DA
20 MILIARDI ALL' 1 A.C. |
1 D.C. AL 2000 ANNO x ANNO |
PERIODI
STORICI E TEMATICI |
PERSONAGGI E PAESI |
( QUI TUTTI I RIASSUNTI ) RIASSUNTO ANNO 1920 (8)
VILFREDO PARETO
ANALISI DI
IDEOLOGIE: "I SISTEMI SOCIALISTI"
Nel 1902, apparvero nella "Bibliotheque internationale d'economie politique",
"Les systemes socialiste". A leggerlo e a seguire i suoi
corsi all'Università di Losanna c'è il ventenne emigrante Benito
Mussolini che, pur con alle spalle un apprendistato socialistico, i vari contatti
con l'ambiente anarchico, e con spiccate idee "rivoluzionarie", non
ha ancora un pensiero politico autonomo, come sarà in seguito il Fascismo.
Ma proprio dagli scritti di Pareto, dalle sue lezioni, dai suoi insegnamenti,
Mussolini cerca di trarre vantaggio dal pensiero di "questo economista
borghese"...."che c'insegna a noi socialisti due cose. La prima riguarda
"l'unità" e la seconda la "tattica" del partito"
(Cit. da Avanguardia socialista, n.97, 14 ottobre 1904).
Molti motivi di "Les systemes socialiste" verranno ripresi
e sviluppati da Pareto nel "Trattato di sociologia generale"
che darà alle stampe a Firenze nel 1916 (in Francese nel 1917-1919),
con ristampa nel 1923. Nel frattempo nel 1920 e 1921 Pareto pubblica"Fatti
e teorie", e "La trasformazione della democrazia".
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Riportiamo qui alcuni titoli e alcune significative pagine di "I Sistemi
socialisti".
* PRINCIPI GENERALI - DETERMINISMO SCIENTIFICO
* MOVIMENTI REALI E VITUALI
* INFLUENZE RECIPROCHE FRA LE FORZE DELL'ORGANISMO SOCIALE
* L'ORGANISMO DI GOVERNO E LE RIFORME LEGISLATIVE
* I SISTEMI SOCIALISTI REALI: IL SOCIALISMO DI STATO NELL'ANTICHITA'
* I SISTEMI SOCIALISTI TEORICI: CLASSIFICAZIONE
* PRINCIPALI ARGOMENTI RIFORMATORI
* ARGOMENTI DELL'UNITA'
* ARGOMENTI TRATTI DAI SOFISMI PER ASSOCIAZIONE D'IDEE
* L'ARGOMENTO DELLE PRETESI LEGGI STORICHE
* L'ARGOMENTO CONTRO GLI INTERESSI DEL CAPITALE
* GLI ARGOMENTI TRATTI DALL'IDENTIFICAZIONE DELLA RICCHEZZA DEI METALLI
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* PRINCIPI GENERALI - DETERMINISMO SCIENTIFICO
(Vol.I cap. I pagg. 76-77)
La scienza sociale non esisterebbe se i fatti sociali non presentassero talune uniformità. La constatazione di queste uniformità costituisce la dottrina del «determinismo economico ». Bisogna guardarsi bene dal confonderla col materialismo. Quest'ultimo e una religione poiché pretende dare la soluzione di problemi che sorpassano la scienza.
I partigiani delle dottrine assolute non riescono a rendersi conto del carattere esclusivamente relativo delle ricerche scientifiche; cercando l'assoluto ove non può trovarsi, interpretano queste ricerche e le travestono secondo le loro idee.
Il determinismo scientifico non afferma la necessità assoluta delle uniformità : afferma, ciò che é assai diverso, che uniformità sono state constatate, e che, quando i fatti non sembrano presentarne, questo pare dipendere unicamente dalla nostra ignoranza, poiché fino adesso non abbiamo potuto constatare che altre cause entrassero in gioco. C'è un determinismo che, volendo essere assoluto, diviene falso.
(I sistemi socialisti, vol. I, cap. I, pagg. 76-77).
* MOVIMENTI REALI E VITUALI
(Vol.I cap. I pagg. 77-80)
... Alcuni autori proclamano l'inutilità di ogni ricerca teorica e vorrebbero limitare la scienza a semplici proposizioni descrittive. Perché occuparsi di ciò che é impossibile? Sarebbe come leggere i racconti delle fate! Così una scuola sedicente « storica » sdegna le ricerche dell'economia politica, tiene a vile le dottrine che essa ha la sventura di non comprendere. Tuttavia il semplice buon senso protesta contro queste conclusioni troppo assolute. Tutto quanto non é successo, non lo si nega, non e accaduto perchè era impossibile ma ci sono diversi generi di impossibilità. Gli uni risultano da combinazioni stabili, permanenti che si sono sempre osservate e che, secondo ogni probabilità si osserveranno anche in avvenire; gli altri sono conseguenza di combinazioni accidentali, variabili, che talora si osservano, che talora non si osservano, e che potrebbero benissimo non più riprodursi in avvenire.
Date tutte le circostanze di fatto, Napoleone non poteva vincere a Waterloo, ma questa impossibilità e certo di un genere assolutamente diverso da quella dei combattimenti degli dei sotto le mura di Troia. Non è dunque senza utilità che la strategia studia non soltanto quale è stato il risultato effettivo delle campagne, ma anche quale sarebbe stata la sorte dei belligeranti se certe condizioni ipotetiche si fossero avverate. Essa trae così dal passato insegnamenti su ciò che potrebbe essere l'avvenire. Certo, l'avvenire é determinato ma, dato che non lo conosciamo, è utile sapere almeno quali siano le combinazioni probabili e quali ne saranno gli effetti. Ogni scienza, del resto, si dedica a siffatte ricerche; le scienze sociali hanno tanto più ragione di seguire questa via, che lo stato delle conoscenze degli uomini é uno degli elementi che concorrono a determinare i fenomeni sociali, e questo stato delle conoscenze può essere modificato dalle ricerche scientifiche.
Si può, prendendo a prestito la terminologia delle scienze meccaniche, distinguere anche per le società umane i movimenti reali dai movimenti virtuali. Supponiamo un punto materiale pesante costretto a muoversi su una superficie. La linea che esso percorrerà é interamente determinata. È su questa linea che si compirà il suo movimento reale. Possiamo, per il momento, fare astrazione dalla pesantezza e non lasciar sussistere che la condizione, per il punto, di muoversi sulla superficie. Potrà allora percorrere una linea qualunque sulla superficie; avremo così « movimenti virtuali ». Il loro studio può servire a stabilire le condizioni dell'equilibrio del punto sulla superficie; può anche servire a scoprire certe proprietà della curva effettivamente percorsa dal punto precisamente col confronto fra questa curva e le altre curve che si potrebbero tracciare sulla superficie.
Supponiamo un uomo vivente in una società. L'ambiente nel quale egli si trova, la natura stessa di quest'uomo, altre circostanze diverse determinano le sue azioni nello stesso modo come era determinato il movimento del punto. Facciamo astrazione, per un momento, da una o da parecchie delle circostanze che determinano le condizioni di quest'uomo, avremo allora altre azioni possibili, che corrispondono precisamente ai « movimenti virtuali ». Lo studio di queste azioni possibili è utile per scoprire le condizioni dell'equilibrio ed anche per trovare i caratteri che presentano le azioni reali. E' di questi movimenti virtuali che dovremo specialmente occuparci qui, senza trascurare interamente, tuttavia, i movimenti reali.... (I sistemi socialisti, vol. I, cap. I, pagg. 77-80).
* INFLUENZE RECIPROCHE FRA LE FORZE DELL'ORGANISMO SOCIALE
(Vol.I cap. I pagg. 76-77)
Herbert Spencer ha con molta ragione osservato che i caratteri di un aggregato risultano dai caratteri che presentano le sue parti... Il sistema economico e governamentale di un popolo é, propriamente parlando, il risultato dei caratteri di questo popolo. Ma questa maniera di esprimersi non é perfettamente esatta, poichè questo sistema interviene a sua volta per modificare questi caratteri. Abbiamo qui una serie di azioni e di reazioni, cioè abbiamo un sistema di equilibrio fra diverse forze piuttosto che un fenomeno che possa ridursi ad una causa ed agli effetti di questa causa.
I caratteri degli individui non sono la « causa » che determina i caratteri del sistema di governo, e questo non è nemmeno esso la « causa » che determina i caratteri degli individui, ma fra i due esiste una corrispondenza necessaria; si stabilisce uno stato di equilibrio fra le forze che agiscono e reagiscono le une sulle altre. Occorre ben comprender questo, non soltanto in questo caso particolare ma in generale. Questo punto é assolutamente fondamentale per lo studio delle scienze sociali...
(I sistemi socialisti, vol. I, cap. I, pagg. 81-82).
* L'ORGANISMO DI GOVERNO E LE RIFORME LEGISLATIVE
(Vol.I cap. I pagg. 82-105)
La concezione di un legislatore che modella la società come il vasaio l'argilla é tanto antica che é persino mitologica. Ci sono stati in ogni tempo coloro che si sono immaginati che il governo sia qualcosa di assolutamente distinto dalla società da esso governata; ben peggio ancora: si sono sempre trovati uomini capaci di credere che una certa entità astratta chiamata « stato » aveva una esistenza indipendente della società concreta e che fuggiva ai pregiudizi, all'ignoranza, ai difetti, ai vizi degli uomini. Gli ammiratori dello « stato etico » sognano svegli ed a occhi aperti quando si immaginano che il loro idolo ha creato, modellato, sviluppato le società umane e quando gli attribuiscono ogni sorta di virtù.
Certo se il termine « stato etico » non serve che a designare une entità metafisica, che non esiste fuori dalle loro immaginazione, é loro agevole il dotarlo generosamente di tutte le qualità che vogliono, ma se, con questo termine, intendono indicare qualcosa di reale, per esempio l'assieme dei poteri pubblici, ci si trova allora in presenza di un organismo che partecipa delle qualità buone come delle cattive dell'aggregato, che, a sua volta, può agire per rafforzare tento le une quanto le altre.
Il despote più assoluto non é per lo più che il capo di una oligarchia militare o di una burocrazie. Può certo soddisfare molti propri capricci, me non potrebbe in generale e in un modo permanente governare contro gli interessi della classe dominante. .. A guisa di facezia, si è fatto dire ad un politicante democratico a proposito dei propri partigiani : « Sono il loro capo, bisogna bene che li segua » ; ma più di un imperatore romano ha potuto dire la stessa cosa dei propri pretoriani, e più di un autocrate, come l'Imperatore di Cina, ha potuto dirlo della sua propria burocrazie.... E' quello che non dovranno dimenticare i capi socialisti, nel giorno del trionfo. I loro aderenti vorranno ben altro che bei commenti delle dottrine del Marx, occorrerà fornire loro « panem et circenses », soprattutto «circenses»... In realtà tutti i governi obbediscono essai spesso, anche quando hanno l'aria di comandare. Le riforme, qualunque esse siano, non possono, dunque, essere giudicate se non si tien conto del carattere degli individui ai quali esse devono essere applicate...
Se l'organismo di governo si sviluppasse in mezzo ed un popolo composto di esseri perfetti, i mezzi più onesti e più morali sarebbero anche i mjezzi più efficaci che esso potrebbe adoperare per sostenersi e per prosperare; ma dato che esso si sviluppa in mezzo a uomini, cioè in mezzo ad esseri imperfetti, deve ricorrere a mezzi appropriati e questi esseri e che presentino necessariamente una mescolanze di bene e di male. Bisogna aggiungere che questo organismo é principalmente in rapporto non con individui isolati ma con le « folle »... Un governo deve avere in qualche parte il suo punto di appoggio.
Se si appoggia sulla forza armata, gli occorre fare ai militari una posizione privilegiata, mettendoli al di sopra delle leggi, e distribuendo loro il denaro del paese. Se si appoggia su una oligarchia, bisogna che questa abbia privilegi di ogni sorte, che si arricchisca sia direttamente per mezzo dell'imposte e delle prestazioni che gravano sulla massa, sia indirettamente per mezzo dei monopoli e dei dazi protettori. Se si appoggia sulle masse popolari, gli occorre sacrificare i ricchi, rovinandoli con i processi e le «liturgie», ad Atene, o schiacciandoli con le imposte... Sino a che gli uomini non rinunceranno ed effettuare le lotta delle classi per mezzo delle leggi e con l'aiuto dello Stato, si vedranno necessariamente emanare leggi destinate e proteggere gli interessi di certi cittadini a spese degli interessi di certi altri ; ed esse saranno tanto più numerose e vessatorie quanto più si estenderanno le attribuzioni dello Stato.
Me se tutte le forme di organismi sociali si trovano aver così caratteri comuni, questo non vuol punto dire che questi caratteri abbiano esattamente la stessa influenza su ciascuna di esse. Dire che tutti gli uomini sono soggetti a certe passioni, non vuol dire che essi vi cedano tutti ugualmente. La differenza è principalmente quantitativa, e se, per esempio, Traiano é obbligato a. tener conto degli interessi dei soldati, nessuno vorrà confondere il suo regno con quello di Caracalla. Non bisogna lasciarsi dominare da un sentimento di pessimismo esagerato e condannare in blocco tutte le organizzazioni perché hanno difetti e vizi. Bisogna soltanto ricordarsi che nulla essendo perfetto in questo mondo, né gli uomini, e né le loro organizzazioni, non si devono preconizzare sistemi o prendere misure che tassativamente suppongano una perfezione, che non esiste. Non si potrebbe giudicare un sistema sociale, in una maniera assoluta, con l'applicazione di un piccolo numero di regole di diritto e di etica : non se ne può dare che un giudizio relativo, confrontandolo ad altri sistemi.
Non si ripeterà, dunque, mai abbastanza che, per giudicare una organizzazione é necessario stabilire una specie di bilancio: mettere da una parte il bene, dall'altra il male, e vedere da qual parte penda la bilancia. Certo con tale procedimento si affrontano difficoltà enormi, ma questo è il prezzo del progresso scientifico.
Frattanto non possiamo stabilire questo bilancio che in un modo parecchio grossolano; é sempre meglio di niente e sopratutto questo val meglio che un giudizio angusto, parziale e che vede solo un aspetto delle cose. Ma l'esistenza di queste difficoltà deve renderci molto circospetti, e dobbiamo confessare sinceramente, che, nello stato attuale della scienza, é ben difficile prevedere sicuramente quali saranno gli effetti di una nuova organizzazione qualsiasi. Eppure, questa conoscenza é assolutamente indispensabile per giudicare con sicurezza l'organizzazione proposta. Una discussione preliminare può ben permettere di mettere da parte certi sistemi manifestamente assurdi, ma, fatta questa eliminazione, restano davanti l'uno all'altro sistemi dei quali la imperfezione delle nostre conoscenze scientifiche non ci permette di giudicare con piena conoscenza di causa.
Riassumendo, l'esperienza sola può decidere; non potremo anticipare col ragionamento la conoscenza dei risultati ai quali essa ci condurrà. Questo dubbio scientifico contrasta fortemente con la fede cieca dei partiti, fede che talvolta si esalta ad un tal punto da raggiungere i limiti della allucinazione. Gli uomini sono tanto più sicuri delle loro credenze quanto più sono ignoranti, e la « folla », malgrado i progressi dell'istruzione obbligatoria, resta assai ignorante...
La necessità di ricorrere all'esperienza per giudicare un sistema è un argomento di peso in favore di cambiamenti graduali compiuti solo quando se ne fa sentire la necessità e mai soltanto in vista di una sistemazione teorica. Inoltre é uno dei più forti argomenti che si possano portare in favore della libertà, quando si stabilisce il bilancio dei vantaggi e degli inconvenienti di questa libertà. Soltanto esseri infallibili potrebbero sostenere che le misure coercitive da loro proposte, per obbligare la società a seguire una certa strada, non impediranno di raggiungere uno stato migliore al quale si potrebbe per altra strada pervenire.
Tutto ciò che possono chiedere i novatori, se si propongono di ottenere il massimo di benessere per la società, è che si permetta loro di sperimentare il proprio sistema. Ma la « libertà » che essi reclamano é il più spesso assai diversa. Vogliono che una maggioranza più o meno reale, più o meno fittizia, imponga colla forza la riforma desiderata. Altra volta non era alla maggioranza che essi facevano appello, ma si appellavano al principe.
Bisogna obbligare la gente ad essere felice suo malgrado. I mezzi cambiano, lo scopo resta. I dragoni di Luigi XIV purgavano la Francia dei protestanti, e la ghigliottina la sbarazzava degli aristocratici, dei Brissottini, dei Girondini e di ben altri insieme. Adesso gli uni vorrebbero tagliarne fuori gli ebrei, i liberi pensatori, i protestanti, i frammassoni, i « senza patria », gli internazionalisti, e altre sette che sarebbe troppo lungo enumerarle; altri, invece, vogliono convertire per forza i cattolici, o, almeno, impedir loro di occupare gli impieghi del governo, altri, poi, sdegnando queste intestine baruffe della borghesia, si
accontenterebbero di sterminare i padroni ed i capitalisti, ciò che, non c'é da dubitarne, ricondurrebbe sulla terra l'età dell'oro...
Persuase di possedere la verità assoluta, le sette non tollerano la contraddizione, nemmeno sotto la forma di un dubbio; esigono regole generali, universali e sono lì lì per reputarne criminosa ogni eccezione. (I sistemi socialisti, Vol. I, Cap. I, pagg. 82-105).
* I SISTEMI SOCIALISTI REALI: IL SOCIALISMO DI STATO NELL'ANTICHITA'
(Vol.I cap. III pagg. 154-173)
Non si osservano in Grecia le prime due classi del socialismo, cioè quelle nelle quali ogni proprietà o soltanto la proprietà dei mezzi di produzione é attribuita alla collettività. Vi si osserva, come del resto, anche nelle nostre società, la terza classe, cioè il socialismo di stato; ma soprattutto vi si trova la spogliazione diretta dei cittadini, gli uni a danno degli altri. A questo riguardo la somiglianza con le repubbliche del Medio Evo é tale che colpisce... In Grecia verso il III ed il II secolo av. Cristo « vi fu - dice P. Guiraud - una vera orgia di spogliazioni... molte città furono per molto tempo sconvolte, come Cineta d'Arcadia, dagli assassini, dalle spogliazioni, dai saccheggi ». Il male del resto, era più antico. Teognide di Megara ci descrive questo stato di cose : « Ma quando i tristi diventano violenti, corrompono il popolo, dànno sentenze inique nell'interesse della loro fortuna e della loro potenza. Non sperare che questa città sia lungamente tranquilla, anche se lo é al presente, poiché i malvagi fruiscono dei guadagni che provengono da pubbliche sventure (44/50) », « La violenza - dice più oltre, (1103) - ha perduto Magnesia, Colofone e Smirne ». Egli stesso era stato spogliato dei suoi beni. Del resto, a Megara la democrazia e l'oligarchia continuano ad alternarsi, ugualmente ingiuste e violente. Aristotile segnala come una delle cause più frequenti delle rivoluzioni il fatto che i demagoghi, " per ottenere i favori del popolo, commettono ingiustizie e spingono i notabili a rivoltarsi, domandano di dividere i beni o li caricano di « liturgie », talora li calunniano per confiscare a vantaggio del popolo i grandi patrimoni » (Poi. V, 5, 3) ».
Esattamente le stesse aspirazioni, esistono ancora nel nostro tempo. Gli uni chiedono che si spoglino tutti i « borghesi » ; altri si limiterebbero a spogliare gli ebrei, altri i protestanti, altri i cattolici e soprattutto le congregazioni religiose. Nel 1901 fu presentato alla Camera francese un progetto per la « revisione » delle grandi fortune.
Polibio (IV, 9, 4) parlando dei diversi regimi che si sono seguiti, dice : « Fino a che restò qualcuno di coloro che avevano provato la potenza e la dominazione degli antichi regimi, non si metteva nulla al disopra della uguaglianza e della libertà ». È quello che é successo, ai nostri tempi. Si son rovesciati, mutati, modificati i vecchi governi in nome della libertà. Sembrava allora che si fosse raggiunto quanto si poteva desiderare. Ma la scena non tardò a mutare, ed oggi molti parlano della libertà con disdegno: sono i beni altrui che si vogliono.
Polibio si mostra buon osservatore per il suo tempo, e forse, quantunque la storia non si ripeta mai, si troverà un giorno ch'egli era un po' profeta quando diceva (Ivi, 8) : «Quando il popolo si è abituato a vivere dei beni altrui ed a riporre la sua speranza nell'altrui fortuna, se ha un capo audace, che la povertà escluda dal governo, lo porta violentemente al potere. Dopo di che avvengono omicidi, espulsioni, divisioni delle terre».
Atene sfuggì in parte a questi mali, perché la spoliazione privata vi era sostituita dai provvedimenti, assai meglio ordinati, del socialismo di stato. Ma anche questo finì per dare i suoi frutti e per produrre la rovina della città.
Il marxismo non mira che alla trasformazione del capitale privato in capitale collettivo; il capitale per se stesso non verrebbe distrutto; ma il socialismo di stato, occupandosi di spogliare i ricchi senza pensare a ricostituire sotto la forma collettiva ciò che distrugge sotto la forma privata, deve necessariamente arrivare presto o tardi all'impoverimento del paese. Bisogna, infatti, notare che, data una condizione tecnica e sociale della produzione, le diverse specie di capitali, cioè i capitali fondiari, mobiliari e personali, non possono combinarsi in qualsiasi proporzione, ma per produrre il massimo effetto devono combinarsi in proporzioni che, pure senza essere assolutamente fisse, abbiano a variare soltanto in stretti limiti. Ne consegue che, dato lo stato di equilibrio, se si riduce violentemente la quantità di una di queste tre specie di capitali, per esempio dei capitali mobiliari, gli altri capitali non possono più essere ugualmente bene utilizzati, la produttività generale diminuisce e, con essa, il consumo : la miseria aumenta.
Questo risultato é confermato da altri fatti... Supponiamo che, data una curva di ripartizione dei redditi, vengano espropriati tutti coloro che hanno un reddito superiore a un certo limite; sembrerebbe che la ripartizione dei redditi dovesse restarne alterata per molto tempo. Si può ammettere che l'ineguaglianza dei caratteri fisici e mentali degli uomini finirà per ristabilire l'ineguaglianza dei redditi; ma occorreranno per ciò almeno alcune generazioni.
In realtà, un altro effetto si produce assai più rapidamente e tende a ristabilire l'equilibrio turbato. I redditi delle classi ricche servono in parte a conservare e ad aumentare il capitale mobile; é ciò che ben vide Marx quando dice che il capitale é un agente fanatico dell'accumulazione; e soprattutto questi redditi costituiscono quella parte di capitale mobile che, impiegati in speculazioni ardite, apre nuove vie alla produzione. Dunque se questi redditi sono soppressi, senza, d'altra parte, che si pensi a sostituirli coi redditi di un capitale collettivo, la somma totale del capitale mobile andrà soggetta ad una riduzione; con ciò le proporzioni dei capitali saranno cambiate, la produzione sarà di conseguenza diminuita, e tanto maggiormente in quanto si é soppressa precisamente una delle parti più produttive del capitale mobile. La diminuzione generale della produttività si traduce con una riduzione generale dei redditi. Così se sono soppressi i redditi elevati, si é tagliata la parte superiore della curva e senza volerlo si é prodotto in pari tempo la riduzione dei redditi meno elevati ; tutta la parte inferiore della curva si abbassa e di conseguenza la curva stessa finisce per riprendere una forma somigliante a quella che aveva prima, con la differenza che tutti i redditi si trovano ridotti...
Il socialismo di stato si é sviluppato come un parassita, che, attaccandosi ad un essere forte e vigoroso, può prosperare qualche tempo senza troppo indebolire la sua vittima. L'aumento della produttività dell'industria e dell'agricoltura procedette più rapido della distruzione dei prodotti da parte dello Stato; e così il risparmio ha potuto ricostituire i capitali falciati dallo Stato, ed anzi aumentarli. Ma nulla prova che questa compensazione debba avverarsi indefinitamente e che la nostra società abbia ad evitare interamente la decadenza, dalla quale, appunto perché la compensazione in parola cessò di verificarsi, furono colpiti altra volta Atee e l'impero romano. Si é molto discussa la questione della progressività delle imposte in Atene. La teoria di Boekh, secondo cui l' « eisfors » era un'imposta nettamente progressiva, ha trovato valenti contraddittori. Per il soggetto che ci occupa, non abbiamo bisogno di prendere partito in quella questione. Quali che fossero in diritto le imposte, nel fatto i prelevamenti, operati sul patrimonio dalle imposte o dalle « liturgie » più o meno volontarie, erano certamente progressivi. Ora sono unicamente questi prelevamenti totali che abbiamo a considerare... La distruzione di ricchezza compiuta in Atene, era tanto più dannosa in quanto il paese aveva maggior bisogno di capitali mobiliari. Il tasso elevato dell'interesse dimostra come fosse considerevole la sproporzione tra la quantità di capitali mobili esistenti e la quantità della quale abbisognava la produzione Anche vari fatti particolari lo indicano.
Nel piccolo trattato dei « Redditi » di Senofonte, si fa parola di risorse che lo stato dovrebbe procurarsi, per aumentare la produzione. Anche per lo sfruttamento delle miniere mancava il capitale. « Perché - chiede Senofonte - non si aprono attualmente nuove miniere come un tempo? Perché, - egli dice - gli sfruttatori delle miniere sono troppo poveri ». Guidato dall'osservazione dei fatti, Senofonte vide molto bene come le produzioni, che presentano una alea notevole, non possano essere intraprese che da gente ricca. Egli spiega come gli sfruttatori, se sono poveri, non possono correre il rischio di nuovi lavori; «Chi trova una buona miniera si arricchisce, ma chi ne trova una cattiva perde tutto ». Se i ricchi non fossero stati rovinati con la imposta e le "liturgie", se si fosse lasciato formarsi il risparmio, vi sarebbero stati patrimoni abbastanza considerevoli per potere sopportare, senza essere completamente distrutti, gli effetti delle cattive contingenze, e che avrebbero potuto compensarli con quelli delle eventualità favorevoli.
Senofonte espone un progetto, che per certi aspetti avrebbe reso collettivo il capitale delle miniere. Del resto tutto quel trattato tende ad addossare allo stato il carico di costituire il capitale necessario alla produzione, che i privati non potevano fornire. Realizzare questa tendenza sarebbe stato ancora il minore dei mali. Ma la democrazia ateniese si ingolfò viceversa sempre maggiormente nel socialismo, distruggendo il capitale sotto la forma privata senza ricostituirlo sotto la forma collettiva. E la decadenza fu pronta e senza rimedio... Certo i mali della guerra vi ebbero grande parte; ma nemmeno sotto la «pax romana », che di Cartagine interamente distrutta rifece una fiorente città, Atene poté rialzarsi nei riguardi economici; e di un passato glorioso non restarono che abitudini di parassiti.
La decadenza dell'impero romano ci offrirà un altro esempio dei mali derivanti dalla riduzione dei capitali mobili... Non abbiamo qui intenzione di studiare tutte le cause di decadenza dell'impero, vogliamo soltanto notare che parallelamente al fatto della consunzione, della scomparsa delle «élites », senza che fossero sostituite da altre di merito uguale, si osservava pure un fatto di capitale importanza : quello della distruzione, su larga scala, di capitali mobili. I due fatti hanno del resto una interdipendenza reciproca.
Se il socialismo di stato non avesse rovinato le « élites » nascenti, queste avrebbero finito per essere sufficientemente forti per spezzare le barriere che venivano loro opposte; se queste barriere non fossero esistite, le « élites » nascenti avrebbero finito per impedire lo sperpero della ricchezza.
La «pax romana » aveva aumentato la produzione della ricchhezza e favorito la formazione e la conservazione del risparmio, da ciò la prosperità dei primi tempi dell'impero.
E' così che attualmente i progressi tecnici ed economici della produzione ebbero gli stessi effetti e produssero la prosperità presente delle nostre società. Ma nello stesso tempo che nello impero romano cresceva la ricchezza si procedeva a distruggerla, come attualmente accade in proporzioni altrettanto crescenti. Venne un giorno per l'impero romano, e un fenomeno simile potrebbe prodursi per le nostre società, in cui lo sperpero del risparmio ne superò la produzione. Fu questa per l'impero una delle cause più efficaci di decadenza. Spese più o meno volontarie, fatte per contribuire al benessere o al divertimento del popolo, esaurivano i redditi delle classi più ricche dell'impero romano, come le « liturgie» in Atene... La distruzione dei patrimoni rese sempre più di diffifcile il reclutamento dei "curiales", sui quali ricadevano troppo gravi spese...
Vi era ancora di peggio. I proprietari, schiacciati dalle sempre crescenti imposte, necessarie per far le spese del socialismo di stato e degli sperperi degli imperatori, abbandonavano le loro terre e cessavano di coltivarle. L'attuale socialismo di stato avvia le nostre società verso una situazione analoga, cercando di rovinare i capitalisti con l'imposta progressiva o con altri simili provvedimenti, e di far scomparire gli imprenditori col mezzo degli scioperi e d'innumerevoli misure vessatorie, che restringono la libertà dell'industria e del commercio e ne aumentano gli oneri.
Gli imperatori si occuparono molto del danno che veniva allo Stato dai « deserti agri ». Il solo rimedio efficace sarebbe stato diminuire i pesi dell'agricoltura, moderare alquanto la distribuzione dei capitali mobiliari compiuta dal socialismo di stato. Non volendo e non potendo mettersi per questa via, gli imperatori ricorsero a provvedimenti il cui numero stesso attesta la perfetta inutilità.
Da un lato si cercò di procurare la mano d'opera all'agricoltura. Perciò le misure che rinforzano l'istituto colonico, che attaccano l'uomo alla gleba; perciò le distribuzioni di prigionieri barbari ai proprietari di fondi. D'altro lato si cercarono nuovi proprietari per le terre abbandonate. Pertinace permise al primo occupante di coltivar le terre abbandonate dal fisco, con esenzione d'imposta per dieci anni. Una costituzione di Valentiniano e Valente parla di terre deserte, occupate a condizione di certe immunità.
Ma questa occupazione volontaria di terre era lungi dal bastare; e siccome per il fisco si trattava, innanzi tutto, di trovare chi pagasse le imposte, si immaginò di forzar la gente a diventar proprietari! Così i nostri socialisti, con l'arbitrato obbligatorio in caso di sciopero, vogliono costringere un imprenditore a proseguire la sua industria in condizioni che egli giudica disastrose. In un modo o nell'altro, l'imposta relativa alle terre abbandonate doveva rientrare. Aureliano ordinò che i « curiales» dovessero incaricarsi dei beni deserti esistenti nel territorio della loro città. Costantino aggiunge che se questi curiali non sono solvibili, spetterà a tutti i proprietari pagar le imposte per i beni abbandonati.
È evidente come tali provvedimenti non fossero atti che a far peggiorare il male che si voleva guarire... Questi non sono che casi particolari di un fenomeno pressoché generale. Quando certe misure producono inconvenienti, si aggravano queste misure, in luogo di tornare indietro. Ciò aggrava gli inconvenienti, e si é costretti di nuovo ad aggravare le stesse misure. Si continua così di seguito indefinitamente. Tale l'alcolizzato, in luogo di ridiventar sobrio, chiede l'oblio dei mali, che egli stesso si procura, a dosi sempre crescenti di alcool..,,
Il fenomeno si ripete in molti paesi : nell'antica Atene, nell'impero romano, nella repubblica di Firenze, quando vi fu isttuita la imposta progressiva; ricompare ai nostri tempi, ove le classi popolari, tenendo il potere politico, se ne servono per spogliare le classi ricche; il che del resto non é molto diverso da quanto si vede là dove al contrario sono le classi ricche che spogliano le povere...
(I sistemi socialisti, Voi. I, Cap. III, pagg. 154-173).
* I SISTEMI SOCIALISTI TEORICI: CLASSIFICAZIONE
(Vol.I cap. III pagg. 263-268)
Numerosissimi sistemi socialisti sono rimasti semplici concezioni spirituali che non ebbero mai alcuna applicazione pratica; e se talvolta si sarebbe tentati di riconoscerne talune fra i regimi esistenti, un più approfondito esame non tarda a dimostrare che si tratta di organizzazioni sviluppatesi spontaneamente e che si cerca giustificare « a posteriori » con considerazioni teoriche...
Non bisogna credere, poiché ci fermeremo lungamente ad esaminare il valore logico di certe concezioni, che questo valore abbia una grande importanza pratica. In questo studio procediamo come il grammatico che studia la morfologia omerica; in fondo questa morfologia non ha che pochi o punti rapporti con la bellezza dei poemi omerici che sono piaciuti a tante generazioni per tutt'altri motivi che quello dell'uso di questa o di quella forma verbale.
Abbiamo visto che le organizzazioni socialiste erano caratterizzate dal fatto che esse riducevano a un minimo la proprietà privata. Possono essere, secondo la loro forma, disposte in tre categorie : 1) I sistemi religiosi ; 2) I sistemi metafisici ; 3) I sistemi scientifici.
Ben inteso, questa classificazione, come la maggior parte delle classificazioni scientifiche, non ha nulla di assoluto e buon numero di sistemi appartengono, in parte, ad una categoria, in parte ad un'altra.
I sistemi religiosi si propongono di stabilire un genere di vita che é supposto gradevole alla divinità o che, per parlare in modo più generale, é in armonia con certi sentimenti religiosi. Bisogna, infatti, ben notare che questi sentimenti possono ben esistere senza che abbiano per oggetto la forma concreta di una divinità personale. Il buddismo ne è un esempio; il « positivismo », almeno quale nei suoi ultimi anni lo concepiva Augusto Comte, ne é un altro. Questo « positivismo » ha più tratti comuni col cattolicismo; ed ha, d'altra parte, un culto assai complicato. Inoltre, ricorre spesso alle concezioni metafisiche. E' un sistema misto che può essere collocato, a seconda del punto di vista nel quale ci si mette, nella prima o nella seconda delle categorie che abbiamo appena fissate.
I sistemi religiosi, simili ai sistemi metafisici, mettono al secondo piano la parte economica della organizzazione, la felicità terrestre dell'uomo. Non é che neghino che questa felicità possa essere raggiunta, ma non lo sarà che in una maniera accessoria, mentre lo scopo cui si mira é altro.
I metafisici antichi hanno cercato di provare l'identità della felicità e della saggezza, come essi la intendevano. Era, a lor dire, impossibile che il saggio fosse infelice. Aristotile stabilisce che la migliore amministrazione della città é quella che assicurerà a tutti la più grande quantità di felicità, e che la felicità consiste nel far uso della virtù, non della virtù sotto condizioni, ma della virtù semplice, avendo quest'ultima per scopo il bello ed il buono.
Come tipi dei sistemi religiosi si possono citare parecchi sistemi... come quelli dei monaci buddisti, dei monaci cattolici, dei Shaker.
I sistemi metafisici si propongono regolare la condotta dell'uomo secondo certi principi che, come d'altra parte i princìpi religiosi, sfuggono alle sanzioni dell'esperienza; ma la metafisica si rivolge alla ragione, mentre la religione parla al sentimento. « La « repubblica » di Platone é l'archetipo dei sistemi metafisici.
I sistemi scientifici cercano la felicità degli uomini su questa terra, e usano, o almeno cercano di usare, l'osservazione, l'esperienza e la logica.
Ci si può naturalmente ingannare anche seguendo questa strada, sia perché le osservazioni sono imperfette ed erronee, sia perché il ragionamento non é probante, ma si tratta di errori nella applicazione del metodo e non che sia errato il metodo stesso.
Tipo di tali sistemi è il socialismo detto « marxista » almeno nella parte teorica. In pratica, la ragione fa posto a sentimenti che si possono ascrivere nel numero dei sentimenti religiosi.
Se lasciamo da parte, per un momento, il socialismo di stato, e se raccogliamo la nostra attenzione soltanto sulle tre classi appena indicate, vedremo che di tutti i sistemi che esse comprendono, i sistemi religiosi sono quelli che hanno avuto il maggior numero di applicazioni pratiche.
Questo fatto é notevole; conferma l'osservazione che, per cambiare una organizzazione sociale, bisogna cambiare anche i1 carattere degli uomini.
Ora, la passione religiosa è una delle più grandi forze che possano effettuare questo cambiamento. La sola i cui effetti siano ugualmente intensi, in senso contrario, che quelli dell'istinto egoista che spinge l'uomo a procurarsi il massimo di godimento col minor sforzo possibile.
Sotto questo rapporto, lo si può solo confrontare coll'amore sessuale; che gli resta molto inferiore sotto altri rapporti, perchè si estende molto meno nel tempo e nello spazio. L'amore sessuale non opera, infatti, che durante un periodo assai corto della vita e non impone sacrifici che per una sola persona o un piccolo numero di persone. Di questo genere é anche l'amore materno, notevolmente sviluppato presso un gran numero di animali. Altre passioni, come l'amor di patria, amore che si confonde spesso coi sentimenti religiosi, la devozione ad una casta, l'orgoglio, la vanità possono del pari prevalere sul sentimento dell'egoismo. Ma se i loro effetti possono essere intensi per alcuni individui e per un lasso di tempo più o meno lungo, non é che eccezionalmente che essi si estendono a tutti gli uomini di una contrada e a tutta un'epoca.
I sistemi metafisici non hanno alcuna applicazione pratica o quasi nessuna. Servono al massimo, come nel caso del socialismo di stato, a giustificare « a posteriori » applicazioni che hanno tutt'altra causa. La metafisica é una passione che non domina se non un piccolissimo numero di filosofi e che non opera assolutamente sulla maggior parte degli uomini.
Quanto ai sistemi scientifici, non bisogna lasciarsi indurre in errore dai grandi progressi del marxismo. Guardandovi da vicino si vede che questi progressi, nelle masse popolari, sono avuti in gran parte ad un entusiasmo riflesso, che rientra nella categoria dei sentimenti religiosi, piuttosto che ad una persuasione scientifica. Quante persone fra quelle che si chiamano marxiste » hanno letto e compreso « Il capitale » di Carlo Marx? La proporzione non differisce forse molto da quella che si otterrebbe cercando quante persone, fra quelle che si dicono cattoliche, hanno letto e meditato i libri santi.
Anzi, se consideriamo il fenomeno obiettivo, tutti o quasi tutti i sistemi socialisti sono sistemi religiosi prendendo questo termine in un senso molto largo. Questa proposizione, d'altra parte, non è probabilmente che un caso particolare di una proposizione più generale, poiché i sentimenti religiosi sono la base tutti i sistemi sociali esistenti. Se noi consideriamo il fenomeno soggettivo, i sistemi socialisti metafisici ed i sistemi scientifici prendono una grande importanza, non sole dal punto di vista dei sistemi ideali ma anche da quello dei sistemi pratici, poiché gli uomini che in realtà cedono a un sentimento religioso, si immaginano di essere, al contrario, guidati dalla loro ragione nella scelta di uno di questi sistemi metafisici o scientfici...( I sistemi socialisti, Vol. I, Cap. III, pagg. . 263-268)
* PRINCIPALI ARGOMENTI RIFORMATORI
...( I sistemi socialisti, Vol. I, Cap. VI, pagg. . 269-393)
* a) ARGOMENTI ARISTOCRATICO
Si può designare sotto il nome di «argomento aristocratico» in virtù del quale si afferma che i « migliori » debbono governare, o che, in una maniera più generale, nella organizzazione sociale ogni impiego deve essere affidato all'uomo « migliore e più competente ». ...Parecchi punti sono da osservare :
1) Si può mancare per ignoranza, ma si può anche mancare per interesse. La competenza tecnica può far evitare il primo male, ma nulla può contro il secondo. Il sindacato dei fornai sarà, forse, capace, e occorre anche in questo rare numerose restrizioni, di produrre pane nelle migliori condizioni possibili, ma é anche capace di farselo pagare il più caro possibile....2) Ci sono diversi generi di competenza. Spesso, in una impresa, la competenza tecnica non solo differisce ma si oppone alla competenza finanziaria...
3) La competenza tecnica é spesso unita alla pedissequa abitudine. Tutti i corpi costituiti, come le corporazioni, le accademie, le società scientifiche, le società politiche, ecc., hanno spiccata tendenza a chiudersi in certi dogmi, a immobilizzare l'arte o la scienza, a respingere le innovazioni o almeno certe innovazioni... La maggioranza degli inventori non soltanto uscivano dalle file degli « incompetenti », ma sono stati spesso considerati come non troppo ragionevoli...
4) La bontà morale, quando si tratta di organizzazione sociale, é ancora assai più difficile a cogliere che la competenza...
5) Finalmente in questo caso, come per le proposizioni a base metafisica, si dimentica che la felicità é essenzialmente soggettiva. Che cosa importa ad un europeo avere, per preparargli il pranzo, un provetto cuoco cinese, se la cucina cinese gli dispiace? I nostri asceti moderni dimenticano un po' troppo che non si può obbligare con la forza la gente ad essere felici.. Senofonte (Mera. III, 9) presenta Sodate che predica la scelta del migliore... Ahimé!, queste teorie non hanno che rapporti ancora indecisi con la realtà, e per il momento non si conosce altro mezzo di scegliere gli uomini che quello di provare che sanno fare, mettendoli in concorrenza gli uni con gli altri... Quanto alla scelti degli uomini, il Comte non fa fare alcun progresso alla dottrina di Platone; sfiora con la maggior leggerezza possibile ciò che costituisce la principale difficoltà delle organizzazioni aristocratiche e, non potendo risolvere questa difficoltà, cerca semplicemente di dissimularla... I Sansimoniani non danno nessuna nuova soluzione del problema della scelta degli uomini. Soltanto chiamano «istituzione sociale » quella che Platone chiamava « magistrati » e il Comte « potere spirituale »... Morelly ha immaginato, per scegliere i capi della sua società comunista, un sistema di rotazione...
La povertà d'immaginazione dei riformatori, quanto ai sistemi della scelta degli uomini, é notevole. Torniamo sempre allo stesso punto. Incapaci noi stessi di risolvere il problema della scelta degli uomini ci scarichiamo di questa cura sul caso, su un sistema di rotazione, su un corpo speciale o su un individuo; sui « magistrati » di Platone, sul « prete sociale » di Saint Simon, sul «potere spirituale» di Augusto Comte, ecc. Ma chi ci assicura che questa gente avrà i lumi che ci mancano? E che, avendoli, ne faranno uso? « Sed quis custodiet custodes? »... Certo, se si ammette che si possono dare un individuo o individui dotati di omniscienza, infinitamente virtuosi e infinitamente buoni, ciò che ci sarà di meglio da fare sarà rimettere ogni potere nelle loro mani, e l'esposizione del sistema di organizzazione sociale sta tutto in queste poche parole.
Tutt'altro é il problema reale. Consiste nel trovare la maniera di effettuare la scelta meno cattiva che sia possibile fra uomini imperfetti, cioè più o meno ignoranti, più o meno viziosi, quali insomma li conosciamo...
b) ARGOMENTO DELL'UNITA'
Se conoscessimo la migliore soluzione di un problema, è evidente che ci converrebbe adottarla uniformemente, avere un procedimento unico senza introdurre varianti in questa materia. Così, per esempio, sappiamo che per ottenere la superficie di un rettangolo basta moltiplicare la sua base per la sua altezza... Sul terreno concreto delle arti, ignoriamo sempre o quasi sempre per l'unità della soluzione e tale unità non é vantaggiosa.. Questa unificazione tende anche a prodursi sotto l'influsso della concorrenza, che sostituisce la scelta « a priori » con la scelta «a posteriori» o che, in altri termini, applica il metodo sperimentale... Ma esiste un altro metodo più perfetto, un altro mezzo di ottenere lo stesso risultato a un minor prezzo? Ecco il problema da risolvere... Alla domanda testé fatta i riformatori rispondono sì. Sono tanto più inclini a farlo in quanto non brillano, in genere, per un eccesso di modestia e in quanto la loro scienza è, almeno a loro avviso, estremamente estesa. Come mai uomini così straordinariamente dotati potrebbero ignorare la miglior soluzione da dare ad ogni problema particolare?... Ogni nuovo riformatore non riflette abbastanza che se i suoi predecessori fossero riusciti a «unificare» l'organizzazione sociale, egli non avrebbe potuto avanzare il suo sistema.
Se la società si fosse cristallizzata nelle forme che voleva Platone, non avremmo avuto le opere dei Rousseau, del Morelly, del Fourier, del Comte, il che non sarebbe stato forse una grande sventura, ma saremmo stati anche privati delle opere del Galilei, del Newton, del Lavoisier, del Watt, del Darwin, ecc., e - questo non sarebbe stato a nostro vantaggio... Gli antichi riformatori nelle nostre società e, sino a questi ultimi tempi, i riformatori Cinesi, obbiettavano che essi non innovavano, ma che non facevano che ritornare all'antica unità, dalla quale i loro contemporanei si erano allontanati. I nostri riformatori moderni hanno altra risposta. Si sono impadroniti della concezione dell'evoluzione e più o meno la applicano alle loro dottrine, le dottrine del passato erano buone per i tempi nei quali esse si sono prodotte, la dottrina del riformatore é buona per il tempo nel quale questo riformatore vive. Del resto, questa idea aveva corso ben prima che si parlasse correntemente di evoluzione. Ecco come si esprimono i Sansimoniani : «Il mondo attendeva un salvatore ...È apparso Saint Simon ». -Mosé, Orfeo, Numa hanno organizzato i lavori materiali - Gesù Cristo ha organizzato i lavori spirituali; - Saint Simon ha organizzato i lavori religiosi. -
Dunque Saint Simon ha riassunto Mosé e Gesù Cristo... Adesso si risale assai più lontano che a Mosé : é dalla ipotetica nebulosa solare in poi che seguiamo l'evoluzione sino a che essa riceva il suo degno coronamento con l'avvento inevitabile del collettivismo. L'unità statica si cambia, dunque, in una unità dinamica.
L'unificazione si estende nello spazio ma non nel tempo. Ogni epoca deve avere una organizzazione unificata, ma l'organizzazione di una epoca può, e persino deve spesso differire da quella di un'altra. C'é, tuttavia, una tendenza a mettere un termine a questo ciclo quando si perviene alla organizzazione desiderata dai riformatori. Il regime feudale doveva generare il regime borghese, questo deve fatalmente cambiarsi nel regime collettivista; ma arrivati qui, ci si ferma. Quando il mondo avrà fatto
questo sforzo, si riposerà... Presentato in questo modo, l'argomento della unità conduce ad una assurdità manifesta; ma non dobbiamo fermarci alla superficie, dobbiamo cercare di arrivare al fondo delle cose e vedere se le esagerazioni dei partigiani di questi principi non nascondano qualche verità.
Prima di tutto, c'é una verità soggettiva. In molti animali e nell'uomo esiste un sentimento che rende estremamente penose e spiacevoli certe dissomiglianze fra l'aspetto o la maniera di essere di un individuo e quella della generalità... C'é, di poi, nell'argomento dell'unità una verità obiettiva, che ha ispirato il precetto cattolico: « In necessariis unitas, in dubiisi libertas, in omnibus charitas ». In certe cose l'unità é quasi indispensabile, in altre essa é assai utile; questo darebbe ragione ai partigiani esclusivi della uniformità; ma bisogna aggiungere che in altre cose questa uniformità é indifferente e che in altre ancora essa é decisamente nociva. La difficoltà non risiede dunque nel riconoscerne l'utilità ma nel sapere precisamente quale sia il limite in cui questa utilità cessa ed in cui la uniformità comincia
i diventare nociva...
* c) ARGOMENTI TRATTI DAI SOFISMI PER ASSOCIAZIONE D'IDEE
Nella teoria della ricchezza non guadagnata, dell' « unearned increment », l'associazione delle idee ha una parte grande. E', soprattutto, la « rendita economica » che si ha di mira adoperando il termine «unearned increment», ma, in fondo esso può applicarsi ad ogni ricchezza che non sia il frutto del lavoro.
L'uso di questo termine ha per scopo di riassumere una certa teoria, e di riassumerla in una maniera abbastanza vaga perché essa sfugga ad una analisi rigorosa che ne farebbe vedere l'inanità. Questa teoria afferma che é legittima solo la ricchezza che é il prodotto del lavoro; quella che non ha questa origine non é stata guadagnata, e di qui il termine di « unearned increment », e di conseguenza non é legittima, né giustamente acquisita.
Bisogna, dapprima, osservare che questa teoria é accettata in un senso ed applicata in un altro. La si accetta nel senso morale. Per quanto si parli del lavoro, si ha di vista lo sforzo. L'uomo che compie questo sforzo merita una ricompensa, non ne merita alcuna se non compie alcun sforzo. Si applica la teoria nel senso economico, cioé al lavoro, allo sforzo, si sostituisce il risultato ottenuto, ciò che é ben lungi dall'essere la stessa cosa. Un calzolaio inabile o distratto può vedere i suoi sforzi non riuscire che a sciupare il cuoio che gli viene consegnato, mentre un altro ne farà un buon paio di scarpe; ora in realtà, sono le scarpe che si pagano senza preoccuparsi dello sforzo... Inoltre questa teoria riposa su un errore, che si trova del resto all'origine di parecchie altre consimili teorie. Si suppone implicitamente che si possa separare nel prodotto la parte che spetta a ciascuno dei fattori della produzione; ciò che non é. Per avere la luce, occorre una lampada, uno stoppino, l'olio. È assolutamente impossibile dire quale parte della intensità luminosa spetti a ciascuno di questi elementi.Per avere un vitello, occorre un toro ed una mucca; provatevi un po' a determinare quale parte del vitello spetta al toro, e quale parte alla vacca ! Per ottenere una certa produzione economica, occorre l'uso del suolo, dei capitali mobili, del lavoro. Non si saprebbe determinare la parte di ciascuno di questi elementi nel prodotto, e tutti i tentativi, che sono stati fatti in questo senso, non si basano che su sofismi. Occorre, inoltre, notare che le cose da noi testé indicate con un solo termine : « suolo », « capitali mobili», « lavoro » sono, in realtà, assai complessi e multipli. Non c'é, per esempio, un solo lavoro : ve ne é un gran numero.
Un uomo taglia un abito, un altro lo cuce. Come distinguerete voi nell'abito la parte di ciascuno? Ora, se voi non pervenite a fare esattamente questa partizione, ne risulterà certamente che un uomo avrà più di quello che gli spetta e l'altro meno; il primo godrà di un « unearned increment ». Inoltre il prezzo di un prodotto dipende da una folla di circostanze estranee assolutamente al lavoro... I falegnami, che lavoravano a preparare la esposizione di Parigi, guadagnavano 8 fr. al giorno. I falegnami, che compiono un lavoro almeno equivalente in Italia, non guadagnano che 4 fr. al giorno. Se noi ammettiamo, ciò che a vero dire nessuno sa, che tutti questi falegnami compiono lo stesso sforzo, c se noi prendiamo come base della rimunerazione, ciò che guadagnano i secondi, troveremo che nel salario dei primi c'é un « unearned increment » di 4 fr... Queste considerazioni non sono neppure estranee all'uso del termine « plus-valore », « Mehrwerth » ; presso Marx ed altri autori, é la stessa cosa per i termini «sopralavoro» ed altri simili. Una gran parte dei ragionamenti di Marx convincono precisamente grazie alle associazioni di idee che questi termini portan seco. « La produzione di plus-valore non è, dunque, altra cosa che la produzione di valore, prolungata al di là di un certo termine. Se il processo del lavoro non dura che fino al punto in cui il valore della forza di lavoro pagata dal capitale é sostituita da un equivalente nuovo, c'é semplice produzione di valore; quando sorpassa questo limite, c'e produzione di plusvalore ». (II Capitale, I, pag. 83, Cap. 7, trad. francese). Il « sopralavoro » é il lavoro necessario a produrre il « plus-valore »...
Ma si potrebbe facilmente rovesciare questo ragionamento. Per esempio, una società cooperativa di produzione contrae un prestito con gente che ha risparmiato. Paga come affitto di questo risparmio una certa somma che é necessaria perché il risparmio si costituisca e perchè esso si trasformi in capitale. I lavoratori appartenenti a questa società cooperativa hanno, dunque, acquistato « la forza del capitale » come il capitalista aveva acquistato « la forza del lavoro ». Per produrre questo affitto basterebbe adoperare il capitale (volendo concretare la concezione far lavorare le macchine comperate col risparmio preso in affitto) un certo numero di ore, per esempio quattro ore al giorno gli operai al contrario, impiegano il capitale, fanno lavorare le macchine, otto ore al giorno. Ecco, dunque, un « sopralavoro » delle macchine, un « sovraimpiego » del capitale - come c'era precedentemente un « sopralavoro » degli operai - e gli operai della società cooperativa usurpano il « plus-valore » che risulta da questo sopralavoro o da questo sopraimpiego e sfruttano il capitale come precedentemente i capitalisti usurpavano il plus-valore e sfruttavano i lavoratori...
d) L'ARGOMENTO DELLE PRETESE LEGGI STORICHE
I sistemi socialisti antichi sono presentati abitualmente come un ritorno alle sagge istituzioni degli antenati, o come leggi scoperte dal ragionamento. C'é una tendenza tra gli autori dei sistemi moderni a presentarsi come rivelatori di leggi storiche la cui azione è fatale. Questi autori sono semplicemente profeti che annunciano ciò che deve accadere... I nostri riformatori si sono trovati alle prese con avversari che loro opponevano pretesi «diritti » dell'individuo, la tradizione, e concezioni sentimentali o metafisiche. Hanno voluto aver l'aria di mettere la scienza dalla loro; ciò che, del resto, non ha loro impedito di fare ragionamenti altrettanto metafisici, che quelli dei loro avversari...
I discepoli dei Saint Simon credono che il loro maestro abbia scoperto le leggi della storia. Augusto Comte stima che questo onore é toccato a lui, Marx ed Engels lo rivendicano a loro volta.
Siccome questi autori sono ben lontani dall'accordarsi tra loro, corre necessariamente che qualcuno fra essi si inganni; potrebbero, del resto, essere nell'errore tutti ... Se i fenomeni soli fossero uniformemente crescenti (o decrescenti), si potrebbe vilmente dedurre il futuro dal passato; si é osservato che un fenomeno é cresciuto d'intensità nel passato, se ne dedurrebbe che aumenterà di intensità nell'avvenire. Ma i fenomeni sociali esentano, in generale, un procedere ondulato. Ci sono periodi i quali l'intensità cresce, altri nei quali essa decresce. E' molto difficile sapere se il periodo di crescita osservato sino al presente non stia per essere presto o tardi, seguito da un periodo di decrescenza..
Si presenta poi una difficoltà ben più considerevole : risiede in questo che i fenomeni che si vogliono interpolare non sono né misurabili né ben definiti. In questo caso la pretesa legge, dedotta dall'osservazione del passato, non é per lo più che una pura illusione; essa rappresenta soltanto certi rapporti che esistono tra i sentimenti, quasi sempre molto vaghi che lo studio di questo passato fa nascere in noi...
* d) L'ARGOMENTO CONTRO GLI INTERESSI DEL CAPITALE
Da una parte si fa appello ai sentimenti di pietà, che quasi necessariamente esistono presso l'uomo vivente in società, a vaghi sentimenti di uguaglianza, di giustizia, a princìpi religiosi, confronti fra il ricco ozioso supposto vizioso ed il povero laborioso, supposto onesto; insomma sfruttano la ricca miniera del sentimento. D'altra parte, si tende a provare che l'eterogeneità sociale, in virtù della quale le persone che fanno uso del risparmio per la produzione non sono le stesse persone che la possiedono nuoce al benessere generale. L' una proposizione che potrebbe essere scientificamente vera, ed alla quale, in ogni caso, non c'é nessuna obiezione « a priori » da fare. Ma non ci si ferma qui; trascinati dalla passione si va oltre; non é solo ai possessori del risparmio che si é ostili ma si combatte il risparmio stesso, negando che il suo uso possa avere un valore...
Si possono dividere in tre classi le trasformazioni subite dai beni economici: 1° le trasformazioni materiali; 2° le trasformazioni nello spazio; 3° le trasformazioni nel tempo.
Le due prime sono più facilmente avvertite dai nostri sensi ed é per questo che esse sole sono state considerate. Sono le sole che sembrino « meritare » una rimunerazione; la terza non ne merita alcuna, essendo vana e frivola cosa. Ben lungi dall'essere così, e Bohm Bawerck ha avuto il gran merito di far brillare la verità su questo punto, quella attraverso il tempo é una delle trasformazioni economiche più importanti. Il perfezionamento dei metodi di produzione si ottiene sostituendo la via indiretta alla via diretta (per esempio per condurre l'acqua da una località ad un'altra si stabilisce un acquedotto invece di inviare gli uomini ad attingere l'acqua coi secchi); ora, la via indiretta allunga precisamente il tempo di trasformazione dei beni economici.
Come l'abbiamo già fatto rilevare, la teoria delle trasformazioni economiche si può stabilire senza fare uso della nozione di capitale, ma la introduzione di tale nozione facilita molto l'esposizione dei fatti, soprattutto quando si vuol fare questa esposizione in linguaggio volgare senza ricorrere alle matematiche...
Ci sono capitali che si ottengono con la trasformazione del risparmio, per esempio le macchine; altri capitali ci sono che non si ottengono affatto o che si ottengono difficilmente attraverso questa trasformazione, per esempio, la superficie del suolo. Per ottenere i primi occorre : I° prima di tutto avere il risparmio, cioé effettuare una prima trasformazione nel tempo; II° Il trasformare questo risparmio in capitali, ciò che implica trasformazioni materiali e nello spazio, accompagnate, come tutte le trasformazioni economiche, da una trasformazione nel tempo.Tutte queste considerazioni sono obiettive : concernono gli oggetti trasformati indipendentemente dal sistema di organizzazione della società.
Le concezioni di capitale e dell'ufficio del capitale nella produzione sono diversissime nei diversi economisti; molte fra esse si avvicinano, tuttavia, a quelle che abbiamo testè esposte. Ma presso i socialisti moderni la nozione di capitale é tutt'altra.
Hanno preso per criterio di classificazione non più le qualità obiettive delle cose ma i rapporti nei quali esse si trovano con gli uomini che le adoperano... Così, se la macchina di cui noi abbiamo parlato precedentemente appartiene all'operaio che la mette in opera, essa non é un «capitale», se essa appartiene ad una persona diversa da questo operaio essa é un « capitale »...
Nulla di più sterile che il disputare sulle parole. Adottiamo, dunque, per un momento, la nomenclatura degli autori socialisti e designano col termine di « capitale S » i mezzi di produzione che sono messi in opera da altri che dal loro proprietario... Poiche il termine di « capitale » é monopolizzato da altri, accontentiamoci di una semplice lettera dell'alfabeto per designare certi oggetti determinati, e chiamiamo X ciò che fino ad ora abbiamo chiamato « capitale »; oppure per richiamare questa origine, potremmo designare anche questi oggetti sotto il nome di « capitale X »...
Ammetteremo, insieme, che la produzione delle nostre società é una produzione « capitalistica » e che il « capitale S » patirebbe il giorno in cui i mezzi di produzione fossero « socializzati ». Questo risulta dalla stessa definizione del termine di "capitale S" e non potrebbe, in alcun modo, essere contestato.
Gli economisti hanno avuto torto grande di dare battaglia su questo punto.
... La scomparsa della « categoria storica » del « capitale S » non tocca per nulla la « categoria logica » o, per meglio dire oggettiva, X. Che « si socializzino » o non « si socializzino » i mezzi di produzione, per avere i pulcini occorreranno sempre una gallina ed un gallo- e per disporre di questi animali, è necessario averli « risparmiati », non averli mangiati quando erano polli novelli. La scomparsa del «capitale S » trae seco soltanto questa conseguenza che la gallina ed il gallo dovranno appartenere all'uomo che vuole far nascere i pulcini, oppure che questa gallina e che questo gallo saranno «socializzati »...
f) * GLI ARGOMENTI TRATTI DALL'IDENTIFICAZIONE DELLA RICCHEZZA DEI METALLI
L'uomo che ha l'oro é l'uomo che é ricco; é « l'uomo pieno di scudi » del Marx; e questa idea trae con sé tutto un corteo di concezioni, sfavorevoli a quest'uomo, favorevoli ai poveri che egli « sfrutta ». Ora, é vero che l'uomo che ha molto oro é ricco, ma é falsa la proporzione inversa. Non é affatto vero che l'uomo ricco sia colui che ha molto oro, che sia « l'uomo dagli scudi » oppure dai « luigi d'oro »... Inoltre, c'é una tendenza a considerare il lavoro che ha per scopo la produzione dell'oro, come fosse di una qualità inferiore. L'uomo che produce l'oro si mette al servizio di passioni vergognose dei suoi simili: non produce nulla di utile, di necessario alla vita. Il lavoro dell'agricoltore, al quale dobbiamo i nostri alimenti, é evidentemente di una natura più elevata. A proposito delle miniere d'oro, abbiamo letto questa frase: « I bisogni dell'uomo lo spingono a coltivare la terra; i suoi vizi a sfruttare le miniere ».
Si giunge così ad una conclusione opposta a quella che affermava che l'oro era la sola ricchezza; adesso é considerato come cosa interamente vana e futile. Queste proposizioni, pur essendo contraddittorie, sussistono assieme, e sono enunciate con sicumera uguale dalle stesse persone. Non é questo del resto un fatto isolato; nella logica delle « folle » due proposizioni contradditorie possono essere vere assieme...
In realtà la moneta metallica non è la ricchezza, ma soltanto una piccola parte della ricchezza. Non é tutto, ma non é, d'altra parte, neppure nulla nel fenomeno economico; essa ha un ufficio assai importante col facilitare la produzione e la distribuzione dei beni. Che i signori « moralisti » ci si rassegnino! l'uomo che estrae l'oro dalla terra, colui che lavora a preparare la carta di cui sono fatti gli «chéques», colui che costruisce una locomotiva, una linea telegrafica, un ufficio di posta, un battello a vapore, ecc., cooperano tutti senza sospettarlo a procurarci il pane quotidiano ed a soddisfare altrettanto i bisogni più urgenti quanto quelli che lo sono meno.
La scienza economica ci spiega come questo abbia luogo, allo stesso modo che un'altra scienza ci spiega che ciò che noi crediamo essere il levare ed il tramontare del sole e delle stelle non é che illusione, e che non é affatto vero che il sole si immerga ogni sera nell'oceano.
(I sistemi socialisti. Vol. I, Cap. VI, pagg. 269-393).
FINE
alcune
pagine di "FATTI e TEORIE" (1920)
(inerenti la Prima Guerra Mondiale e la disfatta degli Imperi Centrali)
e pagine da "TRASFORMAZIONE DELLA DEMOCRAZIA" (1921)
(Cap. "La fine del ciclo produttivo", "Come comincerà
il nuovo?") QUI
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