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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNO 1917 (1)

3° ANNO - MESSAGGI - SACRIFICI E... UOMINI, UOMINI, UOMINI

I MESSAGGI AUGURALI AL SOVRANO, DELLA CAMERA E DEL SENATO - TRENTOTTO REGGIMENTI DECORATI DAL RE - RICHIAMO DI CLASSI - PROVVEDIMENTI VARI PER LA LIMITAZIONE DEI CONSUMI - II QUARTO PRESTITO NAZIONALE - INIZIA LA VORAGINE DI DEBITI
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I MESSAGGI AUGURALI AL RE DELLA CAMERE
PREMIAZIONI, POI RICHIAMO DI CLASSI

Dopo tutte quelle discussioni politiche in Parlamento - che abbiamo letto nel precedente capitolo- sulla decisione di proseguire o no la guerra, di (in un clima di diffidenza) accettare o no le trattative di pace della Germania, si erano concluse con i vari appelli degli uomini di Governo di proseguire la guerra fino alla vittoria finale; pur anticipando tutti i sacrifici che il Paese sarebbe andato incontro, come risorse di mezzi e come risorse umane. Negli ultimi giorni dell'anno il Ministero Borselli ottenne la fiducia prima dalla Camera poi dal Senato; poi deputati e senatori chiusero le Camere e si presero le vacanze.
Sul teatro di guerra, tre milioni di uomini le vacanze le passarono in trincea, con davanti uno degli inverni più rigidi e nevosi degli ultimi sessant'anni (53 giorni di nevicate, con il manto di neve che raggiounse i 4 e anche i 10 metri; e quando era sereno, 28 gradi sottozero)

Lo stesso Re, con le attività di guerra sul fronte ridotte proprio dal cattivo tempo, dopo aver premiato alcuni reparti, dal 10 al 25 gennaio si prese una licenza di quindici giorni per recarsi a Roma.

Apertosi il nuovo anno, com'era costume, Camera e Senato, e questa volta anche l'Esercito combattente, approfittarono per inviare al Re i soliti pomposi auguri e ben presto tornarono a parlare dei grossi problemi da risolvere con la prospettiva ormai certa di un altro intero anno di guerra. E fra questi i vari provvedimenti: il richiamo delle classi (9 gennaio); la severa limitazione dei consumi (16 gennaio); un nuovo prestito nazionale (21 gennaio). Ma non era tutto: prima che il Re tornasse al Quartier Generale, negli ultimi giorni dello stesso mese di gennaio, i bollettini di guerra del 23, 24 e 30, segnalavano sul fronte la ripresa di attività offensive austriache e i preparativi per altri attacchi.
Per quelli che erano al fronte nei "brevi piani e poggi insidiosi", ma anche per tutti gli italiani che erano a casa, e avevano trascorso il Natale e il Capodanno senza i propri congiunti (peggio i parenti dei 58.630 morti e dei 140.940 feriti sofferti nel corso del 1916), non sappiamo che effetto fecero questi melensi messaggi; se ci guadagnò il morale o se atti e parole, richiami di classi e austeri provvedimenti, servirono solo a far deprimere lo spirito bellico e quello pubblico, con davanti la prospettiva di una guerra "non dura" ma -promettevano i politici- "ancora più dura".

Da quando era iniziata la guerra, l'incomprensione fra massa e governo invece di diminuire semmai era aumentata. E al pari era aumentata l'incomprensione dei comandi, i quali con questa massa di soldati -che avevano lasciato i campi- di tutte le regioni, volevano condurre la guerra con il regolamento e la disciplina militare piemontese alla mano. Cadorna, pur con le doti di grande stratega, non capisce che il problema non è militare ma politico e psicologico. Cadorna ha indubbiamente fatto miracoli logistici (veramente enormi per la natura del terreno - li leggeremo nel prossimo capitolo), ma nel condurre uomini e per farsi ubbidire si è affidato ai metodi brutali. E non è che approvasse questo metodo, ma non vedeva altra alternativa con quella massa d'improvvisati soldati, ma solo insistere nel volere l'obbedienza cieca. Non riuscì a capire che la guerra di massa richiedeva uno stile di comando del tutto diverso.
Cadorna per i suoi insuccessi, dava la colpa a tutti, ai socialisti, ai disfattisti, ai politici e perfino al Papa, fuorché a se stesso.
Né si era reso conto che dopo tre anni di guerra, non solo non aveva conquistato nessun territorio (politicamente) significativo, ma non sembrava neppure in grado di farlo.
Non dimentichiamo che l'Italia aveva attaccato l'Austria per ottenere guadagni territoriali, mentre alla fine di questo 1917, dopo 11 ininfluenti battaglie sull'Isonzo e dopo Caporetto l'Italia aveva perso buona parte del Veneto.

Inoltre il tragico è che la massa, in quest'inizio del terzo anno di guerra non ha ancora capito perché si fa questa guerra; ma non sono i soli, i vertici non hanno ancora idee chiare sulle strategie di come condurre questa guerra; e purtroppo sono giustificabili "�perché i politici che guidano gli uni e gli altri, non hanno ancora esposto precisamente gli obiettivi concreti per i quali le nazioni delle due coalizioni sono impegnati a scannarsi; in termini generali li hanno esposti entrambi, ma sembrano che siano gli stessi. Il mondo è stato lasciato solo a congetturare quali risultati definitivi, quale attuale scambio di garanzie, quali cambiamenti od accomodamenti politici e territoriali ed anche a quale grado di successo militare condurrebbero la guerra alla fine".
(Questa amareggiata frase non è del volgo fante-contadino che sta combattendo in trincea, o dell'alpino a 2-3000 metri, nel frastuono dei tuoni e dei lampi delle artiglierie, o con la mente annebbiata dai 30 gradi sottozero, ma è del Presidente degli Stati Uniti, WILSON (di cui leggeremo più avanti l'intera nota portata a Roma, il 22 dicembre 1916, mentre Camera e Senato chiudevano i lavori e i politici andavano in vacanza).

Torniamo all'indirizzo rivolto al Re dal Senato, che diceva:
"Sire! Qui, al cospetto delle Alpi nevose che proclamano quali la natura e il diritto vollero e vogliono siano i confini dove la gente italica con altra gente italica s' incontra; qui, dove brevi piani e poggi insidiosi, contrastati e conquistati con il sangue, fanno alta testimonianza con i secoli della rinnovata in noi anima latina, il Senato porge alla M.V. omaggio reverente di auguri e di voti; auguri e voti del popolo intero. Ogni regione nostra, da quelle cui più benigna arrise la natura e prodigano le ricchezze, che l'industria accrebbe e più accrescerà a nazionale fortuna, alle altre dove il lavoro umano rudemente lotta con il suolo per la conquista della vita, ogni ordine di cittadini, da quelli che danno al Paese l'opera della loro mente, alla moltitudine dei forti, generosi nati e cresciuti sulle terre dove ottengono il pane con quotidiana e non sempre rimeritata fatica, tutto il popolo nostro volle la guerra, guerra combattuta per l'esistenza libera, indipendente, sua, e come la volle, così vuole che vittoria la chiuda. E la chiuderà, ne è indefettibile segno l'eroismo glorioso dell'Esercito e dell'Armata, al cui alto valore il Senato invia, commosso e fidente, l'omaggio della riconoscenza sua e del Paese, giustamente fiero delle virtù dei suoi figli.

"Guerra dura, ma più essa è e sarà dura, e maggior tenacia e saldezza ne ha e ne avrà la volontà di tutti, che esige sia il voto nazionale finalmente adempiuto. Questo è nella coscienza, nella risoluzione del popolo tutto, questa è la sua fede, formata con i sacrifici fatti e che farà. Coscienza, volontà e fede di cui, voi, Sire, supremo duce, siete al mondo assertore augusto. E quando la virtù italica, superando ogni malvagio contrasto di uomini e di sorti, avrà l'auspicata vittoria, e con la vittoria la sicurezza che la Patria, in provvidi ed equi ordinamenti interni, costituita, difesa nei naturali confini, vedrà rifiorire ogni industria sua, anche oltre la cerchia che questi segnano, per i mari e nelle terre lontane e ricordanti ancora per molti e incancellabili segni i confini e la civiltà dei nostri padri.
Allora apra pur la pace desiderata le candide ali e, col mistico olivo, mostri le armi inclinate, ma le abbia e le mostri a giusta minaccia contro chi, nella sconfitta, meditasse nuova offesa al diritto delle Nazioni, al diritto delle genti, al diritto dell'umanità. Questo l'augurio, questo il voto, Sire, che il Senato fa alla M. V. a S. M. la Regina, alla Real Famiglia, augurio e voto di prosperità a Voi, di sicura e felice grandezza della Patria".

L'indirizzo della Camera al Re, era anche questo concepito nei seguenti termini:

"Sire ! Piacque all'animo vostro di Re e di soldato che il nuovo anno vi trovasse ancora fra i disagi del campo, in mezzo all'esercito cui la vostra presenza è insieme incitamento e conforto. Ovunque, Sire, voi siate, l'Italia è con voi, simbolo e presidio delle speranze rivendicatrici, e la Camera dei deputati, fedele interprete di tutta una gente, vi manda riverenti e fervidi auguri. Auguri di gloria, che, dal vostro regno, l'avvenire intitoli, conquistate per valore di popolo in armi nuove auspicate fortune e il compimento dei segnati destini; auguri che sicura fede anima ed ispira, perché fede nel trionfo del diritto e della civiltà. E accolgano gli auguri di ogni bene l'augusta Regina, cui la gentilezza del cuore suggerisce indefesse munifiche opere di carità: la Madre vostra, al culto di ogni patria idealità regalmente devota; il giovine Principe che da voi impara, con avido desiderio, le virtù militari e la cura di ogni progresso civile.
Sire, nell'ansietà dell'ora che volge, vi salutiamo rimasto fra i disagi del campo, presso alle contese alpestri giogaie; sarà ora di letizia ineffabile quella in cui vi saluteremo reduce nella Roma immortale, quando nell'azzurro dei cieli si distendano candide e fulgenti le ali della pace e intorno a voi suoni, alto e solenne l'inno della vittoria".

Anche l'esercito combattente inviò gli auguri di Capodanno al Sovrano, che rispose così al generale Cadorna:
"Graditissimi mi giungono gli auguri che anche quest'anno Ella mi esprime in nome dei combattenti. Gli animosi soldati d'Italia nella lunga e difficile guerra, tra duri sacrifici, hanno fornito costante prova delle loro mirabili virtù. Il popolo italiano le ha seguite e le accompagna col pensiero e col cuore, sicuro nelle vittoriose energie per il compimento delle segnate fortune, fermo nella sua fede in un avvenire nazionale più grande e fiorente. In intimo consenso con il popolo, con animo pieno di riconoscenza per i combattenti, valorosi ovunque e sempre, ringrazio del saluto e degli auguri e li ricambio con i miei voti più vivi per essi".

Il Sovrano aveva voluto chiudere il 1916 decorando sul fronte con medaglie d'oro e d'argento al valor militare le bandiere di 38 reggimenti. Il Comando Supremo, il 4 gennaio 1917, annunziò all'esercito tali onorificenze con il seguente ordine del giorno:
"Ufficiali, Sottufficiali, Caporali e Soldati ! Sulle frecce delle nostre bandiere, accanto ai fatidici nomi e alle date memorabili della nostra epopea nazionale, degnamente figureranno d'ora innanzi i luoghi e le date di quelle nobilissime gesta che la Maestà del Re ha voluto ora rilevare e premiare, eternandole a perenne testimonianze del vostro valore. Sacrate dall'Augusto Sovrano sui colori del nostro vessillo di guerra, esse attestano che in questa fase decisiva della secolare lotta contro lo stesso nemico gli italiani di oggi sono degni del retaggio di gloria e di valore lasciato dai loro avi e dai loro padri, degni di riprendere, come hanno ripreso, l'arduo cammino verso la meta radiosa che essi ci additarono. Stretti intorno al nostro amato Sovrano, con nei cuori la magica visione della Patria più grande, ripetiamo, nel solenne momento, l'antico grido della nostra gloria e della nostra fede: Viva l'Italia ! Viva il Re!".

Cosa ci facesse al fronte il Re, pochi lo saprebbero dire. Chi comandava era Cadorna. Tuttavia proprio lui Vittorio Emanule che non era nato per fare il soldato (perfino sua madre, dopo Monza, aveva detto guardando forse quel gracile e piccolo bambino che "la poesia di casa Savoia era finita") lui al fronte ci andò con coerenza, come un "marmittone", non con i pennacchi e le divise con i lustrini, ma con le ghette e gli scarponi, sempre infangati; facendo colazioni dove capitava, spesso al sacco accanto ai "marmittoni" come lui; e più che far sventagliare da cavallo la sciabola di suo nonno Vittorio Emanuele II, girava con un'auto grigia e ogni tanto sventagliava all'intorno l'obiettivo della sua inseparabile macchina fotografica; ma era attento forse proprio per questo ai particolari, ad interessarsi anche di piccole cose pur di confortare un soldato ferito o a dare un supplemento di sussidio a chi aveva problemi economici a casa.

Forse era un po' poco per un sovrano. Ma nell'"ora tragica" di Caporetto, fu l'unico a non perdere la testa. Parlò sì di abdicare - perché molti lo accusavano di essere il responsabile di quella guerra- ma poi si riprese. A Peschiera, davanti a Lloyd George, il "piccoletto" assunse un atteggiamento del "non tutto è perduto"; e nel giustificare la sconfitta con gli alleati, non accennò come Cadorna ai "vili" reparti, al "disfattismo" dei socialisti, al "pacifismo" dei cattolici- Perfino nel redigere un messaggio alla nazione, senza fare troppo l'allarmista disse "�il nemico è stato favorito da uno straordinario concorso di circostanze".
Mancò forse di fantasia; ma dopo Caporetto era quello che ci voleva. Cioè fu all'altezza della situazione. Due giorni dopo Peschiera, sostituì Cadorna con Diaz, e un anno dopo, anche contro le esitazioni del nuovo comandante, promosse (in anticipo) quell'offensiva che doveva portare - i soli 10 giorni, e di novembre- l'esercito italiano a Vittorio Veneto.
Ne riparleremo più avanti in altri capitoli.

Torniamo ai primi 10 giorni di gennaio di questo 1917. Il Re trascorse il Capodanno al fronte in mezzo ai soldati, e aveva voluto premiare quei reparti che si erano distinti o si erano immolati nelle precedenti battaglie. Aveva concesso la medaglia d'oro alle bandiere della "Brigata Lombardia", 73° e 74° Fanteria ("Con irresistibile slancio e con indomita tenacia attaccarono e tolsero successivamente al nemico numerose trincee nella regione di Boschini e di Rubbia, ed inseguendolo senza tregua, concorsero efficacemente con la conquista del Nad Logem ad aprire la via del Carso al tricolore italiano - 19 luglio -15 agosto 1916 -. Nuovo e superbo esempio di valore diedero nella conquista del Pecinka e del Veliki Hribach - 1-2 novembre 1916 -, con urto impetuoso scacciando il nemico da solidissime posizioni e catturandogli numerosi prigionieri e materiale").

Alla bandiera del 141° Fanteria ("Per l'altissimo valore spiegato nei molti combattimenti intorno al San Michele, ad Oslavia, sull'altopiano di Asiago, al Nad Logem - per l'audacia mai smentita, per l'impeto aggressivo senza pari, sempre e ovunque fu d'esempio ai valorosi - luglio 1915 agosto 1916").

Alle bandiere della "Brigata Liguria", 157° e 158° Fanteria ("Rafforzatasi sul fronte Val Lastaro-Zovetto - altopiano di Asiago -, con invitta costanza ed indomita energia le truppe della brigata resistettero tre giorni ad un furioso combattimento ed a reiterati poderosi attacchi del nemico, intrepide, salde nel proposito incrollabile di vincere o di morire - Monte Zovetto, giugno 1916 -. Con valore e audacia parteciparono poi alla difesa del Coston di Lora e alla conquista di forti linee nemiche sul Monte Pasubio - luglio-novembre 1916").

Aveva concesso la medaglia d'argento alle bandiere della brigata "Granatieri di Sardegna" ("Durante più di un anno di guerra - giugno 1915-agosto 1916 - segnalandosi a Monfalcone, sul Sabotino, a Oslavia, sull'altopiano Carsico, hanno ognora mostrato di essere degni delle secolari tradizioni").

Alla bandiera dell'8° Fanteria ("Con impeto travolgente, trionfando di accanita resistenza, superava vittoriosamente le alture del nord del Podgora - Grafenberg - e scacciava il nemico oltre Isonzo, di cui, prime, le sue pattuglie toccavano, la sponda sinistra - 6, 7 e 8 agosto 1916").

Alla bandiera del 13° Fanteria ("Per il valoroso contegno, per le ripetute prove di saldezza e slancio, per la lunga tradizione di eroismo nobilmente mantenuta nei combattimenti sull'altopiano Carsico, ad oriente di Selz - luglio 1915-giugno 1916 -, alle falde del Pecinka - 15-16 agosto 1916 - ed al Volkonlak - 1, 2 e 3 novembre 1916").

Alle bandiere della "Brigata Pavia", 27° e 28° Fanteria, ("Confermato l'antico valore e le vecchie gloriose tradizioni nelle lunghe ed ostinate lotte sull'aspro terreno del Sabotino e del Podgora, presero poi parte gloriosa alla battaglia di Gorizia e, varcato l'Isonzo, portarono primi la bandiera d'Italia nella conquistata città -luglio 1915 agosto 1916").

Alla bandiera del 38° Fanteria ("Passato l'Isonzo a Plava, sotto vivissimo fuoco nemico, lottò accanitamente per il possesso delle alture di riva sinistra - 9-12 giugno 1915 -. A Monte Seluggio in Val di Posina, il 1° battaglione, inerpicandosi di roccia in roccia, riuscì ad affermarsi sul ciglio della posizione contrastata - quota 1100 - dando mirabile esempio di slancio e di tenacia in una gara memorabile di ardimenti individuali - Monte Giovo, Sogli Bianchi, Seluggio, 10 agosto 1916").

Alle bandiere della "Brigata Abruzzi", 57° e 58° Fanteria ("Per l'indomito coraggio con cui spezzarono l'accanita resistenza avversaria; per il largo tributo di sangue versato e per la tenacia con cui trionfarono dei reiterati violenti ritorni offensivi del nemico al quale catturarono numerosi prigionieri e materiale - Oslavia 6, 7 e 8 agosto 1916").

Alle bandiere della "Brigata Toscana", 77° e 78° Fanteria ("Con azione rapida, decisa, brillante superavano le difese nemiche del Sabotino e poi, con salda tenacia resistendo a violenti contrattacchi, mantenevano la preziosa conquista, infliggendo al nemico gravi perdite, e catturandogli numerosi prigionieri - Sabotino 6-7 agosto 1916").

Alle bandiere della "Brigata Verona", 85° e 86° Fanteria ("Con esemplare spirito guerresco e di abnegazione e con generosi sacrifici di sangue, conquistarono ben guarnite trincee al San Michele, sul Carso, - 21 ottobre-4 novembre 1915; respinsero violenti e ripetuti attacchi nemici in Vallarsa e sul Monte Pasubio - maggio-luglio 1916").

Alla bandiera del 97° Fanteria ("Con altre valorose truppe irrompeva nelle linee nemiche tenacemente difese, catturando numerosi prigionieri, armi e munizioni. Affermatosi poi sulle alture di Castagnevizha - Gorizia -, ostinatamente contrastate, con magnifico slancio conquistava un importante caposaldo della nuova linea di difesa del nemico - Gorizia, 6-12 agosto 1916").

Alle bandiere della "Brigata Macerata", 121° e 122° Fanteria, ("Con energia e tenacia mirabile conquistarono e saldamente mantennero importantissime posizioni sul Carso, prima ad oriente di Polazzo e di Castello Nuovo, e poi vigorosamente ricacciato il nemico ad oriente del Vallone - luglio-novembre 1915; agosto-novembre 1916").

Alla bandiera del 142° Fanteria ("Per il valore spiegato nei combattimenti intorno a Castelnuovo del Carso e Bosco Cappuccio; sull'altopiano di Asiago, al San Michele, nella regione di Boschini e a Nad Logem; per lo spirito aggressivo e l'alto sentimento del dovere sempre dimostrati - luglio 1915-agosto 1916").

Alle bandiere della "Brigata Alessandria", 155° e 156° Fanteria, ("Conquistarono sul Monte San Michele, a prezzo di generoso contributo di sangue e di energie, vari trinceramenti nemici potentemente fortificati, catturando numerosi prigionieri e materiali - 21, 22 e 23 ottobre 1915").

Alla bandiera del 223° Fanteria ("Irrompeva con altre valorose truppe, nelle linee nemiche tenacemente difese, catturando numerosi prigionieri, armi e munizioni. Affermatosi poi sulle alture di Castagnevizza, ostinatamente contrastate, con magnifico slancio conquistava un importante caposaldo della nuova linea di difesa del nemico - Gorizia, 6-12 agosto 1916").

Alla bandiera del 12° Reggimento Bersaglieri ("Allo Sleme il 21° battaglione e al Mrzli i battaglioni 23° e 26° in ripetuti attacchi contro le ben difese trincee nemiche, fra inesauribili difficoltà e dure privazioni, per più giorni seppero lottare strenuamente, dando magnifico esempio di slancio, di saldezza e di disciplina - 1-4 giugno-14 agosto 1915").

Alla bandiera del 2° Reggimento Alpini, battaglioni "Val Varaita, Val Maira, Argentera e Monviso, ("Fin dal principio della guerra, con indomito valore i battaglioni Val Varaita e Val Maira concorsero in lotte aspre e sanguinose contro preponderanti forze nemiche alla conquista e alla tenace difesa delle importantissime posizioni di Pal Piccolo, Freikofel, Pal Grande - 24 maggio-4 luglio 1915 - Fulgido esempio di valore e di virtù militari, i battaglioni Val Maira, Argentera e Monviso resistendo tenacemente con gravi perdite a superiori forze nemiche, mantenevano importantissime posizioni a Monte Fior e Castel Gomberto 6, 7 e 8 giugno 191").

Allo stendardo del Reggimento "Genova Cavalleria", 4°, ("Rinnovando le sue belle gloriose tradizioni, confermò le antiche, singolari virtù guerriere, concorrendo, nei giorni 14, 15 e 16 settembre 1916, alla conquista e al mantenimento della forte e ben munita posizione di quota 144 ad est di Monfalcone")

Allo stendardo del Reggimento "Cavalleggeri di Treviso", 28°, ("Per la tenace resistenza opposta ai violenti attacchi nemici; per lo slancio con cui seppe aver ragione di forze preponderanti per il largo sacrificio di sangue offerto al successo delle armi nostre - Monfalcone, 14, 15 e 16 maggio; Selz, 28, 29 e 30 giugno 1916").

Aveva concesso la medaglia di bronzo alla bandiera del 76° Fanteria ("Combattendo con grande valore, conquistò trincee e tolse al nemico prigionieri, armi e munizioni, malgrado incessanti e violenti contrattacchi - Monfalcone, 14-30 giugno 1916. - Il primo battaglione con vigoroso slancio, conquistando un forte trinceramento, preparò la vittoriosa avanzata della brigata sul fronte di San Grado - 1° novembre 1916").

Alla bandiera del 120° Fanteria ("Dette prova di esemplare valore conquistando Globna, con grandi sacrifici di energie e di sangue - Plava, 23-24 giugno 1915").
Alle bandiere della "Brigata Trapani", 144° e 149°, ("Con azione rapida e decisa, superate le difese nemiche di Val Peumica e di quota 138 sotto vivo fuoco nemico, passavano l'Isonzo costituendo sulla riva sinistra ampia e sicura testa di ponte - Sabotino-Gorizia, 8-9 agosto 1915").
Alla bandiera del 15° Reggimento Bersaglieri ("Decimato in ripetuti assalti contro la trincea detta delle Frasche, concorse ancora con bello slancio a conquistare altro trinceramento, dimostrando esemplare valore - 28-29 ottobre e 2 novembre 1915")
Allo stendardo del Reggimento "Nizza Cavalleria", l°, ("Per il bel contegno aggressivo e tenace dimostrato nel mantenere le posizioni delle officine di Adria - maggio-giugno 1916).

La concessione di queste ricompense era un giusto riconoscimento del valore dimostrato in guerra dai reggimenti premiati. Per tenere alto il morale delle truppe le medaglie erano consegnate con austere ma commoventi cerimonie nella zona di guerra e i generali, fra i quali il Duca d'Aosta, rivolgevano per l'occasione fiere e nobili arringhe che infiammavano l'animo dei soldati.
Intanto nel Paese erano presi provvedimenti tendenti a limitare i consumi, ad ovviare alla mancanza di certi generi, a rifornire le casse dello Stato, che la guerra continuamente svuotava; e ad aumentare il numero dei combattenti.

PROVVEDIMENTI VARI PER LA LIMITAZIONE DEI CONSUMI
IL QUARTO PRESTITO NAZIONALE

Il 9 gennaio 1917 i militari dal 1881 in poi (quindi fino 36 anni) furono destinati alla zona di guerra in prima linea, con una disposizione che se ridusse il numero degli "imboscati" non riuscì ad eliminare la piaga; lo stesso giorno furono richiamate le classi 1875 e 1874 (42 e 41 anni, per le retrovie); il 26 gennaio toccò alla classe 1889 (28 anni), il 1° febbraio anche i nati nel primo quadrimestre del 1899 (18 anni, per prepararli all'addestramento e quindi al successivo impiego).
Il 3 gennaio fu ordinato di vendere il pane raffermo; fu ristretta ad alcuni giorni la vendita della carne; fu anticipata la chiusura serale dei caffè, dei bar e dei teatri; il 4 febbraio lo stato ebbe l'autorizzazione di introdurre la saccarina per non importare zucchero.
Il 16 gennaio fu istituito un "Comitato speciale dei Consumi", di cui fu nominato commissario l'on. CANEPA, comitato destinato ad accertare il bisogno delle province e, insieme con la "Commissione centrale degli Approvvigionamenti", a fornire e distribuire a quelle le derrate.

Il 21 gennaio, con decreto luogotenenziale fu autorizzata l'emissione di un quarto prestito nazionale mediante la creazione di un titolo di debito consolidato fruttante l'interesse annuo del 5 per 100, con godimento dal 1° gennaio 1917, esente da ogni imposta presente e futura, e inconvertibile a tutto il 1931.

Il prestito fu prorogato due volte e sostenuto da grande propaganda, tuttavia non raggiunse i 4 miliardi che si speravano e il più dei 3 miliardi e 800 milioni sottoscritto si ricavò con i buoni del Tesoro e con la conversione di titoli dei tre prestiti precedenti. Saranno poi "dolori", nel critico dopoguerra, per i circa 200.000 sottoscrittori, per ottenere non solo gli interessi, e furono presi da vere e proprie angosce per riavere indietro le somme investite.
Quando il Tesoro farà i conti dei debiti, i propri e quelli contratti con gli alleati, le speranze dei risparmiatori di riavere indietro i soldi furono quasi nulle.
La crisi finanziaria fu la causa di tutti i mali, per l'enorme indebitamento dello stato per le spese belliche sostenute in quattro anni di guerra. Una voragine senza fondo.
Si provi a pensare ai 10 miliardi di pasti distribuiti, al vestiario di cinque milioni di militari per 1250 giorni, e alle ingenti somme per gli armamenti e le paghe. Poi si aggiunsero i conti da saldare con gli alleati.
Per i vecchi incapaci governanti, l'unica soluzione era la solita: quella dell'aumento delle tasse che colpiva sia i produttori sia gli operai, quindi aumento dei prodotti di consumo e costo della vita alle stelle. Il paradossale era che i soldati che erano ritornati dal fronte dopo aver combattuto quattro anni, toccava a loro - indirettamente - pagare il "debito", più (terminata la grande "abbuffata" delle fabbriche nate o consolidate nella guerra) non avevano un posto di lavoro. Una beffa.

Più c'era questo risvolto, alla beffa si aggiungeva un'altra beffa: il denaro ricavato dal prelievo fiscale era appena sufficiente a pagare gli interessi dei buoni di stato posseduti da chi la guerra non l'aveva fatta, dagli "imboscati", dagli speculatori. Era una vergogna! Ma anche così lo stesso prelievo fiscale non sarebbe comunque servito a nulla, era troppo enorme il debito pubblico. Con una scadenza perfino allucinante il 1984!! Avrebbero pagato persino i figli, i nipoti e i pronipoti dei vivi e... altra oscena beffa.... anche i figli e i nipoti di quelli morti in guerra!!

A quel punto, a Milano, il 9 giugno 1919, un ex sindacalista "rivoluzionario" propose il suo programma (in effetti, era di De Ambris): Il suo intervento fu appassionante, realista e ci mise dentro un po' di tutto delle sue dottrine di gioventù: "Una nazione italiana è come una grande famiglia. Le casse sono vuote. Chi deve riempirle? Noi, forse? Noi che non possediamo case, automobili, banche, miniere, terre, fabbriche, banconote? Chi può, "deve" pagare. Chi può, "deve" sborsare...E' l'ora dei sacrifici per tutti. Chi non ha dato sangue, dia denaro".(Il Popolo d'Italia 10 giugno 1919) L'Ex sindacalista era Benito Mussolini.

Classe media, ex combattenti, contadini, tutti frustrati, tutti sull'orlo della disperazione, tutti senza un futuro, tutti uniti, lo ascoltarono, creando il suo successo. E, con quell'"aria rivoluzionaria" che soffiava da est (echi dalla Russia leninista), anche i produttori, scelsero fra tutti i mali (il più temuto era l'espropriazione dei beni di produzione), quello minore, e (facendo patti) iniziarono a dare al sanguigno "tribuno" i denari.

Torniamo alla guerra, sempre all'inizio del 1917. Con una visita in Italia del generale francese NIVELLE, un riepilogo della campagna invernale, e una Relazione di CADORNA sulle azioni belliche, e sulla logistica bellica.

� Nivelle in Italia. La campagna invernale; Relazione di Cadorna > > >

Fonti, citazioni, testi, bibliografia
Prof. PAOLO GIUDICI - Storia d'Italia - (i 5 vol.) Nerbini 1930
TREVES - La guerra d'Italia nel 1915-1918 - Treves. Milano 1932
A. TOSTI - La guerra Italo-Austriaca, sommario storico, Alpes 1925
COMANDINI - L'Italia nei cento anni - Milano
STORIA D'ITALIA Cronologica 1815-1990 -De Agostini

CRONOLOGIA UNIVERSALE - Utet 
STORIA D'ITALIA, (i 14 vol.) Einaudi

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