ROMA - MINI CRONO-EXPRESS STORY 

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L'Impero Romano nell'anno 105 d.C.
Nel 114-15 con la conquista della Mesopotamia l'Impero raggiunge la sua massima espansione ( cartina )

20.000 - 753 a.C. i Re di Roma 753 - 501 a.C. 500 - 401 a. C.
400 - 301 a. C. 300 - 201 a.C. 200 - 101 a. C.  100 - 1 a. C.
1 d.C - 100 d. C. 100 - 200 d. C.   TUTTI I CONSOLI


20.000 - 753 a.C.

in dettaglio vedi anche i "RIASSUNTI DEI VARI PERIODI"

ANNI 20.000 a.C. - La documentazione archeologica consente di iniziare il racconto della nascita di Roma fin dal periodo arcaico, quando una razza indoeuropea presente nella penisola, inizia a modellare quella base di popoli poi considerati e cosiddetti italici.
* Proveniente da una migrazione iniziata in Puglia circa 34.000 anni fa - risalendo la penisola, alcuni gruppi si distribuirono nel primo periodo in tre aree. Una di queste occupò il centro della penisola. Le testimonianze ci giungono da alcuni reperti dell'Uomo del Circeo, dove qui rispetto ad altre regioni, l'industria mesolitica acquisterà una fisionomia molto particolare dovuta all'utilizzazione quale materia prima, di piccoli ciottoli. (Cultura Aurignaciana Circeiana)
Sono popolazioni con piccoli insediamenti sparsi, in prevalenza sugli altopiani tra il Lazio e l'Abruzzo, nella Marsia, e nella conca del Fucino (qui risiedevano ancora prima dell'anno 1000 i Latini dei Colli Albani, prima della loro migrazione) dove si alterneranno in circa 8000 anni, 320 generazioni, all'incirca fino agli....

ANNI 12.000 a.C. - ....quando per le mutate condizioni climatiche sulla penisola comincerà a diradarsi la grande selvaggina. Saranno costretti questi gruppi a spostarsi sulle coste divenendo sempre più terramaricoli; avviandosi in questo modo verso un sistema di vita praticamente sedentario pur rimanendo dei cacciatori. In prossimità del mare o di alcuni laghi, faranno le prime esperienze della raccolta dei molluschi e dei volatili. Una attività economica che per necessità alimentare divenne, soprattutto negli insediamenti costieri, una economia dominante per 9 millenni, divisi in due periodi di 3000 e 6000 anni; quindi circa 120 e 240 generazioni.

ANNI 9.000 - 3000 a.C. - Questa seconda fase corrisponde al periodo che coincide con lo sviluppo della cultura Villanoviana sugli Appennini tosco-emiliani e Romanelliana,  sudoriginaria della punta estrema della penisola, in Puglia, ma perdurata in Abruzzo e nel Lazio fino all'arrivo - sempre dalle Puglie, verso il 3000 a.C.- dei primi provetti proto-agricoltori del periodo italico del Neolitico.
* Negli insediamenti, dalle grotte - spesso anche decorate - si passa alle prime costruzioni di capanne con pali, poi in pietra, non isolate ma spesso vicine, dando origine alla formazione dei primi villaggi arcaici. Nel tavoliere pugliese ne sono stati individuati più di mille di questi insediamenti fissi; può essere considerato il primo stadio di una civiltà urbana con forti influssi della civiltà orientale visto che troviamo i primi villaggi molto simili, cioè squadrati, e in alcuni con il confine con muri attorno come fortificazioni; fino allora in queste zone un genere di villaggi e tipo di abitazioni del tutto sconosciute.

* Che l'insediamento sia diventato in parte sedentario, ci sono le testimonianze di una intensa cultura romanelliana ("lavori fatti casa") dove troviamo grattatoi, bulini poliedrici, punte a lama con dorso abbattuto, punte a triangolo, microbulini, e uno sterminato microlitismo di buona fattura. Sono presenti punteruoli, zagaglie, tubi per colore fatti in osso, e sugli stessi, usati per tanti usi, raffigurazioni incise in vari stili. Tutto denota che hanno più tempo a disposizione, che acquisiscono abilità nell'eseguire questi lavori, e che esprimono nel farli anche una certa creatività.

ANNI 3000 - 2000 a.C. - E' l'inizio di un periodo in cui sopraggiungono in Europa intense migrazioni di popolazioni delle grandi civiltà orientali che cambiano nel corso di un breve periodo la fisionomia delle popolazioni su tutta la penisola italica. Le direttrici verso l'Italia sono due: distinte in due periodi. Verso il 2000 a. C. da est e dal centroeuropa danubiano scendono in Italia numerosi gruppi indoeuropei già provenienti dall'area balcanica (foci del Danubio, Mar Nero), mentre circa un millennio dopo, da Sud, dal mare, risalgono le coste italiche altri gruppi di indoeuropei, anche se quest'ultime sono molto diverse dalle prime come cultura: provengono da diverse aree: dall'Egeo, dall'Anatolia, e dalla costa libano-palestinese. Una popolazione con una organizzazione socio-politica molto differente dai primi gruppi pur affini etnicamente; e se da un lato sono più evoluti intellettualmente, dall'altro, dentro queste società, nei loro rispettivi paesi di provenienza, politicamente sono già nate da circa due millenni, le prime lotte intestine per le espansioni e le contese territoriali, che hanno già provocato nei loro antichi territori, la formazione o la distruzione di imperi con alle spalle già due tre millenni di civiltà e una corrispondente ottima organizzazione politica, come i Sumeri, Akkadi, Babilonesi, Cassiti, Assiri, Ittiti, e, ma molto limitati, Egiziani. Questi ultimi pur insediati su un immenso territorio fluviale e con davanti il Mediterraneo non hanno la vocazione nè della navigazione nè dell'emigrazione. Sono tutti Nilo-dipendenti. Di conseguenza una civiltà chiusa, senza sinergie con altre culture, o altre organizzazioni sociali e politiche (pur essendo queste vicine ed alcune quasi a contatto. Quella Trace (di Varna, sul Mar Nero) ad esempio, che oggi come civiltà è indicata più antica di quella egiziana, ebbe indubbiamente già contatti con quest'ultima.

In varie ondate i primi (impropriamente detti danubiani, prealpini palafitticoli) iniziarono a scendere nella pianura Padana espandendosi soprattutto nel Veneto, poi negli Appennini Bolognesi, dopo fino al Lazio; mentre i secondi (giunti via mare) con consistenti gruppi, toccate le prime coste italiche, le Puglie, la Sicilia, la Calabria, la Sardegna,  la penisola la risalirono più tardi, navigando nel Tirreno, insediandosi in Umbria e in Toscana (vedi ETRUSCHI ). Dopo circa un paio di secoli, seguì una seconda ondata migratoria, sempre dall'Egeo, che approdò nelle regioni meridionali, creando la cosiddetta Magna Grecia.
Ma prima di parlare di entrambe, ritorniamo al 1500 e ai palafitticoli.

ANNO 1500 a.C. - A Nord della penisola, molto prima dell'età del bronzo (2000-1500 a.C.) sulle colline pedemontane delle Alpi, compaiono in Italia insediamenti di un popolo con le prime abitazioni su palafitte. Inizialmente sui laghi occidentali a nord delle Alpi, poi nell'arco di cinquecento anni si insediano anche nei  laghi prealpini. Questi ultimi si stabilirono inizialmente sul lago di Garda (nel vicino Lago di Ledro ci sono ancora i resti di un intero villaggio su palafitte!), successivamente si estesero nei dintorni fino a raggiungere  il lago di Viverone nel vercellese, ma soprattutto presenti nelle zone di Peschiera, in Val Camonica, a Mantova e in Veneto in particolare. In quest'ultima regione, l'uomo palafitticolo per motivi che non conosciamo (forse climatici) abbandona la fascia prealpina e trova un rifugio nella pianura veneta; ed è l'unico territorio dove non "ha mai smesso" di dimorare e di.... esercitare per 3500 anni, senza interruzione fino ai nostri giorni, l'arte della palafitticultura: nella laguna, a Venezia! (che é poi l'origine di un singolare e prezioso isolamento nei secoli successivi, favorendo così la nascita di una mentalità molto autonomista che resiste tuttora) (Vedi Storia e Cronologia di Venezia)

Gli abitanti di questa ricca cultura palafitticola (Polada) verso il 1200 a.C. ( a parte l'insediamento nei pressi della laguna) improvvisamente abbandonano la Pianura Padana e incominciano a scendere la penisola, contribuendo non poco a rinvigorire la Civiltà Appenninica villanoviana autoctona e tutte le altre presenti sulla dorsale appenninica. Portandovi non solo un particolare tipo di costruzione (detta cultura terramare, villaggi con solide case rettangolari a struttura lignea) ma anche la loro particolare cultura, rivoluzionaria! Il divario tecnologico della cultura palafitticola con il resto della penisola era molto marcato come vedremo. Ma proprio per questo resta un mistero questa improvvisa scomparsa di insediamenti stabili della terramare e delle palafitte nella zona a nord del Po. Territorio che si spopola (i Celti la invaderanno solo nel V secolo a.C.) e inizia a scendere in questo periodo (1200-1000) a sud del Po provocando un grande mutamento nel quadro dell'Italia protostorica. Assistiamo a un duplice fenomeno: a una grande contemporanea unificazione culturale (Es. la ceramica con le stesse caratteristiche la si ritrova -subito dopo questo periodo migratorio- da un capo all'altro della penisola) ma anche a una improvvisa nascita di culture regionali,  che pur grande debitrici a quella sopraggiunta, come se possedesse una creatività e una ingegnosità latente da millenni, esplode e diventa subito distinta, con caratteri propri. Carattere che, anche se poi, dopo la caduta dell'Impero Romano seguiranno i secoli bui, resta latente, e nuovamente riesplode nella Rinascenza come in nessuna altra parte del mondo. 

Ma il fattore più importante è che i portatori di questa cultura detta dei "campi di urne",  hanno una notevole organizzazione socio-politica. E' una società più articolata, non é più patriarcale (con a capo il vecchio saggio della civiltà contadina) ma è già presente al suo interno una netta distinzione fra contadini, addetti all'artigianato, al commercio e addetti alla difesa. Uno dei maggiori centri di questi ex palafitticoli dopo la fuga dai laghi prealpini sorgerà a Este (cultura atestina) (Interessante il suo museo).

Uniti ai terramaricoli dell'Emilia, si forma una vera civiltà urbana generando una singolare cultura aristocratica cittadina, che nella nella penisola in questo periodo era ancora sconosciuta. Ed é forse la prima vera Italia. L'influenza di queste istituzioni si faranno subito sentire quando a questi popoli, quasi contemporaneamente si affiancheranno subito altri provenienti da sud: etruschi e greci, però più chiusi verso le popolazioni locali, con un tipo esclusivo di politica all'interno della loro società,  con la vocazione a non  integrarle queste popolazioni locali, ma semmai indirizzati ad esercitare una posizione di forte predominio colonialista. Si comportano insomma come dei padroni ignorando del tutto gli indigeni, o al limite li aggregano come servi.

I primi -gli ex palafitticoli- hanno più disponibilità a coordinare le proprie azioni mantenendo a un livello tollerabile i conflitti, quindi riuscendo a fare delle fusioni con le popolazioni con cui vengono a contatto, mentre i secondi -gli etruschi- operano delle discriminazioni, sono esclusi i locali dalla partecipazione alla vita politica e civile. Gli insediamenti sono tipicamente colonialisti senza riguardo
(Vedi Storia degli Etruschi)


Questo fenomeno non è di passaggio ma permanente ed è determinante per il futuro della penisola. In Italia nel corso dei successivi secoli interverranno molti cambiamenti nei confini, ma la struttura regionale di molte culture locali non subirà d'ora in avanti più nessun cambiamento. Alcune linee si delineano in una forma permanente; nella cultura, nella etnia, nel linguaggio. Immutabile anche nelle piccole cose, negli utensili, nelle ceramiche, nelle decorazioni, e se si ha occasione di osservare, perfino nell'agricoltura scopriamo ancora oggi che i covoni di fieno nel Friuli, nella Valle Padana, in Toscana, nel Lazio o nelle Puglie hanno uno stile del tutto diverso. Per non parlare di certi rituali del mondo agricolo; anche questi nascono tutti in questo periodo, molto singolari, e sono sopravvissuti nelle varie regioni. Per rintracciarne la provenienza, le origini o la nascita indigena, il miglior testo mondiale resta il "Ramo d' Oro" di Frazer; sono ampiamente riportati i collegamenti con altri paesi e le comparazioni temporali,  con lontane località di cui si erano perse le tracce storiche o se ne ignorava perfino l'esistenza (i Fenici ad esempio abbiamo riscoperto la loro esistenza da nemmeno due secoli. Mentre Robert Musil scaraventato nella prima guerra mondiale in un piccolo isolato paese del Trentino, a Palù, dove parlavano una strana lingua, sconosciuta a tutti, arcaica, germanica;  dagli oggetti che usavano i contadini, risalì alla loro ignota provenienza; una migrazione dall'alto Reno ai tempi di Druso - Così a Pieve e a Castel Tesino).

* Queste popolazioni palafitticole del 1500 a.C. coltivano grano, canapa, legumi, frutti, e hanno già una buona conoscenza della vite (ricavando perfino un distillato); già presente perfino la tessitura del lino; molti pugnali e asce in bronzo (i primi apparsi in Italia) di eccellente fattura (Quello di "Peschiera" ha la stessa foggia di uno rinvenuto nella "Casa del Mercante d'Olio" a Micene, in una tomba del 1500 a. C.. Possiamo così dunque intuire da dove provenivano). Ma lo straordinario è che si prendevano già cura degli animali; oltre ai cani, gatti e pollame, allevavano cavalli (i primi in Italia), asini, buoi, porci, capre e pecore. Ricavavano in questo modo il ricco fabbisogno alimentare, che non dipendeva più (già da un millennio) da una attività di caccia; infatti, le dispendiose energie, nell'esercitarla infruttuosamente perchè scarsa, furono per necessità tutte riversate nelle attività agricolo pastorale e nell'artigianato, e iniziarono a formare in tal modo dei veri e propri villaggi, con gli abitanti diversificati nelle varie occupazioni e quindi con una ordinata gerarchia nei compiti. Dominante quella della difesa, quindi nascita di gruppi non più di cacciatori di animali, ma cacciatori di uomini, per difendere o attaccare per fare altre conquiste di territori.
Interessanti e preziose sono le testimonianze al
Museo palafitticolo di Ledro. Merita veramente un viaggio per chi vuole veramente conoscere gli albori della civiltà sviluppatasi nella penisola italiana, circa 600-800 anni prima ancora dell'arrivo degli etruschi, dei greci e nella valle del Po dei Celti (dai Romani chiamati questi "Galli").
In una forma del tutto autonoma, anche se le radici di entrambe le due civiltà, sono sempre del basso Danubio-Mar Nero-Egeo. Questo è confermato dagli utensili, dalla ceramica, ma soprattutto dalla fusione dei metalli, e per lo stile di vita, decisamente superiore ad ogni altro gruppo presente in questo periodo sulla penisola fino al fatidico anno 1000 a.C.

* A Sud quasi contemporaneamente, numerose migrazioni in ordine sparso di altri indoeuropei stanno risalendo via mare le coste della penisola. Sono strettamente imparentati con i primi (i palafitticoli) ma scissi in epoca remota (forse da 2000 anni e più); sono quindi lontani dalla loro cultura linguistica, ma hanno le stesse conoscenze, anche più raffinate e molto maggiori sulla cultura dei materiali. Entrambi i due gruppi hanno avuto uno sviluppo diverso, anche se provengono dallo stesso ambiente, individuato quello dei palafitticoli sul Mar Nero, nella Tracia  o comunque vicini agli epicentri della civiltà anatolica-iranica; mentre gli Etruschi sono originari della Lidia.
Da considerare che il "balzo" degli etruschi e poi dei greci avvenne via mare, quasi improvviso, in pochi settimane di navigazione, quindi fu un immediato insediamento in luoghi con culture ancora arcaiche. Mentre gli altri, i palafitticoli danubiani, con varie tappe via terra, risalendo dal Mar Nero il Danubio, hanno impiegato diverse centinaia d'anni (le testimonianze dei reperti lungo l'intero corso, parlano di circa 1000 anni) per scendere poi -provenienti da nord e da est- nella Pianura Padana, poi in seguito come abbiamo accennato, gradualmente sull'Emilia, infine sull'Umbria e nel Lazio.

* La fusione di questi due gruppi (sull'intera dorsale appenninica) contribuirono in qualche modo - ma possiamo dire anche in fortissima misura - a dare il proprio carattere al Lazio se non proprio etniche, in quelle politiche, tecnologiche, agricole come vedremo in seguito. Dalle modeste condizione di abitanti in arcaici villaggi neolitici, rimasti, come del resto gli altri sulla penisola, esclusi da alcuni millenni dai grandi eventi che invece accadevano dall'Iran all'Egitto, presto, prestissimo, nell'arco di trecento anni il genio di questo popolo residente in zona, di cui conosciamo del periodo mesolitico e neolitico quasi nulla, recupera terreno, si affianca alle altre civiltà, assorbe da queste ogni realtà oggettiva e singolari concetti, e dopo altri trecento anni si innalza verso tutti gli altri alla suprema autorità di un impero ecumenico.
Ma abbiamo corso troppo; ritorniamo al.....

ANNI 1000 - 800 a.C. - Prime spedizioni di Etruschi in Italia. Le fonti egiziane menzionano minacciosi popoli del mare (i Dori), fra i quali i Trs.w, ossia secondo una vocalizzazione del testo consonantico egiziano dei geroglifici, sono i Tyrsènoi (Tirreni), che infestavano l' Egeo come pirati, sia in mare che sulle coste.
* Erodoto già a conoscenza di una teoria diffusissima e già antica, scrivendo nel 450 a.C. sull'origine degli Etruschi, riconnette questo popolo con la Lidia. Una singolare popolazione emigrata per una grave carestia in epoca mitica. Di altre storie ce ne sono tante altre, tutte poco attendibili. Oggi abbiamo l'archeologia! Che in molti casi sono dei veri e propri documenti che "parlano".!

* In effetti oggi sappiamo che -oltre la carestia- c'era ben altro sul mar Egeo e in Anatolia. L'impero Ittita era stato sconvolto ed era in piena decadenza sotto gli Assiri. Nel 1190 a.C. con la distruzione di Hàttusas questo popolo era scomparso del tutto (perfino dagli storici greci, fino al 1900 d.C., quando inizieremo a decifrare le lingue antiche e scopriremo intere biblioteche di tavolette); mentre a Babilonia la fine dei Sumeri era avvenuta pochi decenni prima. Una "rivoluzione" traumatica di civiltà su tutto il Medio Oriente. Altrettanto nel mar Egeo; l'invasione di sconosciuti popoli mise fine nell'arco di un secolo a tutte le antiche civiltà.
* Come se non bastasse, contemporaneamente o subito dopo, una grande peste colpì sia la Frigia che la Lidia. E in un territorio dove non c'era altro che morte e più nessuna speranza di sopravvivere se non come schiavi o servi, chi aveva a disposizione navi emigrò in lungo e in largo nel Mediterraneo. Alcuni si diedero alla pirateria (le cronache egizie che conosciamo oggi, ne sono piene) mentre altri si misero a cercare terre da colonizzare. Nelle immediate vicinanze distrussero e rifondarono alcune città; mentre altri approdarono in Grecia, nel Peloponneso, a Troia, e nelle varie isole greche, spazzando via ogni cosa e insediandosi con una autorità molto diversa dalle precedenti, che modificò non solo il territorio, ma l'economia non ancora a vocazione commerciale; trasformò la società ancora primitiva; cambiò la religione ancora animistica e demonistica con il mondo degli dei; contribuì al successivo sviluppo della coscienza politica greca, allora nel suo primo periodo, ma che inizia una accellerata evoluzione.

* Uno di questi gruppi con una flotta comandata da un capo spedizione proprio con il nome ricordato dagli egiziani: Tyrsènoi , abbandona le acque dell'Egeo (tocca senza dubbio qualche città dei FENICI, allora dominatori del Mediterraneo, con punti d'appoggio già in Sardegna, a Sulci, a Cagliari a Tharros) poi doppiata la Sicilia risale quel mare a cui da' il nome: Tirreno. Indubbiamente dopo varie esplorazioni e vari attracchi lungo le coste, conoscendo questa popolazioni molto bene il minerale ferro (infatti provengono da un territorio con forte influenza ittita) si stanziarono nelle colline metallifere della Toscana. Ma non dimentichiamo che la Sardegna è nel Tirreno, che la capitale della Lidia era all'epoca Sardi, e all'isola danno proprio questo nome; e che l'altare di Monte Accodi in Sardegna ricorda una ziqqurat mesopotamica, e che dentro alcuni antichissimi nuraghi (Serra Ilixi, Sant'Antico) sono stati scoperti lingotti di rame di provenienza egea con segni dell'alfabeto Lineare A, quello che conoscevano solo gli etruschi di quel periodo. - La Sardegna era abitata già da 4000 anni, ma era rimasta sempre (anche perché circondata dal mare) una civiltà molto chiusa verso l'esterno ma anche molto lacerata al suo interno. Un duplice isolamento che ne limitò lo sviluppo. Non ci riuscirono i Fenici, i Cartaginesi, e appena Tirreno toccò terra, non gli rimase altro da fare che rimettersi in viaggio per un altra destinazione, non molto distante: l'isola d'Elba ferrifera, e le colline toscane metallifere. Ed era quello che Tirreno e i suoi cercavano! Forse a bordo si era preso qualche marinaio fenicio che conosceva molto bene i luoghi, sia quelli sardi che quelli toscani.(Questo primo insediamento è datato convenzionalmente nell' 830 a.C.)

Tirreno e compagni possiedono una ricca cultura, del tutto ignorata nell'Italia centrale occidentale. Conoscono benissimo l'agricoltura, l'allevamento stanziale; le attività artigianali della ceramica, quella del rame, del bronzo e del ferro; usano un calendario lunare mesopotamico; conoscono l'alfabeto Fenicio di Ugarit (il n.1). Hanno insomma tutte quelle conoscenze mutuate dalle civiltà orientali, ma da tempo tutte in sfascio: la minoica, la cretese, la micenea, e la sumera che in questo periodo assieme agli ittiti e ai fenici (orientali), stanno entrambi scomparendo, non estinti, ma integrandosi sotto i nuovi padroni: gli Assiri in Anatolia e in Egitto, e i Dori nell'Egeo.
E' una civiltà quella Etrusca che non solo si diffonde territorialmente in un modo abbastanza omogeneo dall'Appennino Tosco-Emiliano fino alla Campania, ma resta anch'essa influenzata dall'altra cultura che sta contemporaneamente scendendo dalle Prealpi e dal Centroeuropa e sta affacciandosi anch'essa ai confini dell'Etruria, con le quali ha in comune una fiorente metallotecnica (che sappiamo ora) proveniente non da Hallstat, ma dal basso bacino danubiano (civiltà indubbiamente entrata dalle Porte di Ferro, a Est di Belgrado, dove il Danubio scende verso il Mar Nero, e dal Mar Nero ovviamente lo si risale fino al Norico.
A Varna proprio sul Mar Nero, si stanno scoprendo ultimamente preziosi reperti che mettono in discussione tutte le altre teorie delle migrazioni del centro Europa, comprese quelle occasionali entrate dall'Adriatico in questo periodo. Ricordiamo inoltre che sui Balcani, a Karonovo e Gradesnica, sono state scoperte le famose Tavolette Tartarie. Un "giallo" nella datazione della scrittura. Queste tavolette sono datate 3500 anni a.C. e anticipano l'invenzione della scrittura fatta dai sumeri o egiziani (tutt'oggi contesa). Altrettanto un sigillo cilindrico in argilla come quello dei sumeri, trovato a Karanovo. Dunque a Varna (in questa contrada ancora senza storia), cioè nell'antica Tracia, le ultime scoperte ci dicono che qui nel 4000 a.C. c'era un area culturale del tutto autonoma dalla Mesopotamia, dall'Egitto, e da Creta; e che addirittura le precede. Era già un centro di una civiltà universale; e le più recenti scoperte stanno confermando che l'origine della civiltà europea risiede senz'altro in Tracia, la vera culla dell'Europa. Tutta la storia scritta impostata sulla tradizione antica (storici come Erodoto, Tucidide, Timeo, Apollodoro) e la stessa storicità dei Dori diventerebbe tutta errata.
Paradossalmente é più esatta (leggendola attentamente) l'Iliade di Omero. Quando parla dell'eroe "trace" Reso, che ha un armatura e un "cocchio tutto d'oro", il "cavallo più bello del mondo" e veloce come il vento; lo fa spuntare fuori come un mitico eroe di tempi remoti. Ma non sbagliava Omero con i "tempi remoti"! Accenna a un "trace", e proprio a Varna è stata scoperta una necropoli con oggetti (monili, scettri ecc. ) in puro oro a 24 carati, e una armilla a lamine d'oro, come quelle della maschera di Agamennone a Micene. Soltanto che il tutto è di 2000 anni prima della caduta di Troia, 1000 anni prima della colonizzazione della Grecia, dell' Argolide, dell'Attica, di Creta, della Tessalia, dell'Elide, e dell'Illiria.
E sempre a Varna scopriamo che non solo 4000 anni a.C. si era sviluppata l'agricoltura e l'allevamento del bestiame, compreso il cavallo; ma che nasce quì la civiltà palafatticola; e la ceramica a stile geometrico e a vivaci colori; e le più antiche pitture su pareti intonacate (mille anni dopo comparvero a Creta); i primi lavori di tessitura del mondo; il culto del toro (che riemergerà mille anni dopo sempre a Creta), che è diffusa già la metallurgia (il bronzo già noto nel terzo millennio a.C.) contemporanea con quella vicina di Hacilar in Anatolia); comparsa di lucerne a triangolo equilatero; e che l'incenerazione dei morti era una consuetudine trace (i famosi popoli dei Campi d'Urne non provenivano dunque dal centro nord Europa, ma dal Mar Nero, da questa antica civiltà che stiamo scoprendo solo ora in Tracia!)

Del resto già Schliemann scoprì, e ne rimase molto sorpreso, che i distruttori di Troia, dovevano essere gli stessi che l'avevano fondata 1500 anni prima. Infatti nello strato I (il più antico) trovò moltissime espressioni della cultura balcanica: proprio quella dei Traci; stile nella costruzione di templi, architettura della casa, ornamenti, ceramica, monili in oro (e ignorava il tesoro di Varna scoperto solo nel 1973). Lo studioso Dimitar Dimitrov avanza l'ipotesi che i troiani siano da annoverare fra i primissimi emigranti traci in Asia Minore nordoccidentale che avrebbero attraversato in una precedente spedizione l'Ellesponto tra il IV e il III millennio a.C. . - E di questa data sono i primi palafitticoli nel centroeuropa e nelle Alpi (350 insediamenti palafitticoli; e che in Tracia, nella zona dell'ultimo tratto del Danubio, erano già presenti nel 4000 a.C., in una zona quasi identica a quella che presentava il Tevere nel 1000-800 a.C. (e i palafitticoli erano abilissimi nelle costruzioni sull'acqua, nella deviazione dei fiumi, nella costruzione di canali per far defluire le acque e prosciugare terreni, e perfino perforare montagne per poi portare le acque in lontanissime città. Sono lavori che iniziano già a Roma solo nel suo primo periodo 1000-750 a.C.).

Sorprende anche che Dionisio (Bacco per i Romani - la vite era presente in Tracia nel 4000 a.C.) e Cibele (culti introdotti ufficialmente poi a Roma nel 205 d.C.) sono entrambi non di origine greca ma trace. Questi riti orgiastici, di vino e sesso, erano così comuni nei Traci (nel senso naturalistico) che in migliaia di monete, ancora nel V secolo a.C., sono raffigurati espliciti coiti in tante posizioni con enormi falli quasi sempre impugnati come un'arma. Da tempo le nuove espressione artistiche erano orientate alla virilità maschile, in reazione a quella fino allora dominante femminile della Grande Madre. Infatti, nel 4000 a.C. in questi luoghi la rappresentazione simbolica della fertilità ha un singolare capovolgimento. Terminano le raffigurazioni femminili; le numerosi Veneri a grandi glutei e grosse mammelle che erano i simboli del culto della fertilità fino allora esaltato dentro una società tutta matriarcale. Del tutto giustificabile questo capovolgimento, perchè prima l'uomo era impegnato nella caccia, mentre la donna curava la casa, il villaggio, l'educazione dei figli, e forse osservando la vegetazione attorno, fu proprio lei a scoprire i segreti dell'agricoltura e a improvvisarsi preziosa coltivatrice di verdure e allevatrice di molti piccoli animali domestici che entrambe andavano a  riformare l'intera alimentazione del clan.
Termina dunque questa simbologia tutta femminile e compare nell'arte la figura maschile. L'uomo non più impegnato nella caccia, ma solo nella difesa del villaggio si è trasformato in un guerriero. Ha inizio cioè la società maschilista, con le nuove mansioni e doveri impartite da numerose nuove strutture "politiche" del villaggio, incaricate d'ora in avanti solo a difenderlo il villaggio: cioè nascono i capi militari, funzionari, sacerdoti , fabbricanti di armi, strateghi della guerra. La caccia prima era per la sopravvivenza, ma con l'agricoltura e l'allevamento ora  passa in secondo piano. Probabilmente l'uomo ha cercato di riscattarsi dall'umiliazione, quando si è accorto che quelle poche cose che lui procurava -e non sempre- con la sua povera caccia, era solo un "secondo" piatto; e con le loro donne che allevavano  molti piccoli animali domestici, non era nemmeno più questo; il loro sempre più scarso bottino era solo un opzional. Proviamo a immaginare questi uomini,  che prima erano orgogliosi delle loro cacce, mentre ora si aggirano in casa sfaccendati e annoiati e forse perfino d'impiccio alle loro donne che invece lavorano dalla mattina alla sera, tutte dotate della capacità nel procurare pranzo e cena tutti i giorni con la loro "intuizione" e la loro "creatività" nell'alimentare.

Tutta la mitologia greca, così i famosi tocchi magici dei loro dei nella creazione del grande "miracolo greco" é quindi da rivisitare. Dionisio era trace, e così suo padre Zeus. In lingua trace dio significa proprio Zeus, e Nysos significa giovinetto. Dunque, Dio-nisio é il giovinetto figlio di Zeus. Dei che solo nell' VIII secolo cominciarono a penetrare in Grecia, quando i greci nei primi commerci scoprirono le sponde e le città trace del Mar Nero, e lì scoprirono il mondo degli dei traci; un riflesso della società cavalleresca trace che si presenta a loro come una aristocrazia celeste con tratti umani e una grande libertà morale. Una religione superiore che eclissò quella ancora aborigena animistica com'era fino allora quella greca.

Così Apollo: viveva in Tracia 2000 anni prima di quello greco (ritrovato a Dupljaja nel Banato). Ad Apollonia sul Mar Nero (allora Trace) fondata nel V sec. proprio  i greci eressero una statua ad Apollo alta tredici metri (scultore Calamide) ma era in onore del dio trace affinché proteggesse la Grecia. Lo stesso Orfeo e l'orfismo era trace. E lo stesso Monte Olimpo (il luogo degli dei) era trace, perchè posto al confine dell'antichissimo territorio un tempo trace.
(chi sta scrivendo qui, è stato sia sull'Olimpo, che a Dio, (in greco Dion), una città ancora del tutto sconosciuta, enorme, più grande di Atene. Citata da Omero.  Da Dio, partì anche per il suo lungo viaggio Alessandro Magno. Flaminio la conquistò e sembra che l'abbia distrutta e spopolata. Dio è poi stata ricoperta dalla sottilissima polvere della terra della Magnesia. Solo oggi ricompare e come grandezza è impressionante.). 

Insomma, che questa zona, la Tracia-Dacia sia stata agli albori della preistoria europea, cioè prima della nascita della civiltà egea e il vero centro etnico di tutti i futuri popoli europei antichi e le rispettive culture, l'archeologia e la linguistica, lo stanno sempre di più confermando le nuove scoperte aecheologiche.
Non in secondo piano passa poi la trasformazione civile e politica nata da questo popolo in due periodi distinti, prima nell'Egeo, e con un po' di ritardo a Roma, che seppe però fare ancora meglio perchè aveva la stessa potenzialità umana, ma come popolo non conosceva ancora i grandi eventi traumatici come in oriente. Ovvero l'aggressività e la prepotenza politica. Nè conoscevano quell'arroganza che era già un marchio "di fabbrica" degli Etruschi quando approdarono sulla penisola. Non dimentichiamo che le genti locali gli Etruschi  le volevano schiave nel modo peggiore e quando in seguito iniziarono con Roma delle trattative per una unione politica volevano conservare ed estendere anche a Roma questa tracotanza, che non avevano invece i popoli dei Campi di Urne. Di cui non conosciamo nulla perchè non fecero mai parlare di sè; non una aggressione a un villaggio, o un evento di guerra. Eppure erano tanti, la popolazione decisamente superiore ad ogni altro gruppo presente in questo periodo sulla penisola fino al fatidico anno 1000 a.C..

Il "dominio pacifico" di questo popolo aveva già in Grecia (e in seguito in altri paesi) provocato immediati mutamenti politico istituzionali: al vanax  miceneo o cretese succedette il basileus, con poteri militari, civili e religiosi; e quando si raggiunse dopo un periodo di animosità uno stabile equilibrio fra invasori e popolazioni soggette, si consolidò la divisione del popolo nelle tribù del territorio. Tutti i cittadini in grado di difendere lo stato, ebbero i diritti e doveri politici. Poi a poco a poco in Grecia, a un consiglio di anziani, capi dei gruppi gentilizi, si sostituì il consiglio dei capi militari (soprattutto per la difesa). Sembra di leggere quello che accadde alla fondazione nel 753 a.C. e più tardi nel 509, a Roma. - Ma che Roma prima ancora della Grecia anticipò, basta leggere le date: Pericle attuò lo stato democratico e le assemblee popolari solo nel 462 ! Quando Roma aveva già una istituzione (nel 509  la Repubblica) così solida, che proseguì senza grandi mutamenti per circa 500 anni; ed era così  curata  la struttura amministrativa e militare che siamo in grado di elencare con esattezza  tutti i consoli eletti dal Senato e dai tribuni della plebe, anno per anno.

Perchè mai? Forse la risposta oggi con le ultime scoperte è molto semplice. Gli "invasori" in Italia, sia quelli provenienti da Nord che dal Sud non erano degli emarginati o dei fuggiaschi nè dell'Egeo nè dell'Anatolia, ma appartenevano agli ultimi discendenti di quella civiltà trace che si era per la seconda volta messa in viaggio.
Quella del Nord però aveva conservato la sua natura e la sua originalità politica perchè in mille anni risalendo il Danubio non era stata influenzata da popoli primitivi, né loro (sui Balcani)  avevano influenzati questi, perchè lo spostamento fu continuo; ogni due tre generazioni cambiavano zona; e tracce di questi brevi insediamenti lungo il percorso di tutto il lungo corso medio e alto del Danubio ne hanno lasciate parecchie migliaia.
Quella del sud al contrario (più a contatto con l'area mesopotamica) aveva già da molto tempo introdotto nella sua società la "politica guerriera"; nata originariamente per la difesa, ma consacrata poi alle conquiste. Nascono così regni e imperi, o in continua lotta (vedi l'intero Medio Oriente) o in perenne apatia, chiusura a ogni altra politica sia commerciale che culturale. Come gli Egizi che rifiutarono per tremila anni ogni contatto. Un popolo quello egizio che vive l'intera sua esistenza sulla barca; e che quando la scopre non fa nemmeno uso della ruota, e non mette una sola nave nel Mediterraneo pur avendolo davanti. Dai fenici non imparano nemmeno come si costruisce una nave; né usarono l'alfabeto, e fecero a meno anche della moneta. Invece che ai commerci l'Egitto si dedicò solo nell'arte delle mummie e i relativi sepolcri, con un sistema teocratico che non poteva fare altro che anticipare il medioevo europeo quando lo stesso potere sacerdotale passò in mano a una quasi identica teocrazia. Eppure come abbiamo già letto in altre pagine, avevano anche loro avuto contatti (fra l'altro vicinissimi) innovativi con il mondo iranico mesopotamico nel 3000 a.C., con quello anatolico nel 1500 a.C. e poi con quello fenicio e greco nel 1000 e nel 700 a.C..

I ritrovamenti dei tesori di Varna o di Valci Tran, ci dimostrano un'altra cosa, che il mondo delle grandi civiltà umane nel 4000 anni a.C. non era ancora diviso, né antagonistico; quello dei traci antichi era un centro che riuniva la Grecia continentale ai paesi del Mar Nero in un'unica unità economica e culturale, la differenziazione sorse solo dopo; quando sì iniziò a parlare di popoli ricchi e popoli poveri, popoli civili e popoli barbari. Ovviamente i ricchi divennero quelli che riuscivano a rubare molto agli altri, e altrettanto ovviamente divennero popoli "civili" solo quelli che vincevano per prendersi le grandi miniere d'oro e d'argento che i traci possedevano (oggi non è cambiato poi di molto, nell'era moderna, è ricco chi ha il petrolio o chi si è impossessato dei pozzi di petrolio o delle miniere).
Di questo oscuro periodo sappiamo ancora molto poco. Ma le sorprese non mancheranno in un prossimo futuro.

Quello dei Traci, nel 1500-1300, a sud verso l'Egeo, e a nord risalendo il Danubio, fu l'ultima migrazione. Sappiamo che sul luogo (in Tracia) scomparve del tutto questa millenaria civiltà; poche comunità sopravvissero alla "colonizzazione" greca che raggiunse il suo apice nel VII sec. a. C. Conquiste che provocarono il profondo mutamento socio-economico della Grecia. Nel VI - V sec. a. C., i greci con le "conquiste", assoggettando i barbari , "saltando da un 'isola all'altra da una città all'altra, si gonfiarono come ranocchi in uno stagno" scrisse un antico. Nei primi tempi con i Traci fecero del commercio, poi li resero tutti schiavi, legittimando questo comportamento con la dialettica. Del resto la logica di Aristotele ancora nel IV sec. era "La schiavitù è giustificata per natura in quanto corrisponde a una legge naturale, giacchè gran parte dell'umanità (i barbari) é costituita di schiavi nati". La sua logica la mutuarono poi i romani allo stesso modo, e gli schiavi nati furono poi i greci senza distinzione di censo e cultura. Molti filosofi finirono anche loro schiavi, e chissà come conciliarono la frase di Aristotele. Tutto é relativo. Le stesse frasi le dissero pure gli spagnoli e i primi "cristiani" quando sbarcarono in America.

Dopo Alessandro la Tracia diventò solo terreno di lotta tra le monarchie ellenistiche. Gli storici greci (il più attendibile e obiettivo a quanto pare rimane Omero - ma fino a Schliemann e alla scoperta di Troia le pagine del poema sembravano piene di leggenda e non di storia) ci narrano che la Tracia era una zona povera, e ci nascondono ogni cosa, e quando lo fanno, con un senso di superiorità e di autocompiacimento la disprezzano, ci raccontano cioè cose non vere. E così i greci non si appropriarono solo della Tracia ma anche dei loro dei, e scrissero la loro storia, modificando la storia.

Quando vi arrivarono i romani, la Tracia era da alcuni secoli già in totale decadenza, e non potevano certo immaginare che il luogo era quello da dove erano partiti i primi uomini dei Campi di Urne, gli stessi che incontrò ai piedi del Palatino, Romolo, nel fondare Roma. Scrivono gli storici del tempo (30 a.C. - 200 d.C.) che sono stati i romani ad aver introdotto la vite e aver civilizzato la Tracia (le diedero perfino un nome - Romania). Nulla di più falso, perchè scopriamo nell'opera di Omero che le navi quotidianamente portavano a Troia anfore di vino trace, e che la vite non solo era già conosciuta in Tracia 4000 anni prima, ma con un tipo di luppolo fabbricavano già una birra e una specie di whisky.

* Ritorniamo alla civiltà arcaica dell'Italia centrale di questo periodo, soprattutto quella poco lontana dalle sponde del Tevere: i Latini. Circondati a nord e a sud da questi importanti fenomeni geopolitici narrati sopra, il loro territorio prima di ogni altra regione beneficia di entrambe le due invasioni culturali. Ne approfitta per divenire dinamica nella sua struttura e formare i primi nuclei di una società eterogenea anche se una parte Latina - come vedremo nelle continue lotte con i vicini villaggi perfino della stessa stirpe - è renitente alle novità, é chiusa, non vuole rinunciare a una sua vocazione, all'economia agricola-pastorale. (Padova ancora nel 1898 per lo stesso motivo non volle l'insediamento della FIAP, poi FIAT - Ma è un atteggiamento tipico di tutti i proprietari di terreni anche incolti a ogni latitudine). L'altra parte invece, quella più aperta, afferra e vive il proprio tempo, coglie l'attimo. Poi con la scoperta delle nuove tecnologie agricole e idrauliche, e dell'architettura a materiale durevole, fa subito sorgere come in Medio Oriente prima alcuni rustici villaggi, poi in breve tempo (il volano dell'economia dell'indotto comincia a girare a pieno ritmo) innalza la prima autentica città, costruendo le case in mattoni, gli edifici pubblici in pietra, fabbricando dighe, canali, ponti, strade, acquedotti.

ANNO 800 a.C. - Che sia avvenuto qualcosa di strabiliante in questo periodo non lo dice solo la tradizione leggendaria riportata in seguito con l'uso della scrittura nei racconti letterari che ci hanno poi tramandato i primi storici romani, ma ci viene confermata dalle testimonianze che ci giungono analizzando quegli istituti romani che si sono mantenuti dentro un singolare conservatorismo giuridico; che permettono di avere un quadro generale credibile per non dire esatto, anche se le lacune non mancano.

* Ciononostante, di questo primo periodo, pur non possedendo una cronaca scritta, oggi con gli esami archeologici sul sito Roma e Lazio, é confermata una mescolanza dei due popoli appena accennati sulla questione dell'aspetto e sulla formazione definitiva del popolo laziale prima, e in particolare quello latino romano subito dopo.
* Le più singolari di queste testimonianze, sono le inumazioni e le cremazioni (pratica incineratoria). Quest'ultima presente sui luoghi databili all'anno 1500 a. C. Una consuetudine questa del tutto sconosciuta ai latini e nel resto della penisola; quindi praticata solo dalle nuove popolazioni proveniente dal nord, ma che subito dopo non é più predominante, visto che già prima della fondazione di Roma, questa usanza scompare ed è adottata l'inumazione. Significa che gli indigeni riescono sì a mutuare in fretta tutto il bagaglio culturale dei nuovi venuti, ma sono poi loro a far da padroni nel proprio ambiente e a sviluppare in forma autonoma la propria cultura, modificando e arricchendo quella dei nuovi arrivati.

* Il ceppo di questi gruppi che non si lasciano condizionare ma semmai condizionano (diverrà poi una vera vocazione dei romani), sono gli indigeni degli antichi insediamenti posti sui Colli Albani: cioè quello dei LATINI. Una popolazione che sul territorio costituiva il gruppo più importante, e nella zona dove sorgerà poi Roma, possedeva quasi tutta la pianura della valle: 30 chilometri a sud e 30 chilometri a nord fino al Tevere, e a ovest all'attuale Ostia.
* Oltre il Tevere, a nord, il territorio si stava popolando di nuovi arrivi, mentre oltre l'Aniene insediati da alcuni secoli c'erano i Sabini, una popolazione arcaica locale, con rari ma comunque insofferenti contatti con i latini Albani. Quindi il cuore di tutto questo territorio - che si domina efficacemente con un solo incomparabile sguardo dalla cima del monte Soratte - era occupato dai Latini; e anche se non esercitavano questo dominio sull'intera pianura, di fatto erano loro i legittimi proprietari. Una legittimità che si estendeva in una fascia di terra anche al di là dei due fiumi.
Naturalmente questo disinteresse, era dovuto essenzialmente al piccolo numero di abitanti, e durò fino a quando la pianura in questione e le due fasce oltre il fiume, cominciarono ad essere colonizzate illecitamente dai nuovi venuti con lavori di canalizzazione per insediarsi nella piana fertile del Tevere per iniziarne lo sfruttamento agricolo.
Agli insofferenti del villaggio chiuso, questo era un bene, ai conservatori invece sembrò una sciagura nazionale.

* LA REGIONE - Molto particolare questo grande territorio, sia nella parte collinare che in quella attorno al Tevere. Per lungo tempo entrambe erano state ricoperte da uno spesso strato di cenere di origine vulcanica. Eruzioni che per qualche millennio erano state catastrofiche, poi all'epoca della fondazione di Roma, erano cessate da circa duecento anni (forse anche meno). Lo strato superficiale riuscì così a formare il prezioso e caratteristico terreno dell'agro romano; l'ideale per le nuove tecniche delle coltivazioni dei nuovi arrivati. Allo stesso fenomeno post-vulcanico e alla abbondante piovosità che la regione allora godeva, era pure dovuta la fitta vegetazione attorno ai Colli, che ancora ai tempi di Teofrasto (III secolo a.C.) sovrabbondavano di fittissime foreste di faggi con la presenza perfino di alcune sequoia.
(La superficie della provincia di Roma attuale é di 5352 kmq, di cui il 33,2% del territorio è pianeggiante, il 50,6 collinoso, il 16,1% montagnoso. Della superficie totale il comune occupa 1507,60 Kmq e ha due terzi della intera popolazione)

ANNO 790 a.C. - Abbondanti ritrovamenti archeologici ci indicano che l'agricoltura cominciò ad essere subito intensiva dopo i grandi lavori di drenaggio, di canalizzazione e costruzioni dighe. Troviamo quindi in zona le prime colture di grano anche se scadente (farro, miglio, orzo) e alcuni frutti dove primeggia però solo il fico.Ancora sconosciuto l'olivo (quello selvatico proveniente dal sud apparve nel VII secolo). Mentre la vite sicuramente fu portata dalle popolazioni del nord, dai palafitticoli (al Lago di Ledro questa era presente già nel 1400-1200 a.C.). Ma questa non fu molto importante, perchè anche dopo la fondazione di Roma la viticultura non era per nulla intensa; e sebbene i Vinalia compaiono nel calendario di Numa, fino all'epoca repubblicana (509) la vite non era coltivata a grande dimensione. Ci sono "storie" nel periodo del regno che indicano il vino come un medicinale, e ve ne sono altre che accennano a una proibizione (ai tempi di Domiziano, anno 81 d.C.) della coltura della vite e della relativa bevanda

ANNO 780 a.C. - E' un periodo in cui la zona dei Colli Albani è già disseminata di grandi villaggi. Sorgono su alture o sulle pendici per il fatto che i terreni in pianura (che avevano a disposizione, ma che non utilizzavano) richiedevano grandi opere di drenaggio per renderli abitabili e soprattutto coltivabili. Questi villaggi sui colli - non sappiamo con quale istituzione arcaica - (forse come quella ancora vigente oggi in A.Adige, "del Maso Chiuso", unico erede universale é solo il primo figlio, gli altri se vanno d'accordo restano a stipendio o altrimenti vanno via) appropriandosi in tempi lontani di un tratto del territorio avevano dato vita col tempo e col sistema del patriarcato a gruppi familiari sempre più numerosi, un vasto parentado differenziato nelle mansioni e amministrato da una gerarchia sempre più complessa, ristretta a pochi componenti della stessa famiglia.

Infatti, in questo periodo, nel 780 a.C. esiste già una struttura sociale che ha creato al suo interno le prime separazione di classi; di conseguenza anche un genere di aristocrazia che passa dal tipo "feudale campagnolo" in pochissimo tempo a "feudale guerriero", che iniziò (provocata o provocando) subito ad avere anche le prime inimicizie e relative animosità con i vicini nel contendersi qualche bosco o appezzamento di terra. La struttura era quella di una comunità agricola molto arcaica a economia chiusa, ma già all' interno esisteva una specie di "aristocrazia" ereditaria, che possedendo il diretto controllo della terra assumeva nei confronti della popolazione (compresi i numerosi parenti, anche affini - il Maso Chiuso, idem) un atteggiamento autoritario, di sfruttamento dei subalterni, anche se nello stesso tempo - oltre a fornire il necessario per vivere - offriva un rapporto di protezione da eventuali nemici. Che erano prima i paesi vicini, poi più tardi con una politica del tipo "nazionalista", le spedizioni guerresche si organizzarono contro i villaggi di confine e anche in quelli oltre. La nascita di una Lega forse servì proprio a questo: a coalizzarsi. - Nelle guerre che elencheremo più avanti, ne troveremo molte di queste alleanze, e molto spesso anche infide).

ANNO 760 - a. C. -Prima della fondazione di Roma si contano circa 60 di questi villaggi, disseminati su circa mille chilometri quadrati; quindi con una media di circa sedici chilometri quadrati ciascuno. Sono queste "città" che formano le prime unità territoriali dei latini: i pagi, la base della loro struttura sociale che non sappiamo per quale ragione (se per la difesa, se per motivi di culto, o per altri obblighi ignoti) una tradizione vuole poi riunita sotto una Lega politica con a capo Alba Longa, un sito nelle vicinanze di Castel Gandolfo. Anche se una informazione tramandata da Prisciano, colloca la sede di questa Lega Albana, ad Aricia, il luogo dove sorgeva il celebre santuario di Diana; un importante centro di culto riconosciuto da tempi antichissimi (scrive Plinio). Alla fine dell'epoca regia la lega riuniva ancora circa 30 membri di cui Roma ne faceva parte, anche se con una certa insofferenza per via della mentalità arretrata di alcuni aderenti. Nella Lega era forse predominante l'elemento religioso, e nei primi tempi questa componente si rivelò un efficace strumento di coesione politica; anche se la tradizione e la storia ricordano liti e lotte fra gli stessi villaggi latini, oltre che con quelli Sabini e con altri vicini.
Comunque sia, questa Lega riuniva un Capo di ogni villaggio, diciamo "ricco", "aristocratico" , con funzioni di sovrano della collettività; un Rex. eletto con il consenso degli dei: comandante, sacerdote e giudice supremo. Una sovranità, l'auspicium, (l'interpretazione del dovere divino - una unzione che ogni sovrano arrogante esibisce davanti al popolo) che se era accolta dalla plebe ignorante, a nutrire alcuni dubbi erano proprio quelli della sua stessa condizione, quindi spesso contestata questa autorità sia da dispute dinastiche (le congiure una prassi) all'interno della propria famiglia e sia da lotte di altre ricche famiglie - Patres gentium - che ambivano a posizione di prestigio. Dimostrando che a non credere a poteri divini dei loro arroganti congiunti, erano proprio loro, gli aristocratici e i contendenti del potere.

Siamo agli inizi delle prime alleanze di religione e politica per gestire meglio il potere. La prima paventando la punizione divina, l'altra la punizione della legge, quella naturalmente che si è fatta il potente di turno. ("E non c'è una  legge che torni comoda a tutti gli ambiziosi del potere". Livio - Chi domina si fa la sua "legge"). Iniziano le alternanze in cui ognuno con ogni mezzo cerca di persuadere gli altri di essere lui il prescelto dalla divinità, ma per convincere che gli dei sono con lui, e lui è un dio, non dimentica di usare la "sua" legge che è poi quella delle sue armi. Chi le ha potenti e ne ha tante, vince e fa la "sua legge". (non è che sia cambiato molto nei tempi moderni; se Hitler non metteva in fuga nel 1938 l'inventore della bomba atomica, l'avrebbe usata lui e avrebbe vinto la guerra; avrebbe poi giustificato il suo uso come fece Truman "per metter fine alla guerra e non causare altri morti").

* A parte la leggenda Romolo, Remo e la Lupa (questa nascerà più tardi), e di altre leggende ancora più antiche, come quella di Enea; la tradizione storica antica (abbastanza più affidabile e realistica) narra che Romolo in una di queste controversie tra "piccoli Reucci di campagna", fu allontanato da Alba Longa dallo zio Amulio, un usurpatore a un trono a cui forse Romolo aspirava. Il nipote abbandonò Alba Longa e scese nella vallata del Tevere, deciso a ritagliarsi uno spazio nei pressi del Palatino; che alla sua base non era affatto disabitato. C'era gente di ogni razza, incluso qualche latino dei Colli, forse nelle stesse condizioni di Romolo, cioè privati di prestigio, di eredità, di prospettive; che avevano preferito uscire dal ghetto patriarcale per lanciarsi all'avventura dei "tempi nuovi". Costoro non aspettavano altro che un capo e una mente dotata di acume politico, come desidera del resto ogni gruppo isolato, di emigranti o colonizzatori, in qualsiasi regione del mondo.

Il Palatino é il Colle che con dieci ettari di superficie si erge e domina -con le sue formidabili rocce- tre lati. Abbastanza largo per ospitare un grande villaggio com'era nelle intenzioni di Romolo. Ma soprattutto sembra luogo ideale per l'insediamento di un villaggio costruito su modello Albano (cioè arroccato) che avrebbe quindi potuto difendersi contro attacchi di nemici. Invece cosa accade, che stranamente non ci sono testimonianze archeologiche di grandi insediamenti sul colle, ma solo alla base, il luogo in cui sorgeranno in seguito i Fori, il Velabro e il Circo Massimo. Questo dimostra che c'era stato un mutamento nella concezione degli insediamenti, forse dovuto proprio ai primi (abusivi) abitanti già sparpagliati sul luogo, che appartenevano ad un altra stirpe, o a una generazione diversa, non certo a quella rintanata nelle impervie montagne o nei colli in mezzo alle impenetrabili foreste; il "nuovo" abitante amava i grandi spazi, la pianura; una natura diversa, di certo più ostile per le piene alluvionali, ma se domate - e i mezzi e le idee ora c'erano - la prosperità non era un miraggio ma una realtà solo da raccogliere, anche a tempi brevi, perchè c'era intelligenza e determinazione e più nulla fu lasciato al caso. E che determinazione!!

* La mentalità era cambiata; gli scambi attraverso il fiume erano divenuti intensi; il commercio stava modificando tutta l'economia; le tecnologie della coltivazioni con il drenaggio e le arature che facilitavano le semine stavano rivoluzionando tutto il territorio. Altro che "coltura eroica", come quella dei terrazzamenti di pochi metri sui Colli. Era inoltre dal fiume che avvenivano i contatti con gente diversa; che portava non solo nuove idee, ma nuove piante, nuovi oggetti, nuovi animali, nuove tecnologie, ma soprattutto dal fiume scendeva quella intraprendenza che è la caratteristica dei colonizzatori; cioè il lavorare sodo. Da quel guado arrivò in questo periodo il primo aratro e la prima scure in bronzo, il primo cavallo, la prima pecora, la prima capra, il primo maiale e il primo tralcio di vite e chissà quante altre cose utili , e quante meraviglie. Possiamo benissimo immaginare quando arrivava un carico sul fiume, quanta curiosità c'era attorno. E le sorprese indubbiamente a quel tempo dovevano essere molte per la gente del posto.
* La posizione dunque era strategica. E saranno proprio questi fattori che contribuirono a trasformare il semplice villaggio di Romolo in una grande città, che alla sua nascita era già un crocevia di tre mondi diversi; due da mille e più anni in continua evoluzione, e l'altro, indigeno, ad assistervi non passivamente. Anzi! A cogliere l'essenziale più che il generale, in tutto.

* La base del colle e l'insediamento del nuovo villaggio, dietro il riparo delle sue rupi, quindi si trovava in una posizione vantaggiosa, in quanto, anche se non proprio da vicino, dominava il fiume nel punto in cui il guado sotto l'Isola Tiberina costituiva il più agevole di tutti gli attraversamenti dalla pianura latina verso nord ovest. Da non dimenticare che proprio alla base del Palatino sul lato sinistro, lungo la Vallis Murcia, esisteva la più antica e anche l'unica via di comunicazione tra il Tevere e i colli Albani (la futura Appia - o via Latina). Il che significa che alcune attività commerciali da e verso il fiume si svolgevano da molto tempo, anche se in una forma molto limitata e solo occasionale. Del resto, lo abbiamo letto, il territorio latino non solo raggiungeva la sponda sinistra del fiume, ma. anche se non l'aveva mai abitata, possedeva una fascia di terreno anche nella sponda destra (quindi a nord) sia del Tevere che dell'Aniene.

* La documentazione archeologica ci testimonia che nella zona, prima della decisione di Romolo di far sorgere qui una nuova città, esistevano già dei piccoli villaggi; costruiti da nuclei familiari di molti elementi ma sicuramente gruppi tra loro separati, come mostra il fatto che tra di essi sono state rinvenute alcune tombe. E mostra (come accade in tutti gli insediamenti di immigrati) che erano formati da popolazioni diverse, perchè i riti funerari erano diversi: ci sono inumazione e ci sono cremazione. Quindi non una presenza compatta di genti latine come nei Colli Albani, ma mista, dovuta a quella - antica o più recente - migrazione disordinata che abbiamo accennato più sopra. Alcune cremazioni ritrovate sul territorio del Foro sono datate 1500 a.C. - 1000 a.C.. Poi da questa data le nuove popolazioni adottarono anche loro la inumazione, e nei villaggi sotto il Palatino si formò un sepolcreto che continuerà fino a VI secolo a. C; cioè fino a quando si prosciugarono e si recuperarono i terreni bassi paludosi a nord del Palatino a mezzo della Cloaca Massima.
* E' questo il periodo dove inizia la vera storia del Foro romano, quando la piazza che vi sorgerà, diventerà il centro del mondo conosciuto, per mille anni.

* L'abilità del fondatore, fu dunque quella di riuscire a unificare questa popolazione eterogenea. La città nacque perciò da un processo progressivo di fusione di gente diversa, che poi prendendo coscienza della propria operosità sentì nascere l'orgoglio di appartenere a questa comunità così apolide (come negli USA all'inizio dell'ottocento). Forse inizialmente mediante una forma di federazione tra i villaggi sparsi, poi quando alcuni interessi che prima erano di un solo gruppo divennero di tutti, e l'integrazione fu una necessità per progredire più in fretta, piano piano la federazione si trasformò in una struttura politica unitaria senza uguali. Avvenne nel giro di qualche decennio, dovuto a un "miracolo" economico e tecnologico che indubbiamente stimolò e coinvolse tutti, vecchi e nuovi arrivati, ma sempre con la predominanza dei latini. Questo perchè dai grandi centri dei Colli Albani, i più intraprendenti (ma altrettanto fecero alcuni Sabini - Appio Claudio migrò a Roma per far fortuna proprio con un gruppo di Sabini) attratti da questa "rivoluzione" politica sociale ed economica (come le migrazioni dalle campagne negli anni '50 e '60 in Italia) scesero in massa nella "nuova città", sottraendo braccia ma anche "cervelli" giovani ai villaggi, lasciando andare in decadenza i centri stessi e insieme anche quella aristocrazia conservatrice che si arroccò nei suoi poderi con le arcaiche tradizioni e istituzioni, osteggiando e perfino"combattendo" la nuova grande città-realtà che cominciò subito a sconvolgere il territorio. Combatteranno invano! Alcuni di questi centri nel corso del sec. VI, sparirono del tutto. Rimasero solo alcuni nomi storici, che Plinio ci ha tramandati ricostruendo la Storia di Roma in un documento compilato per ordine dell'imperatore Augusto. Forse il più attendibile di tutte le altre storie e leggende.

* Plinio ci informa che nel V secolo, di 60 centri erano sopravvissute solo queste cittadine; Tusculum, Nemorensis, Aricia, Ardea, Antium, Satricum, Pometia, Anxur (Terracina), Signa, Ferentinum, Anagnia, Norba, Cora, Velitrae, Antium, Lavinium, Bovillae, Ficana, Marino, Frascati, Ostia, Labici, Gabri, Tibur, Pedum, Praeneste, Circei, Collatia, Antemnae, Ficulea, a nord del Tevere e Atiene, Silva, Fidenae, Ficulea, Nomentum, Crustumenum, Capena, Eretum, Carsioli, Varia.

* Una cosa è certa. Nel momento in cui Roma nasce (c'erano come abbiamo visto tutti gli elementi a favore) cammina subito in fretta verso l' età piena della città e s'inserisce immediatamente in maniera sempre più profonda nel sistema di relazioni commerciali verso l'Etruria in un periodo in cui la cultura, la civiltà, il fasto, la ricchezza e la potenza della aristocrazia etrusca avevano raggiunto il culmine; e stavano quasi avvolgendo e coinvolgendo la stessa Roma. Infatti, dopo pochi decenni inizia il periodo di convivenza con alcuni governanti etruschi e gli effetti di questi rapporti non solo culturali ma anche politici si faranno subito sentire nel 616 quando Tarquinio Prisco inizia la prima dinastia dei re romani etruschi; poi gli effetti si faranno ancora di più sentire politicamente quando l'altro etrusco Servio Tullio nel 577 con una straordinaria lungimiranza politica - che sembrò al momento una megalomania - dentro le mura (le serviane) fece racchiudere i Sette Colli. Per 1000 anni, quelle mura divennero le pareti di uno scrigno; e dentro, a una a una, spuntarono le più belle gemme del mondo create da un popolo singolare, mettendo insieme mille culture per farne una tutta sua; più che con i mezzi a disposizione, le capacità di utilizzarle in un modo migliore.

Sta per iniziare la "grande avventura", sta per sorgere una grande aerea politica, economica e culturale, che anche se dopo mille anni conoscerà il suo crepuscolo, non cesserà mai in futuro nella storia d'Europa e del Mondo, di stupire. Sta sorgendo nel Mediterraneo e nel centro Europa un grande area con un unica valuta e delle  insignificanti barriere doganali, il cui commercio non é ostacolato da frontiere ma anzi incoraggiato e facilitato da mille strade, porti e città - sorte proprio per questa sfera d'azione della moneta e dell'economia di mercato - che l'Europa, ancora oggi nel 2000, dopo 2753 anni cerca affannosamente di prendere a modello. Quella moneta si chiamava denario, ma non era solo l'unità di base del sistema monetario romano che era presente in tutto il mondo conosciuto (perfino a Canton - H. Kong - e in Cina ne sono state ritrovate in grande quantità) ma dove questa giungeva, era anche un potente mezzo di sviluppo di una civiltà; la moneta sul diritto recava la testa galeata di Roma e sul rovescio i Dioscuri al galoppo; due appropriati simboli che andranno a creare la leggenda Roma.
Fu un autentico galoppo, e quello che era solo fino allora leggenda, si trasformò in una reale straordinaria millenaria epopea.


QUI INVECE SI PUO' PROSEGUIRE
CON UN BREVE RIEPILOGO DELLE VARIE DATE

ANNO 776 a.C. - In Grecia inizia la I Olimpiade (vedi STORIA DELLA GRECIA ANTICA)
ANNO 770 a.C. - Greci dell'Ubea s'insediano nell'isola di Pitecusa (Ischia)
ANNO 771 a.C. - Coloni greci fondano Metaponto in Lucania.- Altri gruppi fondano nel 760 Zangle (Messina) e nel 750 Reggio Calabria)
ANNO 757 a.C. - Greci dell'Ubea fondano Cuma
ANNO 753 a.C. - Fondazione di Roma, Secondo Varrone; Ennio nei suoi Annales  colloca la fondazione nel 875; Fabio Pittore nel 748; l'annalista Cincio Alimento nel 729 e Timeo nel 814 contemporanea alla fondazione di Cartagine

ANNO 740 a.C. - Composizione dell'Iliade omerica
ANNO 720 a.C. - Composizione dell'Odissea omerica

CONTINUA

con gli eventi dalla fondazione, con i nomi dei governanti, e tutti
i nomi dei re, dei consoli, dei tribuni e dei dittatori eletti nel corso di 1053 anni
anno per anno

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AI RIASSUNTI DELLA STORIA D'ITALIA

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