il PALEOLITICO
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Ora facciamo un passo indietro in questa selezione compiutasi in molti milioni di anni.
La prima divisione verso direttrici diverse, era avvenuta circa 30 milioni di anni fa. I primi Emuri, le scimmie propliopithecus, con una capacità cranica di 125 cc con circa 5 miliardi di neuroni e con alcune sostanziali mutazioni genetiche presero in quel periodo TRE direzioni potenzialmente evolutive molto particolari.
La prima, è quella dove troviamo i PONGIDI con un cervello già di 395 cc. Questi s'incamminano su un sentiero "a vicolo cieco", ed é quello che stanno percorrendo ancora oggi con pochi miglioramenti e quasi nessuna mutazione genetica; sono gli ornopitechi (485 cc), il gibbone. l'orango, lo scimpanzè (575 cc), il gorilla (685 cc).
La seconda, gli OREOPITECHI (400 cc.) sono i più sfortunati, vivono per circa 10/15 milioni di anni, con una iniziale evoluzione che poi si arresta per un motivo che è sconosciuto. Si estinguono; sono rimasti forse soccombenti nello scontro con altri loro simili o dopo una malattia pandemica. Quello trovato a Monte Bamboli e a Baccinello in Toscana é assegnato a una famiglia di Ominoidea per la morfologia e la caratteristica dei denti, ma appartiene a una famiglia che non fa più parte della prima ma nemmeno della terza selezione. Non sapremo mai se questa famiglia proseguendo per altri venti milioni di anni, dove poi sarebbe arrivata la sua evoluzione, se in peggio o in meglio della terza.
La terza, la più fortunata s'incammina invece sul sentiero denominato dell'ANCIENT MEMBER OMINIDEA. I primi esponenti compaiono in Tanzania (a Laetoli) e in Etiopia nella regione Afar. Il reperto, da questa località prende il nome di Australopithecus afarensis . E' da questo ominoidea, che secondo la maggior parte dei paleoantropologi, discenderebbero tutte le specie successive di australopitechi e successivamente quelle del genere Homo.
A noi ora, ci interessa seguire solo questa terza direzione.
Siamo a 3.800.000 anni fa. Da questo ceppo parte il grande albero i cui rami porteranno all'uomo moderno. Questo afarensis ha già una capacità cranica di 400 cc. e una dentatura già tipicamente umana. E' alto poco più di un metro. E' un bipede non permanente che si alterna a camminare a due e a quattro zampe, ma é già molto abile con le mani. E' chiamato appunto Homo habilis. Si diffonde, e vive per circa 1.300.000 anni (52.000 generazioni) poi si estingue, ma lascia qualche traccia genetica in alcuni sopravvissuti, che ripartono verso un'altra direzione circa 2.500.000 anni fa con una serie di generazioni, dove è documentata l'apparizione di un soggetto molto simile al precedente in Sudafrica ( di Taung, Sterkfontein, Makapangsgat) che conserva il nome di Australopithecus , ma é distinto con Africanus. L'unica differenza dalla prima specie (l'Afarensis)è che quest'uomo é morfologicamente migliorato, infatti, la sua posizione eretta è ormai permanente e proprio per questo è contraddistinto come Homo herectus. Siamo intanto arrivati a circa 1.000.000 d'anni fa, significa che sono trascorse altre 60.000 generazioni.
E' ora una popolazione, questa Africanus , che inizia a muoversi in varie direzioni, anche molto distanti ma seguendo l'istinto; cercando praterie, aree a climi temperati dove vivere; sceglie zone popolate di animali da cacciare. Il centro Europa e il centro Asia sono in questo periodo in fase climatica ideale.
In questo particolare grande arco di tempo (900.000 anni) in cui nascono e muoiono altre 36.000 generazioni, questa migrazione massiccia e molto estesa sul continente euroasiatico (dalla Francia fino a Pechino) porta questa specie a una sensibile differenziazione, molto accentuata soprattutto quando il periodo sta quasi volgendo al termine per i motivi accennati all'inizio (la glaciazione) che ha lasciato in vita solo rari gruppi. Siamo quindi a 100.000 anni fa, dove è in agguato la totale estinzione. Si è differenziato, ma il ceppo originale della prima grande migrazione é quello, e la condanna è per tutti. Non per quelli rimasti in questi 900 mila anni in Africa pur essendo i progenitori. Questi nel frattempo si sono ormai diffusi in Tanzania, in Kenia, in Etiopia, in Sudan, sono arrivati in Egitto, nella penisola Araba, nell'intera Mesopotamia e punteranno fra breve i primi colonizzatori sull'Europa e sull'Asia.
Dire quindi dove l'Homo herectus assunse le tipiche caratteristiche dell' Homo sapiens non è facile da definire in modo preciso dove, e quando. Come avvenne questo processo evolutivo invece oggi lo sappiamo: per l'influenza di un ambiente ricco d'informazioni e quell'apporto alimentare adatto a sviluppare determinati organi; il più importante il cervello. Una tesi oggi avvalorata dalla ricerca neuroscientifica che ha scoperto i meccanismi dell'informazione tramite le strutture nervose neurali. E ha scoperto soprattutto di quali sostanze biochimiche necessitano le cellule nervose per formarsi, organizzarsi, essere efficienti, e perchè sono delle forti consumatrici di zuccheri.
Queste importanti esperienze che fa questo nuovo cervello, che ora sta sviluppando una zona nuova, la neocorteccia, sono numerose anche nel corso degli ultimi 50.000 anni. Ma alcuni popoli arriveranno a concezioni di vita e a forme di civiltà straordinarie, mentre altri rimarranno fermi nell'evoluzione civile e culturale. Sono soltanto queste caratteristiche che varieranno nel corso delle ultime 1800 generazioni.
Ma rimarranno al palo alcuni gruppi anche negli ultimi 5000 anni a.C. (200 generazioni) e perfino negli ultimi 2000 anni d.C. Infatti, ancora oggi scopriamo che esistono sul pianeta gruppi umani fermi alla preistoria con nessun progresso civile e culturale (lo leggeremo più avanti)
Abbiamo detto solo variazioni culturali perché negli ultimi 50.000 anni non si é verificata alcuna mutazione genetica nell'uomo fin dal primo Cro Magnon, ma solo cambiamenti nell'ambito della rete neurale della neo-corteccia.
Salvo una piccola mutazione fisiologica in un piccolissimo organo, quasi insignificante, ma che avrà una grande importanza. E' lo spostamento della laringe nella gola, che si abbassa e va a creare una "camera vocale" con la quale l'uomo riesce a modulare i suoni che emette. Non potrà più bere e respirare contemporaneamente, come fanno ancora gli scimpanzé, ma in compenso può articolare e modulare i suoni fonetici e concepirne una quantità infinita a forza di provare e riprovare dentro il suo gruppo che è ormai composto da diversi individui; dove ha già formato un gruppo sociale, un clan, una tribù, una grande famiglia, un ceppo con alcune caratteristiche ereditarie ben precise.
E' la nascita del linguaggio! Suoni articolati che andranno a creare i fonemi. Con vari esperimenti sappiamo oggi che con solo 40 di questi si può creare una lingua. I primi linguaggi forse fino al 5000 a. C non andarono oltre questa cifra. Successivamente si arrivò fino ai 122-124 fonemi. Con questi oggi si possono parlare tutte le lingue esistenti, compresi i dialetti. Un computer oggi ne utilizza 120. Solo un paio di fonemi sono molto complessi. (i fonemi scie, sce, ji, restano un grosso problema nel distinguo, in ogni lingua).
Questa grossa novità di 50-35.000 anni fa, sviluppa nell'uomo il suo apparato fonatorio, la bocca diventa una camera di risonanza, e gli permette di creare con la spinta dell'aria dei polmoni, delle modulazioni tramite i movimenti della lingua e delle labbra. Sono i primi suoni sillabici. Inizialmente solo occlusivi.
Osservando l'assimilazione del linguaggio in un bambino notiamo quest'intero processo apprenditivo. Comprese le grosse difficoltà che deve sostenere nei primi 18 mesi, quando avendo ancora la laringe posta ancora in basso (alla nascita non è ancora nella posizione esatta). Anche se molto intelligente e con tutta la sua buona volontà, non potrà mai articolare una SC o una CR. Dall'embriologia sappiamo che dal concepimento fino alla nascita noi umani ripercorriamo tutti gli stadi dell'evoluzione, ma ora sappiamo anche dalla laringologia e dalla fonologia che l'ultimo stadio (quella che è considerata la più recente e l'ultima importante mutazione nell'uomo ) si sviluppa dopo la nascita: nei primi 11-18 mesi, quando la laringe va ad occupare lentamente la posizione necessaria per modulare i suoni e rendere così possibile l'articolazione di tutte le espressioni fonetiche su cui poggia un sistema linguistico.
Sappiamo così, con attenti studi che i primi utilizzatori del linguaggio pronunciarono come prima sillaba la P. E' il fonema che si ottiene nel modo più semplice; dopo la chiusura della bocca basta spingere con forza fuori l'aria e aggiungere i 5 principali suoni non occlusivi che sono poi le vocali; formando cosi pa, pe, pi, po, pu. Seguì poi la B, e la M, poi le palatali C , infine le dentali T, D, G, N, e per ultime la S, Z ecc.
Nascono le prime parole con questi suoni ancora quasi gutturali, le prime sillabe, che accoppiate (ma spesso anche singole) formano i primi vocaboli per dare un nome alle cose. Sono tutte semplici, quasi tutte bisillabi occlusive. Se sfogliamo un antico dizionario Babilonese, Caldeo, Sanscrito, Egiziano, troviamo che quasi tutti i vocaboli risentono di quest'iniziale periodo arcaico, diciamo di "esplorazione" fonetica. (mas indicava il mese, mon la luna, tag il giorno, set la settimana, vag le stelle erranti (i pianeti), anu era il cerchio poi indicò l'arco dell'anno, buc indicava la bocca o il mangiare, l'illirico bat il bastone, l'egiziano ba o bai il cavallo, il sanscrito bad il bagno, sempre in sanscrito pa il padre, pitu il bere, par il parlare, pat l'arrabbiato pazzo e stupido, mentre pac un pecorone, e molti altri, che dopo 25 mila anni in alcune lingue sono rimasti tale e quali, o come radice.
Del resto è confermato dal linguaggio in alcune primitive popolazioni viventi sul pianeta, studiate ultimamente. Ad esempio gli Ainu. Il loro vocabolario (non conoscono ancora la scrittura) non supera le 1000 parole, e sono quasi tutte composte unicamente da facili bisillabe palatali e dentali. Con queste non riescono a esprimere né il passato né il futuro, non conoscono verbi e sostantivi, indifferenti al numero e alla persona usano un solo pronome. Non conoscono i numeri oltre le dita della mano, come arnese usano ancora la clava e le lance per cacciare, si vestono con pelli o con tessuti d'ortica intrecciata, la struttura sociale è matrilineare, adorano come divinità il Sole e la Luna e vivono in capanne. Questo popolo non è nel cuore dell'Africa né in Amazzonia ma vive in Giappone a pochi chilometri da Sapporo, nella grande isola di Hokkaido. Sono 15.000 individui, quasi emarginati dai giapponesi, perchè d'origine europide, pelle bianca, capelli neri ondulati, occhi bruni non orientali, statura piccola, pelosità corporea molto sviluppata in uomini e donne (più d'ogni altro gruppo umano conosciuto). Sono i parenti stretti - senza evoluzione culturale - delle popolazioni di cui stiamo parlando e che si stanno ora affacciando sul pianeta: la famiglia paleoeuroasiatica del Cro-Magnon, il prototipo della razza bianca. Dallo studio di alcuni vocaboli sembra (lo studio è del linguista Tailleur) sia emigrata questa popolazione (gli Ainu) dal Caucaso, quando nella stessa zona e nello stesso periodo emigrarono - come abbiamo letto sopra - nell'opposta direzione, verso la Spagna i Baschi.
Come arrivarono in quest'isola giapponese non lo sappiamo, ma quando, ne siamo quasi certi: 25.000-30.000 anni fa.
A questo periodo di 30 .000 anni fa ora dobbiamo ritornare.
Con il nostro uomo di 30-25.000 anni fa, nasce dunque con il linguaggio una nuova era. L'accelerazione fa compiere in alcuni gruppi salti culturali enormi. Il trasferimento delle informazioni fra i singoli componenti ha modificato la vita del gruppo. Le esperienze anche non vissute personalmente diventano moltiplicate e un patrimonio di ogni singolo. Il cervello in questo periodo sotto pressione si dà molto da fare, inizia a dedicare e ad ampliare una zona ben precisa, l'area neuronica di Broca e di Wernicke, veri centri di ricezione, assimilazione, elaborazione ed emissione di codificati impulsi tramite gli assoni afferenti e efferenti del sistema nervoso centrale; sviluppando in brevissimo tempo un'impressionante ramificazione di dendriti e sinapsi attorno ai neuroni. Sono le due aree che sovrintendono alla formulazione delle parole e alla costruzione delle frasi. (un area prima inesistente)
Solo da pochi decenni (Eccles, Nobel '68) conosciamo queste ramificazioni e la loro funzione. Il metro delle precedenti osservazioni dei paleoantropologi dell '800, era quello della capacità cranica. A maggior volume si pensava corrispondesse un grado superiore d'intelligenza. Era una cantonata. Oggi con la neuroscienza sappiamo che non é così.
Al primo posto sono alcuni componenti biochimici essenziali al cervello, e al secondo posto (se il primo è nelle condizioni ideali) l'importante é l'ambiente ricco d'informazioni che è poi quello che fa sviluppare la ramificazione dendritica e le sinapsi. Pochissima importanza se il cervello è di 1000 cc o 2150 cc.
Come nelle città e nei paesi, sono importanti gli individui che li abitano, non la grandezza della città, e diventano importantissime le strade per comunicare con altri paesi e città, per farsi conoscere e conoscere altri popoli, altri materiali, altre tecnologie, altre culture e colture.. Insomma gli assoni, i dendriti e le sinapsi sono metaforicamente le autostrade, le strade e le vie del reciproco scambio delle informazioni; e sia nel primo che nel secondo caso sono gli unici mezzi per distribuire conoscenze a un individuo singolo e a un popolo intero per farlo diventare "ricco".
Oggi con la PET (Tomografia Emissione Positroni) sappiamo (perché vediamo) che un'informazione appena ricevuta da uno dei cinque sensi adibiti a catturare e a trasferire il messaggio, fa "germogliare" su un neurone, rami dendritici e sinapsi per collegarsi ad altri neuroni vicini o lontani. Ogni neurone può far crescere 100.000 bracci dendritici esplorativi verso gli altri 100 miliardi di neuroni di cui siamo dotati fin dalla nascita (uniche cellule che non si riproducono) e che hanno a loro volta ognuno di essi la stessa potenziale capacità di sviluppare altri "germogli", quindi l'intera intrecciata ramificazione della "rete".
Risulta così superfluo che un soggetto abbia a disposizione alla nascita 100 miliardi di neuroni se poi non ha costruito con le informazioni la "rete", le ramificazioni dendritiche che gli servono per fare associazioni, elaborazioni e quindi dare delle risposte. (inutile costruire una città se non si fanno poi strade verso altre città e paesi)
Con la PET sappiamo oggi qualcosa di più. Anche se é introdotta l'informazione nel neurone, anche se questa ha costruito il suo dendrite, se quest'ultimo non viene utilizzato frequentemente, regredisce, si accorcia, perde il contatto con gli altri neuroni, scompare del tutto, e diventa difficile al momento che sollecitiamo la memoria per fare associazioni con altre informazioni depositate in altri neuroni. Il magazzino é pieno ma manca la strada nei due sensi di marcia per "veicolare" l'informazione (per l'azione retroazione - feed-back).
Accade come nei sentieri di campagna (o le città abbandonate, sepolte dal tempo) se non sono più utilizzati, vi crescono le erbacce, il sentiero scompare, diventa difficile orientarsi, sia annaspa, é facile perdersi, e spesso impossibile arrivare a destinazione.
Anche i messaggi neurali tendono a fluire lungo vie familiari, lungo percorsi di minima resistenza.
Quando non ricordiamo più una poesia imparata a scuola succede la stessa cosa. Ricordare la poesia può essere non importante, perfino banale, ma è importante tenere sgombra la strada di "erbacce" per altre associazioni che sembrano non avere alcuna attinenza con la vita quotidiana. Ma non è così. Ogni termine, ogni vocabolo della poesia è un'informazione ben precisa codificata con una serie di ("bit") impulsi bioelettrici; è una informazione potenzialmente da utilizzare per elaborare altri discorsi e altri pensieri.
Come le mille strade che sono ai lati delle autostrade, sembrano che non servono, ma ognuno di noi per entrare in autostrada ne utilizza una, così gli altri. Senza le piccole strade l'autostrada sarebbe inutile.
La memoria quando "ascolta" una storia la memorizza interamente. Non ce ne rendiamo conto, ma anche dopo due ore dopo averla ascoltata, il nostro cervello sta ancora distribuendo e riponendo nei vari neuroni (le singole parole dell'intera storia per "filo e per segno".
(Un esempio: non ricordate più nulla di un libro letto molti anni fa, ma vi basta leggere le prime pagine per ricordare tutto. La dimostrazione è che bastano due tre parole per "riagganciare" l'intera storia, che da qualche parte del nostro cervello è interamente immagazzinata).
Quando diciamo "c'è confusione", è il nostro cervello che ci sollecita a evitarla. Si rifiuta di farci ascoltare quello che non può riporre o riproporre in una forma "sequenziale", ben ordinata. Dell'intera storia vuole conservare le associazioni. Solo dopo, noi potremo pescare quanto ci occorre anche in una forma "random", casuale.
Nel riporre le posate se le distribuiamo in tre comparti in modo ordinato, anche al buio quando ci occorrono sappiamo dove sono. Il cervello vuole questo. Non dobbiamo quando ci occorre una posata annaspare, o prenderle tutte, e nemmeno sono necessariamente utilizzate per la sola tavola, un coltello lo possiamo usare per mille altri motivi che non c'entrano nulla con la cucina e la tavola. E se sappiamo dov'è ( per fare ben altro con l'associazione d'idee) sia il nostro pensiero e sia poi la nostra mano che deve prendere il coltello, va sul sicuro e in una frazione di tempo rapidissimo.
La creatività si avvale di questa prerogativa. Mette insieme tanti pezzi che sembrano non avere nessuna logica e affinità ( per cui sono state create e riposte), ma è solo così che si crea il nuovo, l'intelligenza nozionistica (diciamo professionale) ricorre a una sequenza di informazioni ordinate (fa la tavola con tutte le posate e mette il cucchiaio anche se non c'è la minestra) l'intelligenza creativa mette invece insieme le informazioni in un modo astratto e fra le tantissime costruzioni caotiche andate a vuoto, uno fra i tanti che ha provato e insiste con grande costanza e passione, prima o dopo crea il capolavoro, un'invenzione o fa una scoperta. (Haydn ha composto una sinfonia guardando La pendola,, un prigioniero con una forchetta una scatola di sardine e la grafite di una matita costruì una radio a galena). Mach in una famoso saggio sosteneva che il 70% delle invenzioni sono state realizzate in questo modo, compresi i grandi capolavori . I percorsi che avevano seguito gli inventori, i musicisti, i pittori, i poeti - dimostrò Mach - erano al di fuori d'ogni logica razionale (dei materiali) acquisita anche se solo a uno su mille che aveva insistito a concepire qualcosa di nuovo o fuori da ogni schema gli era andata bene . Ma è innegabile che tutti, le note le dovevano conoscere, l'alfabeto pure, e il prigioniero alcune nozioni della radio!
Questa Storia Cronologica, forse non vi dice nulla rispetto a quello che già sapete (anzi sapevate, perché fino a un istante fa, un fatto o un nome era riposto in qualche anfratto della memoria che avete però ora rispolverato) ma è importante una realtà oggettiva da non sottovalutare. Paradossalmente dopo i 40 anni, diventa più importante il "rispolverare" le informazioni acquisite piuttosto che le nuove. Le prime nel memorizzarle sono state inconsciamente associate ad altre che vivono accanto a quelle anche insignificanti, e sono milioni e milioni d'informazioni tutte pronte ad essere richiamate in un istante nella memoria per altre costruzioni. Le prime fra l'altro sono state immesse quando c'era un grande (anche inconscio) desiderio di imparare o una maggiore attenzione. (Del primo incontro amoroso alcuni ricordano perfino di che tipo era il gelato mangiato insieme, che vestito aveva, la musica, la giornata ecc. Cioè una storia completa non scritta, che il cervello ha memorizzato in sequenza, e ha scritto tutto, a suo modo, codificando con molecole di proteine e atomi; cioè con il suo alfabeto.
Leggere ad esempio questa Storia, si rivitalizza (si riallunga) un dendrite da tempo non utilizzato, in procinto di accorciarsi fino alla sua totale scomparsa lasciando così tante "scatolette" riempite tempo addietro da tante informazioni, ma quasi prive ora di un "sentiero" agibile per altre connessioni (magari con le nuove informazioni). Quando questi sentieri impraticabili sono tanti, l'isolamento aumenta, e la decadenza è vicina. Rispolverare questi ricordi può far venire in mente (richiamarle, per sgomberare le "stradine" prima che scompaiono del tutto) altri mille ricordi, e riattivare altre stradine da rimpiazzare su un nuovo neurone se l'altro che le conteneva sta andando in decadenza.
Se la casa sta lesionandosi, e non provvediamo a portare via le nostre cose e i nostri averi, se crolla perdiamo la casa, le cose e gli averi. Siamo sulla strada; in buona compagnia con i tristi zombi cerebro abulici, tali per scelta e non per destino.
Questo accade a un singolo ma anche a un popolo intero. Quando si eliminano i sentieri della comunicazione, e non se ne costruiscono altri, ci si isola, vengono a mancare le sinergie e si perdono i contatti. Crollano le civiltà, l'evoluzione di un popolo si arresta, e l'intera cultura scompare del tutto, e insieme anche il popolo, una decadenza passiva anche questa per scelta e non per destino.
In alcune specie, prima allo stato iniziale come abbiamo letto, dopo, presso alcuni popoli come leggeremo nei prossimi anni, l'arricchimento culturale offrì alla mente umana tramite la conoscenza distribuita doni preziosi; poi alcuni di questi popoli non sollecitati da governanti despoti, oppure per arroganza credendo di essere arrivati al vertice del sapere - spesso solo autarchico (diremmo oggi nazionalistico) - al momento in cui c'era bisogno di altre strategie e tecnologie, non furono pronti, ed entrarono in decadenza fino a scomparire. Alcune civiltà toccarono i sublimi vertici, poi s'isolarono, chiusero la porta al resto del mondo, non rendendosi conto che così facendo fermavano prima o poi anche tutto il loro mondo, il loro popolo, e la loro stessa esistenza.
Accadde agli Ittiti, ai Fenici, ai Greci, ai Romani, agli Arabi, e per finire accadde nel nostro Medio Evo. Ma come sappiamo, in alcuni paesi appena ripristinate le "stradine" ritornarono le popolazioni sulla grande "strada" della creatività (Come nel Rinascimento dopo mille anni di "dendriti-sentieri" interrotti. O come sta adoperandosi ora il popolo Arabo dopo altrettanti mille anni).
UNA CURIOSITA' SUL TEMA INFORMAZIONE
ANTICA E MODERNA
L'SNC, il sistema nervoso centrale è quasi identico a un nostro computer (da programmare) o a una consolle di un videogioco (già programmato), è uguale perfino alle telecomunicazioni di oggi in forma analogica-digitale. Cordoni micellari, fasci di cavi detti fibrille (proprio come sta succedendo ora sul nostro doppino) hanno un'identica tecnologia di trasmissione; utilizzano per costruire e inviare le informazioni sui cavi, energia in "pacchetti" di comode dimensioni, (le compattano) e sono distribuiti ad alta velocità sulla rete neurale trasformando il flusso elettrico da digitale in analogico e riconvertendolo poi da analogico in digitale. In sostanza é quanto avviene nel nostro Modem. Perfino alcune trasmissioni della codifica e decodifica dei segnali della nostra vista (immagini) al nostro SNC, funzionano come l'ISDN, la linea dedicata, la commutata, l'optoelettronica, o le porte logiche del ns. PC.
L'informazione globale, le interconnessioni, la optoelettronica, tutta la struttura, le ramificazioni, i nodi, i messaggi afferenti e efferenti su tutto il pianeta e la loro funzione (creare, infine trasmettere informazioni ai suoi abitanti) "è" la perfetta riproduzione in macro del nostro apparato neurale cerebrale, come struttura, tecnica e come filosofia; perfino nei minimi particolari. Persino il potenziale elettrico della trasmissione del messaggio è uguale (- 0,30 mVolt +0,70 mVolt - con questo potenziale operano le sinapsi). Alcune frequenze (microonde) di un telefonino cellulare sono identiche a quelle del campo magnetico di microonde che coordinano, equilibrano e poi inviano gli impulsi al sistema nervoso centrale.
Nella interconnessione delle telecomunicazioni vi é perfino un'analogia con la stessa struttura fisica della interconnessione delle reti neurali. I cavi "assoni-(come i coassiali)" sono schermati e rivestiti di mielina per non andare in corto o creare delle interferenze da campi magnetici esterni. Nodi e internodi che amplificano il segnale sono presenti negli stessi assoni della nostra rete neurale e si chiamano in termini neuroscientifici, proprio nodi e internodi, come, e tale e quali alle antenne ripetitrici, o ai server dei provider (che interconnetono i nodi).
Pacchetti di quanti (ioni) sono presenti nelle porte sinaptiche che operano e creano gli impulsi ("i clock"). Nelle stesse porte delle membrane l'impulso sinaptico si verifica con un aperto-chiuso, un vero e proprio on-off creato da un potenziale elettrico biochimico provocato dai neuromediatori, e sono proprio come le porte logiche di un computer-rete. E cosa curiosa la trasmissione, dal, e verso il mondo esterno, avviene in entrambi -cervello e computer- da analogica in digitale e riconversione da digitale in analogica.
Perfino la nuova tecnica optoelettronica è già presente nei nostri occhi in quella che chiamiamo vista; qui le frequenze delle onde fotoniche fanno accendere i "pixel" in una area corticale (una specie di schermo monitor) specializzata: la v1,v2 per i contorni la v3,v4,v5 per i colori. Insomma funziona esattamente come la griglia di un monitor RGB o uno scanner digitale. Il tipo, il sistema e la frequenza nella codifica/decodifica e nella trasmissione della multiplazione ottica è simile - e all'oscilloscopio il tracciato è indistinguibile se trattasi di impulsi neurali o impulsi di una porta logica elettronica di un computer collegato alla rete.
L'intera percezione, infatti, non é altro che un mutamento nella concentrazione di ioni di idrogeno sulla superficie delle cellule cerebrali, é continuo cambiamento di equilibrio fra sodio e potassio attraverso le membrane neuroniche.
E come velocità il potenziale d'azione viaggia sull' "autostrada" assone a una velocita inferiore a una Ferrari, cioè fra i 150 e i 280 km ora.
Insomma un meccanismo perfetto costruito in circa 350 milioni d'anni fa. Il primo neurone comparve sul capo di un calamaro con un solo ganglio (un dendrite) che gli avvolge tutto il mantello con delle sinapsi che agiscono come dei sensori(Hodgkine Huxley, Nobel 1963). Ad ogni contatto con oggetti la sinapsi invia un messaggio al nucleo (all'unico neurone) che risponde "conosco già questo", oppure con alcune molecole codifica il nuovo "questo non lo conosco", per essere pronto a riconoscerlo in un altra occasione. Ogni messaggio esperienza é un codice e ogni codice é un'esperienza acquisita. Il calamaro che ha più informazioni e ha immagazzinato più esperienze, sfugge alla cattura e sopravvive. Cioè il più informato è meno vulnerabile.
Nietzsche osservando gli uomini si espresse in questo modo "La selezione spazza via sempre il più debole, e negli umani il più debole é lui, l'uomo ignorante".
Nel prossimo capitolo seguiremo questo ramo della specie sopravvissuta. Quello che dopo aver abbandonato la savana è andato alla scoperta del mondo che lo circondava. Altri rimasero! (In Kenia, in Congo, nello Zaire ecc. ) E se prima questi si erano avvantaggiati con l'alimentazione ricca, se con questa avevano sviluppato una grande potenzialità nel loro cervello, dopo, dentro le "scatolette" misero poche cose, sempre e solo "savana". Non abbastanza per progredire; per imparare dagli egiziani le costruzioni, dai sumeri l'astronomia, dai fenici la scrittura, dagli indiani la matematica, dai greci la filosofia e l'arte, e infine le tecnologie dagli arabi. Questi ultimi, muovendosi, viaggiando, scrutando e assimilando, avevano scoperto, conservato, accumulato, rielaborato conoscenze d'altri popoli. Poi anche loro iniziarono a non interessarsi più di nulla.
E anche per loro venne la decadenza, la fine di un'egemonia.
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