I NOSTRI PRIMI ANTENATI

di Giandomenico Ponticelli

COME ERANO I NOSTRI PRIMI ANTENATI

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Come erano i primi antenati dell'uomo? avevano un comportamento umano o avevano abitudini simili a quelle degli altri primati? Ancora oggi non è facile rispondere a domande come queste. I ritrovamenti, ancora troppo frammentari e sporadici, non riescono a fornire prove definitive nell'uno o nell'altro senso. I progressi nello studio del DNA, a differenza di ciò che pensano alcuni gli scienziati a caccia del "gene dell'intelligenza", non potranno mai fornire indicazioni qualitative sul comportamento di animali o persone. Tuttavia, sia nel campo della peleontologia che nella genetica sono stati fatti passi importanti, i cui sviluppi porteranno ad una definitiva risoluzione di questi problemi.

Il cambiamento di habitat che si verificò, comportò un adattamento o un riadattamento al nuovo ambiente da parte dei primati. L'abbassameto della temperatura causò il graduale ridimensionamento della foresta tropicale. Luoghi come Sterkfontein e Makapansgat, diventarono dei grandi spazi aperti interrotti lungi i fiumi da foreste a "galleria". Questi posti diventarono il laboratorio in cui sperimentare nuovi comportamenti e dove presero corpo nuove forme di vita. Forze questa conformazione del territorio favorì nei primi ominidi il bipedismo. Stare eretti metre si passava da una galleria all'altra forse rappresentò un vantaggio. Aumentò la collaborazione tra gli individui della stessa famiglia ma allo stesso tempo i rapporti di vicinato divennero più conflittuali (Biondi e Rickards, 2001). Alan Woods e Ted Grant sostengono che la competione tra bande fu la maggiore responsabile della composizione di nuove specie di primati, tra cui vi erano anche gli ominidi (Woods e Grant, 1997):

"La separazione di queste tre branche (scimpanzé, ominidi e gorilla -nda) si verificò a causa delle pressioni ambientali nell'Africa orientali: un forte impoverimento della foresta, causato dalla riduzione delle piogge e dal clima in generale più secco. Questa fu probabilmente la forza motrice che ha portato alla separazione delle tre specie di protoscimmie. Finora esse avevano vissuto sugli alberi. Ora avevano tre possibilità:

1) Una parte di esse rimaneva nella foresta. Queste dovevano essere le più capaci di estrarre cibo da risorse sempre più limitate. La riduzione della foresta deve aver severamente ridotto il loro numero.

2) Un altro gruppo, costretto a spostarsi ai margini della foresta, con un numero minore di albero e di fonti di cibo, fu alla fine obbligato ad allargare il proprio campo d'azione per la raccolta del cibo, spostandosi sul terreno, pur tenendosi vicino agli alberi per proteggersi. Questo gruppo è rappresentato dai moderni scimpanzé.

3) Un terzo gruppo, probabilmente costituito dalla parte più debole e meno abile, fu costretto ad un'intensa competizione per le scarse fonti di cibo e a un trasferimento fuori dalla foresta. Dovettero così non solo spostarsi sul terreno, ma coprire lunghe distanze per trovare il cibo necessario alla loro sopravvivenza. Essi si trovarono a sviluppare interamente un nuovo modo di vivere, radicalmente diverso da quello degli altri primati. In Asia le pressioni ambientali causate dai cambiamenti climatici portarono gruppi di scimmie ai margini della foresta. Da esse si svilupparono i moderni babbuini" (ibidem).

I più antichi progenitori avevano un aspetto molto simile agli scimpanzé moderni, e probabilmente lo erano anche nel comportamento. Tuttavia è emersa una differenza. Un particolare, apparentemente, di poco conto, fornito da una branca della paleontologia sviluppata di recente, specializzata nello studio dei denti. Dall'analisi comparata dei canini di Ardipithecus ramidus (ARA-VP, Siti 1, 6 e 7) con quelli di altri primati viene dimostrato che i primi avevano dimensioni minori (Arsuaga, 2001). Questo particolare dimostra una modifica dell'apparato masticatorio, che permetteva un alimentazione differenziata.

L'Australopithecus anamensis, è la specie scoperta da Meave Leakey in Kenia. Tra i fossili ritrovati vi è un gran numero di denti. Anche in questo caso il loro esame ha portato a conclusioni interessanti, soprattutto per quanto riguarda i molari. Questi, erano più grandi rispetto a quelli di Ardipithecus ramidis ed inoltre lo smalto di cui erano costituiti era più resistente (ibidem). Allo stesso tempo, lo studio di alcune ossa ritrovate, in particolare una tibia (KP 29281) ritrovata quasi intera, lascia pensare che questi ominidi potevano essere in grado di camminare su due arti. Per il resto erano simili agli altri primati. Oggi, per queste caratteristiche contrastanti, si è portati a pensare che questa specie rappresenti soltanto un livello di sviluppo intermedio tra i primati e l'uomo. Più in generale, tra queste due specie vi sono soltanto 200 mila anni di differenza, molti scienziati si chiedono se un lasso di tempo così breve sia sufficiente per un cambiamento anatomico così importante. L'interrogativo rimane, perché l'evoluzione non avanza a ritmo costante: a volte procede molto rapidamente e altre volte sembra fermarsi (ibidem).

Un importantissimo passo in avanti venne fatto quando nel 1974 vennero scoperti in Etiopia i resti di Lucy (AL 288-1, 3.2 milioni di anni), l'Afarensis di Donald Johanson. Lo stato di conservazione di questi fossili era veramente eccezionale. Erano sfuggiti alla distruzione del tempo più del 40 % delle ossa dello scheletro. Lucy era una femmina di 25 anni vissuta in Africa centrale 3 milioni di anni fa. Era alta poco più di un metro e pesava solo 28 kg. Il suo compagno probabilmente era alto 1,35 metri e pesava circa 45 kg.

I ritrovamenti fossili dimostrarono che vi era una significatica differenza di statura tra i due sessi; Tra i maschi e le femmine di Afar vi era una rapporto di 1,5, nei gorilla questo rapporto è 1,6. Per gli scimpanzé e gli uomini i valori sono rispettivamente 1,3 e 1,2 (ibidem). Questi dati ci consentono di fare delle considerazioni molto importanti ull'organizzazione sociale di questa specie, perché il dimorfismo sessuale è un indice di un'altissima competizione tra i maschi. Probabilmante vi era un unico maschi dominante e diverse femmine che passavano le loro giornate tra ambienti silvicoli e la savana. Molti specialisti sono concordi sul ritenere gli ominidi di Afar bipedi, sono una conferma i ritrovamenti fossili e le orme ritrovate a Laetoli. Non tutti i paleontologi sono daccordo sulle capacità degli Australopithecus Afarensis.

Le incertezze nascono dallo studio delle caratteristiche degli arti superiori di questa specie, in particolare, le braccia che erano molto lunghe li rendeva degli abili arrampicatori. Anche il cinto pelvico non era come quello umano. La forma della pelvi è importante per garantire una completa stazione eretta. In molte scimmie non antropomorfe che si muovono per "salti" o su quattro zampe è piuttosto allungata, mentre nelle scimmie antropomorfe è più corta e disposta in senso medio laterale, anche l'ala iliaca aumenta la sua superficie e si dispone ventralmente. Nell'uomo il bacino si accorcia ulteriore, mentre l'ala iliaca,aumentata di superficie, si incurva verso il basso. Nell'Australopithecus afarensis, sebbene il cinto pelvico sembra essere simile a quello umano, l'ala iliaca ha una forma intermedia, senza la sua caratteristica rotazione verso il basso.

Un altra specie preumana sembra delle caratteristiche simili a quelle dell'Australopithecus Afarensis, si tratta dell'Australopithecus africanus, originario dell'Africa meridionale. In particalare, i suoi grandi molari dimostrerebbero il loro adattamento ad ambienti silvicoli attigui alla savana, in cui fu possibile ampliare la dieta alimentare (più in basso nel testo). Diversi paleontologi sostengono, in base ai ritrovamenti effettuati, che anche questa specie era bipede. Alcuni però dubitano che Africanus potesse essere un discendente degli afarensis, perchè il ginocchio era più primitivo. Berger, sostiene che il bipedismo in africa si originò ben due volte. La prima volta in Africa orientale e coinvolgendo gli afarensis ed altre specie non ancora indentificate. Questo gruppo si estinse e si evolvette in un'altra forma, i parantropi.
Successivamente, il bipedismo si riprodusse ancora a Sterkfontein e dintorni. In quei luoghi la deforestazione ebbe tempi più lunghi, percui gli ominidi della zona conservarono la capacità di muoversi sugli alberi molto più a lungo ripetto agli australopiteci orientali. Questo dimostrerebbe come mai l'Africanus avesse il ginocchio più primitivo.

I vantaggi del bipedismo

La postura eretta, da sola non rappresenta alcun vantaggio per la specie umana, anzi la corsa su due zampe rappresenta uno svantaggio per la riduzione della velocità che né consegue. Ma se a questa vi associamo anche la visione binoculare, caratteristica delle scimmie più grandi, allora i vantaggi aumentano notevolmente. Guardare più lontano in un ambiente praticamente uniforme per una prede è importantissimo! altrettanti vantaggi sono la visione tridimensionale, che permette di valutare meglio le distanze e la distinzione dei colori. Tutte queste caratteristiche associate hanno permesso un poderoso sviluppo delle capacità di coordinazione degli arti superiori e la loro specializzazione nel lavoro (Ponticelli, 2004).

L'intensificazione dell'attività umana ha generato un aumento consistente del volume del cervello e con esso anche il peso. Anche in questo caso il bipedismo ha rappresentato un vantaggio, perchéil peso della testa può essere ripartito su tutto il corpo e soprattutto sulla colonna vertebrale che con le sue due curvature particolari garantisce maggiore elasticità e stabilità. Diversamente, negli altri primati la testa è sospesa in avanti quindi è impossibile che si verifichi un ulteriore aumento di peso, inquanto da soli i muscoli del collo non sarebbero ingrato di sorreggerla.

Il volume del cranio di "Lucy" era probabilmente di 500 cc., questo valore può essere assunto come medio rispetto agli altri crani ritrovati. Un scimpanzéin media ha un cranio di 400 cc. mentre un uomo 1350 cc.
Dimensioni di poco superiori a quelle degli altri primati posso far pendere la bilancia verso un comportamento non "umano", ma volumi simili non debbano per forza realizzare intelligenze identiche. S. J. Gould nel libro "Intelligenza e pregiudizio" analizza a fondo tutte le pseudo-convinzioni scientifiche in riguardo alle dimensioni del cervello. Mentre queste sono in rapporto con le demitizzino corporee, l'età e i lunghi periodi di malattia, non vi è nessuna relazione con l'intelligenza o con l'indole criminale delle persone. Tutti gli studi realizzati nell'ottocento dimostrarono soltanto che criminali ed assassini potevano avere cervelli più grandi di premi Nobel e scienziati di primo piano (..., ..). L'intelligenza dipende dalla complessità del sistema nervoso non dal volume del cervello. La maggior parte dei paleontologi resta comunque dell'idea che questi ominidi non avessero grandi capacità intellettuali ad eccezione della specializzazione degli arti.

Per capire quanto erano intelligenti i primi uomini bisogna scoprire cosa erano capaci di fare di diverso rispetto agli altri primati. I primi ritrovamenti archeologici riguardanti strumenti litici di natura antropica risalgono a 1,5 milioni di anni fa (altre fonti parlano di 2,5 milioni di anni) e sono costituiti da pietre scheggiate in modo molto grossolano. In quell'epoca vivevano già nel continente africano gli Homo habilis mentre gli Australopithecus si erano già estinti. Questi manufatti servivano a spezzare le ossa di animali già morti o a scarnificarli. Gli Homo Habilis, così come le iene, erano degli spazzini. Diversamente, Gli Australopithecus essendo vegetariani (più avanti nel testo) non avevano alcun bisogno di arnesi di pietra, se non per quelle attività in cui anche le scimmie si sono specializzate: Rompere le noci o cacciare gli insetti. Per queste attività non vi era bisogno di una fabbricazione ad hoc, ma bastavano le cose che capitavano sottomano.

Il primo studioso che si interessò a queste tematiche, fu l'immortale Charles Darwin. Nell'Origine dell'uomo, pubblicato nel 1871, dedica un intero capitolo a questo argomento. Darwin riporta diversi esempi in cui il comportamento animale è caratterizzato dall'uso di arnesi per raggiungere uno scopo. Sono particolarmente interessanti gli esempi di alcuni gruppi di scimmie, in cui si distinguono per la loro particolare "umanità":

"lo scimpanzé allo stato naturale schiaccia un frutto indigeno, una sorta di noce, con un sasso. Rengger insegnò molto facilmente ad una scimmia americana a spaccare così le noci di cocco, e in seguito l'animale adoperò quel sistema per rompere ogni sorta di noci, come pure le scatole; essa toglieva anche la pellicola del frutto, dal sapore sgradevole. Un'altra scimmia aveva imparato a sollevare il coperchio di una scatola con un bastoncino e poi adoperava il bastoncino come leva per muovere i corpi pesanti…in questi casi i sassi e i bastoncini erano usati come utensili…" (Darwin, 1871).

Darwin non si limita a citare il comportamento di scimmie allevate in cattività, in cui la trasmissione da parte dell'uomo di determinate esperienze altera il naturale corso dell'apprendimento. Darwin, cita anche le prime testimonianze raccolte dagli osservatori inglesi in Abissinia, che hanno per oggetto una delle poche specie di scimmie adattate alla vita nella savana. I babbuini gelada, che vengono sorpresi a fare uso di sassi come strumento di attacco e di difesa nei confronti di un'altra specie di primati le amadriadi. Dall'incontro dei due gruppi nasce una battaglia in cui vengono fatti rotolare dei sassi giù da una collina contro gli avversari che innervositi rispondono con grida prima di lanciarsi all'attacco. Un altro episodio vede coinvolto il duca di Coburgo Gotha e con una pattuglia inglese contro un esercito di babbuini entrati in contatto nel passo di Mensa in Abissinia. I babbuini alla vista dei soldati inglesi fanno rotolare anche questa volta giù dall'altura dei massi. Riuscendo a mettere in fuga gli inglesi (ibidem).

Rimane da chiedersi quanto questi gesti siano intenzionali o istintivi! Gli ultimi studi tendono a confermare questa prima ipotesi. Sono perfettamente coscienti di ciò che fanno. Pare che alcuni di loro riescono perfino a distinguere la loro immagine allo specchio, soltanto che per la limitatezze dei loro bisogni non hanno bisogno di fare grandi cose.

"D'altro canto è importante sottolineare che in condizioni naturali gli scimpanzé non si trovano in situazioni nelle quali è necessario disporre di uno strumento affilato, per cui le abilità (mentali e anatomiche) adatte a crearlo non sono state favorite dalla selezione naturale" (Arsuaga, 2001).

Lo stesso discorso va fatto per gli ominidi, che avevano esigenze molto semplici e non molti dissimili dagli altri primati. Anche se i resti fossili dimostrano una maggiore specializzazione degli arti rispetto alle scimmie, questa specializzazione non scaturì nessun effetto sostanziale. Fino a quando, in conseguenza di importanti cambiamenti climatici, non arrivarono gli homo Habilis.

L'organizzazione sociale

Tutti gli animali che vivono in gruppo hanno almeno tre ambiti in cui manifestano un comportamento sociale: la pulizia del corpo, il sostentamento e la difesa. In molti mammiferi che non hanno la piena mobilità degli arti, ed una limitata capacità di utilizzo di alcune parti del corpo come la bocca. Si è sviluppata una spiccata tendenza alla collaborazione, anche in questo caso C. Darwin è un precursore, in quanto descrive nelle sue opere parecchie di queste situazioni. Come i cavalli e le vacche che si mordicchiano e si leccano in ogni punto ove sentono prurito o pizzicore, oppure il caso delle scimmie che si liberano dai parassiti a vicenda (Darwin, 1871). Oggi a questi esempio ormai banali si sono aggiunti le ultime ricerche sui "piccoli" suricati del continente africano e sui castori americani.
In alcuni casi la cooperazione si ha anche nella ricerca del cibo, come per i lupi che cacciano in branchi e si spartiscono le prede o come evidenzia ancora C. Darwin, i babbuini che rovesciano i sassi troppo pesanti insieme per cercare insetti da mangiare (Darwin, 1871).

L'aspetto più importante però è: l'organizzazione difensiva del branco e la cooperazione dei diversi elementi per sfuggire ai predatori. Ogni specie animale ha acquisito una tecnica differente, a secondo delle capacità intellettuali e della forza che i singoli individui riescono ad esprimere. I conigli ad esempio battono fortemente le zampe posteriori per terra, le pecore e i camosci invece battono le zampe anteriori e mandano un fischio. Molti uccelli e parecchi mammiferi utilizzano una tecnica molto semplice ma che, a differenza delle altre, presuppone una suddivisione dei compiti all'interno dei branco. Alcuni di essi a rotazione stanno di guardia mentre gli altri animali provvedono a cercare il cibo per tutta la comunità.

Nei primati è il capo branco, quindi il più forte a ricoprire il ruolo della sentinella questi fa da sentinella e manda grida che esprimono il pericolo o la sicurezza. Ancora una volta sono significativi gli esempi che C. Darwin cita riguardanti branchi di scimmie nativi dell'Abissinia. Nel primo caso in un branco di babbuini attaccati da cani selvaggi ai piedi di una valle, alcuni elementi che si erano già messi in salvo manifestano sentimenti di solidarietàverso chi era ancora in pericolo accorrendo in loro aiuto emettendo urla spaventose in modo da spaventare gli attaccanti, ed uno di questi si distinse perchési lanciò tra il branco di cani per salvare un piccolo di sei mesi intrappolato su una prominenza rocciosa.

Il secondo episodio, riguarda un giovane cercopiteco che quando viene attaccato da un'aquila, accorrono in suo aiuto i compagni che attaccarono l'aquila e le strapparono le penne (ibidem).
Esempi molto semplici che fanno capire come anche negli animali sia forte il sentimento di solidarietà verso i propri simili al punto di mettere a repentaglio la propria vita.

I preumani che sicuramente non erano inferiori agli altri primati, erano anche loro dotati di un certo grado di organizzazione sociale. In ogni gruppo vi era sicuramente un maschio dominante, come è evidente dal dimorfismo sessuale caratteristico di queste specie e diverse femmine. Diversamente, gli scimpanzéhanno una struttura sociale molto più complessa che si chiama "Poliandrica promiscua". Mentre per le altre specie le femmine restano unite ed i maschi migrano verso altri gruppi, sono scimpanzémaschi a restare uniti mentre le femmine si allontanano. Questa abitudine sociale serve a formare un gruppo coeso e cooperativo, per questo motivo il rapporto tra le dimensioni tra maschi e le femmine e simile a quello dell'uomo.

Il sociologo Johan Goudsblom, nel libro "Fuoco e civiltà" avanza un ipotesi accattivante sulle scimmie. Secondo il suo giudizio anche i primati, ed in particolare gli scimpanzé, manifestano le potenzialità per utilizzare il fuoco (Goudsblom, 1996).

"Presentano una configurazione sociale, mentale e fisica notevolmente prossima a quella richiesta per l'uso attivo del fuoco…vi sono dati che lasciano pensare che gli scimpanzé siano in grado di mantenere un fuoco per un certo periodo di tempo. Se così stanno le cose, e plausibile che l'australopithecus e gli altri primati ora estinti si siano evoluti in questa direzione " (ibidem).

Per Jane Goodall, importante primatologa inglese che ha convissuto per molti anni con altri primati in cattività, gli uomini non sono gli unici ad avere la capacità di pensare o di amare.

"…Il pensiero razionale non è una prerogativa solo umana. E che non siamo i soli a provare una vasta gamma di emozioni, come tristezza, depressione, paura, gioia, meraviglia. Gli scimpanzé sono capaci di dimostrare pietà e amore, purtroppo, possono anche rilevarsi aggressivi e crudeli coi loro simili, come noi uomini" (National Geographic, Aprile 2003)

Questo renderebbe tutti primati "unici" nel loro genere. Se questa ipotesi si rivelasse vera, renderebbe i preumani un po'più vicini agli uomini, ma il cammino evolutivo verso l'uomo, in questo stadio, è ancora molto lungo. Visto che i primi "veri uomini", gli Homo Sapiens arriveranno diversi milioni di anni dopo. Una scoperta recente in Sud Africa darebbe consistenza a questa ipotesi. Un équipe di paleontologi ha scoperto in Sud Africa alcuni resti fossili di 4 milioni di anni che sembrano essere stati oggetto di una sepoltura (vedi articolo). Dimostrerebbe che anche i preumani erano in grado di provare sentimenti per i propri defunti.

J. Goudsblom fornisce un ulteriore ipotesi che vede in relazione il possesso delle capacità di accendere il fuoco e la competizione, nel senso darviniano della "battle of life", delle varie specie di primati. Secondo la sua opinione il possesso del fuoco potrebbe essere stato un fattore discriminante, che ha favorito una specie anziché un'altra.

"I conflitti per la selezione e i processi di formazione del monopolio, che sono stati osservati all'interno delle società umane, potrebbero essersi verificati, in uno stadio molto antico, anche tra gruppi di ominidi e gli altri animali. Il controllo esclusivo del fuoco da parte degli umani, in altre parole, potrebbe essere visto come il risultato di lotte tra le specie, paragonabili alle guerre all'interno della specie da cui, in uno stadio molto più avanzato della storia, scaturì il monopolio da parte dello stato, della violenza organizzata e della tassazione…alla lunga, nessun gruppo di umani rimasti privi del fuoco sopravvisse e lo stadio di transizione nel quale alcuni gruppi possedevano e altri non possedevano il fuoco giunse al termine. Il controllo del fuoco era diventato, com'è tuttora, un attributo esclusivo e universale delle società umane" (Goudsblom, 1996).

Appendice - L'alimentazione dei preumani

Gli alimenti che ingeriamo provano delle micro abrasioni che sono correlate al tipo di alimentazione che pratichiamo. I consumatori di carne presenteranno striature sullo smalto verticali, mentre i denti dei vegetariani presentano striature sia orizzontali che verticali (Renfrew e Bahn, 1995). I denti dei preumani sottoposti all'analisi al microscopio dimostrano che non mangiavano carne, se escludiamo quella degli insetti.

Il pasto degli Australopithecus ramidus era costituito da frutti, germogli, fusti teneri e foglie fresche (Arsuaga, 2001).
Gli Autralopithecus anamensis, che come abbiamo già visto erano dotati di molari più grandi, molti risultavano fortemente usurati da una masticazione prolungata, questo significava che questi preumani avevano ampliato la loro dieta, comprendendo in essa anche semi e frutta secca (ibidem). Ma l'usura dei denti era tale, che a contribuire a questo stato, si pensa abbiano contribuito anche delle particelle minerali particolarmente abrasive. Queste ultime sarebbero entrate in contatto con il cibo perchéforse veniva conservato in fosse (ibidem). É importante sottolineare che mentre l'alimentazione degli A. ramidus era tipica di un ambiente tropicale, Australopithecus anamensis si era già adattato a boschi più asciutti. Questo perché il suo habitat era cambiato diventando più secco (ibidem).
Anche L'Austalopithecus Africanus dimostra di avere dei molari più grandi rispetto ai suoi antenati. La sua alimentazione richiedeva una masticazione molto prolungata, basata su prodotti vegetali molto duri (ibidem). Una ricerca di Matt Sponheimer e Julia Lee-Thorp condotta sugli isotopi del carbonio ha dato un contributo interessante. La domanda a cui si voleva rispondere era: i preumani si nutrivano con vegetali provenienti dai boschi oppure o dai pascoli aperti. In Africa le erbe dei pascoli contengono più carbonio pesante rispetto alle altre. Le analisi sullo smalto dei denti hanno dimostrato che gli australipitechi avevano meno carbonio pesante di antilopi ed altri animali adattati alla savana, ma ne avevano di più rispetto agli animali residenti nei boschi.

Questi Australopitechi, provenienti da Makapansgat, una località situata nei pressi di Pietersburg, a nord-est di Johannesburg, si nutrivano probabilmente anche di radici e di erba proveniente dalla savana, oppure mangiavano insetti che facevano uso di quelle erbe o che addirittura uccidessero animali da latte o si nutrissero di carogne (ibidem). Molti pensavano che gli Australophitecus potessero essere carnivori, avvalorando la loro ipotesi con la scoperta nella grotta di Swartkrons in Sudafrica dei resti fossili di 130 esemplari di ominidi associarti a scheletri di altri animali sia erbivori che carnivori. Gia nel 1925, Wilfred Eitzman, paleontologo dilettante spedì a Dart dei resti fossili di animali provenienti dalle grotte calcaree dalla valle di Makapangsgat. Dart notando che molte ossa erano annerite pensò che fossero state bruciate intenzionalmente, e che quindi quei fossili così fremmentati erano i resti di un pasto. "Makapansgat doveva essere stato il teatro d'azione di cacciatori molto abili e talmente avanzati culturalmente da saper cuocere la carne dei loro pasti" (Biondi e Rickards, 2001). Questa ipotesi, però, si rilevò falsa. La colorazione scura dei fossili era dovuta al manganese presente nel terreno.

Nel 1948 Dart durante i lavori di scavo si imbatte nella grotta di Swartkrons, ai nuovi diete il nome di Australopithecus promemetheus, (successivamente africanus). Secondo Dart Prometheus era in grado di usare attezzi ricavati dalle ossa, dai denti e dalle corna degli animali e chiamò questa cultura, "cultura osteodontocheratica" (ibidem). Ma uno studio eseguito in seguito da C. K. Brain riuscì a dimostrare che in realtà che i resti di Africanus si trovavano nella tana di un leopardo. Egli vi riuscì, comparando i fori presenti sul cranio di uno degli esemplari ritrovati con l'impronta dentaria della mascella di un leopardo (Renfrew e Bahn, 1995).


Bibliografia
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Biondi G. e Rickards O., Uomini per caso. Miti, fossili e molecole nella nostra storia evolutiva, Editori Riuniti, 2001
Giusti F., La scimmia e il cacciatore. Interpretazioni, modelli e complessità nell'evoluzione umana, Donzelli editore, 1994.
Goulsblom J., Fuoco e civiltà, dalla preistoria a oggi, Donzelli editore 1996.
Darwin C., L'origine dell'uomo e la scelta sessuale, Rizzoli editore, 1997 (ed. orig. 1871).
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Ponticelli G., Il Lavoro e l’origine Dell’Uomo. Gli studi sull'evoluzionismo di Friedrich Engels, Aprile - Maggio 2004.
Ponticelli G., Il Passaggio Dalla Scimmia All'Uomo. Gli studi sull'evoluzionismo di Friedrich Engels, Part. II, 2003.
Ponticelli G., La Nascita Della Caccia. Gli studi sull'evoluzionismo di Friedrich Engels, Part. III, Maggio 2004.
Renfrew C. e Bahn P., Archeologia. Teoria metodi pratica, Zanichelli editore, 1995
Woods A. e Grant T., La rivolta della ragione. Filosofia marxista e scienza moderna, A C Editoriale coop arl, 1997
Periodici e giornali
Kates R. W., Il futuro della vita sulla Terra, Le Scienze n°90, 1996
Quammen D., Jane ritorna nella giungla, National geographic Italia, Vol.11 N.° 4, Aprile 2003
Siti internet
www.talkorigins.com


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