ANNO 1921

< vedi stesso periodo "RIASSUNTI STORIA D'ITALIA"

 

(seconda parte) 1921 a

Prima del 1914, la moderna borghesia non aveva mai governato, era ancora piccola, con una produzione ancora antiquata, e non ancora riunita nella CONFINDUSTRIA (nata lo scorso marzo, 1920). Finita la guerra, divenuta potente, organizzata, decisa a combattere la tattica dell'ostruzionismo e del boicottaggio (la nuova lotta che sta sostenendo da mesi il sindacato) dissociandosi dalla classe politica in carica e non credendo a quella troppo evangelica-cattolica di STURZO -lacerata anch'essa al suo interno- inizia a finanziare "quelle correnti" che sono gradite, che promettono innanzi tutto ordine e antisocialismo. Inizia a recuperare una sua funzione storica con una tempestivit� straordinaria puntando su Mussolini (e non a caso il Popolo di Mussolini � finanziato proprio da questa nuova nascente borghesia- La crema della grande industria. "Mettere su un giornale? non c'� problema. In ventiquattro ore tutto sar� pronto" gli dicono - e gli danno soldi e mezzi).

Ad affiancarsi a costoro, ad avere gli stessi obiettivi -sbarazzarsi della vecchia classe politica che era stata incapace di gestire quattro anni di guerra e di gestire le spartizioni pur avendola vinta la guerra, emerge anche un'altra categoria sociale che abbiamo gi� accennato. E' composta da ex combattenti, quelli che partirono con il disprezzo dei socialisti, e al loro ritorno non solo lo ritrovarono il disprezzo, come fossero stati loro i responsabili della guerra, ma si sentirono abbandonati da tutte quelle istituzioni pubbliche e private che avevano proprio al loro interno chi la guerra non l'aveva fatta, che i reduci bollavano come "imboscati" o peggio, accusati  di essere degli "speculatori" arricchiti con la guerra. In parte non avevano torto. Finita la guerra croll� tutto quell'apparato produttivo che era stato monopolio di pochi soggetti; quelli vicini ai politici interventisti fin dal primo giorno.
Al centro di questa crisi generale  non si muovevano del resto meglio altre categorie, come i contadini (la miriade di gelosissimi proprietari di piccoli "fazzoletti" di terra), e i ceti medi tutti colpiti dalla crisi. E ai margini i socialisti ad allarmare le categorie appena citate,  e nello stesso tempo a proporre nulla di nuovo al proletariato, che avevano ormai diviso in due categorie, chi lavorava e chi no.

Difendevano solo gli occupati (1.000.000), e presi dal non indifferente problema di come difenderli dalla grande crisi, si scrollarono troppo disinvoltamente di dosso quella massa di ex combattenti disoccupati che era una forza quadrupla 4.000.000. Mussolini andava gi� affermando "se i socialisti vogliono fare la rivoluzione bolscevica, i conti non tornano proprio!".

I socialisti sempre fermi ad un operaismo di principio e sempre aspirando ad un'utopistica dittatura del proletariato sul recente modello sovietico, erano distanti dalla realt� che si era venuta a creare in Italia; che non era n� la vecchia Russia zarista, n� la nuova Russia di Lenin, e si ritrovarono i socialisti italiani ad essere isolati, scollati dal Paese, incapaci di guidare, di proporre, di farsi ascoltare, figuriamoci poi con i padroni, i produttori, la borghesia, che con loro nemmeno volevano incontrarsi.

Con la loro intransigenza, con le loro continue liti interne, che port� alla rottura e alla nascita proprio in questo inizio d'anno 1921(15-21 gennaio) del PCI, i socialisti persero il contatto con il Paese, che era uscito da una brutta esperienza e ne stava vivendo un'altra altrettanto drammatica, causata da un vuoto di potere su tutto il nuovo "fronte" che si era creato dentro la societ�, con una massa indignata, arrabbiata e con nessun futuro davanti. 
La vita media era di 59 anni i debiti di una guerra "vinta" per 64! Ma quale futuro!

Le due correnti si rivelarono miopi, e si avviarono verso la rottura invece di concorrere nel cercare insieme delle soluzioni. Furono cio� incapaci in questo dopoguerra di cogliere l'occasione. NENNI dir� in seguito " ...era l'ora pi� propizia per un invito ad abolire il passato..... era per i socialisti l'ora in cui si decideva la loro sorte....persero la grande occasione!".
Perfino LENIN ebbe a rimproverare poi ai socialisti, "avete perso con Mussolini la grande occasione, l'unico che sarebbe stato capace di fare la Rivoluzione in Italia". E da come poi and� a finire l'esperienza russa, l'Italia la scamp� bella, per merito proprio di un Mussolini che si era "convertito" o come afferma lo storico del fascismo De Felice, "si era evoluto tra il '18 e il '21". Ma non � affatto vero come De Felice sostiene che fu la rivoluzione russa e la disfatta di Caporetto a spingere Mussolini verso destra.

Mussolini non abbandona il marxismo d'un sol colpo e a causa degli eventi disastrosi, ma al termine di un'evoluzione durata parecchi anni. Iniziata alla vigilia della Grande Guerra, e forse anche prima, fin dalla guerra in Libia. Se leggiamo suoi articoli e interviste pubblicate nel 1914 - 1915 su Utopia, troviamo Mussolini gi� con le idee molto chiare sul Marxismo (ormai degenerato prima ancora di fare la rivoluzione, in oscuri capi di partito, non capi rivoluzionari) che considera gi� fallito  Mentre sulla coscienza di classe dei lavoratori, nello stesso periodo, dichiara la sua delusione totale. E ha una grande delusione per i socialisti che ci credono ancora.

Li vede andare i socialisti su altre strade e in molti casi anche su strade opposte all'interno dello partito stesso, ma senza portarsi dietro le masse, ormai deluse. Del resto come potevano giustificare il disprezzo per i soldati che partivano in guerra? cosa c'entravano loro poveracci con i sotterfugi di SALANDRA e i tradimenti del Re. Perch� prendersela con loro, quando al fronte mandavano il 90 per cento di contadini analfabeti? (mandati al massacro con gli assalti alla baionetta!)
Per la prima volta nella storia non ha combattuto un esercito specializzato, ma enormi masse di persone raccolte con la mobilitazione generale in ogni angolo d'Italia, soprattutto nelle campagne, e per la prima volta dall'unit� d'Italia vennero al nord a combattere quelli del sud. Per molti fu il primo e anche l'ultimo viaggio della loro vita. Fisico: peso medio 40/50 chili, altezza 1,50, pi� bassi del 91 che imbracciavano negli assalti con la baionetta innestata (che era di 2 metri).

 MUSSOLINI scriveva che il suo socialismo andava verso quello "nazionale", e questo sentimento di nazionalit� nel Paese era molto forte: "che la strada della rivoluzione sociale doveva passare prima di tutto nella risoluzione dei problemi nazionali. Solo cos� si possono coinvolgere le masse". Lo vede questo sentimento nazionale come uno strumento in mano al socialismo, ma di un socialismo diverso, che prima di modificare il mondo deve per prima cosa modificare il proprio Paese. (Infatti a rivoluzione bolscevica avvenuta, Lenin si era convinto dopo il successo che la rivoluzione era iniziata, e che presto sarebbe divenuta mondiale. Stalin invece pi� realistico punt� invece a creare una potenza socialista indipendentemente dal resto del mondo).

Questi interventi e altri gli costarono l'allontanamento dal giornale e la radiazione dal partito nel '15. Fonda cos� il suo giornale e finalmente pu� esprimersi liberamente. Chi lo ha finanziato sa gi� chi � Mussolini e sa benissimo cosa pensa. MUSSOLINI non � un "socialista dormiente" come scrive DE FELICE, bens� un socialista innanzi tutto nazionale molto attivo, antiliberale, antimarxista. Un rivoluzionario; di un genere ancora sconosciuto,  un rivoluzionalista della controrivoluzione per�.  I "dormienti" semmai erano gli altri.

MUSSOLINI ha intuito - ed � l'unico - che sono finiti i tempi dell'opposizione ai padroni, che l'avvenire del proletariato � legato a quello della borghesia produttiva. Entrambi hanno un reciproco bisogno di esistere. E scrive "La rivoluzione non � il caos, non � il disordine, non � lo sfasciamento di ogni attivit�, come opinano gli estremisti idioti di certi paesi. La rivoluzione ha un senso e una portata storica soltanto quando rappresenta un ordine superiore, un sistema politico, economico, morale di una sfera pi� elevata. La rivoluzione � una disciplina che si sostituisce a un'altra disciplina, � la gerarchia che occupa il posto di un'altra gerarchia. La patria non si nega, soprattutto la patria non si tradisce, specie quando � impegnata in una lotta di vita o di morte. E chi dice patria, dice disciplina; chi dice disciplina, ammette una gerarchia di autorit�, di funzioni, di intelligenze. Questa disciplina, dove non � accettata, deve essere imposta, anche colla violenza, come facevano i romani quando vi ricorrevano nei momenti pi� critici". E continua "sono ammirevoli nel loro candore quelli che si tengono ancora disperatamente aggrappati ai vecchi schemi mentali. E' gente che perde il treno. Il treno della storia passa e quelli rimangono in stazione."

Nel 1919 e poi infine nel 1920, dalle teorie che vanno dal 1915 al 1918, passa ai fatti. "La nazione italiana � come una grande famiglia. Ma le casse sono vuote. Chi deve riempirle? noi forse?  Noi che non possediamo case, automobili, banche, miniere, terre, fabbriche, e banconote?. Chi pu� "deve" pagare. Chi pu� deve sborsare. E' l'ora dei sacrifici per tutti. Chi non ha dato sangue, dia denaro".

Inutile dire che sta interpretando la volont� del nuovo capitalismo, quello che punta a sbarazzarsi di tutti gli ostacoli del parlamentarismo per imporre direttamente la propria legge.

Mussolini esige dai lavoratori gli stessi sacrifici richiesti agli industriali, occorre incentivare la produzione prima di tutto e darsi una disciplina forte.

" Se gli interessi nazionali rendono necessaria la lotta contro il socialismo, se la modernizzazione, la crescita economica esigono la repressione delle organizzazioni operaie; se occorre sostenere i produttori e i proprietari terrieri per impedire lo sfascio della societ� e impedire la rivoluzione sociale, alla guerra civile, allora il fascismo dovr� schierarsi in difesa della borghesia, di tutta la borghesia".
In questo 1921 alla Camera � ancora pi� esplicito "vi dico subito che ci opporremo con tutte le nostre forze a tentativi di socializzazione, di statizzazione, di collettivizzazione. Lo stato deve esercitare tutti i controlli possibili immaginabili, ma deve rinunciare ad ogni forma di gestione economica. Non � affar suo". (dopo, anche lui come far� Stalin, quando nazionalizzer�, banche, industrie, ferrovie, elettricit�, telefoni, cambier� programma, mutua qualcosa proprio da Stalin. Con l'IMI, INA, IRI, SIP, STET, riunisce le grandi banche ecc. creando la struttura del "Capitalismo di Stato")

Alla miopia dei socialisti che "ci credono ma non sanno come e con chi fare la rivoluzione "rossa"", si aggiunse poi anche la miopia degli altri protagonisti della nuova politica che stava nascendo in questi anni: i Cattolici! Scesero in campo con i litigi interni e polemiche pari come numero e intensit� a quelli dei socialisti. Insomma tra i fermenti e inquietudini, venne il nuovo, la strada del tutto impensata. Del tutto nuova, quindi un'avventura.

I FERMENTI erano dovuti alla drammatica crisi che porto' quest'anno 1921, alla disoccupazione, agli scioperi selvaggi, alle serrate degli industriali, alle occupazione delle fabbriche per mesi; alla chiusura di alcuni reparti della Fiat, ai licenziamenti, alla crisi della Banca di sconto, insomma l'Italia era ridotta alla fame, alla disperazione e venne a mancare persino la speranza.

LE INQUIETUDINI erano invece quelle che serpeggiavano tra i notabili, i possidenti, dove si trovarono a scegliere fra i due mali, o soccombere sotto la rivoluzione bolscevica (ormai -si andava affermando- sembrava alle porte) o vivacchiare con questo fascismo che proponeva Mussolini, pur sapendo che avrebbero perso l'influenza sullo Stato con i loro rappresentanti politicanti "liberali" in disfacimento senile (l'abile, spregiudicato e opportunista Giolitti aveva gi� compiuto 80 anni).
Forse, -si dissero in coro - potevano con Mussolini, almeno salvare le loro propriet� e le loro ricchezze, pur accettando qualche sacrificio. Ci vedono insomma  l'unica opportunit�. Altre non ce n'erano in vista.

A costoro si affianc� la nuova classe borghese, gli industriali, i "produttori" che invece con le nuove ricchezze, aspiravano loro a quella influenza che i vecchi notabili stavano sempre di pi� perdendo. I primi in Mussolini vedono, pur accettando qualche sacrificio, l'unica opportunit�. Anzi era l'uomo che aspettavano per agire e senza esporsi troppo. Il tribuno di Forl� capitava al momento giusto. (stessa situazione in Germania nel 1932-33 quando mandarono al potere il demagogo Hitler)

Del resto nell'adeguarsi, a cogliere l'occasione, a tastare il polso alla vecchia e nuova borghesia e a rimanere con la mente lucida, troviamo solo lui: Mussolini. E' abile a tastare gli animi anche dentro quell'ambiente che non � il suo, e che ha  perfino - come autentico socialista anarchico rivoluzionario- sempre odiato. 
Ma vede realizzare il suo sogno, quello di sommare insieme la folla e la nuova borghesia, gli ex combattenti e gli operai disoccupati, il ceto medio arrabbiato e i produttori, i contadini e l'esercito. E' la nuova "formula" di Mussolini, che abbandona l'intero socialismo (quello riformista e quello rivoluzionario) e va verso il "suo" corporativismo.
La data storica � quella del 1� agosto 1918. E' Abilissimo e anticipa i tempi. La guerra deve ancora finire. Ma l'idea � gi� maturata. E che idea! Da grande pubblicitario!

Mussolini, con un tocco geniale, decisamente opportunistico, dal suo Popolo d'Italia cancella il sottotitolo "Quotidiano Socialista" e lo sostituisce con "Quotidiano dei combattenti e dei produttori". E spieg� dalle sue colonne: "La parola socialista nel 1914 aveva un senso, ma ora � anacronistica..... bisogna esaltare i produttori perch� da loro dipende la ricostruzione.... e ci sono proletari che comprendono benissimo l'ineluttabilit� di questo processo capitalistico....produrre per essere forti e liberi....".

Con queste parole inizia il suo futuro politico con l'appoggio dei grandi industriali, quando ormai lo scontento era ormai diffuso in tutti i settori. E con un colpo da maestro, con l'appoggio degli ex "Arditi", additati al disprezzo come i nemici del socialismo per essere stati i pi� attivi in guerra, Mussolini anche qui fu abilissimo nel canalizzarli a proprio vantaggio, responsabilizzandoli, andando a formare l'ossatura di quella milizia che in molti casi sfugg� persino al suo controllo quando queste bande si resero colpevoli di spedizioni punitive contro gli oppositori, soprattutto rossi, insanguinando le piazze d'Italia, che misero a un certo punto persino in pericolo la sopravvivenza del  partito di Mussolini e in diversi casi anche la sua vita.

Teste calde che Mussolini (machiavellico di pensiero pi� che impulsivo d'istinto - anche se alcuni dicono il contrario) non esit� quando giunse il momento, a mettere da parte, a ridimensionare, a renderle innocue (basti pensare allo stesso D'Annunzio e altri, che pretendevano di guardare pi� in l� di lui senza averne le minime capacit�. Non furono pochi -durante la crisi che attravers� Mussolini nel Delitto Matteotti- quelli che  pensarono di fargli lo sgambetto e salire sul suo podio.

Con queste forze, con questi appoggi, il 23 marzo 1919 costituisce il movimento dei Fasci Italiani, ma presentandosi alle elezioni del 16 novembre subisce una sonora sconfitta, poco pi� di 4500 voti e nemmeno un candidato. Sembra la fine di mille sogni e ambizioni, lo prende lo scoramento, poi reagisce, inizia il suo ordito e la sua trama su un tessuto che va sempre di pi� ampliando, e il...

 15 MAGGIO di quest'anno 1921 si ripresenta alle elezioni (favorito in questo da Giolitti, che pensa di utilizzarlo come ago della bilancia nei due schieramenti che si sono formati socialisti e cattolici. Nella lista del fascio sono eletti 35 deputati.
IL 21 GIUGNO fa il suo primo discorso in Parlamento; tenta (ed � abile anche qui, lui anticlericale  che su "La Lima" si firmava "il vero eretico") di avvicinarsi ai Popolari che hanno ottenuto 108 seggi; e proporre pure una pacificazione con i socialisti, affrettandosi a dire "per governare meglio il Paese". E' chiaro che sta rivolgendosi a chi -tra le file socialiste- lo ama ancora per il suo passato. Molti ultimamente non lo hanno capito, ma lo seguono comunque. Sanno che con lui si va lontano, il carisma lo possiede.
Ma entrambi i due schieramenti a cui ha buttato l'amo, sono ai ferri corti, si stanno lacerando dentro le loro segreterie, e in Parlamento sono sempre in bilico nelle manovre e negli equilibrismi. Quella che doveva essere - con l'avvento dei due grandi partiti di massa-  il varo di una nuova democrazia liberale, naufraga gi� all'inaugurazione dopo aver percorso pochi metri.

Mussolini ha solo 35 seggi ma lui � l'ago della bilancia e ne � sempre cosciente.
Una corrente minoritaria del suo  movimento a connotazione pi� rivoluzionaria (quella che Mussolini ormai non sopporta pi�) il 16 AGOSTO si oppone alla pacificazione con i socialisti. E' quasi crisi all'interno del movimento, ma Mussolini reagisce con freddezza, sa su chi pu� contare, ma soprattutto fa i suoi calcoli; quanti ne perde e quanti ne guadagna; fa il saldo ed ecco che il...

 7-11 NOVEMBRE a Roma, � pronto a fondare il PNF, il Partito Nazionale Fascista, che a dicembre conta gi� 2200 sezioni, con 320.000 iscritti. Vi sono molti giovani, impiegati, ex combattenti, piccola borghesia e in sordina alcuni industriali. L'anticapitalismo di Mussolini � ormai cosa del passato, il patto industria - masse - ex combattenti  � ormai siglato col fascismo.

Mussolini vuol subito dare battaglia agli "squali", che hanno approfittato della guerra per accumulare profitti. Una espropriazione parziale  a quel capitale speculativo, ma risparmiando quello che � stato direttamente investito nella produzione (qui troviamo l'idea di De Ambres). Ovvio che fra questi ultimi ci sono i grandi, i nuovi Signori del Nord. Ha quindi dalla sua parte l'industria pesante, l'automobilistica, i cantieri navali, l'energia elettrica, la chimica, la gomma, lo zucchero ecc. Non male come appoggio. Il massimo! Lui aveva bisogno di loro, ma anche loro avevano bisogno di lui. L'abbraccio era necessario non per un patto d'amore ma per sostenersi a vicenda e restare in piedi entrambi.

Non vi erano alternative. La crisi finanziaria in atto non ha sbocchi. La causa di tutti i mali presenti e futuri � l'enorme indebitamento dello stato per le spese belliche sostenute in quattro anni di guerra. Una voragine senza fondo.
Si provi a pensare ai 10 miliardi di pasti distribuiti, al vestiario di quattro milioni di uomini per 1250 giorni, e alle ingenti somme per gli armamenti e le paghe. Poi si aggiunsero i conti da saldare con gli alleati.

 Per i vecchi governanti l'unica soluzione era stata quella dell'aumento delle tasse che colpiva produttori e operai, quindi aumento dei prodotti di consumo e costo della vita alle stelle. Il paradossale era che i soldati che erano ritornati dal fronte dopo aver combattuto quattro anni, toccava a loro - indirettamente - pagare il "debito", pi� non avevano un posto di lavoro. Una beffa.

Poi c'era un risvolto che sembr� anche questa una beffa sulla beffa, il denaro ricavato dal prelievo fiscale era appena sufficiente a pagare gli interessi dei buoni di stato posseduti da chi la guerra non l'aveva fatta, agli "imboscati", agli speculatori. Era una vergogna! Ma anche cos� lo stesso prelievo fiscale non sarebbe comunque servito a nulla, era troppo enorme il debito pubblico. Con una scadenza perfino allucinante il 1984!! Avrebbero pagato persino i figli, i nipoti e i pronipoti dei vivi e... altra oscena beffa.... anche i figli e i nipoti di quelli morti in guerra!!

Su queste basi le masse non avendo nulla da perdere, gi� allenati ai sacrifici di quattro anni di guerra, seguiti da altri due con scioperi e scontri di piazza, stavano scegliendo la loro strada tutta in salita che per� presentava anche un bivio. O camminare verso lo Stato miserando fatto di incapaci o di squali,  o scegliere "l'avventura" di un nuovo tipo di rivoluzione; che non era quella sognata da De Ambris, ma la rivoluzione della controrivoluzione. Ritornare in "trincea" con l'uomo che ha in mente solo una cosa, annientare ogni forma di opposizione, reprimere ogni dissenso. Creare nel caos disciplina e gerarchia "Questa disciplina, dove non � accettata, deve essere imposta, anche colla violenza" 

Poco lontano era caduto "in pochi mesi" un grande impero, mentre in Italia , "teorizzavano" i vari Sorel, Labriola, De Ambris e tanti altri, sarebbero bastate poche settimane per arrivare allo stesso risultato. Questo forse lo pensava anche lo stesso De Ambris che conosceva benissimo Mussolini. Purtroppo anche se -come abbiamo visto- gli ha dato delle buone idee, di lui De Ambris non aveva capito proprio nulla.

Ma leggiamo cosa disse Mussolini nel suo discorso programmatico.................

continua