rispecchiavano certamente l'ambiente, almeno come lo valutiamo noi oggi (Sarebbe come se i film di Brass visti nel 3000, ai futuri spettatori testimoniassero un quadro della nostra societ� attuale. Forse nel nostro immaginario collettivo s�, ma non della nostra realt� quotidiana).
Premesso quanto sopra non stupisce che l'indifferenza alla nudit� di una donna perdurasse per 300/400 anni fino a questi anni 347 e non oltre il 390.
In sostanza non creavano scandalo perch� pochi le desideravano.
La nudit� e la bellezza era semmai rappresentata dall'uomo atletico, dai "ben nati " dicevano i romani, perch� rappresentavano la vigoria, dove essi s'identificavano per essere veramente qualcuno, per essere un "romano". Il vanto delle proprie conquiste femminili, o l'orgoglio delle proprie imprese sessuali come quantit� e qualit� erano nascoste agli amici per pudore sociale, e a se stessi - subito rimuovendole - per pudore interiore.
Gli amanti dei "ben nati" avrebbero riscosso il disprezzo generale se si facevano vedere a frequentare luoghi di piacere per assaporare le "effeminate" delizie. Ecco perch� non c'era domanda, ma solo offerta, e a prezzo molto basso.
Si spiega cos� perch� tutti i potenti avevano al loro fianco, bench� vecchi (e proprio per questo) un giovane aitante, bello, atletico dove prendere da loro la "virilit�". Se nella cultura ellenica era diffusa la passione a carattere filosofico-platonico per un giovinetto, a Roma tale passione divent� quasi un "dovere" di carattere biologico e di facciata, una "filosofia del guerriero".
Leggere le biografie di alcuni imperatori, quando parlano del loro favorito che avevano accanto, se ci accostiamo con un occhio meno fustigatore, troviamo in loro quest'esigenza di carattere "mascolino guerresco". Spesso quest'esigenza � perfino patetica, e commovente dal lato umano. Quando ad Adriano viene a mancare il famoso Antinoo, lo vediamo nelle sue note biografiche (ma anche nel suo successivo comportamento) spogliato di mascolinit�. La sua disperazione non � aver perso un "amante", ma di aver perso una parte di se stesso. E'' la vitalit� del giovane morto che gli viene a mancare come "uomo biologico". Identificandosi nel giovane, nel momento della perdita gli viene a mancare l'energia e crolla, e la sua matura et�, privata di quest'energia gli fa accelerare il crollo.
Nell'antica Grecia la bellezza era trasferita nelle opere scultoree delle veneri che tutti conosciamo, mentre a Roma invece tale bellezza fu trasferita nelle forme atletiche delle statue di aitanti atleti, eliminando quasi del tutto dalla scena, la figura femminile per le ragioni sopra esposte.
Come vedremo in seguito molte cose stanno cambiando. Appena gli eventi, per nulla buoni, ridimensioneranno il prode eroe "romano" che abbiamo appena conosciuto, appena decade il culto della bellezza virile finora sempre legato alla guerra, l'uomo romano frustrato come guerriero, ritorna improvvisamente alla donna; riscopre la passione solo con lei, torna a prendere le delizie nelle sue braccia, necessarie per assorbire un tipo nuovo d'energia, dove il desiderio ridiventa nuovamente biologico nella sua espressione pi� biblica, dirompente. Purtroppo ancora una volta distorta, dai nuovi codici moralistici che sono alle porte.
Ancora una volta i "personaggi pubblici" con scarsa considerazione del mondo femminile, sovrapposero a questa casta che voleva identificarsi nell'uomo aggressivo, bellicoso pieno di energie, un'altra casta che scelse di identificarsi nell'uomo ascetico contemplativo e senza energie.
Dalla padella alla brace.
Quando gli eventi precipitano, e nella cattiva sorte gli ideali dei guerrieri si spengono nell'ultima sconfitta, riaffiora la languidezza pessimistica, che non � altro che perdita d'energie. Tutta la passione per la lotta � messa a tacere e incanalata nel misticismo che distacca dagli interessi pi� immediati. In un popolo, le sconfitte, la mancanza di certezze, portano a rifugiarsi nell'irrazionalit� delle preghiere che costituiscono intenzionalmente una forma di pressione sulla realt� esterna, una rassegnazione nella solitudine esistenziale, che spegne l'energia vitale dell'uomo; prima quella individuale, poi per ridondanza quella collettiva. Purtroppo con la rassegnazione... non si muove nulla. E' quello che fra poco accadr� nel mondo romano. In un periodo di smarrimento gli uomini furono messi in ginocchio a pregare e costretti a farlo per mille anni e pi�.Si afferma che la teocrazia fu, nel vuoto di potere, l'unica a tenere insieme l'impero dalle orde barbariche. Ma � anche vero che peggio di cos� non poteva andare. 10 miliardi di persone nei successivi mille anni nasceranno, vivranno e moriranno come degli animali.
Nel bene e nel male invece sembra proprio che ci sia "bisogno del caos per partorire una stella" (Nietzsche)