DA
20 MILIARDI ALL' 1 A.C. |
1 D.C. AL 2000 ANNO x ANNO |
PERIODI
STORICI E TEMATICI |
PERSONAGGI E PAESI |
( QUI TUTTI I RIASSUNTI ) RIASSUNTO ANNO 1920 (6)
DOPO LA DISFATTA DEGLI IMPERI CENTRALI
VILFREDO PARETO
"La
guerra e i suoi principali fattori sociologici" con i due
capitoli: "La congiuntura sociale - Relazioni fra stato sociale
e prosperità economica", e "Fattori
psicologici della prima guerra mondiale".
E più avanti
TRASFORMAZIONE DELLA DEMOCRAZIA
(1921)
Cap.
"Trasformazione della democrazia" - Cap.
"Il perpetuo divenire sociale"
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LA CONGIUNTURA SOCIALE
RELAZIONE FRA STATO SOCIALE E PROSPERITA' ECONOMICA
Il rapido aumento della prosperità economica ha due effetti a cui qui dobbiamo porre mente, tra i molti che si osservano, cioè:
Esso vale per infondere nelle popolazioni fiducia nelle proprie forze, e quindi, ove altre cause non si oppongono validamente, a spingerle a nuove ed avventurose imprese tra le quali appunto le guerre; le conquiste coloniali, e simili, che inoltre valgono a dare sfogo alle energie che si sono prodotte per cagione li ripetuti prosperi successi nella economia. L'imperialismo si osserva facilmente dopo un lungo periodo di prosperità economica e tale prosperità non é ultima fra le cause per le quali ora, negli Stati Uniti in America in Europa, l'imperialismo ed il nazionalismo hanno acquistato vigore. I governi che secondano tale movimento acquistano il favore dei pubblico, come è intervenuto a Napoleone III al principio del suo regno (epoca di grande prosperità economica, 1852m1854), come è accaduto ora al Giolitti, in Italia, (epoca di grande prosperità, 1898-1911). Quelli che lo contrastano, hanno da superare una potente opposizione, e, se non la superano, cadono, come é intervenuto a Luigi Filippo in Francia (epoca di prosperità 1832-1846).
Viceversa, i governi che vogliono imporre al paese le avventure come é seguito al Ferry (impresa del Tonchino, epoca di depressione, 1873-1897); o al Crispi (impresa Eritrea, epoca di depressione 1873-1897). Oggi al termine di un periodo di rapido aumento di prosperità, in Francia si compie senza ostacoli l'impresa del Marocco, ben altrimenti difficile e pericolosa di quella de Tonchio.
Sin qui abbiamo una causa ed un effetto; ma poi questo opera e le parti sono mutate. Una guerra vittoriosa, più e meglio di un, crescente prosperità economica, accresce, esalta il vigore moral: delle popolazioni ; così è seguito per la Germania, in cui queste vigore, prodotto dalle vittorie del 1870, si è poi spiegato nella produzione economica, ed è stato in parte la cagione del meraviglioso progresso economico di quel paese.
2°) Una crescente prosperità economica concede ai governI di eseguire al presente spese che saranno poi pagate in avvenire Qui occorre porre mente che i moderni governi più che sulla forza fanno assegnamento, per mantenersi, sul favore che conseguono mediante spese di ogni genere; cioé: utili, inutili, corruttrici. Essi hanno bisogno di favorire il trasformismo che toglie capi ai partiti avversari, e perciò occorrono molte spese, poiché non basta spendere per i capi, e sarebbe il meno, quasi niente, in paragone del totale, ma occorre spendere moltissimo per ammansare le truppe di questi capi.
Così in tutta Europa crescono ogni anno enormemente le spesa per le leggi dette sociali, così in Italia si regalarono protezioni doganali, lavori pubblici di ogni genere, sovvenzioni marittime; dagli Scalpellini di stato, rammentati dall'inchiesta sul Palazzo d giustizia, si giunse sino alle cooperative che si possono pure dir( di Stato, alle quali si danno quattrini che sono parte del coni penso pagato dal governo, per ottenere il consenso dei trasformisti alla guerra libica. Per tutto ciò occorrono quattrini. I contribuenti strillano se a loro si chiedono tutti in una volta; quindi, se ciò s facesse, mentre scemerebbe l'opposizione da un lato, crescerebbe; da un altro. Se invece si opera in modo che le spese siano presenti, e le imposte per pagarle, future, si ottiene il favore che da quelle ha origine, senza temere l'opposizione che sarebbe prodotta da queste. Quindi tutti i governi inclinano a spendere oggi, a pagare domani.
Non é molto che, per conseguire tale scopo, avevano principalmente ricorso al prestito; ma ora hanno di molto perfezionata l'arte, e procurano di scansare anche l'opposizione che avrebbero da parte dei possessori di consolidato se troppo di questo scemasse il prezzo, per via di ingenti emissioni.
I governi procurano di attrarre a sé gran parte del risparmio. In Inghilterra, in Francia, in Italia, già da tempo si hanno provvedimenti per costringere in certi casi istituti e privati ad investire i loro capitali in debito pubblico. Si suole giustificare ciò col pretesto della sicurezza di questi capitali e dei loro frutti; ma quanto sia fallace tale motivo si può vedere seguendo la storia del debito pubblico, in questi paesi, nel tempo a noi prossimo. Ad esempio, una ventina di anni fa, in Inghilterra, il consolidato era a 111%,
fruttava 3%, ora é caduto a circa 73 e frutta 2,5%. Supponiamo che bambini di pochi anni abbiano allora ereditato dal padre 111.000 lire; la legge costrinse i tutori ad investirli in titoli del debito pubblico, che fruttavano 3000 lire all'anno; oggi questi eredi hanno solo 73.000 lire di capitale e 2.500 lire di frutti all'anno. E' dunque alquanto ridicolo il dire che sono stati tutelati dalla legge che a loro ha imposto queste gravi perdite. In Germania, assai meno che nei tre paesi rammentati, si è provveduto per costringere i cittadini e le società ad investire capitali nel debito pubblico, quindi il corso di borsa dei titoli di debito pubblico dell'Impero e della Prussia, non è stato artificialmente alzato come nei detti paesi, ma di tanto è stato stimolato il progresso delle industrie e dei commerci, che hanno potuto giovarsi di tali capitali.
Le casse postali di risparmio e le casse governative di depositi prestiti sono un altro mezzo col quale si procura di affermare il risparmio; in Italia viene così tolto alle province meridionali parte notevole dei già troppo scarsi capitali per l'agricoltura, l'industria, il commercio.Ora poi si tenta, con ingenti emissioni di buoni del tesoro a lunga scadenza, di rimandare, ad un tempo di parecchi anni lontano, il contrarre prestiti che si sanno inevitabili. Ciò si è fatto in discrete proporzioni in Germania, si fa in Francia per ottenere l'equilibrio del bilancio, senza fare troppo strillare i contribuenti, si é fatto in notevole proporzione in Italia, ed é una delle cause dell'aumento del cambio.
i manifesto che tali provvedimenti, per conseguire prospere successo, hanno bisogno di un periodo di crescente prosperità economica. In esso i depositi del risparmio crescono, e quindi le casse governative e le private non incontrano difficoltà per i rimborsi, non occorre che vendano consolidato o buoni del tesoro, anzi ne possono comprare ognor più, le entrate del bilancio aumentano ogni anno, e quindi il futuro può pagare le cambiali che su di esse dal presente si traggono. I governi possono soddisfare i voraci appetiti dei loro sostenitori, e fare anche spese di lusso, nei lavori pubblici e nelle guerre coloniali.
Non più così nei periodi di lieve aumento della prosperità economica, e peggio ancora se vi fosse regresso. Questo si osservò, sebbene assai lieve, in Italia dal 1873 al 1897, e mise capo alle rivolta del 1898. Per gli altri grandi paesi civili, il periodo corrispondente fu soltanto di lieve aumento della prosperità economica : ma tale circostanza bastò perché avesse un carattere sociale politico assai diverso di quello del periodo 1898-1913.
Nei periodi di lieve aumento della prosperità economica, governi, mentre debbono fare fronte agli impegni assunti nei periodi di rapido progresso economico, e che vengono a scadenza incontrano grandi difficoltà perché gli aumenti delle entrate non sono più tanto rapidi come nel periodo precedente, e perché le sorgenti del risparmio gettarono in minor copia.
A tali difficoltà finanziarie, si aggiungono, e sono forse più gravi, le difficoltà per il malumore delle popolazioni. Queste danne ai governo merito dei tempi più prosperi, colpa dei meno prosperi.
Ciò è sempre accaduto. E' notissimo che in altri tempi le carestie erano facilmente seguite da torbidi e da rivoluzioni. Ciò ora non accade, perché non abbiamo avuto al presente depressioni economiche paragonabili alle antiche carestie ma solo rallentamenti della prosperità economica. Meno potente essendo la causa, meno potente seguì l'effetto. In Italia il periodo dal 1873 al 1898 essendo stato di lieve regresso, seguirono necessariamente effetti più potenti. Se nei paesi civili capitassero nel futuro periodi di vero regresso, é probabile che si vedrebbero catastrofi politico-sociali tali da eguagliare, anzi da sorpassare le più gravi che sin ora si sono vedute.
Per ora non si può in alcun modo prevedere che siano prossimi periodi di regresso; ma invece e molto probabile che stiamo per avere un periodo di lieve aumento della prosperità economica, simile a quello che si é osservato dal 1873 al 1898, e che quindi sono pure da prevedersi effetti simili a quelli allora osservati.
Vi sono per altro circostanze per le quali il prossimo periodo di lieve aumento potrà differire da quello del 1873-1898. Lasciando da parte eventuali guerre europee, le quali sfuggono a queste ricerche, abbiamo da considerare due principali categorie di condizioni, le quali operano per versi opposti.
Da prima, nel fare più gravosi gli effetti di una futura depressione economica, c'é il fatto che è molto più difficile procurarsi ora il risparmio che nel periodo del 1873-1898. Ciò é dimostrato dall'alto saggio del frutto dei capitali, anche per prestiti di Stati di primo ordine. Nell'accennato periodo un frutto del 3% per impieghi sicuri era reputato conveniente, oggi occorre almeno 4%. Allora l'Inghilterra, quando, il suo consolidato 3% era a 110, otteneva prestiti col frutto del 2,1- 3%; oggi, col consolidato 2,1-2% a 73, deve pagare circa 3,4%. In quel periodo si discorreva andantemente del frutto del 2,1-2% come del tipo futuro dei prestiti di Stato di primo ordine, e c'era tra gli economisti chi sognava di una pretesa legge per la quale il frutto del capitale doveva andare ognora scemando; oggi sarebbe difficile trovare persona che stimasse che, in un prossimo avvenire, dovesse scemare e non crescere il presente saggio dell'interesse.
La Germania ora ha offerto 250 milioni di buoni del tesoro al 4%. Soli 50 milioni furono sottoscritti dal pubblico, il rimanente dovettero tenerselo le banche che avevano assunto il prestito. Da tutte le parti si discorre di nuovi prestiti di Stati ; prestiti che sono assolutamente necessari e che di poco si potranno differire. Aggiungessi che, al principio del periodo 1873-1898, gli Stati non avevano debiti palesi ed occulti (casse di risparmio e simili) tanto enormi come al presente; la materia imponibile non era ancora stata tanto sfruttata, il limone tanto spremuto; parecchi generi erano ancora esenti da imposte, mentre oggi: sono già tanto colpiti, che un aumento del saggio dell'imposta avrebbe probabilmente per effetto di farne scemare, invece di crescere, il getto totale. Infine molte forze latenti nel paese potevano adoperarsi per lenire gli effetti del periodo di depressione. Si noti in proposito che in Italia, ove appunto minori erano tali forze, la depressione fu più intensa. Si vede dunque che, sotto gli aspetti considerati, il prossimo periodo di depressione principia in condizioni assai peggiori di quelle del periodo corrispondente del 1873-1898.
In senso opposto sta che la produzione dell'oro era molto minore, ed aumenta molto meno nel perioda accennato di quanto ora si osservi.
Per meglio conoscere il fatto, facciamo calcoli come quelli eseguiti per il movimento commerciale.
La statistica della produzione dell'oro data dalla Direzione delle zecche degli Stati Uniti e riprodotta nel Rapport au Ministère des Finances, Paris, 1912, é la seguente
'Se esaminiamo queste produzioni, vediamo che si possano distinguere in due periodi. Nel primo, dai 1876 al 1890, la produzione annua varia poco, e si ha A1 = 1,6. Nel secondo, dal 1891 al 1911, la produzione annua cresce rapidamente, e si ha A1=88,9. Tale periodo non pare essere al suo termine ed é probabile che, per alcuni anni ancora, la produzione crescerà.
Questo rapido aumento della produzione dell'oro è una fra le molte cause degli aumenti di prezzi che ora si sono osservati, ed è assai potente. Si hanno ora, in diversa proporzione, fenomeni simili a quelli che si osservarono quando fu scoperta l'America, quando furono scoperte le miniere d'oro della California e dell'Australia. Questi fenomeni non si limitano ad un semplice mutamento di prezzi ma, come già ripetutamente fu osservato, si estendono a tutto l'ordinamento politico sociale. Gli aumenti di prezzo mutano le rispettive situazioni dei debitori e dei creditori; - i primi si liberano più facilmente con i prodotti del suolo e con i guadagni del lavoro. Segue poi un effetto che, ora principalmente si é potuto conoscere e studiare, cioé viene stimolata la circolazione delle parti scelte della popolazione; quindi sono più facilmente accolte innovazioni, e queste, a loro volta, reagiscono sul fenomeno economico e stimolano la produzione. I governi che tentano di opporsi a questa più intensa circolazione delle parti scelte, facilmente sono rovesciati; quelli che le assecondano e se ne giovano, come i governi presenti in Europa, accogliendo ed assimilandosi i nuovi eletti che sorgono, si rafforzano e prosperano.
Sc dunque nel prossimo periodo di allentamento del movimento economico, seguiterà, nelle seguenti proporzioni, come pare, o crescerà la produzione dell'oro, si avrà in ciò una circostanza favorevole alla stabilità dell'ordinamento politico-sociale, poiché, seguitando a crescere i prezzi, seguiterà ad alleviarsi il peso dei debiti, e i governi potranno, senza troppi guai, crescere le imposte; i salari continuando a crescere gioveranno ad attutire l'opposizione dei salariati, ai quali la circolazione delle parti elette, non troppo rallentata, seguiterà a togliere i capi, che potrebbero spingerli alla rivolta.
Occorre per altro notare che per tal modo si attenuano bensì, ma non si tolgono gli effetti contrari. Invero, nel periodo 1898-19,2, le popolazioni si sono avvezzate ad un certo movimento economico, politico e sociale, e saranno in ogni modo gravate per il solo fatto che questo non seguita colla consueta intensità. Nell'industria e nell'agricoltura, non potranno i salari seguitare a crescere come erano cresciuti pel passato, e quindi aumenteranno gli attriti tra i lavoratori e coloro che li impiegano. In molti modi e largamente, i governi hanno sinora sparsa la manna sui politicanti e sugli elettori di questi : non potranno seguitare a distribuire altrettanto nel prossimo periodo, e da ciò nasceranno certo malumori e opposizioni vivaci.
Vi é infine un'incognita di cui occorre tenere conto non tanto in un avvenire prossimo quanto in uno più remoto, ed é il grado di sfruttamento dell'Asia e dell'Africa per parte dell'Europa. Per l'Africa pare certo che crescerà; per l'Asia rimane dubbio se la Cina. si sottrarrà come il Giappone al dominio economico dell'Europa, oppure se maggiormente ci si sottometterà. Ma questo è argomento che trascende interamente dal presente studio.
(Fatti e teorie, pagg.17-28)I fattori psicologici della prima guerra mondiale.
(II). Scrive Polibio (III, 6) : «Taluni degli storici dei fatti di Annibale, volendo a noi esporre le cause per le quali tra i Romani ed i Cartaginesi vi fu la guerra che abbiamo rammentata, pongono come prima l'espugnazione di Sagonta per parte dei Cartaginesi, per seconda lo avere essi, contro i trattati, passato il fiume che dagli indigeni é detto Ebro. Io dirò bene che tal fosse il principio della guerra, ma non concederò mai che ne fosse la cagione». Seguita citando casi analoghi ed aggiunge; «Queste asserzioni sono da uomini che non distinguono come e quanto differisca il principio dalla causa e dal pretesto ». Sono trascorsi oramai più di duemila anni dacché lo storico greco esprimeva tali concetti, e le sue osservazioni si possono ripetere appuntino per i giudizi che oggi si danno della guerra europea. Diremo, forse, perciò che oggi, dopo tanto progredire della scienza e della storia, gli uomini ancora non sappiano distinguere il principio, la causa, al pretesto? O non sarà meglio dire che non fanno tale distinzione per altre cause che non sono l'ignoranza?
Agevolmente troveremo queste cause se le cercheremo nei sentimenti, nelle inclinazioni e negli interessi. Da prima vedremo che tali discorsi si confanno alle inclinazioni, lusingando sentimenti da benevolenza per i nostri amici, da avversione i nostra nemici, e che mirano, col dare la « colpa » della guerra al nemico, a procurarci il favore delle molte persone che patiscono i mali del conflitto; e poiché tali sentimenti, inclinazioni ed intenti, dal tempo di Polibio al nostro, stanno e rimangono negli uomini, non é meraviglia che stiano pure e rimangano gli effetti che da essa traggono origine. Poscia apparirà l'utilità sociale che c'é, per una nazione, da rafforzare per tal modo l'amore della patria, l'odio del nemico, la brama da vincerlo, per porre da mezzo la « causa » dei nostri mali.
Notasi che tali ragionamenti non possono mettere capo a conclusione alcuna se non si fermano a qualche principio sentimentale, metafisico o teologico, il quale é accettato da alcuna, rifiutato da altri, e che quindi, per il solito, persuadono solo chi è già persuaso, d'altri nessuno. Sono un mezzo per stuzzicare certi sentimenti preesistenti, non per farne nascere. Quindi si può agevolmente prevedere da chi, tolte poche eccezioni, saranno accolti, e da chi respinti, quando siano noti tali sentimenti, gli intenti e gli interessi che manifestano, ed é questo il caso nelle contese tra nazioni, o tra credenti di religioni diverse.
Tale regola generale vale per la presente guerra europea. Ad esempio, gli avversari dell'Austria dicono che la guerra ha avuto per cagione l'ultimatum dell'Austria alla Serbia; rispondono gli amaci che l'ultimatum è la conseguenza dell'ostilità della Serbia contro l'Austria; osservano a primi che tale ostilità ha origine dalle male arti usate dall'Austria contro la Serbia; ribattono i secondi che le dette « male arti » sono sola giusta resistenza al mal volere dell'Austria, all'opere sue invadenti; e così si può seguitare indefinitamente, e chi si ferma é solo mosso da sentimenti di benevolenza per una delle parti, di malevolenza per l'altra.
Una delle tentate « giustificazioni » della violazione della neutralità belga sta nel dire che la Germania, aggredita da due parti dalla Francia e dalla Russia, era in « stato di necessità » (*) il quale pure si ammette nel diritto privato. Al che si risponde che la Germania si era posta da sé in questo stato di necessità, muovendo guerra alla Francia e alla Russia. Non pertanto si quietano gli amici della Germania, e oppongono che la Germania ha dovuto in tal modo operare perché la Russia preparava le armi e la Francia dichiarava di volerla aiutare. Così si può continuare all'infinito, e chi si ferma sarà spinto a ciò solamente perché fa propri i sentimenti di una delle parti contendenti. Talvolta più breve è la catena di tali pseudo-ragionamenti. Ad esempio, si dice che la guerra é seguita perché le Potenze europee vollero intromettersi tra l'Austria e la Serbia, il che dalla Germania non poteva essere consentito. E basta.
Rimane verità assiomatica che alla Germania era lecito, alle altre Potenze illecito il difendere una delle parti contendenti. Ma tale verità assiomatica é accolta solo da chi potrebbe anche farne senza per dare il proprio giudizio.
(*) Vedi "Perchè l'Inghilterra corse in aiuto del Belgio")
Non troviamo più sodo il terreno nel campo del « diritto internazionale », sia perché incerti ne sono i principi, `incertissime le interpretazioni, sia perché le sue sanzioni stanno in piena balìa di questi sentimenti, i quali preesistono ed operano, coprendosi solo di ragionamenti attinenti al diritto. Gli Inglesi avevano promesso di sgombrare l'Egitto, e non l'hanno sgombrato, né paiono avere la minima intenzione di farlo. Lo Zar si era impegnato di mantenere l'autonomia della Finlandia, e tale autonomia é sparita. La Prussia aveva garantito la neutralità del Belgio e quella del Lussemburgo, e le ha violate, cercando, dopo il fatto, ragioni o pretesti per giustificare il proprio operato. Se si suppongono date la fede patriottica, la religiosa, o la politica di certi individui, si può, con grandissima probabilità, prevedere quali di queste trasgressioni agli impegni assunti saranno da tali individui assolte, quali condannati; di quali discorreranno, di quali taceranno.
Dicono gli Inglesi chi mossero guerra alla Germania per difendere il principio del rispetto ai trattati, violato dalla Germania, che aggredì il Belgio, ma non fanno conoscere perché l'identico fatto, in identiche condizioni compiuto a danno del Lussemburgo, non li aveva scossi in nessun modo. Rispondono i Tedeschi, con una delle tanti spiegazioni immaginate dopo il fatto, che violarono la neutralità del Belgio perché questo già l'aveva ferita accordandosi coll'Inghilterra per difenderla, ma tacciono opportunamente e prudentemente del Lussemburgo, per il quale tale motivo non vale.
La prima giustificazioni data dal Cancelliere tedesco era, sotto l'aspetto della logica formale, un poco meno vana. Diceva egli, in sostanza, chi necessità non ha leggi, chi posto nel bivio o di perire o di violare la neutralità del Belgio, la Germania si atteneva al secondo partito e tale motivo aveva il pregio di valere tanto per il Belgio come per il Lussemburgo. Per motivi identici, od anche solo analoghi, quel singolare magistrato che fu detto « il buon giudice» mandava assolti individui che, senza il minimo dubbio, avevano trasgredito la legge. Le stesse persone chi approvavano allora che del diritto privato non si tenesse alcun conto, acremente biasimano ora le trasgressioni al diritto internazionali, tacendo così palese che non astratto amore di diritto li muove, bensì sentimenti di simpatia per certe persone, di antipatia per altre.
Sogliono i popoli europei « giustificare » le loro conquiste in Asia ed in Africa invocando i « diritti » delle razze « superiori » di fronti alle « inferiori »; senza che, per dire il vero, si possa capire il senso preciso di questi bei termini; ed osservando che « superiori » ed « inferiori » paiono essere semplici pleonasmi per significare più forti i meno forti nelle arti belliche; poiché i Giapponesi che, in altri tempi, stavano coi Cinesi tra le razze « inferiori », ora, dopo e grazie alla vittoriosa guerra contro i Russi, hanno posto tra le razze « superiori ». I fautori di questa teoria si sdegnano quando la Germania vuole volgerla a « giustificare » le imprese per acquistare il dominio su gli altri popoli europei, da essi stimati «inferiori» con quello stesso identico criterio che è della teoria generale di cui si valgono, quando a loro fa comodo, gli altri Stati di Europa. In molti casi le declamazioni di coloro che si immaginano di far parte di una razza « superiore » non hanno maggior fondamento nella realtà di quanto ne avesse il gloriarsi di parecchi fra gli antichi Greci, di un'origine divina.
Ragion di spazio ci vieta il proseguire quest'analisi, ma il sin qui detto basta per fare palese la vanità sperimentale di tali ragionamenti ; lasciamoli dunque da parte e volgiamoci ad indagare la sostanza che da questa veste é ricoperta.
Ricorriamo ancora ad una citazione di Polibio. Discorrendo della prima guerra punica, egli osserva (1, 64, 5) come Roma e Cartagine fossero pari «massimamente nell'animoso contendere per la dominazione ». Per tal modo si risale ad una delle cagioni profonde delle guerre puniche, di fronte alla quale appaiono secondarie e spesso insignificanti le cagioni più prossime di cui ci é stata tramandata la memoria.
Tra le secondarie sono degne di nota alcune che operano spesso indirettamente, ad esempio, le differenze di nazioni, di istituzioni politiche, di religione, gli interessi economici. Possono, è vero, talvolta operare direttamente, rompere guerra, ma più spesso operano indirettamente, accrescendo i sentimenti di rivalità tra i popoli. Così operano gli interessi dei mercatores romani e dei negozianti cartaginesi. Il più antico trattato tra Roma e Cartagìne, rammentato da Polibio, risolse appunto uno di questi conflitti di interessi ; ma sarebbe errato il credere che le guerra puniche furono preparate, deliberatamente volute, imposte dai negozianti romani e dai Cartaginesi ; essi operarono massimamente sui sentimenti, e, dal conflitto di questi, divampò la guerra. Similmente sarebbe errore il credere che la presente guerra europea, é conseguenza diretta di contrasti economici, ne é bensì, in parte piccola o grande, conseguenza indiretta, per l'azione che ebbero tali contrasti sui sentimenti.
Quando accade che popoli bramosi di estendere il proprio dominio s'incontrano, il conflitto fra essi diventa se non inevitabile almeno probabilissimo, né mancano mai cagioni accessorie o pretesti perché s'accenda.
Al presente, abbiamo tre popoli in questa condizione, cioè il tedesco, lo slavo, il britannico. La forza che spinge ad estendere il dominio e l'autorità diretta od indiretta é intensa nei due primi, più forse nel tedesco che nello slavo; nel terzo appare principalmente sotto la forma di resistenza alle imprese altrui. Nel passato avrebbesi potuto aggiungere il popolo spagnolo, poi il francese; ma ora, nel primo ogni forza di espansione é spenta, nel secondo è debolissima; forse sorgerà nel futuro nell'italico; ma di tale incerto avvenire non occorre qui discorrere, notiamo solo di sfuggita che l'opera dei nazionalisti italiani mira a prepararlo.
I tre popoli ora rammentati costituiscono, per i letterati, la nazione latina, ma essa non ha vita propria e reale, come l'hanno la nazione tedesca, la slava, la britannica. Ciascuno dei popoli latini stima essere molto avveduto e furbescamente abile badando solo il proprio tornaconto e trascurando ogni comunanza di sentimenti e di interessi che lo potrebbe avvincere agli altri ; così operarono, in altri tempi i Greci, minacciati dalla potenza romana, e così operarono, al tempo nostro, i popoli balcanici. Tale politica, creduta « reale » può invece essere frutto di una teoria che é fermo segno di debolezza e che può recare estremi danni. Pongasi mente invero a ciò che accadrebbe della Germania se simile modo tenessero i Tedeschi del mezzogiorno e quelli del settentrione. Ciò appunto sperava Napoleone III, e l'essersi ingannato fu cagione della sua rovina nel 1870. Molti che ora, in Italia, si sono fatti adulatori della nazione germanica approvano il sentimento che, dimenticate guerre e sconfitte, spinse la Baviera ed altri Stati ad unirsi alla Prussia, per costituire l'impero tedesco; e, ad un tempo, respingono sdegnosamente come « sentimentale » un simile operare per la loro patria, che pure dicono di amare e che amano veramente. Sarebbe oltremodo difficile di trovare in Germania chi operasse in modo analogo, cioè ammirasse i Latini, spregiando i Tedeschi, e proclamasse che Stati come la Baviera e il Wúrtenberg debbono badare solo al proprio tornaconto, senza curarsi dell'avvenire della nazione tedesca.
In tale diverso modo di operare sta uno dei tanti indizi della differenza tra i sentimenti che sono cagione di forza grande alla nazione germanica, e quelli che recano debolezza estrema alla latina.
Possono i deboli e fiacchi, sebbene avversari, vivere vicini, senza conflitti; non così i forti ed animosi. Era dunque inevitabile che, presto o tardi, con un pretesto o con un altro, si dovesse rompere guerra tra i Tedeschi e i Russi e gli Inglesi. I Tedeschi contendevano agli Inglesi il dominio del mare, né potevano fare altrimenti, Spiinti dalle proprie brame e dai propri interessi ; ma, per gli stessi motivi, non potevano cedere gli Inglesi, se non si volevano rassegnare alla distruzione dell'impero britannico ed alla perdita della loro indipendenza.
I Tedeschi si opponevano allo estendersi dell'autorità della Russia nella penisola balcanica, e non potevano tenere altra via, non solo per cagione dell'alleanza coll'Austria-Ungheria, la quale cagione sarebbe secondaria, ma principalmente perché il retrocedere di fronte alla minacciosa potenza russa avrebbe grandemente offesa, forse distrutta, la fede nell'egemonia germanica, mentre questa fede era necessaria per mantenere la forza di espansione, come già analoga fede giovò al popolo romano; né, d'altra parte, per cagioni simili, potevano i Russi venir meno ai doveri di protezione degli Slavi meridionali, poiché troppo gran danno avrebbero così recato i sentimenti che ad essi danno forza nelle opere e fiducia nell'avvenire. Potevano bensì i governanti tedeschi non sobbarcarsi ad un tempo alle gravi imprese di debellare insieme tutti coloro che contrastavano all'estendersi del loro dominio, ed avere un poco di quella cauta prudenza che tanto giovò al Senato romano. Il Bismarck, in ciò, a loro era stato maestro, ed aveva fatto vedere come conveniva porre in opera il principio divide et impera; ma essi non appresero bene quest'arte, forse accecati dall'orgoglio della loro potenza militare.
Infine é probabilissimo che non fosse possibile scansare il cozzo fra le forze ora rammentate, e che, presto o tardi, dovesse seguire, rimanendo solo la scelta del come e del quando. Allo stesso modo che non c'era posto nella regione mediterranea per Roma e per Cartagine, non c'è ora luogo nel mondo per due Germanie, per due Russie, per due Britannie. Bensì potevano forse stare insieme, senza troppi contrasti, le nazioni di quei paesi e la latina, di cui é del tutto o quasi sparita la forza di espansione. Infatti la nazione britannica e la slava vivono in pace cogli Stati latini ; la germanica non ha più contese colla Spagna, si é alleata all'Italia, e più volte parve volere pure avere come amica la Francia; ma l'alleanza italiana fu ferita dalle prepotenze austriache, dall'altezzoso trattare della Germania e dell'Austria; e, colla Francia, nonché l'alleanza, neppure una ferma pace era possibile, per cagione della conquista dell'Alsazia Lorena, delle incessanti persecuzioni che erano inflitte agli abitanti di queste contrade, delle molestie germaniche in ogni impresa coloniale francese. Ben poco avveduti furono i governanti della Germania nell'interrompere con tali molestie l'opera dissolvente dello André e del Pelletan in Francia; e, più di recente, nel non avere la pazienza di aspettare che la democrazia antimilitaristica compiesse, in Francia ed in Inghilterra, la principiata opera.
Roma e l'Inghilterra ebbero l'arte di farsi amici i popoli soggetti, e da ciò trasse origini il prospero resistere di Roma all'invasione di Annibale, la presente unione dell'impero britannico contro la Germania. Cartagine non ebbe tale arte, né l'ha al presente l'impero tedesco; al contrario, quella si fece e questo si fa odiare dai popoli soggetti, come dimostrò l'invasione romana in Africa, e come ben può vedersi ora, ponendo mente ai sentimenti degli Alsaziani-Lorenesi, dei Danesi, dei Polacchi soggetti alla Germania. Della massima parcere subiectis et debellare superbos, tanto sapientemente posta in opera da Roma, i Tedeschi hanno serbato soltanto l'ultima parte, trascurando interamente la prima. Forse tal diverso procedere é in relazione coll'essere la potenza tedesca molto più metafisica e teologica della romana: ma non abbiamo da indagare qui tale argomento.
Tra le circostanze per cui si mantengono le rivalità dei popoli e si rafforzano i sentimenti di inimicizia sono da annoverarsi le disparità di religioni e di istituzioni politiche. Tali fatti sono stati in pochi casi cagioni dirette di un inizio guerra, in meno casi per altro di quanto appaia a chi guarda superficialmente gli avvenimenti, perché spesso furono la forma sotto la quale si manifestavano i sentimenti di rivalità e di inimicizia; solitamente sono solo cagioni indirette, cioé operano sui sentimenti e, per mezzo di questi, sulla guerra e la pace. In generale, Roma aveva favorevole il partito aristocratico delle città greche, contrario il partito democratico, e un fatto analogo si osservò pure per Cartagine; ma sarebbe interamente fuori dalla realtà il dire che le guerre di Roma in Grecia e contro Cartagine ebbero direttamente origine da contese tra la politica conservatrice di Roma e la politica democratica greca o punica; bensì rimaniamo nella realtà, non ci allontaniamo punto dai fatti, dicendo che tali contese tra aristocrazia e democrazia operarono pure indirettamente, per mezza dei sentimenti, inasprendo le contese che condussero alla guerra.
Eguale osservazione si deve fare oggi. Se procuriamo di classificare le inclinazioni politiche dei popoli che al presente stanno in guerra, appare subito manifesta la disparità tra quelle degli imperi centrali e quelle della Francia e dell'impero britannico. Le prime sono dette « militariste » dai nemici ed anche dagli amici della Germania, le seconde sono dette « democratiche » dagli amici della Francia e dell'Inghilterra; e i popoli di questi paesi dicono di combattere per il trionfo delle istituzioni democratiche alle quali danno eziandio il nome di «libere». In ogni modo, tale contrasto é ammesso da tutti, né può certo essere escluso dalle cagioni indirette del presente conflitto. Eccezione apparente é la Russia; e pare strano che il suo governo, detto dispotico, possa avere comuni intenti con i governi democratici; ma in realtà la Russia é retta da una burocrazia, e questa si avvicina molto alle burocrazie democratiche, allontanandosi pure molto dalle burocrazie militari e aristocratiche della Germania e dell'Austria. In Russia, l'aristocrazia ha origine dal potere sovrano; in Germania il potere del sovrano ha origine dall'aristocrazia. Tale differenza é fondamentale.
Il reggimento dei popoli occidentali, che si dice « democratico », é in realtà quello di una plutocrazia democratica, che inclina ora alla plutocrazia demagogica. Anche sotto tale aspetto, troviamo differenze di gran momento. In Inghilterra e in Francia, le elezioni costano, molto più che in Germania, denari ai plutocrati, favori del governo conferiti ai politicanti, spese a carico dei contribuenti. Il Lloyd George ha potuto distruggere il secolare potere della Camera dei Lords, mercé l'aiuto dei banchieri amici, le elargizioni delle pensioni per la vecchiaia, a spese esclusivamente dello Stato, ed altri doni analoghi fatti a spese dei contribuenti. In Francia, fatti di tal genere sono soliti, e, tacendo di molti altri casi, il miliardo delle congregazioni. sfumò in gran parte per pagare i servizi di coloro che giovavano nelle elezioni ai politicanti ; ora, con intenti analoghi molte persone sono nominate curatori dei sequestri delle proprietà e dei commerci di case tedesche, e ne hanno lauti, guadagni ; un ben noto plutocrate fu, dagli amici, raccomandato agli elettori come l'uomo che a questi aveva fatto distribuire per il passato i « fonds du pari mutuel » e che avrebbe fatte proseguire tale elargizioni nell'avvenire; tale raccomandazione ebbe favorevole effetto.
In Prussia nessun governo si sogna di chiedere l'aiuto dei plutocrati per restringere il potere della Camera dei Signori, non riceve ordini dai plutocrati, nessuna moglie di plutocrate riceve il ius gladii da compiacenti giurati, da complici autorità, e se, come in ogni altro paese, si spende per le elezioni, ciò accade in molto minore proporzione che nelle nazioni occidentali, europee e americane. Plutocrati ce ne sono in Germania come in queste nazioni ; ma in Germania il Governo impone ad essi il suo volere, e nelle accennate nazioni sono invece i plutocrati che al governo impongono il proprio volere. In Germania non si osserva un fenomeno simile a quello del Caillaux in Francia.
La contesa tra la Francia e la Germania, a proposito del Marocco, fu massimamente una disputa di plutocrati. I socialisti ben conobbero il fatto, ma, al solito, lo espressero malamente dicendo che era un conflitto di « capitalisti ». Similmente in Italia, i socialisti videro l'opera della plutocrazia nella guerra libica, ma subito deviarono in considerazioni etiche sul « capitalismo ». In generale, le considerazioni analoghe dei socialisti intransigenti sulla guerra europea hanno un qualche fondamento nel fatto reale che i plutocrati dei vari paesi si litigano fra loro, come già un tempo i mercatores romani ed i negozianti punici.
L'induzione fatta sugli effetti della disparità delle istituzioni politiche ha -la sua conferma in altri fatti importanti.
Le forze sociali si compongono in un modo che ha qualche analogia colla composizione delle forze in meccanica. Quando una di queste forze superi di molto in intensità le altre, queste malagevolmente si scorgono, ma si manifestano chiaramente se più non sono per tal modo sopraffatte. In Germania, in Francia, in Inghilterra, il sentimento patriottico oggi sormonta ogni altro e ne lascia solo apparire deboli segni, come sarebbero: in Germania l'opposizione del Liebknecht alle spese militari ; in Francia, la missione Caillaux; in Inghilterra, il ritiro di due ministri pacifisti; ma in Italia e negli Stati Uniti, appaiono invece manifesti gli effetti delle varie forze. In Italia il partito conservatore inclina verso l'alleanza cogli imperi centrali ; tenta talvolta di nascondere tale inclinazione coll'asserire che attende solo ad interessi esclusivamente italiani, ma tal veste troppo trasparente non inganna nessuno. I partiti democratici inclinano decisamente verso un'alleanza colle nazioni. democratiche della Francia e dell'Inghilterra, e tra essi massimamente i framassoni e gli anticlericali.
Nel partito socialista, si osserva un fenomeno simile a quello che già si vide nella Chiesa cattolica quando apparvero i Francescani; c come questi stavano attaccati alla lettera della povertà evangelica, i socialisti stanno attaccati alla lettera del dogma marxista che tutto riduce alla "lotta di classe". Di quelli come di questi non dobbiamo considerare i discorsi, che sono vani ed inconcludenti, bensì dobbiamo porre mente ai sentimenti che per tal modo sono rivelati. Il sapiente governo dei Papi seppe valersi dei sentimenti che apparivano nei Francescani e fare suo prò appunto di ciò che logicamente gli era contrario ; manca un tal governo nel partito socialista, ma ciò non toglie valore agli effetti che possono avere i sentimenti manifestati dagli intransigenti. Oggi sono lievi e trascurabili; in un avvenire, prossimo e lontano, possono essere potenti e di non poco momento. In generale, in tutta Europa, l'imperante partito della plutocrazia democratica é composto da uomini i quali, da un estremo di cieca fede, passando pei gradi intermedi, giungono all'altro estremo di una scettica abilità. Gli uomini in cui prevale la fede danno la forza al partito, quelli in cui prevale l'abilità, l'arte che può condurre alla vittoria. Ove avvenga uno scisma tra questi e quelli, può scemare, sparire la forza del partito. Oggi tale scisma ancora non c'é, ma potrebbe seguire nell'avvenire
Nelle presenti contingenze, il partito nazionalista italiano, molto più del partito detto conservatore, attende esclusivamente ad interessi del paese. Esso manifesta, in Italia, sentimenti analoghi a quelli che vediamo sopravanzare di gran lunga gli altri in Germania ed in Francia, e che sono specialmente atti a spingere i popoli ad un forte operare.
Le forze di cui era abbiamo tenuto discorso sono fra le principali; la risultante loro determinerà l'azione dell'Italia nel presente conflitto. Trascurabili, perché più lievi ed in certi casi proprio niente, sono quelle dei pacifisti, dei tolstoiani e di altre simili persone. In Italia ed in Francia, si é veduto il fenomeno di pacifisti divenuti partigiani della guerra, con zelo di neofiti. Non c'é da badare ai sofismi, spesso puerili, coi quali tentano di spiegare tale evoluzione; bensì dobbiamo porre mente all'evoluzione stessa, che manifesta quanto sottile fosse la corteccia pacifista, che ricopriva sentimenti più profondi, tanto che fu squarciata appena urtata da forze non troppo deboli.Negli Stati Uniti d'America, la plutocrazia democratica, per i propri sentimenti e molto più per i propri interessi, é e rimane avversaria della Germania; perciò riesce vano il tentativo di farsela propizia con bei ragionamenti ed ingegnosi sofismi. Gli effetti di tal forza si manifestano chiaramente perché non sono occultati da altra forza più potente.
Né i democratici né i plutocrati dei popoli occidentali volevano la guerra, e, se questa fosse dipesa dal loro volere, non la avrebbero mai fatta; ma la prepararono inconsapevolmente, mirando nelle loro dispute al tornaconto del momento, senza troppa curarsi dell'avvenire? Ciò accade spessissimo, e molti sono i casi in cui si vedono gli uomini politici riuscire dove mai più avrebbero voluto andare.
Se democratici e plutocratici fossero stati meno avidi, meno prodighi, per proprio uso e per scopi elettorali, della pubblica pecunia, e, se per tal modo, la Francia e l'Inghilterra fossero state meglio preparate alla guerra, può anche essere che la Germania non le avrebbe aggredite. Ma di ciò non é qui luogo di discorrere, e vogliamo restringerci ai lineamenti generali del fenomeno.I fatti come abbiamo procurato di esporli sono i reali ; ma appaiono deformati nei ragionamenti a cui, per solito, danno origine. Gli uomini tutti sono inclinati a dare forme astratte, mitiche, teologiche ai loro sentimenti ; ed é necessario che chi vuole persuadere le moltitudini, od anche solo piacere loro in tal modo si esprima, perché é il solo linguaggio da esse inteso.
I Romani erano persuasi che gli déi proteggevano la loro città; i Tedeschi contemporanei hanno eguale persuasione circa alla loro Kultur, e i democratici circa al santo Progresso, alla santissima Democrazia, al divino Suffragio Universale. Se qualche futura Iliade narrerà la presente guerra europea, il poeta non dumrerà fatica a popolare il suo Olimpo. Se egli sarà favorevole ai Tedeschi, come Omero ai Greci, farà incontrare il « buon vecchio Dio tedesco » coll'Allah dell'Islam, e porrà in sussidio la Kultur. Questa é proprio Atena rediviva che figura l'intelligenza bellica e l'azione ordinata, opposte alla forza brutale ed all'azione disordinata di Are, il quale certo sarà posto dalla parte dei barbari Russi, dei perfidi Inglesi, dei corrotti Francesi. Fuggiranno tutti costoro quando la Kultur agiterà loro sul viso l'egida ereditata da Atene. Il poeta favorevole ai popoli occidentali invertirà le parti : regalerà Are ai barbari Tedeschi, che rinnovano le gesta di Affila, e terrà, per fare da Atena, la Civiltà democratica umanitaria, armata dell'egida del Diritto; a fare da Zeus, chiamerà il folgorante Progresso; ma non ne sarà pacifico il regno, poiché a lui contenderà il seggio la strapotente « Organizzazione » che, secondo uno scienziato tedesco, é « missione » della Germania di imporre alla riluttante Europa. Non mancherà poi, Tersite, che potrà essere figurato da quei buoni uomini i quali, chiusi nel loro studiolo, trinciano e tagliano a fette la carta di Europa come se fosse un dolce pasticcio.
Ponga mente il lettore ai molti scritti letterari o metafisici a cui ha dato origine la presente guerra, e facilmente scorgerà in essi il principio dei concetti di cui ora abbiamo espresso l'estremo limite. Le entità teologiche e le metafisiche, le personificazioni etniche battagliano in tali scritti, e vi sono invocate tanto per l'offesa come per la difesa; vi si vede la « forza » trasformarsi in « diritto », e « viceversa » ; e inoltre la « forza morale » e la « materiale » aspramente tra loro combattersi.
Tutto ciò, considerato in relazione colla realtà sperimentale, ha assai poco valore, ma, considerato invece come indizio di forte sentire, é di gran momento, tanto più grande spesso quanto più si avvicina al limite ove principia l'assurdo, poiché il non avvedersi di questo é fermo segno di una viva fede.
Appunto la fede dei Tedeschi nella loro Kultur e nella « missione » che hanno di dominare il mondo, come popolo eletto e « superiore » a tutti i popoli che furono, sono e saranno, é certamente cagione di forza reale nella guerra. E' anche cagione di crudeltà, perché per opera di tale viva fede e massimamente nella sua forma metafisica e teologica, la guerra inclina ad avere i caratteri delle guerre di religione. L'avversario non è solo il nemico, é l'eretico scomunicato, il miscredente, il bestemmiatore della santa Kultur, reo di lesa maestà divina. Occorre non solo vincerlo, bensì anche sperigerlo, distruggerlo. I Belgi ardirono negare il passo alle sante schiere della divina Kultur; perciò furono rei di lesa maestà divina, e «giustamente» puniti ora, come, in altri tempi, per analogo delitto, furono perseguitati dal duca d'Alba.
La fede dei democratici é meno viva, massimamente nelle classi dirigenti, in cui volge spesso ad una semplice letteratura, forse per cagione dello scetticismo dei plutocrati e delle melensaggini degli umanitari, forse anche perché molti capi democratici sono tratti, per soddisfare le cupide brame delle loro schiere, ad occuparsi più che d'altro, degli interessi; quindi é cagione di minor forza, ma altresì di minor crudeltà. Può darsi che il trionfo dei democratici finisca col costare ai vinti più denaro ma meno sangue, meno dolori.
I Tedeschi mostrarono di curarsi poco delle norme del diritto internazionale e molti li approvano, mossi da sentimenti simili a quelli di coloro che già approvavano la santa Inquisizione, che si affrancava dalle regole allora vigenti della procedura penale. Occorre notare che i democratici, i quali tanto aspramente rimproverano ai Tedeschi queste trasgressioni, non hanno ritegno nel compierne di analoghe nel diritto interno dello Stato. Sotto l'aspetto della logica formale, non si capisce bene perché, se la forza del suffragio universale può « creare il diritto interno dello Stato », la forza degli eserciti non possa egualmente « creare » il diritto internazionale. Se la « forza » sovrasta giustamente al « diritto nelle contese interne, perché non dovrebbe egualmente sovrastarsi nelle esterne? È vero che si scioglie il quesito barattando i vocaboli e chiamando « diritto » ciò che è imposto dalla forza interna; ma rimane da sapere perché tale baratto non potrebbe anche valere per la forza esterna, alla quale manca solo lo spolverino che sui decreti dell'interna mette il santo suffragio universale, ma che potrebbesi agevolmente sostituire con altro analogo.
Veramente si hanno così logomachie, o, nella migliore ipotesi, contese metafisiche, che poco hanno da fare colle esperienze.II ricercare le forze profonde che operano sotto tante e così varie apparenze può essere di danno per la fede ed in conseguenza per le opere che essa compie, ma é utile per la scienza sperimentale, alla quale concede una qualche previsione, sia pure ristretta, dei futuri avvenimenti, determinati, almeno in parte, da tali forze, che rimangono mentre mutano le fugaci loro vesti. Chi, ad esempio, credeva che la guerra tra Romani e Cartaginesi fosse stata determinata dal giuramento fatto da Annibale al padre, nulla poteva prevedere circa alle relazioni tra Roma e Cartagine, che avrebbero potuto diventare quelle di una schietta e sincera alleanza, ove un altro Amilcare avesse suggerito un giuramento opposto al figlio. Chi crede che la guerra é determinata dalla dichiarazione che se ne fa suppone che un atto il quale, senza gravi difficoltà, si può fare o non fare é cagione di avvenimenti che hanno origine da altre potenti cause, le quali in gran parte sono indipendenti dagli incerti casi dell'umano volere. Sta bene che le moltitudini sono inclinate a dare la « responsabilità » della guerra a chi la dichiara ; ed é perciò che, al presente, ogni Stato procura che sia il nemico a dichiarare la guerra, e quando a nessuno riesce di trarre l'avversario a compiere questo atto, si finisce col fare la guerra senza dichiararla, contentandosi solo di riconoscere che « lo stato di guerra esiste con tale Stato ».
Dire che la guerra franco-tedesca del 1870 é stata cagionata dal celebre dispaccio di Ems - che facilmente poteva essere sostituito da altro pretesto - o che ha avuto per causa la dichiarazione di guerra della Francia alla Prussia - la quale se l'Ollivier fosse stato più furbo del Bismarck, avrebbe potuto essere sostituita da una dichiarazione di guerra della Prussia alla Francia --oppure dire che la presente guerra é stata cagionata dall'ultimatum dell'Austria alla Serbia, preparato dietro le quinte, come in un melodramma, dalla perversa ambizione della Germania, é un fare ritorno a quella storia anedottica che mette in scena astrazioni metafisiche e personificazioni; la quale piace alla moltitudine e a chi si diletta di tali astrazioni e di tali personificazioni, ma che veramente pareva ora cedere il posto, nella scienza, a considerazioni maggiormente reali. Non esiste una persona detta Germania che operi a somiglianza di un uomo; esiste solo una contrada che ha tal nome, abitata da uomini che hanno certi sentimenti, certe inclinazioni, certi interessi, e che sono guidati da un governo. Questo, alla lunga, non può che adattarsi a tali sentimenti, inclinazioni, interessi ; i quali tutti rimangono quindi, in ultima analisi, le forme massimamente operanti, e che, colla loro risultante, determinano l'azione della collettività.
Lasciamo da parte gli aneddoti, le personificazioni letterarie, o le giuridiche, nonché altre astrazioni di simili generi, e guardiamo gli avvenimenti esclusivamente sotto l'aspetto sperimentale; vedremo tosto che, durando le cause profonde, ben potranno gli effetti modificarsi nella forma, e forse alquanto nella sostanza, per intervento di nuove forze, ma non già venir meno interamente.
È dunque illusione il credere che la presente guerra possa mettere capo a togliere, per l'avvenire, le cagioni di altre guerre, assicurando una pace lunga, duratura, e che si manterrà con pochi armamenti. Viene da ridere quando ci dicono che, ristabilito l'equilibrio europeo, turbato solo dalla smoderata ambizione germanica, secondo alcuni, dalle invadenti bramosie russe, secondo altri, dalli prepotenza dell'Inghilterra nel dominio dei mari, secondo altri ancora, dal desiderio di rivincita dei Francesi, ecc... avremo una pace idilliaca. Quando mai questo bello, desiderato e lodevole equilibrio europeo si é veduto? Quando, anche in tempi, prossimi o remoti, ci fu in Europa pace sì duratura da parere perpetua? Quando mancarono vincitori che armavano per mantenere il proprio potere, vinti che armavano per correre alla riscossa, neutri che armavano per mantenere la propria indipendenza? Per fermo coloro che sognano un futuro tanto diverso dal passato chiudono volontariamente gli occhi all'esperienza e vanno spaziando nei nebulosi campi della fantasia.
Appena mezzo, secolo fa, i loro predecessori nel fare simili profezie volevano persuadere il mondo che la guerra era diventata impossibile, né mancarono persone che proseguirono fin ora a manifestare tale opinione. Dissero da prima che le guerre oramai non accadevano più se non ai confini tra i popoli civili e i barbari; poscia fecero la scoperta che troppo costosa era diventata la guerra e che perciò non si potrebbe fare; altri trovavano valida cagione della sua impossibilità nei tremendi effetti micidiali delle armi moderne; altri osservavano che, spariti gli eserciti di mestiere, la guerra e la pace erano in balìa dei « proletari », i quali, fedeli al dogma marxista che vuole l'unione dei « proletari » di tutti i paesi, non avrebbero mai permessa la guerra; all'opposto l'avrebbero sicuramente impedita, tramite lo sciopero generale, e, dicevano coloro di cui maggiormente si accendeva la fantasia, tramite il « sabotaggio » della smobilitazione. Tutte queste chiacchiere hanno messo capo alla presente guerra che é la più estesa, costosa, tremenda delle guerre che mai si sono vedute in queste contrade. Miglior sorte purtroppo non avranno le dissertazioni che ora si stanno facendo sull'idillio della pace futura. Possono essere utile consolazione per chi soffre, non sono certo previsioni probabili per l'avvenire.
I sentimenti degli uomini mutano poco e lentamente, non si impongono colla forza, quindi é probabilissimo che quelli che ora si osservano seguiteranno ad osservarsi per lungo volgere di anni e che i loro effetti futuri di poco differiranno dai passati. Chi vuole avere un chiaro concetto di tale prevalere delle cause profonde sulle superficiali deve tornare colla mente agli anni che seguirono l'anno 1815. Pareva proprio allora che la Santa Alleanza, strapotente di armi e di consigli, avesse ristabilito quell'equilibrio che ora si rimanda al futuro, e dato uno stabile e duraturo assetto all'Europa. Eppure, appena quindici anni dopo, cioè nel 1830, principiano moti, che si rinnovano nel 1848; seguita poi a mutarsi e rimutarsi la carta d'Europa, tantoché, prima assai della fine del secolo XIX, la Santa Alleanza non era più che un ricordo archeologico, che pareva avere suo luogo in un remotissimo pasSi possono fare solo due ipotesi sul modo col quale avrà termine la presente guerra, cioé:
1) Che finirà con una pace nella quale le forze degli avversari staranno alla pari, o quasi, ed è evidente che, in tal caso, la pace sarà solo una tregua ;
2) Che finirà colla piena, intera, assoluta vittoria di uno degli avversari. Se é la Triplice Intesa che vincerà, non si vede come potrà ridurre impotente per l'avvenire la Germania, più di quanto fu dato di compiere a Napoleone I riguardo alla Prussia, dopo la vittoria di Jena. Anzi, come allora accadde, potrebbero i dolori della disfatta rinfocolare e rafforzare i sentimenti patriottici dei Tedeschi. S
e vincono gli Imperi Centrali, neppure si vede come potranno distruggere l'immenso impero britannico, e togliere che di nuovo se ne uniscano le disgiunte membra in una comune brama di rivincita e di vendetta; a rendere la quale opera maggiormente efficace potrebbe aggiungersi la potentissima forza degli Stati Uniti d'America.
Neppure si scorge come, in modo efficace, si potrebbe distruggere l'estesissimo impero russo ed impedirgli di prepararsi alla riscossa. Aggiungasi che il trionfo del militarismo prussiano potrebbe essere cagione che ne scemasse e poi ne sparisse il potere, come, in circostanze analoghe, intervenne all'Areopago di Atene dopo le guerre persiane, e al Senato di Roma dopo le guerre di conquista del bacino del Mediterraneo. La plutocrazia e la democrazia ci sono in Germania come in altri Paesi, ed hanno solo una evoluzione in ritardo su quella di altri paesi ; oggi sono tenute soggette, domani possono avviarsi ad essere dominanti ; e tra la Germania presente e la Germania della fine del secolo XX, non é impossibile che corra tanta e più diversità che tra l'Inghilterra del Wellington e l'Inghilterra dei Lloyd George.
Probabilmente l'evoluzione del reggimento plutocratico, democratico, o demagogico seguiterà in tutti i paesi civili; esso avrà termine consumando sé stesso e perchè verrà ad urtare ostacoli aventi origine dalla stessa sua evoluzione, come accadde per il passato per reggimenti analoghi; ma di tale argomento non é qui il luogo di fare discorso.
(Fatti e teorie, pagg. 29m56. La guerra e i suoi principali fattori)
ancora di Vilfredo Pareto alcune pagine di...
"TRASFORMAZIONE
DELLA DEMOCRAZIA" (1921) > > >
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