ANTITESI

UMANESIMO E RINASCIMENTO ORIGINI E CAUSE DA QUI  FINO AL COMUNISMO
PSEUDO RIFORMA - ERRORI  LA RIVOLUZ. PROTESTANTE

ANGLICANISMO

CALVINISMO VICLEF - HUSS DOTTRINA LUTERANA
LA CONTRO RIFORMA   CONCILIO DI TRENTO

L'UMANESIMO E IL RINASCIMENTO
RIFORMA -CONTRORIFORMA  

 

 Cosa significano Umanesimo e Rinascimento.

Si denomina "rinascenza" o "Rinascimento" l'insieme di trasformazioni letterarie, artistiche e scientifiche avvenute in Europa nei secoli XV e XVI, e caratterizzate dalla imitazione dei modelli pagani dell'antichità classica, cioè del mondo greco-romano.

I termini "rinascenza" e "Rinascimento" derivano dal verbo "rinascere", infatti si diceva che la cultura era morta con le invasioni barbariche e la caduta dello Impero Romano, e rinasceva solo allora, dopo mille anni. La espressione "Età Media" - che oggi noi pronunciamo con tanta venerazione- fu coniata allora dagli umanisti per designare, in modo spregiativo, i secoli a loro anteriori, dalla caduta di Roma, come un periodo meramente di intermezzo fra due ere di apogeo dell'umanità, il mondo antico e la loro stessa epoca. Il Rinascimento è, per così dire, l'espressione artistica dell'Umanesimo, movimento filosofico e culturale che fu caratterizzato dall'abbandono degli ideali medievali e dalla adozione di principi pagani della vita e del pensiero. La espressione deriva da "humanes", che significa "colto", "erudito". Ben inteso, "colti" ed "eruditi" erano solo coloro che veneravano gli autori pagani. Gli altri erano chiamati "barbari". Anche il termine "gotico" sorse nel Rinascimento, ed era impiegato spregiativamente, per indicare l'architettura medievale, che, non essendo ispirata ai modelli greco-romani, era considerata opera di barbari, di "goti". Questo movimento fu una vera rivoluzione intellettuale, e può essere considerato uno dei segni iniziali dei tempi moderni.

Origine e cause.

Il declino del medioevo fu causato da un'esplosione di orgoglio e sensualità, che generò tendenze ugualitarie progressivamente sviluppatesi nei secoli seguenti.

Nel secolo XIV comincia ad osservarsi, nell'Europa cristiana, una trasformazione di mentalità che nel corso del secolo XV diviene sempre più nitida. Alcuni esempi caratteristici illustrano bene la direzione che la società cominciava a prendere allora.

I romanzi di cavalleria presentano un ideale di cavaliere ben differente dalla concezione del guerriero cattolico, la cui figura fu immortalata nelle canzoni di gesta (poemi epici in cui erano narrati fatti di grandi guerrieri cristiani; la più famosa di esse è la "Chanson de Roland" che racconta un episodio della storia di Carlo Magno e dei Dodici Pari di Francia nella lotta contro i saraceni spagnoli). Il cavaliere dell'epoca d'oro del medioevo è un crociato. Lotta per una causa che ha sempre relazione con la Chiesa. Ciò che caratterizza il suo spirito è l'abnegazione, la rinuncia. Lotta, ma per amore della Croce.

Nel romanzo di cavalleria, il cavaliere smette di essere un idealista, per diventare un vanitoso. Si cominciano a raccontare favole assurde, di un cavaliere che con un solo colpo trapassa 5 mori come fossero 5 salsicce. E mentre all'ideale di servire la Croce si sostituisce una vuota manifestazione di forza e di coraggio, nel romanzo cavalleresco appare il sentimentalismo, incarnato dalla figura della dama romantica. Così il fine del cavaliere non è più Cristo, ma attraverso il sentimentalismo quello della sensualità. La dama romantica sostituisce la Croce. La cavalleria comincia ad essere un modo per godere la vita. Le due maggiori passioni dell'uomo, l'orgoglio e la sensualità, sono in movimento: il primo si manifesta nella vanità, nell'ostentazione della forza fine a sè stessa, nella pompa slegata dalla sacralità; il secondo, nella nascita dello spirito di cortigianeria e galanteria.

Nell'architettura si opera la stessa trasformazione. Lo stile gotico muta di aspetto. Nel secolo XIII esso è austero. Nel secolo XIV comincia a sorridere, ed appare il cosiddetto gotico "flamboyant", "fiammeggiante", che si abbellisce di fiori per ogni dove ed assume l'apparenza dei ninnoli. Si direbbe che il gotico cominci a ballare. Nello stesso tempo in cui i costumi e le istituzioni cominciano a paganizzarsi, anche l'architettura diventa allegra, giovialona.

Un nuovo stato d'animo.

E' un profondo mutamento di stato d'animo nel senso dell'allontanamento da Dio. L'idea di servire Dio, di vivere per un ideale, per la Croce, va scomparendo e viene sostituita, negli strati più profondi dell'uomo, dalla preoccupazione del piacere che scaccia il senso del dovere. Il desiderio di godere la vita si scontra con le antiche istituzioni. Si annida nell'anima umana un'ardente brama di novità, di trasformazione. Questa passione disordinata, dà origine a quel fenomeno che infettò tutti i paesi cattolici: appunto il Rinascimento. Da esso derivò anche il protestantesimo.

L'ammirazione esagerata e non di rado delirante per il mondo antico, servì come veicolo di espressione per il desiderio di godere la vita. Si fece lo studio dell'antichità pagana nella sua arte e nella sua letteratura, si imitarono i modelli classici, considerati la fonte di ogni ispirazione. Si esaltò il dominio esclusivo della ragione, si diffuse l'idea che la conoscenza delle lettere antiche avrebbe reso l'umanità più civilizzata, più fortunata e felice. La scienza e l'arte tentarono di emanciparsi dall'autorità della Chiesa. Le tradizioni medievali furono sostituite dal gusto appassionato per l'antichità. L'anima pagana, disordinata e insubordinata, cercava di vincere la nozione cristiana della vita. Quando analizziamo i punti in cui il Rinascimento si discosta dalla cultura medievale, notiamo che tutti obbediscono a questo impulso: il desiderio di godere la vita.

L'Umanesimo prepara il protestantesimo.

Gli umanisti si dedicarono ardentemente alla ricerca e allo studio delle opere dell'antichità classica. Essi collezionavano le opere antiche, cercavano di penetrarne il senso, imitavano la loro forma. Perciò studiavano appassionatamente la lingua e la letteratura antica. Con l'imitazione dello stile venne anche l'assimilazione dei principi e costumi pagani, naturalisti e sensuali, opposti alla concezione austera e sacrale di vita del medioevo.

Questo movimento ebbe origine in Italia. Il primo degli umanisti è il Petrarca, comunemente chiamato il "padre dell'umanesimo". Anche il Boccaccio è un iniziatore del movimento.

Dall'umanesimo nacque il Rinascimento letterario. L'espansione dell'umanesimo portò con sè conseguenze molto importanti; infatti, gli umanisti, come si è già detto, ebbero un'ammirazione esagerata per il mondo antico, che cominciò ad essere visto come il modello di tutte le attività umane, non solo culturali, ma anche politiche e sociali. Catteristica di questo movimento fu, inoltre, l'assenza di preoccupazioni extraterrene, oltre alla maggiore inclinazione a godere la vita: le opere degli umanisti sono segnate a fondo dalla sensualità e dallo spirito pagano e naturalista.

Il libero esame degli umanisti aprì il campo al protestantesimo: mentre alcuni di essi non giunsero a rompere con la Chiesa, altri rifiutarono la sua autorità e si predisposero così alla Pseudo-Riforma protestante o al Libero Pensiero.

La grande arma usata dagli umanisti per attaccare la Chiesa fu il sarcasmo. Il più grande maestro di quest'arte fu il tristemente noto Erasmo da Rotterdam, religioso agostiniano, la cui opera più importante è l'elogio della pazzia, nella quale inveisce contro tutte le istituzioni e costumi della epoca. Erasmo ebbe relazioni con Lutero, anch'egli dell'ordine di S. Agostino. Gli umanisti costituirono anche delle associazioni segrete, e molte di esse svolsero un ruolo attivo nella Pseudo-Riforma protestante.

Il Rinascimento in Italia.

Il Rinascimento ebbe origine in Italia e da qui si espanse in tutti i paesi d'Europa. I principali centri di diffusione furono la Roma dei Papi, Firenze e Venezia.

Il Rinascimento italiano si espresse dapprima nel campo dell'architettura, con il ritorno ai metodi di costruzione usati nell'arte greco-romana. Lo stile gotico fu abbandonato per tornare alle linee rette dei templi greci. L'arco acuto fu sostituito dall'arco romano e la volta dalla cupola.

L'architetto più notevole fu il Brunelleschi, che costruì la cupola della cattedrale di Firenze. Nella scultura emergono Ghiberti, autore dei bassorilievi delle porte di bronzo del Battistero della cattedrale di Firenze, e Donatello, che introdusse il nudo nella scultura rinascimentale. Ad introdurre il nudo nella pittura fu il Botticelli.

I maggiori maestri dell'arte italiana del Rinascimento furono Leonardo, Michelangelo e Raffaello. Leonardo da Vinci, fiorentino, divenne celebre per i suoi dipinti "Ultima cena" e "Gioconda". Si distinse anche come scultore, poeta, musicista, filosofo, ingegnere, scienziato. Michelangelo fu famoso come pittore, scultore e architetto. I suoi dipinti più famosi sono gli undici affreschi che si trovano nella Cappella Sistina, in Vaticano, e il celebre "Giudizio universale", in fondo alla stessa Cappella. Le sue sculture più rilevanti sono il "David", il "Mosè" e la "Pietà". Egli costruì anche la cupola della cattedrale di S. Pietro in Roma. Raffaello, nativo di Urbino, divenne famoso per le sue "Madonne", ritratti e dipinti su temi religiosi. In Vaticano c'è il suo affresco la "Scuola di Atene", in cui si vedono Platone e Aristotele circondati da discepoli.

La scuola veneziana divenne famosa per i colori e la luminosità della sua pittura. I suoi pittori erano generalmente paesaggisti; in essa si distinsero Tiziano e Tintoretto. Il primo fu il pittore di Carlo V e lasciò vari ritratti di questo imperatore.

Nel campo della letteratura emersero vari poemi, come la "Gerusalemme liberata" di Torquato Tasso e "L'Orlando furioso" di Ludovico Ariosto. Macchiavelli scrisse "Il principe". La sua filosofia politica si può sintetizzare nella formula "il fine giustifica i mezzi", che rappresenta l'introduzione dello spirito pragmatico e amorale nel terreno politico.

La diffusione del Rinascimento.

Una numerosa serie di fattori contribuì alla diffusione dello spirito rinascimentale dall'Italia in Europa. In grado maggiore o minore, tutti i paesi europei soffrirono l'influenza del nuovo movimento.

I personaggi più famosi del Rinascimento in Francia appartengono al campo della letteratura. Rabelais, nella sua opera "Gargantua e Pantagruel" fa una satira sulla monarchia e la vita ascetica dei cristiani. Per Montaigne, altro nome di rilievo dell'epoca, religione e morale sono prodotti della abitudine o della moda, poiché Dio non può essere conosciuto dall'uomo; egli disdegnava l'idea di una vita futura e diceva che gli uomini devono cercare di approfittare della vita terrena. La sua opera più famosa si intitola "Saggi".

In Inghilterra il maggior autore rinascimentale fu W.Shakespeare, che scrisse opere drammatiche, come "Otello", "Romeo e Giulietta", ecc., nelle quali descrive con vigore e profonda psicologia tutte le passioni e sentimenti umani.

Il Rinascimento ebbe grande diffusione anche in Spagna. Nella pittura si distinguono numerosi artisti. El Greco imitò il color vivo della scuola veneziana ed espresse uno stile tenebrosamente realista. La sua opera più celebre è "La sepoltura del conte di Orgaz". Nella letteratura, il maggior volto del Rinascimento spagnolo fu Miguel de Cervantes, autore della celebre opera "Don Chijote", nella quale fa una satira della cavalleria decandente della fine del medioevo.

Luis de Camoes fu, senza dubbio, il maggior autore portoghese; nelle "Lusìadas" descrive in forma magistrale la grande epopea del popolo portoghese, che partiva "per mari mai prima navigati" per "nuove cristiane avventure".

Albert Durer, ritrattista e pittore di scene terrificanti, è uno dei nomi più celebri del Rinascimento tedesco. Fu un tenebroso realista. Le sue opere principali sono "Cristo crocifisso" e "Melanconia".

Anche i Paesi Bassi, Belgio e Olanda, lasciarono alcuni celebri artisti in questo periodo. Emergono i fratelli Van Dyck, autori della famosa tavola "L'adorazione dell'agnello", considerata il capolavoro della pittura fiamminga e il primo quadro dipinto ad olio.

Lo spirito del Rinascimento.

Il Rinascimento fu una vera rivoluzione. Essa fu ampia ma fatta in nome dell'arte e della cultura, nascondendo il veleno virulento che aveva nel seno e presentandosi con vesti tentatrici per gli uomini della fine del medioevo. In realtà esso fu un primo colpo sparato contro la Cristianità, e, da un certo punto di vista, anche il più carico di malizia, proprio per essere stato il primo. Fu la prima breccia nell'edificio medioevale e da essa penetrarono i germi della distruzione che generarono tutto il resto, dal protestantesimo fino al comunismo.

Aspetti rivoluzionari dello spirito rinascimentale.

Concezione esclusivista della cultura. Per i rinascimentali c'era solo una cultura: quella classica o greco-romana; era questa l'unica capace di soddisfare interamente le ansie dell'animo umano. Tutte le altre culture erano come dei dialetti rispetto alla cultura per eccellenza, quella classica. Il Rinascimento fu, quindi, il rinascere del mondo classico e della sua visione dell'universo, considerata vera in modo assoluto per tutti i tempi e tutti i luoghi.

Invece, secondo la mentalità cattolica, la cultura è l'espressione dell'anima di un popolo, delle sue convinzioni e delle condizioni in cui vive. Esiste, di fatto, un ideale di perfezione umana, ma può essere realizzato da ogni popolo con differenti modalità. Perciò, all'interno di un ideale generico di cultura, vi sono varie espressioni differenti. Dire che una cultura come quella greca, per esempio, è l'unica vera in tutti i tempi e in tutti i luoghi, costituisce un assurdo inaccettabile, ma su questo assurdo era costruito il Rinascimento.

La cultura come valore supremo. Un altro grave errore introdotto dal Rinascimento fu il fatto che, teoricamente o praticamente, i rinascimentali agivano come se la cultura fosse il valore supremo della vita. Riguardo a questa mentalità, esiste un episodio molto significativo, che avvenne in occasione dell'incoronazione solenne del Petrarca, come poeta, nel Campidoglio a Roma. In quella occasione il poeta disse che "il lavoro intellettuale sarebbe stato il suo salvatore, la sua occupazione costante e necessaria, la missione più elevata e il suo trionfo più bello".

Per il cattolico invece, quanto vi è di più elevato non è il lavoro intellettuale, bensì la fede. Il lavoro intellettuale ha il suo merito, ha un ruolo importantissimo, ma solo se considerato alla luce della fede.

Rinascita del paganesimo. Uno dei tratti più significativi del Rinascimento è un fondo di paganesimo che sorge, nasce e si impone a tutti gli spiriti. Nella pittura rinascimentale appare di frequente un carattere pagano non travestito. L'entusiasmo delirante per gli autori pagani crea negli uomini del Rinascimento un modo di esprimersi che, col pretesto di essere completamente classico, è perfettamente pagano. Questa tendenza è verificabile persino in campo religioso: è il mondo pagano che rinasce. Petrarca, che era cattolico, paragonava i poeti ai profeti e diceva che i poeti, come i profeti, avevano visioni meravigliose. Uno degli umanisti più famosi fu Bernardo Dovizzi, autore di opere immoralissime. Nel corso della sua sepoltura, un oratore lo salutò nella forma seguente: "Non investighiamo a quale punto dell'Olimpo ti innalzò in quadrighe d'oro la tua immortale virtù, ma quando percorrerai i mondi celesti, per vedere gli eroi, non dimenticarti di supplicare il re del cielo e tutti gli altri dei, che aumentino la vita di Leone degli anni che la morte impietosa strappò a Giuliano dei Medici e a te, se vogliono conservare il culto che loro si dedica sulla terra". Vedete come le cose andarono lontano, e come la mentalità rinascimentale era penetrata a fondo: quel Leone a cui l'oratore si riferisce è Papa Leone X. Per fare un elogio al Papa, l'oratore lo include in tutta questa mitologia. Se un oratore pagano dell'antichità avesse dovuto fare un discorso ad una sepoltura, avrebbe detto più o meno le stesse parole che furono dette da un oratore, in fin dei conti, ancora cattolico!

Secondo quanto commentò un profondo storico, "in quel tempo si trovava molto naturale che i pastori mescolassero ai loro canti vicini al presepio in cui giaceva il Salvatore del mondo, versi della Quarta Ecloga di Virgilio, così come che il poeta attribuisse a Dio i tratti di Giove, all'arcangelo Gabriele le virtù di Mercurio, e alla Vergine Maria le qualità di Diana, e che, cosa ancora peggiore ai nostri occhi, li designasse direttamente con nomi gentili (...)". Questo produce nelle anime un formidabile scostamento interiore.

A un grande pittore italiano del Rinascimento fu chiesto una volta un S. Giovanni Battista per una Chiesa. Nel giro di tre giorni il pittore presentò il quadro. Come aveva potuto dipingerlo tanto rapidamente e in modo così completo? Il fatto è che la tela era già pronta. Si trattava di un quadro del dio Bacco, che l'artista si era limitato ad alterare un poco, collocandovi le insegne di san Giovanni Battista. Quel Bacco che fa le veci di S. Giovanni Battista è davvero un simbolo del paganesimo che stava risorgendo.

Erasmo da Rotterdam, una delle figure più salienti dell'Umanesimo, continuava ad esclamare: "Oh! san Socrate, pregate per noi!". Pur essendo monoteista e, di conseguenza, non adorando gli dei pagani, per tentare di sfuggire alla morte disse di avere fiducia in tutti gli dei. Eppure Erasmo, che era un chierico cattolico, aveva per Socrate un tale entusiasmo che lo onorava come un santo. Sempre Erasmo diceva: "Tutte le volte che leggo un discorso di Cicerone, bacio il libro e venero il suo spirito santo e pieno di ispirazione divina". Questo si fa col Santo Vangelo! Erasmo dimenticava che questo rito è cattolico e lo usava in relazione a Cicerone, di cui, dal punto di vista morale si dovrebbero dire tante cose.

Pico della Mirandola è una delle figure più caratteristiche del periodo rinascimentale. Egli aveva in casa sua un altarino a Platone, davanti al quale teneva una lampada accesa; ma siccome era cattolico e non voleva dimenticarsi di ciò, teneva, in un'altra stanza e col permesso dell'autorità ecclesiastica, il Santissimo Sacramento. Davanti al Ss.mo teneva accesa una lampada identica a quella collocata dinanzi all'immagine di Platone.

Lo spirito naturalista. La concezione dell'uomo medievale era basata sull'idea dell'esistenza di un'altra vita e di un ordine superiore di cose; al contrario nel Rinascimento troviamo l'assenza quasi completa di qualunque aspetto soprannaturale. Invece di cercare un ordine di cose trascendente, l'uomo del Rinascimento considera solo ciò che può vedere e sentire in modo naturale.

La ragione degli uomini di fronte al soprannaturale o si appassiona molto, o si irrita molto: la caratteristica dell'uomo orgoglioso è di non volerlo accettare, e, evidentemente, quando l'uomo si abbandona ai piaceri della vita, facilmente rifiuta il soprannaturale in tutte le sue manifestazioni e vi sostituisce il dominio della ragione. Infatti, l'attitudine contraria esige da lui lotta e sforzo, cosa che lo infastidisce profondamente: diventa allora un naturalista.

Il Beato Angelico, quasi a dimostrare questa tesi, sebbene vivesse in pieno Rinascimento italiano, può essere considerato un artista medievale. I suoi dipinti mostrano persone imbevute di una luce, di un chiarore, di una statura morale, che non incontriamo nella vita reale e che ci parlano di un ordine trascendente. La stessa cosa si nota nella scene scolpite sui portali delle cattedrali medievali, dove c'è una notevole preponderanza dell'anima sulla materia. Nelle opere d'arte del Rinascimento troviamo qualcosa di molto diverso. Tutto ci parla solo di questa vita e della natura. Descrizioni molto fedeli ma senza interpretazione, solo questo: la natura e niente più. Se analizziamo una figura umana, una "Madonna" di Raffaello per esempio, notiamo lo stesso fenomeno: ella personifica una signora molto amena, dotata di un eccellente genio, di costumi molto puri, dal tratto gradevole, ma ciò nonostante, non abbiamo l'impressione di un essere celeste: il dipinto ci dà l'idea di una splendida persona, ma di questa terra. Nel "Mosè" di Michelangelo, vediamo lo stesso fenomeno: la scultura ci presenta un possente italiano, intelligente e capace, che emana un'enorme personalità. Ma nulla ci fa sentire il Mosè della Bibbia, l'uomo che bagnò i suoi occhi in un chiarore soprannaturale e che ebbe contatto con un ordine che trascende l'uomo.

Razionalismo e superstizione. Andremo ora a constatare come in questa "epoca di cultura" rinacquero antiche superstizioni, e come davanti ad esse si reagiva con estrema condiscendenza. Gli spiriti razionalisti, che cominciavano ad apparire in quel tempo, combattevano uniti tutte le "superstizioni" del medioevo ("riminiscenze barbare"), e nello stesso tempo attaccavano il culto delle reliquie e altre pratiche cattoliche che giudicavano egualmente superstiziose. Ma l'adorazione del mondo antico era in loro così profonda che dimenticavano di combattere le superstizioni dei greci e dei romani.

Dante, da alcuni considerato come un precursore del Rinascimento, sebbene per altri versi sia un autentico medievale, confidava nell'influenza del "destino", cioè di un fato che segnava inesorabilmente il futuro degli uomini. Era, pertanto, un fatalista, credenza che, come noto, era molto diffusa fra i popoli antichi.

L'unico tipo d'uomo che possiede una vera certezza a riguardo dei fini ultimi della sua esistenza, del senso della vita e della ragione d'essere di tutte le cose, è l'uomo che ha Fede, e Fede soprannaturale, cattolica, apostolica e romana. Quando l'uomo ha Fede scansa i dubbi ed è capace di certezze: quando manca la vera fede è incapace di far questo.

Nel Rinascimento la Fede subì un notevole infiacchimento. Quello che i rinascimentali persero dal mondo della fede, finirono col perderlo anche nel campo della certezza a riguardo di tutte le questioni della vita. Cominciò a formarsi in essi il corollario necessario della perdita della fede: la perdita di convinzione e di fiducia nella ragione.

Quando una persona è immersa nei piaceri della vita ma comincia ad esserne satura, tutto le pare orrendo, monotono, senza spiegazioni: comincia a trovare necessari altri orizzonti ed altre soddisfazioni. Non trovando più significato nel suo modo di vivere, patisce delle crisi di disperazione che sfociano da un lato nel razionalismo e dall'altro in una corrente che non ha più fiducia nella ragione e che non è razionalista, ma cerca nelle esperienze mistiche quelle certezze di cui ha bisogno lo spirito umano. Comincia allora la ricerca di un'esperienza mistica che possa dare quella certezza che la fede non dà più.

In conseguenza di questo itinerario, nel Rinascimento cominciarono a fiorire la magia, la negromanzia, l'invocazione degli spiriti. In questo periodo lo stregone era la necessaria appendice di tutta la Corte: questa aveva sì il suo cappellano, ma si vantava di avere anche l'astrologo; fra i suoi consiglieri un re aveva i teologi ma anche i maghi e molte contese venivano risolte ordinando di uccidere delle figurine di cera nei laboratori dei maghi di corte.

Il famoso astronomo Keplero, confidava nelle stregonerie e la sua principale risorsa economica era costituita dagli almanacchi che scriveva, pieni di predizioni sul futuro ricavate da segni nel cielo. Francesco Bacone, non solo confidava nella comune superstizione astrologica, ma contribuiva anche ad irrobustire la credenza nella stregoneria. Questi erano gli uomini che combattevano la barbarie medievale.

Cinismo intellettuale. Il razionalismo condusse ad una sorta di dissoluzione intellettuale che provocò una specie di cinismo nei confronti di tutti i temi della Fede e di quelli che hanno relazione con la verità e l'errore. Lo scrittore di quegli anni è cinico, senza principi, non crede forse nemmeno a quel che dice e scrive, è caratterizzato dall'abusare della parola. Da questo punto di vista si assiste quasi a una completa decadenza dell'intelligenza dell'uomo.

Alcuni esempi sono caratteristici. Ci fu un certo Sebastian Brandt che faceva l'apologia dell'Immacolata Concezione. Adam Werner lo difendeva ardentemente e difendeva questo dogma; ma poi Werner, solo a causa di un litigio con Brandt, si trasformò in un ardente nemico dell'Immacolata Concezione ed iniziò a scrivere per di dimostrare che era falsa.

Petrarca nelle sue opere elogiò la solitudine come la cosa migliore che ci sia, ma nella vita pratica ebbe il terrore della solitudine. Benchè elogiasse molto la semplicità degli antichi romani, aveva molti cavalli e molti dipendenti; era un uomo invidioso, in particolare di Dante; diceva che il desiderio di diventare immortale era una specie di malattia che lo perseguitava in tutte le ore della sua vita.

Tristezza, conseguenza della mancanza di serietà. L'uomo rinascimentale era ancora molto vicino al medioevo, ed aveva nel suo subcosciente e nei suoi abiti mentali, moltissime concezioni medievali. Ma a fianco di questo substrato medievale, egli aveva qualcosa di nuovo.

Se c'era qualcosa che distingueva l'uomo medievale era la serietà, conseguenza degli alti orizzonti aperti dalla Fede. Al contrario, l'uomo rinascimentale, invece di cercare una vita equilibrata, ordinata, diretta ai fini ultimi, era assetato di risa, sghignazzate, piaceri, divertimenti, allegria, senza la preoccupazione del dovere, senza l'idea di un Dio, di un cielo e di un inferno. Questo rilassamento, questo distacco da un fine ultimo, questa mancanza di gravità sembra essere la nota più importante del Rinascimento. Vediamo perciò che i personaggi rinascimentali, nelle descrizioni, nelle stampe, nei dipinti e nelle sculture che essi stessi compongono, appaiono come uomini sempre allegri, sempre soddisfatti, olimpici e spensierati. E' esattamente l'opposizione che c'è fra l'uomo olimpico e l'uomo cristiano. Questa visione ottimista della vita ridondava nel gusto permanente al piacere e nella necessità di divertirsi in continuazione.

La rappresentazione perfetta dell'uomo olimpico è il Re Francesco I di Francia: alto, ben formato, simbolo dell'ottimismo e della sghignazzata, con atteggiamento sempre simpatico, continuamente ben disposto nei confronti della vita. E' l'opposto del suo antenato S. Luigi, anch'egli ben dotato, ma molto grave, serio, casto, ameno nel tratto, e senza nessuno di quegli ottimismi superficiali propri dei rinascimentali.

Tutte le volte che l'uomo cerca ansiosamente l'allegria nasce la tristezza dentro la sua anima, quella tristezza pesante e oscura che lo divora, che pesa e lo lascia avvilito. In un certo senso il rinascimentale è un liberale: i suoi costumi e le sue idee sono liberi. Ma a fianco di questo aspetto liberale e allegro, notiamo nel rinascimentale il contrario, ossia il nascere fianco a fianco, di due stati d'animo che progrediscono: dapprima l'allegria sbracata, poi, l'altra faccia dell'umanità, che è la tristezza disperata, inseparabile dall'allegria disordinata.

Questa tristezza si può osservare in due uomini tipici del Rinascimento: Michelangelo e Leonardo da Vinci. Principalmente Leonardo, un uomo tenebroso e ipocondriaco, amava il vivere interamente solo, melanconico, pessimista, triste e immerso nella disperazione. I personaggi di Michelangelo, in generale, sono olimpici per statura, ma non per allegria: sono personaggi tristi. E la tristezza cominciò ad apparire nell'arte, sotto la forma pagana delle Furie, dei ciclopi sconfitti, degli eroi schiacciati, dei grandi abbattuti che vogliono distruggere tutte le cose. Cominciarono ad apparire anche certe canzoni e certe poesie di una tristezza che presto scivolava nel lugubre e nel disperato.

Il desiderio di godere la vita. Quando l'uomo si colloca in un'ottica esclusivamente naturalista, escludendo completamente il trascendente, i valori soprannaturali e la vita eterna, ha due alternative: o la vita gli diventa insopportabilmente penosa oppure si ingolfa interamente nei piaceri. Smettendo di credere in un fine ultimo, l'uomo certamente scivola nell'immoralità.

Ci sono molti modi di godere la vita. Le persone allegre, dotate di buon umore, lo fanno col tamburello in mano; quelle melanconiche e lunatiche realizzano questo desiderio attraverso una vita in cui il pianto e i lamenti giocano un ruolo importante. Pertanto, di fianco alla maniera folle di godere la vita, c'è la scuola dei piangenti, di coloro che si compiacciono nella considerazione sciropposa e indefinibile dei dolori, che loro stessi ingrandiscono. Nel Rinascimento troviamo il gusto per il dramma, non solo nel carattere tanto imbronciato di Michelangelo, ma anche in quello tragico di Leonardo da Vinci.

L'uomo ideale secondo lo spirito dell'epoca. Nel Rinascimento si amava pensare, giudicare, comparare, ma, al contrario del medioevo, non lo si faceva più per conoscere la verità, ma per il piacere di fare ragionamenti brillanti, di dire belle frasi, di fare delle gradevoli escursioni su un ordine di cose più elevato. Il pensiero era visto come una fonte di divertimento. Ed anche in questo fu un sintomo della decadenza.

Sorse allora il "bello spirito", che non era l'uomo saggio, conoscitore della verità, ma lo spirito rutilante, che arricchiva la sua anima con la conoscenza di molte cose: egli non aveva più il desiderio di conoscere la verità.

Inoltre, la concezione naturalista non si restringeva solo allo spirito. Anche fisicamente il rinascimentale doveva essere un uomo perfetto. Non si ammetteva un eroe malato. Era necessario che avesse una salute di ferro, una costituzione splendida, che fosse un ottimo cacciatore, corresse per ore e abbattesse i cinghiali come se fossero formiche. Se, scendendo dal cavallo, avesse incontrato una dama, avrebbe dovuto farle una riverenza e cantare un madrigale. Passando poi davanti ad un'anfora antica, avrebbe dovuto improvvisare un verso sul tema. E ancora, che banchettasse, si alzasse da mensa e andasse a ballare come se non avesse mangiato alcunchè. Infine che la notte dormisse un sonno disteso come se di giorno avesse avuto una giornata tranquilla. Ecco il tipo classico del rinascimentale: grandi cacciatori, guerrieri eccellenti, splendidi ballerini, ottimi conoscitori di ogni specie di letteratura. Il tipo del rinascimentale è brillante, intelligente, buon conversatore, che ha nella vita un obbligo al riso permanente. Di questo sono pieni i quadri che il Rinascimento ci ha lasciato,: un atteggiamento superiore, eminente, sdegnoso e ottimista rispetto alla vita, unito ad un aspetto piacente che riflette il godere di questa terra.

Naturalmente, in mezzo a tutto questo, si estinse l'idea della santità: gli uomini hanno valori che ritengono loro ideali, e i tipi rappresentativi della società, invece di essere i santi, divennero le persone dotate di quella che l'uomo rinascimentale chiamava "virtù" e che più tardi si chiamerà "onestà". La virtù, come era da loro intesa, non era quella dell'uomo che cammina verso il suo vero fine, ma di quello che è capace di vincere le grandi corride della vita.

Sul piano politico questa mentalità generò l'assolutismo. Il Re "olimpico" non si sentiva obbligato a difendere i diritti dei suoi sudditi, ma era proprio lui l'uomo che schiacciava tutti gli altri facendo così scomparire anche l'idea dell'autentica fraternità fra le nazioni cristiane.

LA PSEUDO-RIFORMA: SUOI PRINCIPALI ERRORI.

"L'orgoglio e la sensualità, nel cui soddisfacimento consiste il piacere della vita pagana, suscitarono il protestantesimo. L'orgoglio diede origine allo spirito di dubbio, al libero esame, all'interpretazione naturalistica della Scrittura. Produsse la rivolta contro l'autorità ecclesiastica, espressa in tutte le sette con la negazione del carattere monarchico della Chiesa universale, cioè dalla rivolta contro il papato. Alcune, più radicali, negarono anche quella che si potrebbe chiamare l'alta aristocrazia della Chiesa, ossia i vescovi, suoi prìncipi. Altre ancora negarono lo stesso sacerdozio gerarchico, riducendolo a una semplice delegazione del popolo, unico vero detentore del potere sacerdotale. Sul piano morale, il trionfo della sensualità nel protestantesimo si affermò con la soppressione del celibato ecclesiastico e con l'introduzione del divorzio". (Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Parte I, Cap. III, 5/B).

 Le cause della Pseudo-Riforma: sguardo generale.

La Rivoluzione Protestante, detta Pseudo-Riforma, cioè falsa riforma, costituì, insieme al Rinascimento, la prima tappa del processo plurisecolare di distruzione della Civiltà Cristiana, iniziato con la decadenza del medioevo.

Rinascimento e Protestantesimo sono movimenti legati intimamente. Entrambi ebbero le stesse cause. Nonostante ciò, in alcune parti d'Europa, lo spirito che diede origine al Rinascimento "si sviluppò senza portare all'apostasia formale. Notevoli resistenze gli si opposero. E anche quando si installava nelle anime, non osava chiedere, almeno all'inizio, una rottura formale con la fede. Ma in altri paesi attaccò apertamente la Chiesa. L'orgoglio e la sensualità, nella cui soddisfazione consiste il piacere della vita pagana, suscitarono il protestantesimo" (Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Parte I, cap. III, 5/B).

Certi manuali di storia presentano come cause del protestantesimo alcuni fatti che, a prima vista, possono causare una certa impressione, almeno in un lettore poco accorto. Nonostante questo, analizzati obiettivamente, tali fatti non hanno alcun fondamento. Andiamo ad esaminare brevemente alcune delle pretese cause della Pseudo-Riforma.

Dando risalto al fattore liberale e ugualitario nel protestantesimo, così come per l'umanesimo ed il Rinascimento, non pretendiamo di negare che altre cause abbiano concorso alla genesi ed espansione di questo movimento. Diciamo solo che, all'origine, nella psicologia, nelle dottrine, in quello che oggi chiameremmo aspetto propagandistico e nelle realizzazioni del movimento, l'azione delle tendenze disordinate, di senso radicalmente anarchico ed ugualitario, giocò il ruolo di forza maestra.

Cause della Rivoluzione Protestante. 
Confutazione degli errori più diffusi.

1) La Chiesa Cattolica era in una fase di decadenza. Gli abusi proliferavano, la vendita di cariche ecclesiastiche, il lusso in cui viveva l'alto clero e la corruzione di molti prelati, scandalizzavano i fedeli. La Riforma fu una reazione a questo stato di cose, ed ebbe l'obiettivo di restaurare la Chiesa e ristabilirne la sua semplicità primitiva.

Confutazione. Certamente, anche senza prestare fede a tutte le esagerazioni presentate da certi libri di storia, nell'epoca vi erano molti abusi e la decadenza dei costumi ecclesiastici era grande, ma era molta anche la virtù e la santità, basta citare il nome di S. Francesco di Paola, morto nel 1507. Comunque, gli storici moderni riconoscono che non fu questa la vera causa della Rivoluzione Protestante. La Riforma cattolica, quella che davvero corresse gli abusi esistenti, ebbe inizio prima che Lutero cominciasse la diffusione dei suoi errori. Pertanto, quando esplose la Pseudo-Riforma, le condizioni della Chiesa erano migliorate sensibilmente e i veri riformatori cattolici avevano già iniziato la loro opera rigeneratrice.

Inoltre, la vita corrotta di Lutero e di altri falsi riformatori smentisce il loro ruolo di moralizzatori. Essi, al contrario, contribuirono ad aumentare la decadenza dei costumi, permettendo l'introduzione del divorzio e persino la bigamia, oltre ad abolire il celibato ecclesiastico. Inoltre, ciò che i protestanti attaccavano non erano gli eventuali abusi, ma la stessa istituzione gerarchica del clero e quello che la dottrina cattolica aveva di più essenziale. La dottrina di Lutero ben mostra che egli predicava una nuova religione, e non una riforma nella Chiesa Cattolica.

2) La Bibbia, parola di Dio, era sconosciuta dai fedeli; i sacerdoti la nascondevano per imporre al popolo minuto una religione che non corrispondeva ai veri insegnamenti di Cristo, e conservare così i loro privilegi personali.

Confutazione. La Chiesa ha sempre raccomandato ai fedeli cautela nella lettura della Bibbia, per la grande difficoltà di interpretazione di alcuni passaggi. Questo però non significa che in quell'epoca i fedeli non potessero leggere i Libri Sacri. Molto prima di Lutero, con lo sviluppo della stampa, la Bibbia era largamente diffusa per i vari paesi d'Europa. Dalla comparsa della stampa fino al 1520, furono fatte 156 edizioni della Bibbia in latino. Per il pubblico che non capiva il latino, furono fatte numerose traduzioni in vernacolo. Fra il 1466 e il 1520, furono fatte 22 edizioni della Bibbia tradotta in tedesco. La prima traduzione italiana data 1471, quella olandese 1477, quella francese 1487 e quella spagnola 1485. Ogni edizione contava dai 250 ai 1600 esemplari. Pertanto, l'affermazione che furono i protestanti a dare al popolo la possibilità di leggere la Bibbia, altro non è che una delle tante invenzioni create dall'odio alla Chiesa Cattolica, senza alcun fondamento storico.

3) La Religione, come anche tutta la società umana, è frutto dell'economia. Le grandi trasformazioni economiche del secolo XVI ebbero ripercussioni in campo religioso, dando origine alla Riforma Protestante.

Confutazione. Questa tesi è frutto dell'interpretazione marxista della Storia. E' il materialismo storico che colloca la economia come base intorno alla quale ruotano gli avvenimenti umani. Se questa tesi fosse vera, la Riforma Protestante avrebbe dovuto scoppiare in Italia, che era senza dubbio la più "avanzata" regione europea dell'epoca, prosperava enormemente e i suoi uomini d'affari manovravano gran parte dell'economia di allora. Basta ricordare l'esempio dei Medici, per avere un'idea dello sviluppo economico della Penisola. La borghesia italiana era una delle più prospere e importanti del XVI secolo. Invece la Rivoluzione Protestante ebbe i primi successi in Germania, a quel tempo meno sviluppata economicamente. Conviene anche ricordare che i grandi uomini d'affari, quelli che manovravano grandi fortune, fino al secolo XVI erano nella maggioranza cattolici.

4) La Riforma fu una conseguenza dell'ambizione dei principi tedeschi, che volevano impossessarsi dei beni della Chiesa e sottrarsi all'autorità dell'Imperatore.

Confutazione. E' certo che l'ambizione dei prìncipi tedeschi contribuì poderosamente al consolidamento e all'espansione dell'eresia, così come è certo che alcuni di essi cercarono di trarre vantaggi politici ed economici dalla lotta religiosa. Ma è anche storicamente provato, che la maggioranza dei prìncipi che appoggiarono Lutero, agì per ragioni religiose. D'altra parte, la posizione dei prìncipi che appoggiavano la Rivoluzione Protestante non era comoda come si potrebbe credere. In Germania, per esempio, i prìncipi protestanti dovettero combattere una lunga guerra contro l'Imperatore Carlo V. Appoggiare i protestanti non era davvero vantaggioso per i prìncipi che correvano il rischio, in caso di sconfitta, di perdere i loro stessi beni. Del resto, vi furono anche dei prìncipi cattolici che, pur perseguitando i protestanti, confiscarono i beni ecclesiastici, come ad esempio Francesco I di Francia.

5) Il protestantesimo fu il frutto della rivolta delle classi umili contro le oligarchie ecclesiastiche e civili dominanti nell'epoca.

Confutazione. Questa tesi può essere confutata col solo fatto che c'erano protestanti in tutte le classi sociali, dai contadini alla più alta nobiltà, e la parte più attiva del protestantesimo era precisamente costituita dall'alto clero, la borghesia e la nobiltà. Basta citare l'esempio dell'Inghilterra nella quale Re Enrico VIII - con l'appoggio dell'episcopato e della nobiltà- portò tutta la nazione all'apostasia.

6) Papa Leone X, allo scopo di raccogliere del denaro per costruire la Basilica di S. Pietro, illudeva il popolo ignorante con la vendita delle indulgenze. Lutero si ribellò a ciò e cercò di illuminare il popolo. Solo per questa ragione fu scomunicato.

Confutazione. Indulgenza, nel senso più ampio della parola, significa perdono di una colpa o pena meritata. In linguaggio teologico il termine viene usato in senso più ristretto, e significa condono della pena che si dovrebbe soffrire in purgatorio per i peccati già commessi, e già perdonati quanto alla colpa. Iddio, nel perdonare i peccati, può riservare ad essi una certa pena o castigo da soffrire in Purgatorio. Per evitare questa pena abbiamo due modi. Uno consiste nella pratica di buone opere compiuta in Grazia di Dio, l'altro è quello di lucrare indulgenze, mediante le quali l'autorità ecclesiastica condona in tutto o in parte questa pena, applicando in nostro favore le azioni soddisfattorie di Cristo e dei santi. Per lucrare le indulgenze, oltre ai requisiti che prescrive chi le concede, è necessario essere in Grazia di Dio. La dottrina delle indulgenze fu sempre accettata e posta in pratica nella Chiesa. Papa Leone X, per raccogliere fondi per la costruzione della Basilica di S. Pietro, concesse una indulgenza plenaria a chi, essendo nelle dovute disposizioni per lucrarla, facesse una elemosina a questo fine. Lutero, che non ammetteva la necessità della cooperazione dell'uomo nell'opera della salvezza, non accettava la dottrina sulle indulgenze. Vi possono essere stati degli abusi, ma fu contro la dottrina cattolica su questo punto che Lutero si ribellò. Inoltre, la "questione delle indulgenze" fu un mero pretesto per la rivolta: già diversi anni prima, Lutero difendeva e propagandava idee apertamente eretiche, e, dietro alla questione delle indulgenze, c'era la negazione di vari altri punti di dottrina.

I precursori della Pseudo-Riforma.

Come insegna il Prof. Plinio Correa de Oliveira in "Rivoluzione e Contro-Rivoluzione", la Rivoluzione è un processo. Dunque, gli errori protestanti non apparvero da un momento all'altro. Nel corso del processo di decadenza del medioevo, vari eresiarchi tentarono di imporre le dottrine che più tardi furono difese da Lutero e Calvino: furono i precursori della Rivoluzione Protestante. I due più importanti sono Wiclef e Jan Huss.

Wiclef.

Nel secolo XIV (1324-1384), John Wiclef, professore nell'università di Oxford, in Inghilterra, cominciò ad attaccare vari punti della dottrina della Chiesa: negava la transustanziazione, combatteva le indulgenze, il culto dei santi e delle reliquie, presentava la Bibbia come l'unica fonte della Rivelazione, condannava il celibato ecclesiastico, non accettava la tradizione, attaccava l'autorità del Papa e ogni e qualsiasi gerarchia ecclesiastica. Come certi eresiarchi moderni, parlava della necessità di far tornare la Chiesa alla sua semplicità primitiva. Certe eresie moderne sono ben più anacronistiche di quel che sembra... Condannato nel 1382, Wiclef ritrattò, ma i suoi seguaci più esaltati continuarono il movimento cercando di stabilire in Inghilterra una chiesa scismatica. Dominati da un fanatismo estremo, provocarono diversi conflitti e l'autorità civile fu obbligata ad intervenire, giustiziandone molti. Secondo un noto storico francese, la nuova chiesa da Wiclef fu una prefigurazione della Chiesa di Lutero e Calvino.

Jan Huss.

L'antica Boemia, che oggi occupa metà della Cecoslovacchia, fu per molto tempo un focolaio di eresie. La principale fu diffusa da Jan Huss, rettore dell'università di Praga. Huss era un seguace delle dottrine di Wiclef. Secondo quanto egli affermava, il potere temporale del Papa era stato creato da Costantino ed era stata la causa dell'allontanamento dall'ideale primitivo. Tutti i mali che la Chiesa soffriva in quell'epoca, a suo giudizio, avevano la loro radice in questo punto. Il rimedio era allora far tornare la Chiesa alla sua purezza primitiva. Se Jan Huss vivesse nel XX secolo in certi ambienti avrebbe il successo assicurato... Per ottenere consensi per le sue dottrine, Jan Huss cercò di sfruttare il sentimento patriottico della popolazione locale. La Boemia viveva sotto il dominio del Sacro Romano Impero e la casa d'Austria, che in quell'epoca governava lo Impero ed era la grande paladina dell'ortodossia: da questo nacque la repulsione di Huss anche per essa. Jan Huss fu scomunicato da Papa Alessandro V e condannato al rogo dal Concilio di Costanza nel 1415; lo stesso destino ebbe il suo principale discepolo, Girolamo da Praga. In conseguenza di questo, i suoi seguaci, gli hussiti, provocarono una lunga guerra civile che durò fino al 1471.

Le principali Sette Protestanti: Il luteranesimo.

Martin Lutero nacque ad Eisleben, nel 1483, da famiglia cattolica e di costumi severi. Nel 1505 ricevette il grado di maestro nell'università di Erfurt, dopo il compimento degli studi superiori. All'università aveva ricevuto una formazione filosofica basata sull'occamismo (o nominalismo), cioè sulla filosofia di Guglielmo Occam, sorta in opposizione al tomismo e destinata ad avere un'influenza profonda nel processo di decadenza del medioevo.

Nel stesso anno 1505, nonostante ne fosse stato sconsigliato dal padre e dagli amici, entrò nel convento degli agostiniani eremiti osservanti. L'anno seguente, dopo aver fatto la professione religiosa, iniziò gli studi di teologia, utilizzando principalmente le opere di Gabriele Biel, il principale rappresentante dell'occamismo nel XV secolo.

Quantunque alcuni storici presentino la "questione delle indulgenze" come l'inizio della rivolta di Lutero, egli aveva già rotto con l'ortodossia sui punti più fondamentali della dottrina cattolica diversi anni prima. I suoi corsi all'Università, i suoi scritti, i suoi sermoni e la sua corrispondenza provano che, fin dal 1508, egli difendeva già in modo più o meno esplicito gli errori che formano la base della dottrina protestante. Pertanto, di fatto, la "questione delle indulgenze" costituì solo un punto all'interno dell'insieme di errori difesi già precedentemente da Lutero. Nel 1508 entrò nell'Università di Wittenberg, dove si adoperò contro la filosofia scolastica. All'inizio insegnò dialettica ed etica, addottorandosi più tardi in teologia. Nel 1516 pubblicò la "Teologia tedesca", opera contaminata da principi gnostici e panteisti.

In questo periodo Lutero stava elaborando i suoi principi eretici. In aula, nelle prediche, nella corrispondenza esponeva, in forma velata, le sue nuove idee, riuscendo a formare intorno a sè un gruppo di adepti, costituito da alunni e persino da professori. Lentamente le sue dottrine si diffusero all'interno dello stesso ordine agostiniano: in questo modo stava lentamente preparando il terreno, e quando si ribellò apertamente alla Chiesa, aveva già un buon numero di adepti.

Il sistema di studi dell'epoca era un pò diverso dal nostro. Era usuale che i dottori delle grandi università esponessero determinate tesi e sfidassero qualche avversario ad un pubblico dibattito. Approfittando di questo, Lutero cominciò ad esporre in pubblico tesi interamente eretiche.

Nel 1517, prendendo a pretesto la predicazione delle indulgenze, Lutero affisse alla porta della Chiesa di Wittenberg 95 tesi, sfidando un possibile avversario ad un dibattito. Tra queste tesi ce n'erano molte interamente ortodosse, mentre altre erano interamente contrarie alla dottrina cattolica: ad esempio, alcune negavano il potere della Chiesa di perdonare i peccati, il purgatorio, il valore delle indulgenze e inoltre criticavano la ricchezza della Chiesa.

I teologi cattolici non tardarono ad intervenire per difendere la vera dottrina contro gli errori di Lutero. I principali contraddittori furono Wimpina, Eck e Tetzel. Le discussioni divennero arroventate: i cattolici smascherarono completamente Lutero, che non aveva ancora rotto ufficialmente con la Chiesa, segnalando tutti i suoi errori.

Quando le prime notizie giunsero a Roma, non si diede la dovuta importanza al fatto. Papa Leone X, che era interamente assorbito dalla cultura rinascimentale, disse persino: "Considero fra Martino come un buon cervello; tutte queste altro non sono che beghe di frati": la proposta di condannarlo come eretico fu respinta. La sua decisione fu di incaricare il superiore degli agostiniani, Staupitz, di cercare di moderare Lutero, ma questi aveva svolto un ruolo misterioso proprio nella formazione di Lutero, e l'ordine rimase senza effetti.

Il problema si aggravava ogni giorno di più: le polemiche diventavano sempre più acute, le notizie che arrivavano a Roma erano ogni volta più allarmanti e furono tentate varie strade per giungere ad un accordo. Frattanto Lutero diventava sempre più ardito e arrogante nei suoi attacchi alla Chiesa. Finalmente nel 1520, fu promulgata la bolla "Exurge Domine", che, senza menzionare Lutero, condannava i suoi errori. In quell'occasione egli fu informato che, se non avesse ritrattato i suoi errori entro 60 giorni, sarebbe stato scomunicato: egli continuò a diffondere dottrine eretiche bruciando pubblicamente la bolla pontificia nell'università, davanti ad un gran pubblico di alunni e professori. Di conseguenza, fu scomunicato con la bolla "Decet Romanum Pontificem".

Propagazione della dottrina luterana.

Le dottrine di Lutero si sparsero rapidamente in Germania e provocarono un'enorme agitazione per ogni dove. L'Imperatore Carlo V, vedendo ciò, intimò a Lutero di comparire dinanzi alla Dieta di Worms; la Dieta era un'assemblea annuale del Sacro Impero, composta dai prìncipi elettori, dalla nobiltà e dai rappresentanti delle città libere. All'assemblea Lutero rifiutò pubblicamente di ritrattare i suoi errori, pertanto la Dieta lo condannò all'esilio e ordinò che i suoi scritti fossero bruciati.

Temendo che venisse perseguitato dal potere civile, il Principe Federico di Sassonia gli accordò protezione, conducendolo nel castello di Wartburg e l'eresia continuò a diffondersi. Per contenere l'ondata di anarchia che le sue idee avevano provocato, Lutero cercò l'appoggio del potere civile e dichiarò che in ogni Stato il Principe era anche il pastore, il padre e il capo visibile della Chiesa sulla Terra: i prìncipi tedeschi si proclamarono subito capi della Chiesa, impossessandosi anche dei beni del clero.

Il cattivo esempio dato dai nobili che avevano confiscato i beni della Chiesa, contagiò le classi più basse, che cercarono di impossessarsi dei beni dei loro signori. Nel sud dell'Impero le nuove dottrine provocarono una rivolta di contadini, che sostenevano l'uguaglianza sociale e la comunanza dei beni: avvennero le maggiori violenze. Egli allora, chiamando i ribelli "cani rognosi", incitò i prìncipi a massacrarli. Il numero dei morti raggiunse i 20.000.

La Dieta di Spira, riunitasi nel 1529, cercò ancora una volta di trovare una soluzione al problema, stabilendo che la dottrina luterana sarebbe stata tollerata nei luoghi dove si era affermata e proibita nelle regioni dove non era ancora penetrata: 5 prìncipi e 14 città libere protestarono contro questa decisione. A partire da allora, i seguaci di Lutero furono conosciuti col nome di "protestanti".

L'Imperatore Carlo V, nonostante appoggiasse i cattolici, adottò una politica conciliante e in molte occasioni si lasciò condizionare dagli interessi politici a scapito della causa cattolica. Un anno dopo la Dieta di Spira, riunì la Dieta di Augusta, tentando di ottenere una conciliazione fra cattolici e protestanti: il tentativo fallì completamente. Durante le discussioni, i luterani sentirono la necessità di definire esattamente la loro dottrina. Melantone, "moderato" e favorevole alla conciliazione, redasse la "Confessio Augustana", composta di 28 articoli, che divenne il "credo" della chiesa luterana: molti non accettarono quel "credo", e la setta cominciò a dividersi in svariati gruppetti antagonisti.

Ad Augusta i prìncipi cattolici, a fianco dell'Imperatore, rinnovarono le condanne della Dieta di Worms contro Lutero, mentre i prìncipi protestanti formarono la "Lega di Smalkalda": cominciò così la guerra civile. L'Imperatore, aiutato da Maurizio di Sassonia, sconfisse i protestanti a Muhlberg. Dopo la vittoria decise di fare numerose concessioni, che, peraltro, non soddisfecero gli eretici. Si iniziò una seconda guerra, che ebbe fine con la Convenzione di Passau, la quale permetteva il libero culto a cattolici e protestanti. Poco dopo, la guerra civile tornò ad esplodere. Carlo V abdicò, e suo fratello Ferdinando, che assunse la corona, firmò la pace di Augusta. In essa si riconosceva la secolarizzazione dei beni della Chiesa e ai prìncipi il diritto di imporre ai sudditi la propria religione.

La politica di conciliazione di Carlo V e la lentezza con cui Roma intervenne nel caso, contribuirono al consolidamento del protestantesimo. Oltre alla Germania, il luteranesimo si diffuse in altre regioni d'Europa. La Prussia era un antico feudo dell'ordine dei cavalieri teutonici: nel 1525 il Gran Maestro dell'Ordine, Alberto di Brandeburgo, aderì al luteranesimo e fondò il ducato di Prussia. L'eresia penetrò abbondantemente anche in Norvegia, Svezia e Danimarca.

Principali errori luterani sul piano dottrinale.

Come si legge in "Rivoluzione e Contro-Rivoluzione", le tendenze esercitano una potente influenza nella elaborazione delle idee. L'uomo decaduto cerca di dar vita a dottrine false per giustificare le sue passioni. E' questa la vera origine degli errori protestanti. Essendo il protestantesimo un'esplosione di orgoglio e di sensualità, troviamo nella sua dottrina tracce profonde di queste due passioni.

Secondo Lutero, la tendenza dell'uomo al male è irresistibile. Il libero arbitrio è una mera finzione, poiché la natura umana è totalmente corrotta dal peccato originale. Lutero considera l'uomo come uno strumento mosso dall'azione esterna di Dio; un essere completamente passivo che Dio muove come una massa inerte. Dio stesso, secondo lui, spinge la volontà dell'uomo tanto al bene, quanto al male. Partendo dal principio che l'uomo non può fare altro che il male, Lutero nega la possibilità di qualsiasi cooperazione nell'opera della salvezza, che è messa in atto esclusivamente da Dio. Negando il libero arbitrio, insegnando il fatalismo e pretendendo che gli uomini predestinati alla salvezza si salvino, quali che siano i crimini da loro commessi, egli attribuisce a Dio i crimini dell'uomo.

Cosa deve fare l'uomo per meritare da Dio la salvezza? Avere fede. La fede, secondo Lutero, è la certezza che gli eletti si salveranno. L'uomo diviene giusto dal momento in cui crede fermamente che Dio gli perdonerà i peccati; è questa l'unica causa della giustificazione e della salvezza. La conseguenza necessaria di una fede così intesa è la inutilità delle buone opere. Lutero non solo annulla il valore delle buone opere, ma sconsiglia la loro pratica: secondo lui l'uomo che conduce una vita virtuosa corre il rischio di attribuire a se stesso una parte dell'opera di salvezza, che compete esclusivamente a Dio e comincia a confidare nei propri meriti. Perciò una prostituta è più vicina alla salvezza di un santo, perché ella confida solo nella misericordia di Dio, mentre il santo confida nelle proprie opere.

La giustificazione per mezzo della fede prescinde dall'aiuto della Grazia. Ne segue che i sacramenti, canali della Grazia Divina, perdono la ragione di essere. Lutero conservò solo 3 sacramenti: il battesimo, la penitenza, l'Eucaristia. Ma anche questi divennero semplici segni esteriori per eccitare l'uomo alla fede. Altra conseguenza logica di queste dottrine fu la negazione del carattere sacrificale della S. Messa, considerata una mera cena. Quanto all'Eucaristia, Lutero ammise la presenza reale, ma non la transustanziazione: sostenne che la sostanza di Nostro Signore coesiste con la sostanza del pane (consustanziazione).

Infine, condannò il culto dei santi e di Nostra Signora, la venerazione delle reliquie e delle immagini. Per accomodare la nuova religione a tutte le passioni umane, egli soppresse l'astinenza e il digiuno, autorizzò il divorzio, abolì i voti religiosi ed il celibato del clero. L'orgoglio portò Lutero a difendere il libero esame, a minimizzare il soprannaturale, a non ammettere la gerarchia ecclesiastica, l'autorità del Papa e quella dei Concili.

Principali errori luterani sul piano morale.

Nel campo morale, le dottrine di Lutero aprirono la via allo sviluppo disordinato di tutte le passioni. Invece di invitare l'uomo a frenare i suoi istinti, egli lo invitava ed incitava al peccato; diceva: "Dio non salva dei peccatori immaginari. Sii pertanto peccatore e pecca fortemente". La vita personale di Lutero illustra bene la morale che predicava: beone, amante di grandi mangiate, profondamente sensuale. Il suo "matrimonio" con l'ex-suora Caterina di Bora scandalizzò persino i suoi discepoli più convinti. L'autorizzazione data al principe Filippo di Hess a vivere da bigamo sconcertò anche i suoi intimi amici.

Il metodo che utilizzava per mettere in fuga il demonio, quando era tentato, consisteva nel dire delle parolacce, e, secondo quanto diceva, funzionava sempre! Nella polemiche che ebbe coi teologi cattolici, usava il linguaggio più grossolano, nel quale le oscenità non erano assenti: i suoi discepoli vi si riferivano come alla "divina grossolanità" di Lutero...

Errori sul piano politico, sociale ed economico.

Le tendenze disordinate dell'uomo "hanno già potenzialmente, nel primo istante delle loro grandi esplosioni, tutta la virulenza che si manifesterà più tardi, nei loro peggiori eccessi. Nelle prime negazioni del protestantesimo, ad esempio, erano impliciti gli aneliti anarchici del comunismo. Se dal punto di vista della formulazione esplicita, Lutero non era altri che Lutero, tutte le tendenze, tutto lo stato della anima, tutti gli eccessi dell'esplosione luterana, portavano già con sè, in modo autentico e pieno, anche se ancora implicito, lo spirito di Voltaire e Robespierre, di Marx e di Lenin" ("R.C-R.", Parte I, Cap. VI, 1/B).

Gli anabattisti, per esempio, trassero immediatamente in diversi campi, tutte o quasi le conseguenze dello spirito e delle tendenze della Pseudo-Riforma, dando origine a movimenti pre-comunisti. Questi "leaders" sovversivi percorsero in molto minor tempo la via per cui il resto del mondo impiegò 500 anni.

Basandosi sul principio luterano del libero esame, gli anabattisti conclusero che ogni fedele era libero di credere a quel che gli pareva, e seguire la morale di suo gradimento. Il loro nome deriva dal fatto che affermavano la necessità di un secondo battesimo, che conduceva l'uomo allo stato di Adamo prima del peccato.

Per alcuni dei "leaders" di questa setta, la tesi principale era la comunione dei beni. Essendosi moltiplicati spaventosamente in Turingia, gli anabattisti furono combattuti da cattolici e luterani, ma, dopo aver sofferto una grande sconfitta militare nel 1525, essi risorsero in Renania e nei Paesi Bassi. Stabilirono allora come obiettivo la conquista della grande città di Munster. Lentamente i rivoluzionari si infiltrarono in essa, finchè, sentendosi abbastanza forti, se ne impossessarono. Distrussero le chiese, le opere d'arte e bruciarono tutti i libri furono ad eccezione della Bibbia; i divertimenti, i giochi, la musica e i canti furono vietati.

Fu stabilito un regime di terrore, che cominciò con la esecuzione degli "oppositori". Venne imposta la comunanza dei beni e furono abolite le tasse; persino i pasti dovevano essere consumati in comune. Più tardi fu introdotta la poligamia, la prova pre-nuziale e la proibizione del matrimonio a certe classi di malati. Il nuovo regime ebbe come risultati la fame, la miseria e l'anarchia. Gli anabattisti finirono con l'essere completamente sconfitti dai cattolici.

 Il Calvinismo.

Giovanni Calvino nacque nel 1509 a Noyon, in Francia. Nonostante avesse ricevuto un'educazione accurata, fin da bambino mostrava un temperamento arrogante e autoritario. Suo padre desiderava che seguisse la carriera ecclesiastica, perciò lo avviò agli studi a Parigi.

Calvino cercò, nel 1521, di procurarsi un beneficio ecclesiastico, ma gli fu rifiutato a causa dei suoi cattivi costumi. A 18 anni, suo padre, amico del vescovo di Noyon, gli ottenne una Parrocchia, prima ancora che ultimasse gli studi. Condannato a morte per aver commesso un crimine abominevole, ottenne, grazie alla protezione del vescovo, la commutazione della pena, ma fu marchiato con un ferro incandescente. Abbandonò allora la carriera ecclesiastica, dedicandosi allo studio del diritto.

Nell'università di Burges conobbe Lutero e aderì alla sua dottrina. Appena Francesco I cominciò a perseguitare i protestanti in Francia, fuggì da Parigi e si stabilì a Basilea, in Svizzera. Ivi scrisse la sua opera fondamentale: "Istituzione Cristiana". Da Basilea andò ad insegnare teologia a Ginevra. Tentò di imporre alla città le sue idee, ma venne espulso dalla popolazione. Nel 1541 riuscì a tornarvi, e da allora dominò la città, imponendole un regime tirannico. Ginevra rimase nota come la "Roma del protestantesimo".

Calvino morì nel 1564, vittima di una malattia ulcerosa che faceva sì che il suo corpo esalasse odori insopportabili.

Lo spirito calvinista.

Calvino fu la figura più sinistra della Pseudo-Riforma. Aveva il volto magro e ossuto; il pomo d'Adamo era sporgente, la faccia infossata e segnata da profonde rughe. Il naso era grande, aguzzo e sottile; i baffi cadenti non nascondevano la bocca, che aveva un'espressione sdegnosa e terminava con una fine barbetta; lo sguardo freddo e il capo secco, posto fra delle spalle strette, impressionavano per l'espressione di durezza implacabile, mostrando un carattere autoritario, rigido, inflessibile, che non si piega davanti a nulla e non si commuove alle sofferenze.

Egli era un uomo che poteva passare 10.000 anni in solitudine. Costruiva dottrine ma erano a propria misura: se volle diffonderle fu solo per avere delle persone che lo applaudissero. Ma, per lui, l'applauso non era la cosa più importante; la cosa che importava era il piacere personale di aver fatto una dottrina e di applaudire se stesso. Nel calvinismo c'è una specie di autosufficienza morbida, malata, che rompe i legami delle anime tra loro, e crea un tipo di comportamento egocentrico e misantropico.

Triste, ombroso, Calvino è l'incarnazione perfetta dello "spirito calvinista". Non aveva alcuna sensibilità per la musica, per la poesia e per le bellezze naturali.

Questa mentalità è, almeno in gran parte, frutto delle sue concezioni sulla vita: qualcosa di freddo, senza grazia, ma alla quale l'uomo deve conformarsi rassegnatamente, non potendosi liberare dalla predestinazione stabilita da Dio. Iddio, invece di un Essere straordinario e degno di un amore disinteressato da parte degli uomini, viene visto come un tiranno, che deve essere obbedito servilmente: fra lui e l'uomo non c'è alcun sentimento di affetto. La religione è un insieme di norme rigide e fredde, a cui l'uomo deve obbedire perché non ha altra via d'uscita. La bellezza della virtù, lo amore di Dio, il senso epico della vita spirituale, tutto muore nel calvinismo.

I principali errori calvinisti.

La dottrina calvinista è più rigorosa e radicale di quella luterana. Come Lutero, Calvino ammetteva solo l'autorità della Bibbia; insegnava la dottrina della giustificazione per mezzo della fede e l'inutilità delle opere. Punto fondamentale di Calvino è il principio della doppia predestinazione. Secondo questo principio, l'uomo non ha il libero arbitrio: tutto quel che facciamo, deriva da un impulso divino. Dio avrebbe creato una parte degli uomini perché operassero il bene e raggiungessero la salvezza, e una altra parte perché compissero il male e fossero condannati. Questa predestinazione è fatale.

I predestinati al bene si salvano, per enormi che siano i peccati che commettono; i predestinati al male vengono condannati, per quanti sforzi facciano di praticare il bene. All'uomo è impossibile cambiare il suo destino. Il calvinismo è quindi basato sull'idea di un Dio arbitrario e dispotico. Solo i predestinati ricevono la grazia di Dio. Calvino ammetteva solo due sacramenti, il battesimo e la cena; soppresse la Messa che fu sostituita dalla cena; non ammetteva la presenza reale; il pane e il vino che componevano la cena erano meri simboli di Nostro Signore Gesù Cristo; soppresse anche tutte le cerimonie di culto, l'altare, e tolse il crocifisso; nelle chiese non doveva esserci alcun ornamento, né immagine. Era la manifestazione della freddezza calvinista.

Calvino abolì la gerarchia ecclesiastica e introdusse nella sua Chiesa il principio della sovranità popolare. I suoi seguaci formarono delle comunità indipendenti, dirette dal pastore o ministro, che era eletto dai fedeli.

I calvinisti oltre ad un attivismo straordinario, che denotava una grande preoccupazione per l'azione a scapito della vita interiore, praticavano un rigorismo morale estremo, una disciplina dura e triste. Ma non si deve vedere in ciò una manifestazione di virtù: S. Agostino dice che l'apparenza di virtù dell'eretico proviene dal suo orgoglio.

Il radicamento del calvinismo a Ginevra.

Il grande centro di diffusione del calvinismo fu Ginevra, che giunse ad essere chiamata "la Roma del protestantesimo"; Calvino vi si stabilì imponendo una dittatura ferrea di carattere teocratico. Duro anche con se stesso, Calvino lo fu con gli altri. Fu creato un "concistoro", ossia un consiglio incaricato di fiscalizzare la vita delle persone, vigilando sul comportamento di ciascuno. Il concistoro ordinava visite nelle case dei singoli per verificare l'ambiente che vi regnava; c'erano dei funzionari incaricati di denunciare qualunque violazione dei principi stabiliti. Calvino regolamentò gli abiti, proibì la preghiera in latino, i balli e la musica: si potevano cantare solo i Salmi e con un tono grave. Furono soppresse persino le feste religiose, come Natale e Pasqua.

Secondo Calvino, gli eretici, cioè coloro che non accettavano le sue dottrine, dovevano essere repressi con la spada. Stabilì un'inquisizione a causa della quale perirono numerosissime vittime. Le pene applicate erano le più rigorose: non era ammessa nessuna opposizione. Nonostante che i crimini aventi relazioni con la morale fossero repressi con pene durissime, Calvino autorizzò il divorzio. Questo fece sì che numerosi elementi di altri paesi emigrassero a Ginevra al fine di beneficiare di questo "vantaggio", cosa che provocò una serie di disordini e che fece diventare Ginevra, al dire di uno storico, "la fogna d'Europa".

La ferrea dittatura calvinista finì col provocare numerose rivolte, sempre domate a ferro e fuoco. D'altra parte, tutte le volte che i rivoluzionari parlano di libertà e di sovranità popolare, come Calvino, la scena finale è la stessa: l'affermazione della peggior tirannia, poiché ovviamente il demonio non rende all'uomo ciò che gli promette.

La diffusione del calvinismo.

Il calvinismo ebbe grande diffusione. Da Ginevra passò nei Paesi Bassi, penetrò in Francia, in Scozia, in Inghilterra. In Francia i calvinisti sono conosciuti col nome di "ugonotti", trasposizione popolare di una parola tedesca che significa: "legati da giuramento"; costituirono un potente partito politico, e per poco non conquistarono il paese in occasione dell'ascesa al trono di Enrico IV, adepto della setta.

In Scozia i calvinisti furono chiamati presbiteriani. Il nome deriva dal fatto che erano diretti da un consiglio chiamato presbiterio. La chiesa presbiteriana divenne quella ufficiale di Scozia. In Inghilterra furono denominati "puritani"; e i più radicali di essi costituirono la setta degli "indipendenti", la cui principale figura fu Cromwell. Più tardi gli "indipendenti" si divisero in vari gruppi, come i "battisti", i "quaccheri" ed altri ancora.

 L'anglicanesimo.

Il Re Enrico VIII, che cominciò a governare l'Inghilterra nel 1509, può essere considerato un modello di uomo rinascimentale, con le relative qualità e difetti. Brillante, intelligente, profondamente sensuale, vanitoso e invidioso, aveva un'animo dispotico e passionale ed era un Re potente che godeva di grande prestigio.

Quando sorsero i primi "riformatori", si dimostrò fedele alla Chiesa, e, con l'aiuto di San Tommaso Moro, scrisse una opera in difesa dei sacramenti contro Lutero, cosa che gli valse da Papa Leone X il titolo di "difensore della fede". Ma mosso dalle passioni disordinate, finì col condurre l'Inghilterra allo scisma e all'eresia.

Per interessi dinastici, Enrico VIII sposò Caterina d'Aragona, vedova di suo fratello Arturo. Perché il matrimonio potesse aver luogo, dovette ottenere una speciale dispensa della Chiesa, visto che avrebbe sposato una cognata. Papa Giulio II, esaminato il caso, considerò giusto il motivo e concedette la dispensa. Diciotto anni più tardi, Enrico VIII si innamorò di una dama di corte, Anna Bolena, e pensò di separarsi da Caterina d'Aragona per unirsi a lei. Egli si giustificava dicendo che tutti i figli di sesso maschile nati da Caterina d'Aragona erano morti, ed aveva bisogno di un erede al trono. Tentò perciò di ottenere dalla Chiesa il divorzio; aggiunse che il suo matrimonio con Caterina d'Aragona era nullo, poiché Papa Giulio II non aveva il potere di dare la dispensa avuta e voleva che la Chiesa dichiarasse la nullità del matrimonio per sposarsi con Anna Bolena.

Papa Clemente VII, dopo ponderati studi e molte esitazioni, confermò la validità del matrimonio del Re con Caterina d'Aragona. Allora Enrico IV si ribellò, e nel 1534 fece sì che il Parlamento votasse l'"Atto di supremazia", che dichiarava il Re "Unico e supremo capo della Chiesa in Inghilterra". Così cominciò lo scisma anglicano.

Enrico VIII nel 1539, dopo una serie di decreti, promulgò la "legge dei sei articoli", statuto religioso somigliante in qualche punto alla dottrina cattolica, ma che fra altre scioglieva gli ordini religiosi e confiscava i loro beni. Qualunque opposizione alla Legge dei Sei Articoli sarebbe stata punita con la morte. Essa non fu accettata dai cattolici perché negava l'autorità del Papa, ma fu respinta anche da alcuni luterani perché manteneva alcuni dogmi cattolici. In Inghilterra cominciò allora una grande persecuzione religiosa: fra i numerosi martiri spiccano le figure di San Tommaso Moro e di San Giovanni Fischer.

Costituzione della chiesa anglicana.

Enrico VIII diede luogo propriamente ad uno scisma, infatti non pretese di fondare una nuova religione, pur introducendo varie modifiche nella vita della chiesa in Inghilterra. Ma con la sua morte la nazione patì grandi trasformazioni dal punto di vista religioso: suo figlio e successore Edoardo VI aderì al calvinismo. Poi governò Maria I, figlia di Caterina d'Aragona, che restaurò il cattolicesimo.

Elisabetta, figlia di Anna Bolena, che succedette a Maria I, stabilì infine nel 1562 la chiesa anglicana. Il Parlamento restaurò l'Atto di Supremazia, ma Elisabetta non usò il titolo di Capo Supremo della chiesa d'Inghilterra: si fece proclamare "governatore supremo del regno, tanto spirituale come temporale". L'anglicanesimo consiste in una fusione tra cattolicesimo e calvinismo. Del cattolicesimo Elisabetta conservò la pompa, le cerimonie di culto, la liturgia, le preghiere (seppure tradotte in inglese), gli abiti sacerdotali e la gerarchia ecclesiastica; i sacerdoti e i vescovi potevano però prendere moglie. Sul piano dottrinale ella si basò sul calvinismo. I sacramenti furono ridotti a due: battesimo e cena, conformemente alle concezioni calviniste.

All'inizio Elisabetta adottò una politica di tolleranza, cercando di attirare i cattolici; ma vedendo che la sua politica non produceva alcun risultato, scatenò una violenta persecuzione contro tutti coloro che non accettavano il suo nuovo credo religioso.

Papa S. Pio V, nel 1570, scomunicò la regina e sciolse i sudditi dal giuramento di obbedienza. L' "Invincibile Armata" portava nelle stive copie della bolla di scomunica di Elisabetta. Si sperava con questo in una rivolta dei cattolici contro la regina eretica. Sfortunatamente, e questo fu un castigo in più per l'Inghilterra, la spedizione fallì.

 

 LA CONTRO-RIFORMA.

Cos'è la Contro-Riforma.

Nel secolo XVI la Cristianità si trovava in uno stato veramente deplorevole. Il Rinascimento aveva significato, come abbiamo visto, un ritorno generalizzato allo spirito del paganesimo. Come se non fosse bastata questa grande disgrazia, se ne aggiunse un'altra per completare l'opera del principe delle tenebre: all'orizzonte della Storia sorse la pseudo-riforma protestante.

Alcuni storici e sociologi contaminati dal liberalismo, vogliono vedere nella pseudo-riforma un movimento di reazione contro il triste stato in cui erano ridotte svariate parti della Cristianità, dominate dal neo-paganesimo rinascimentale. La verità è che la Pseudo-Riforma fu l'archetipo della opera dell'umanesimo rinascimentale: diffondendo le idee professate apertamente dagli umanisti, gli emissari dell'eresia protestante preparavano la deformazione di mentalità che avrebbe dato vita all' "uomo moderno".

Come sempre, il pericolo maggiore non venne dai nemici esterni, che si separano dal gregge, ma nelle serpi che si nascondevano nel seno della Chiesa. Per rendersi conto delle proporzioni raggiunte dal male, basta citare un brano della relazione presentata alla Santa Sede da una commissione pontificia nominata nel 1538 per estirpare la corruzione esistente all'interno della Chiesa: "Un altro abuso da correggere è presente negli Ordini Religiosi; essi sono corrotti a tal punto che diventano di grande scandalo per i secolari e fanno un gran danno col loro esempio. Proponiamo che vengano aboliti tutti, senza però far torto a chicchessia, ma proibendo ad essi di ricevere dei novizi: saranno così estinti in breve, senza causare pregiudizi ad alcuno, e si potranno sostituire con dei buoni religiosi. Quanto al presente, pensiamo che sia cosa migliore allontanare dai monasteri tutti i giovani che ancora non abbiano emesso la professione".

Infine, la degenerazione morale rinascimentale era generalizzata. Si aggiunga a questo triste quadro la crisi politica che si accentuava insieme all'allora crescente assolutismo regale e ci renderemo conto delle gravissime calamità patite dalla Santa Chiesa.

Fu in questo ambiente di convulsioni religiose, politiche e sociali, che la Provvidenza divina suscitò, all'interno della Santa Chiesa, un movimento per intraprendere l'arduo lavoro di preservazione dei buoni, di lotta contro l'eresia e l'empietà, di diffusione della fede con l'evangelizzazione del nuovo mondo che veniva conosciuto allora. Di fronte ad una situazione tanto deplorevole, la Chiesa reagì in modo straordinario, dando inizio ad una meravigliosa rinascita della vita religiosa, che si manifestò nella crescita delle missioni, nell'apogeo delle scienze ecclesiastiche e in numerose manifestazioni dell'arte cristiana.

Fu questa la vera riforma religiosa del secolo XVI, ma poichè una delle sue mete principali fu di combattere l'eresia protestante, essa fu detta Contro-Riforma, in contrapposizione agli eretici protestanti che si ergevano a riformatori della Chiesa. I suoi momenti salienti furono il Concilio di Trento, la riforma degli Ordini Religiosi, la fondazione della Compagnia di Gesù e il ristabilimento dell'inquisizione.

La riforma degli Ordini Religiosi.

Tutte le grandi crisi che hanno colpito la Santa Chiesa hanno sempre provocato il rinnovamento o la creazione di ordini religiosi, che hanno aiutato il rifiorire della stessa: le grandi opere della Chiesa sono state infatti realizzate dai religiosi. Basta ricordare l'opera svolta dai benedettini all'inizio del medioevo, e soprattutto l'azione straordinaria di Cluny, che, sorgendo durante la crisi del X secolo, portò la Chiesa e la Civiltà Cristiana all'apogeo del secolo XIII.

Nel secolo XVI, gli antichi ordini riformarono la loro regola e ristabilirono il loro rigore primitivo. Ma l'opera risanatrice e rigeneratrice della Chiesa cominciò propriamente nel XV secolo, ancor prima che Lutero e i suoi seguaci iniziassero la diffusione dei loro errori.

Così, dalla riorganizzazione dei francescani sorsero i cappuccini; anche i benedettini passarono attraverso un salutare rinnovamento. L'anima che più ebbe risalto in questo movimento rinnovatore fu senza dubbio quella di santa Teresa di Avila, riformatrice del Carmelo, la cui azione contagiò altri ordini religiosi, contribuendo al loro rifiorire.

A fianco di questo movimento, nacquero dei nuovi istituti religiosi, come i teatini, gli oratoriani, ed altri ancora. Una nuova congregazione religiosa, fra quelle nate in questo periodo, emerse in modo particolare per il ruolo svolto nella Contro-Riforma, tanto che il suo fondatore ne è considerato il simbolo: la Compagnia di Gesù.

 "Combattiamo le eresie e i vizi: siamo la Compagnia di Gesù".

Ignigo Lopez de Recalde, tale era il nome di S. Ignazio di Loyola, nacque a Pamplona in Spagna, nel 1491. Egli ricevette un'educazione profondamente cattolica, ma, nascendo in pieno periodo rinascimentale, si lasciò contaminare dal suo spirito. Aveva le qualità e i difetti dell'uomo rinascimentale: intelligente, brillante, amante della lotta e delle avventure. Oltre a ciò, curava lo stile cortese, era attratto dalla gloria e dalla vita mondana; gli storici arrivano a menzionare nella sua giovinezza alcune avventure amorose. Tuttavia, quest'uomo era stato scelto dalla Provvidenza per svolgere un ruolo straordinario nella Storia della Chiesa.

Ignazio seguiva con successo la carriera militare. Nel 1521 gli fu spezzata una gamba durante l'assedio di Pamplona. Uno storico scrisse che, nello stesso anno in cui Lutero, dopo aver simulato sottomissione per un pò di tempo, entrava in lotta aperta con la Chiesa, Iddio ruppe la gamba a Ignazio, e, da soldato sviato e vano, lo fece suo capitano, difensore della Chiesa contro Lutero.

Durante il lungo periodo di convalescenza, la grazia iniziò l'opera della sua trasformazione interiore, a cui contribuì molto la lettura del libro "Fiore dei santi", che lesse per passare il tempo. Nel 1522 depose le sue armi sull'altare della Vergine, nel Santuario di Montserrat, regalò gli abiti di cavaliere a un mendicante ed andò alla grotta di Manresa: in questo loculo, dove passava il tempo in preghiera, dura penitenza e in mezzo a grandi tentazioni, si completò la trasformazione del suo spirito. Il principale frutto di questo periodo furono gli Esercizi Spirituali, dettatigli da Nostra Signora: uno degli strumenti più efficaci per la riforma interiore della Chiesa.

La grazia non distrugge la natura e la casa di Dio ha molte stanze.

S. Ignazio era spagnolo e soldato, e saranno questi i tratti che caratterizzeranno profondamente tutta la sua vita apostolica: egli stesso disse che da allora in poi sarebbe stato un cavaliere di Cristo e avrebbe lottato per il suo regno.

Uomo maturo, ritornò ai banchi di scuola per studiare il latino, la filosofia e la teologia. Cominciò a frequentare le università di Alcalà e Salamanca. Incomprensioni, persecuzioni, prigioni, disprezzi, affronti; il gran santo soffrì di tutto e di tutto si avvalse per fondare la sua grande opera.

Per poter studiare più liberamente, il soldato di Cristo si trasferì all'università di Parigi, dove si preparò per le lotte future e unì intorno a sè i primi elementi delle truppe scelte che lo seguirono nella crociata per la salvezza delle anime. Sulla strada di Roma con 2 compagni, vennero interrogati dai viandanti su quanto stavano facendo, e risposero: "Ci riuniamo sotto lo stendardo di Gesù Cristo per combattere le eresie e i vizi: formiamo pertanto la Compagnia di Gesù".

Al fine di realizzare i suoi giganteschi piani di apostolato, il Padre Ignazio ottenne dalla Santa Sede l'approvazione delle Costituzioni sulle quali si fondò la Compagnia di Gesù. Animata dallo spirito inculcatole dal suo fondatore, la nuova istituzione si lanciò nell'opera della Contro-Riforma.

Nel 1540, Papa Paolo III approvò la Compagnia di Gesù con la bolla "Regimini Militantis Ecclesiae". Si trattò, inizialmente, di un piccolo gruppo di uomini: Ignazio di Loyola, Pietro Fabro, Diego Laynez, Claudio Lejay, Pasquier-Broet, Francesco Saverio, Simone Rodriguez, Jean Cordure, e Nicola Bobadilla. Ma questo pugno di eroi doveva scuotere il mondo.

Papa Giulio III, nel 1550, confermò l'approvazione della Compagnia, dicendo che essa era stata istituita principalmente per la difesa e propagazione della nostra santa fede cattolica, "predicando, insegnando pubblicamente, ed esercitando altri uffici di insegnamento della parola di Dio; dando gli esercizi spirituali, istruendo nella dottrina cristiana i bambini e gli ignoranti, ascoltando le confessioni dei fedeli, e amministrando gli altri sacramenti per la consolazione spirituale delle anime".

Sant'Ignazio diceva che non aveva abbandonato il servizio militare, era soltanto passato a combattere sotto gli ordini di Dio: la Compagnia di Gesù fu davvero un esercito in azione. Come l'esercito, la Compagnia riceveva soltanto persone sane e vigorose, non ammettendo chi fosse privo di un carattere fermo. Le prove erano lunghe e dure: dopo due anni di noviziato il religioso poteva emettere i voti, ma non era ancora un gesuita. Solo quando i superiori si convincevano della sua docilità, virtù e scienza, poteva fare il quarto voto: quello di speciale obbedienza al Papa, e allora diventava davvero un gesuita.

Come un esercito, la Compagnia aveva le sue gerarchie: un'assemblea elegge il generale, che ha autorità assoluta; le regioni dove la Compagnia esercita la sua azione sono divise in province, rette da un provinciale nominato dal generale.

La Compagnia non è un'Ordine contemplativo sebbene si basi sugli Esercizi Spirituali: fu creata per l'azione. I gesuiti furono scrittori, confessori, professori, missionari.

Ebbero un ruolo particolare nel campo dell'educazione: S. Ignazio aspirava a formare un gran numero di discepoli, e con questa intenzione si dedicò alla formazione della gioventù, all'insegnamento teologico, filosofico, letterario e scientifico. Data la corruzione di tutti gli ambienti, questo era il modo per cominciare dalle fondamenta la Controriforma. I collegi dei gesuiti divennero famosi per il tipo di insegnamento praticato, per la nuova pedagogia istituita tramite la "ratio studiorum", ed attrassero i figli delle più illustri famiglie dell'epoca. Quando sant'Ignazio morì, i gesuiti avevano 100 collegi sparsi in 13 paesi.

Anche nel combattere contro l'eresia protestante, i gesuiti svolsero un ruolo straordinario. Per delegazione pontificia, Pasquier-Broet e Salmeron si recarono in missione segreta in Irlanda, crudelmente oppressa da Enrico VIII. Colà, attraverso mille rischi, consolarono gli infelici cattolici privati dei loro pastori, risvegliarono l'animo di resistenza alle macchinazioni protestanti e lasciarono quell'isola eroica soltanto quando la loro presenza venne scoperta e avrebbe potuto provocare rappresaglie sugli abitanti. Fabro venne inviato alla Dieta di Worms, che fu così decisiva per la causa cattolica: se non ottenne risultati maggiori, lo si deve alla corruzione generale della Chiesa in quella regione. Laynez e Salmeron brillarono in modo speciale al Concilio di Trento, convocato per confutare gli errori protestanti e dove si riunirono i teologi più eminenti dell'epoca. I gesuiti costruirono in Baviera e in Austria dei baluardi del cattolicesimo. Nei Paesi Bassi conquistarono le province del sud e vi fondarono le celebri università di Lovanio e Malines. Strumento provvidenziale nella lotta contro il protestantesimo fu il Padre S. Pietro Canisio, chiamato " martello dell'eresia".

Ma la Compagnia di Gesù non si limitò ad agire in Europa, ed iniziò il lavoro di conversione degli infedeli nelle terre da poco scoperte. L'ambasciatore portoghese a Roma strinse relazioni con sant'Ignazio, e raccomandò al Re, don Giovanni III, di affidare alla nuova milizia la desiderata opera di propagazione della fede in America e India, testè conquistate. S. Francesco Saverio e Simone Rodriguez furono scelti quali primi gesuiti missionari d'oltre mare. I missionari gesuiti si sparsero in tutte le parti del mondo, guadagnando alla Chiesa una moltitudine innumerevole di anime.

Seguendo la loro divisa "ad majorem Dei gloriam", i gesuiti lottavano per la Chiesa Universale. La Compagnia di Gesù venne in breve tempestata di richieste di assumere le più svariate specie di incarichi spirituali da ogni parte, dalla direzione spirituale dei prìncipi alla creazione di scuole per la formazione, a partire dalla più tenera età, di veri cristiani. Numerosi furono i gesuiti martirizzati per la difesa della fede contro gli eretici e per la dilatazione del Regno di Cristo tra gli infedeli.

L'opera della Compagnia incontrò inciampi, incomprensioni e lotte: infatti, nonostante l'approvazione incondizionata dei Papi, subì condanne e persecuzioni da parte degli stessi ambienti cattolici, come quella dell'università di Parigi.

 Il Concilio di Trento.

La Chiesa fin dall'inizio della sua storia, utilizzò i Concili Ecumenici per combattere le eresie, dove gli errori diffusi erano confutati e condannati. Così, durante la crisi del secolo XVI, si pensò alla convocazione di un Concilio e Lutero arrivò a dire che avrebbe accettato solo la decisione di questo, perchè non riconosceva l'autorità del Papa.

L'Imperatore e i prìncipi tedeschi avevano chiesto la convocazione di un Concilio già nel 1521, dopo la Dieta di Worms, ma, a causa delle continue guerre in cui Carlo V era impegnato, ed anche della lentezza dei Papi nel realizzarlo, esso si riunì solo nel 1545 a Trento, nel Tirolo italiano.

Furono tentate, insieme ai protestanti, varie iniziative per giungere ad una conciliazione. Gli eretici furono invitati a partecipare ai dibattiti, ma non comparirono: l'eresia col tempo aveva messo radici, ed era troppo tardi per ristabilire l'unità cristiana. Disgraziatamente si era lasciato crescere troppo il male prima di applicare i rimedi adeguati.

Le frequenti guerre verificatesi in questo periodo, la interferenza di interessi politici, le divergenze fra il Papa e l'Imperatore, provocarono l'interruzione delle attività conciliari molte volte. A due anni dall'inizio dei lavori, l'assemblea rimase ferma per quattro. Successivamente vi fu una nuova interruzione di 11 anni. A causa di ciò il Concilio finì solo dopo 18 anni dalla sua convocazione.

Le decisioni conciliari si riferivano tanto alla parte dogmatica quanto a quella disciplinare (pastorale); secondo la grande maggioranza dei teologi, tutte godono della caratteristica dell'infallibilità. La parte dottrinale del Concilio fu accettata bene nei paesi cattolici, mentre i decreti disciplinari trovarono una grande opposizione in Francia.

Nella parte dogmatica, il Concilio condannò tutti gli errori protestanti: definì la Sacra Scrittura e la Tradizione fonti della Rivelazione e stabilì come testo autentico e ufficiale della Bibbia la cosiddetta Vulgata, la traduzione latina del testo greco fatta nel IV secolo da S. Girolamo; ribadì la dottrina sui sette sacramenti; riaffermò la Presenza Reale di N. S. nell'Eucaristia, impiegando, per evitare ogni dubbio al proposito, la parola "transustanziazione"; confermò la dottrina cattolica sul Purgatorio, sul culto dei santi, sulla venerazione delle immagini e delle reliquie; proclamò infine il dovere di tutti i fedeli di obbedire al Papa.

In materia disciplinare, il Concilio si preoccupò di estirpare gli abusi esistenti: conservò l'uso del latino nella liturgia; mantenne il celibato ecclesiastico; proibì la somma di cariche ecclesiastiche; stabilì un'età minima per i sacerdoti ed i vescovi, ed ordinò che gli stessi dovessero risiedere nelle proprie parrocchie e diocesi; raccomandò la creazione di scuole speciali per la formazione dei sacerdoti, i seminari.

Con la decadenza del medioevo l'Inquisizione cadde in disuso.

La Chiesa aveva istituito nel secolo XIII uno strumento efficacissimo per la lotta contro le eresie: l'Inquisizione.

A proposito di essa lo storico cattolico italiano Pagnini ha scritto:

"Fra le funzioni di ordinaria competenza dell'autorità ecclesiastica deve annoverarsi la condanna degli errori in materia di fede e di morale, come risulta dalla prescrizione, data da Cristo alla Chiesa, di scomunicare gli erranti ostinati e dai non meno noti anatemi apostolici. Da tale prescrizione, che è un diritto e un dovere, deriva il compito dell'autorità ecclesiastica di ricercare tali errori e coloro che li diffondono, non in modo inorganico e sporadico, ma come compito ordinario e proprio della autorità ecclesiastica. Difatti fin dal principio la Chiesa, conscia della sua potestà legislativa e coercitiva, considerando l'apostasia e l'eresia fra i crimini più gravi - è uno dei tre antichi peccati canonici- non lasciò di procedere contro chiunque attentasse alla purezza della fede, specialmente con la scomunica.

(...) Con la conversione degli imperatori al cristianesimo e con l'adozione ufficiale della religione di Gesù Cristo, il potere politico dichiarò delitto l'eresia ed inflisse agli eretici pene corporali quali l'esilio, la confisca dei beni, il carcere ed anche la morte. Sant'Agostino, all'inizio poco favorevole alle gravi punizioni inflitte agli eretici dal potere politico, fu reso più severo dall'esperienza; San Girolamo dice tali punizioni "non un'effusione di sangue, ma un adempimento della legge"; S. Leone Magno era del parere che "il timore della morte eccita spesso a salutari provvedimenti"; S. Bernardo scrisse: "è meglio frenare gli eretici con la spada, che lasciarli attirare i fedeli ai loro errori" (Serm., 66, in Cant., n.12).

(...) I primi supplizi di eretici hanno avuto carattere popolare e sono avvenuti senza e talvolta contro il volere dei prìncipi della Chiesa. Tutti gli eretici torturati o messi a morte nel secolo XI e nella prima metà del secolo XII, furono vittime del furore popolare. Soltanto nella seconda metà del secolo XII, di fronte agli eccessi delle sette gnostico-manichee ed al loro carattere anti-cattolico ed anti-sociale, i sovrani entrarono risolutamente in azione, mandando al rogo gli eretici in Francia, in Italia, in Germania e in Fiandra.

(...) Ecco come di solito funzionava il tribunale della Inquisizione: l'inquisitore invitava gli eretici a presentarsi entro un tempo determinato; quelli che obbedivano e si mostravano pentiti ricevevano un'ammonizione e una salutare penitenza; i renitenti e gli eretici notori, venivano arrestati dalla forza pubblica. Il processo si svolgeva a porte chiuse. L'interrogatorio avveniva su speciali formulari. L'imputato cercava di discolparsi e l'inquisitore, assistito da "periti et discreti" più o meno numerosi - talvolta fino a 40- tentava di scoprire la verità con promesse di miglioramento della detenzione o di altre concessioni, oppure con minacce di aggravamento della pena e, dal 1252, con la tortura, mezzo ordinario dei tribunali civili del tempo, ma che però nei processi dell'Inquisizione doveva essere applicata "citra membri diminucionem et mortis periculum" e consisteva nella fustigazione, nella corda, nel cavalletto ed altro. Seguiva l'esame dei testimoni, il cui nome si teneva celato per evitare rappresaglie, appartenendo spesso gli imputati d'eresia a famiglie potenti; ma essendo nulle le testimonianze dei nemici dell'imputato, si invitava questo a fare i nomi dei suoi avversari, che venivano esclusi dal numero dei testimoni.

(...) Se l'imputato restava fermo nel proclamare la sua innocenza, veniva assolto e rimandato, previa l'abiura. I rei convinti e gli ostinati venivano condannati; le sentenze, dopo essere state omologate dal vescovo, venivano lette in pubblico ("auto da fè"). L'appello al pontefice era ammesso soltanto finchè il processo era aperto. Le pene - non si dimentichi che il diritto penale dell'epoca era spietato- erano abbastanza gravi: confisca dei beni; carcere aggravato dai ferri o, come si dice oggi, durissimo; distruzione della casa; dure e pubbliche umiliazioni. La pena più grave era la morte. Federico II fu il primo ad infliggere il supplizio del fuoco, che fu accettato dall'Inquisizione e divenne comune.

(...) E' noto che l'Inquisizione è fra le istituzioni ecclesiastiche quella che forma il bersaglio preferito alle critiche ed alle rampogne degli avversari della Chiesa; anche alcuni pii cristiani se ne scandalizzano. Ai farisei ed ai pusillanimi la critica storica risponde che l'Inquisizione è una gloria e non una vergogna della Chiesa.

(...) Da un pezzo è sparito dai codici della nazioni civili il delitto d'eresia, la cui punizione ai nostri tempi sembra una enormità. Orbene, con buona pace dei fanatici di ogni libertà, dobbiamo ricordare che la storia di tutti i tempi sta a dimostrare la legittimità di una sanzione corporale e temporale contro l'attentato alla religione professata dallo Stato. Senza rimontare alle antiche civiltà dell'Eufrate e del Nilo, che non conobbero tolleranza in fatto di religione, la civiltà greco-romana non fu meno spietata della riforma, della rivoluzione francese e del comunismo, contro gli avversari del culto ufficiale. Platone nei libri delle "Leggi" e della "Repubblica" vuole privi di libertà i negatori della religione dello Stato e condannati i turbolenti al carcere duro ed alla privazione della sepoltura; Cicerone nel "De Legibus" (I,2) approva la legislazione romana, che non approva il culto di dei forestieri; Roma imperiale versò torrenti di sangue cristiano in difesa della sua religione; Lutero e Calvino proclamarono il "Vangelo libero" per sè e per i loro seguaci, ma agli avversari comminarono l'esilio, la detenzione ed il rogo; i giacobini della "Dichiarazione dei diritti dell'uomo" pretesero di inaugurare l'epoca della libertà di religione, ma instaurarono il regime del terrore contro i sospetti di poco entusiasmo per gli "immortali principi"; la civiltà moderna ha solennemente decretato che nessuno può essere molestato per le sue opinioni, ma la libertà religiosa è rimasta ancora l'introvabile araba fenice e il numero dei martiri della fede continua a crescere nei paesi comunisti. Si vorrebbe che la Chiesa, giunta al potere umano, non si fosse comportata come i suoi avversari; ma con tale esigenza, alla quale ingenuamente si associano pii cristiani, si misconosce che la sua religione è superiore, e si dimentica che essa, più che ogni altra ha il dovere di difendere la verità, perchè è la sola che la possiede.

(...) Lasciamo ai teologi ed ai filosofi giustificare dal lato dottrinale la consegna degli eretici ostinati al braccio secolare, limitandoci a rilevare che non si può far colpa alla Chiesa di aver seguito la millenaria tradizione della migliore civiltà umana, come non le si può rimproverare di non essersi ispirata nella sua legislazione medievale a concetti penali più miti della civiltà di allora. Si giudichi l'Inquisizione in rapporto alle condizioni ed alle idee della civiltà medievale, si riconoscerà che la giustizia, doverosamente esercitata dalla Chiesa in difesa della fede, non era disgiunta dalla carità e dalla misericordia del Vangelo, al contrario di quanto accadeva e accade nei tribunali laici.

(...) Vogliamo dire che l'Inquisizione fu un istituto perfetto e che nessun abuso fu mai commesso dai giudici ecclesiastici? Tutt'altro. L'Inquisizione ebbe dei difetti, come tutti i tribunali del medioevo ed in genere i tribunali di tutti i tempi; eccessi ed arbitrii commisero gli inquisitori, sebbene in numero ed in grado inferiore ai giudici dei tribunali laici".

Il ristabilimento dell'Inquisizione.

Dinanzi ai progressi dell'eresia protestante, si pensò di restaurare l'Inquisizione, che nei tempi moderni presentò caratteristiche differenti da quella medievale.

Nel medioevo l'Inquisizione non era un'istituzione permanente. L'inquisitore riceveva un mandato pontificio, e, una volta conclusa la sua missione, il suo incarico cessava.

Nel XVI secolo l'Inquisizione divenne un tribunale permanente. Papa Paolo III, nel 1542, istituì la Congregazione del S. Uffizio, composta da 6 cardinali "commissari e inquisitori generali per paesi di là e di qua dai monti": si istituì la carica di inquisitore generale di tutta la Cristianità. S. Pio V, prima di essere Papa, fu inquisitore generale.

La nuova Inquisizione ebbe un grande impulso sotto il pontificato di Paolo IV; la sua azione fu particolarmente importante in Spagna e in Italia, dove le eresie furono estirpate e si mantenne intatta l'unità della fede.

I Papi della Contro-Riforma.

Numerosi Papi governarono la Chiesa nel periodo della Contro-Riforma, e operarono delle riforme molto benefiche: alcuni di loro meritano di essere ricordati in modo speciale, non solo per le misure risanatrici, ma anche per il loro personale esempio.

Adriano VI fu un lottatore ardente contro l'Umanesimo e il Rinascimento, che sembrava trionfare della reazione cattolica, ancora timida e indecisa all'epoca. La sua fama di uomo austero contribuì alla sua elevazione al trono pontificio. All'inizio del suo pontificato decise di cominciare la riforma della Chiesa dalla riforma del clero. Nei primi 8 giorni di governo introdusse profonde modifiche nella Curia Romana. La sua azione risanatrice provocò l'irritazione degli elementi colpiti da essa. Cominciarono le calunnie: queste reazioni mostrano bene quanto fossero necessarie le misure da lui adottate... Quando questo Papa riformatore morì, si celebrò la sua morte come un avvenimento benaugurante; i nemici del defunto misero in casa del suo medico di camera questa iscrizione: "Il Senato e il popolo di Roma si rallegrano con il liberatore della Patria". Un letterato disse: "Se questo acerrimo nemico delle muse, dell'eloquenza e di tutto quel che è bello fosse vissuto più a lungo, saremmo per forza tornati al tempo della barbarie gotica"; quella a cui si riferisce è la civiltà medievale. Durante il pontificato di AdrianoVI che S. Ignazio compose gli Esercizi Spirituali; egli regnò appena un anno, dall'agosto del 1522 al settembre del 1523.

Il maggior Papa della Contro-Riforma fu S. Pio V (1566-1572); prima di essere eletto Papa svolgeva l'incarico di inquisitore generale della cristianità. Riformò la Curia Romana e il collegio cardinalizio; stabilì l' "Index Librorum Prohibitorum", cioè la raccolta dei libri la cui lettura era proibita ai fedeli a causa del loro carattere pericoloso, sia per la dottrina che per la morale. S. Pio V fu un papa esemplare per i suoi severi costumi: più che con misure giuridiche riformò la Chiesa per mezzo del suo esempio personale. Come disse uno storico, "Roma vide quel che da molto tempo non si vedeva: un Papa che viveva la rigorosa vita dei monaci e che seguiva, scalzo, le processioni per le strade della città". Un così alto esempio suscitò imitatori, e la riforma dei costumi del clero contribuì in maniera decisiva a contenere i progressi del protestantesimo. Durante il suo pontificato avvennero due avvenimenti di importanza fondamentale per la Storia della Cristianità: la battaglia di Lepanto e la preparazione della "Invincibile Armata" contro l'Inghilterra.

 Filippo II: Il potere temporale al servizio della Contro-Riforma.

Uno studio sulla Contro-Riforma non potrebbe omettere di far riferimento al lavoro straordinario svolto in difesa della fede da Filippo II Re di Spagna e, dal 1580, di Portogallo.

S. Teresa la grande lo chiamava "il nostro santo Re Filippo II": in verità, egli non giunse alla santità ed ebbe dei difetti, come per esempio le sue tendenze assolutiste, ma fu, sul piano temporale, il grande paladino della causa cattolica nella lotta contro gli errori protestanti. Mise tutta la sua fortuna, forza, politica e prestigio al servizio della Santa Chiesa. La sua azione fu tale che i protestanti lo chiamavano "il demone di mezzogiorno".

Suo padre, Carlo V, nel consegnargli la corona, gli raccomandò di "badare, sopra tutte le cose, agli interessi della Religione"; Filippo II non dimenticò questo consiglio, e la lotta per il cattolicesimo fu il pensiero dominante di tutta la sua vita; l'eresia gli ispirava un vero orrore.

Nella politica interna, Filippo II appoggiò in modo deciso l'Inquisizione. All'estero, intervenne a favore del cattolicesimo nelle varie guerre religiose verificatesi durante il suo regno. Era il sovrano più potente d'Europa e disponeva del miglior esercito dell'epoca: nelle lotte religiose impiegò le enormi risorse dello Stato spagnolo.

La lotta più importante condotta da Filippo II fu quella contro Elisabetta d'Inghilterra. La regina aveva impiantato ufficialmente la Chiesa anglicana ed era diventata la maggiore alleata dei paesi protestanti: ad esempio, aveva appoggiato le varie rivolte protestanti nei Paesi Bassi. Filippo II appoggiò tutti i tentativi dei cattolici inglesi contro Elisabetta, e quando gli irlandesi insorsero contro la regina eretica, intervenne con le armi. Nel 1581 Elisabetta adottò misure rigorose contro i cattolici e fece uccidere vari gesuiti. A questi fatti deve aggiungersi l'esecuzione di Maria Stuarda ed i costanti attacchi inglesi contro le navi e le colonie spagnole. Egli preparò allora una spedizione, composta da ben 135 navi, contro l'Inghilterra, che rimase conosciuta come "l'invincibile armata". Papa S. Pio V aveva scomunicato Elisabetta e aveva sciolto i sudditi inglesi dall'obbedienza alla medesima. Nelle stive delle navi dell' "invincibile armata" venne portata una grande quantità di esemplari della bolla di scomunica, da diffondere in Inghilterra; si sperava con questo in una rivolta dei cattolici inglesi contro la regina eretica. Purtroppo, e questo fu un castigo per la cristianità ma soprattutto per l'Inghilterra, la spedizione fallì per svariati fattori.

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