il NEOLITICO
Questo periodo era stato preceduto da un ciclo detto del MESOLITICO, cioè "di mezzo", che dal Paleolitico che abbiamo in precedenza visto, non ha caratteristiche spiccate molto diverse. Il tipo di uomo che s'incontra che si è diffuso dall'Africa all'Asia é sempre quello che abbiamo accennato, ricollegabile al tipo Cro-Magnon; ma con alcune sensibili differenziazioni: infatti, nel corso di questa grande diffusione poligenetica che é evvenuta negli ultimi 30.000 anni (1200 generazioni) c'è la comparsa dei brachicefali e dei mesaticefali. . Nel primo troviamo gli uomini a cranio corto in Oriente, mentre nel secondo in Occidente a media lunghezza. In entrambi i luoghi, si fissano anche altre caratteristiche che ritroviamo nelle razze e nei gruppi attuali. Compresa anche l'altezza e il colore della pelle. In Europa si definirono tre grandi zone: a) un'area settentrionale (Inghilterra, Scandinavia, dal nord della Francia alla Russia) popolata da dolicocefali ad alta statura; b) una parte centrale (sud Francia,Italia centro settentrionale, sud Germania, Balcani) occupata da brachicefali (o tipo alpino- diametro cranio longitudinale e traversale uguale) a statuta media; c) la regione mediterranea infine, con un tipo dolicofefalo, cioè con cranio allungato e a bassa statura (penisola iberica, Italia meridionale, Grecia). Quasi identica questa variazione genetica in Oriente.
Nel mesolitico la maggior parte degli studiosi é solita collocare anche i primi abitatori del continente americano, e anche qui da un unico gruppo, nel corso di trenta millenni sopravvengono diversità.
Questo periodo che inizia appunto 30.000 anni a. C., é l'età in cui l'uomo creò- solo in alcune zone - le basi fondamentali della civiltà e della società. Periodo che a sua volta si divide in due parti. La prima è di circa 22.000 anni detto PRECERAMICO il secondo gli ultimi 8.000 anni, CERAMICO.
Da non dimenticare che in alcune zone isolate pur con le stesse potenzialità non accadde nulla. Nel 1770 la spedizione di Cook, trovò gli abitanti ancora alla cultura neolitica a scheggiatura unifacciale.
Nel primo periodo si è diffusa la colonizzazione su regioni disabitate sulla spinta di genti in cerca di nuove terre; nel secondo inizia invece la vera e propria "rivoluzione neolitica", quando si andarono mano a mano gli abitanti trasformando da cacciatori e raccoglitori, in allevatori e agricoltori.
Quasi tutti gli insediamenti neolitici nel primo periodo furono semistabili in gran parte d'Europa, nel Nord Africa e i Medio Oriente, in quanto l'abbondanza di terre consentiva brevi cicli di sfruttamento, della fauna innanzitutto e successivamente della flora. Dobbiamo a questo intenso nomadismo con insediamenti in certi territori più o meno lunghi, lo sviluppo autonomo e discontinuo di alcune popolazioni con determinate caratteristiche, che nell'arco di 1200 generazioni divennero poi ereditarie sia nella sua linea genetica che negli aspetti culturali.
Nomadismo, seminomadismo e insediamenti sono le tre caratteristiche principali che avranno nello sviluppo culturale, sociale e spirituale, una importanza enorme. Ma il più importante resta quello del tipo di alimentazione che abbiamo già accennato nel precedente capitolo del Paleolitico e che influenzerà enormemente la genetica.
Il nomadismo proseguirà nelle regioni del nord (sopra il 45� parallelo) fino al 1500 d.C., il seminomadismo si arresterà nel 2000 a.C. nel sud Europa (Francia, Spagna, Sud Italia, Grecia ) , mentre lo stanziamento fisso nella zona dei grandi fiumi è nel 10.000-8.000 a.C. già un fatto compiuto. (Nilo, Tigri, Eufrate - nel primo nella zona sud, negli altri due in quella a nord. Clima e vegetazione hanno sempre condizionato queste grandi migrazioni.
Il movente principale di questa grande seconda migrazione, coincide con gli anni quando la quarta glaciazione di cui abbiamo parlato in precedenza sta giungendo al suo termine. Il clima favorevole alla vegetazione, lentamente ha riportato gli insediamenti umani nelle regioni che - con la prima migrazione -aveva in precedenza colonizzato. L'arretramento delle grandi foreste fa però anche scomparire dalle zone temperate i grandi animali erbivori, favorendo la proliferazione di quelli di media statura (renne ecc) o i piccoli animali carnivori, più agili, meno facili a catturare, e nelle prede anche competitori con l'uomo , proprio mentre si stavano formandosi i primi raggruppamenti sociali con grandi esigenze alimentari dentro le grandi e piccole "famiglie".
Questa glaciazione é giunta al termine ma ha provocato non pochi problemi per i nuovi colonizzatori della seconda ondata. Infatti, l'aumento della temperatura (fra i 20.000 e i 6000 anni a.C) se da una parte ha restituito grandi estensioni di terre, dall'altra ha provocato dei grandi cataclismi, grandi alluvioni proprio in quelle zone dove clima e vegetazione avevano ripreso nel corso di 200 secoli il lento iniziale sopravvento.
Di queste alluvioni di grande portata ve ne furono ciclicamente molte. Considerate come diluvi universali almeno quattro, con il penultimo verso il 6000 a.C., poi quello del racconto biblico nel 3000 a.C - che è uno degli ultimi con caratteristiche apocalittiche - E' ricordato nelle leggende cinesi, indiane (Mana), sumeriche (Gilgamesh), (greche (Deucalione), e infine in quello biblico. Ma le analogie non sono tali da poter stabilire se il diluvio di Noè era lo stesso narrato da altri nelle loro leggende. Nella Bibbia c'é una fusione di due narrazioni di fatti tra loro indipendenti che oggi sappiamo (con l'archeologia) avvenute in epoche diverse. L'estensore o gli estensori, dai racconti orali misero insieme fatti e personaggi che sono invece accaduti indipendenti gli uni dagli altri e perfino in epoche diverse. D'altronde la Bibbia non insiste tanto sui particolari quanto piuttosto sul significato morale dell'avvenimento.
I numerosi diluvi evidentemente lasciarono negli uomini primitivi un'orma indelebile, ed essa rimase viva anche nella memoria dei posteri. Ma non esiste zona della terra dove non si sia verificato (e si verificano ancora oggi) almeno uno di questi cataclismi, e gli archeologi (perfino gli esegeti - i critici dei testi sacri) su quello biblico ne restringono l'estensione geografica, quindi una negazione universale anche antropologica.
Se una matrice comune esiste, è solo quella spirituale, il simbolismo religioso vuole che una divinità punisca gli uomini e un popolo. E come sappiamo non esiste popolo che non abbia avuto al suo interno i corrotti, quindi specularmente si sono sviluppati i fustigatori di costumi, gli apocalittici, quelli che preannunciano sciagure dalle divinità offese (ognuno la sua) . Un tema mitico, molto diffuso a tutti i livelli culturali e in ogni zona del pianeta. Geologicamente di Diluvi 37 se ne contano in America, 4 in Europa, 13 nell'Asia, 9 in Australia ed isole australi, 5 in Africa. I sedimenti che lasciano le alluvioni oggi sono stati analizzati. Sono facilmente databili con la massima sicurezza Quello di cui parla la Bibbia, a Ur è stato confermato con gli scavi, rinvenendo uno strato di limo di circa 5 metri. Ma scavando ancora se ne sono trovati altri tre, avvenuti in precedenza che testimoniano altre grandi apocalittiche alluvioni, di cui la penultima nel 7000-6000 a.C. nel periodo climatico più caldo che favorì lo scioglimento dei ghiacciai.
A quell'epoca - se ci riferiamo a quello biblico - in Egitto non era accaduto proprio nulla di simile, salvo le grandi e ciclice annuali piene del Nilo che nel periodo del diluvio mesopotamico erano addirittura perfino diminuite di intensità.
Fra l'altro il periodo delle precipitazioni e quindi delle alluvioni in Egitto si verificano "sempre" solo alla fine dell'estate inizio autunno, mentre in Mesopotamia le grandi piogge e le conseguenti piene arrivano "sempre" in primavera.
Inoltre in Mesopotamia le condizioni climatiche del territorio erano molto diverse che in Egitto, era l'opposto. Infatti, per l'aumento della temperatura, a nord dei due grandi fiumi (Tigri e Eufrate) c'era lo scioglimento dei ghiacciai; il grande flusso di acque si sommava alle precipitazioni nei lunghi periodi delle grandi piogge primaverili, e l'alluvione diventava catastrofica.
Mentre in Egitto lo stesso fenomeno climatico postglaciale stava invece desertificando l'intero Egitto, il Sudan, l'Etiopia, l'Uganda e il Kenia, zone dove non solo nasce il Nilo ma era proprio la zona della culla dell'umanità.
Un clima torrido che fin dall'inizio di questo Neolitico, iniziò a spingere queste popolazioni sempre di più a valle, e solo sulle rive del grande fiume, lungo 6671 chilometri. Tutt'attorno sempre meno vegetazione, fino a scomparire del tutto lasciando immensi territori privi di flora e di fauna: formando i grandi deserti.
Questa lenta migrazione umana durata circa 20.000 anni, fino al 6000 a.C. si arrestò nell'alto Egitto; zona comprendente la Nubia, Assuan, Tebe, Abito, Licopoli (Assiut). Territori dove il Nilo scorre tra monti e colline dentro una valle che solo in certi punti raggiunge i 16 chilometri di larghezza. I villaggi, sorsero ai lati, in alcune alture. Mentre la proto-agricoltura, ormai diventata una necessità coll'estinzione della precedente flora nelle foreste scomparse, cominciò ad essere praticata nelle due sponde del fiume quando ritirandosi le acque delle piene, il Nilo lasciava ampie zone di terreno fertile proprio nel periodo ideale per la germinazione spontanea dei semi o delle piante che vi crescevano. (In settembre-ottobre).
Nel basso Egitto, da Assiut al Delta la zona rimase invece invivibile perché paludosa fino al Delta. In questo tratto il fiume scorre con una larghezza anche di 20-60 chilometri su una pianura che in 600 chilometri di profondità ha un dislivello di soli 40 metri s.l.m. (come dire il Po da Torino (che é però a Torino è a 239 metri s.l.m.) fino all'Adriatico). Nel Delta poi, largo 200 Km, la situazione era ancora peggiore: negli ultimi 260 km il dislivello è solo di 8 metri, mentre il fiume si alza in zona (oggi Il Cairo) di 7 metri. Significa che durante le piene il territorio veniva quasi sommerso, ed essendo le grandi piogge a fine estate (primi di settembre) non verificandosi nel corso dell'autunno l'evaporazione, come invece avveniva in Mesopotamia, al ritirarsi delle acque la zona diventava una immensa palude inaccessibile; e dove era possibile, non sempre i vecchi canali scavati dal fiume erano praticabili; intasati di fango facevano cambiare ogni anno il corso ai vari rami del delta modificando continuamente il territorio, interamente piatto senza la minima altura per mettervi degli insediamenti. Questi ultimi farli su questo tavoliere era quasi impossibile. Un anno l'acqua e il limo erano quasi davanti alla porta, l'anno dopo erano a 50 chilometri di distanza.
Questo diversità nel fenomeno piene causò svantaggi e vantaggi ai due paesi. E in entrambi - come vedremo - anche una grande trasformazione culturale ed etnica. Oltre che una diversificazione politica nell'organizzazione dello stato.
Restiamo in Africa. Se il fenomeno piene rendeva inabitabile il Basso Egitto, nell'Alto era invece ben gradito. Quando questi insediamenti umani scoprirono i vegetali come prodotto sostitutivo della carne, soprattutto i cereali, essendo il terreno arricchito dal limo ma soprattutto morbido, scoprirono che si prestava alla ideale spontanea dimora dei semi per i raccolti nella successiva primavera-estate. Mentre in Mesopotamia, il ricco limo si depositava in primavera, ma poi, con l'evaporazione estivo diveniva subito secco, fino alla successiva primavera; era cioè difficile da lavorare e non permetteva - salvo qualche estate di anni piovosi - di far germogliare i semi, nè quelli spontanei nè i primi messi a dimora dall'uomo.
In entrambi i paesi c'era questo squilibrio della natura. Ma ora c'erano gli uomini che avevano da un paio di millenni scoperto i segreti dell'agricoltura e il pascolo degli animali. E se in precedenza nel Mesolitico erano sorte in Mesopotamia già piccole comunità, con gli insediamenti agricoli erano sorti grandi insieme di persone; villaggi di 1000, 2000, 3000 individui. Più piccoli, arcaici e meno organizzati invece quelli in Egitto, spesso molto lontani gli uni dagli altri, anche se avevano il vantaggio di essere su un'unica direttrice fluviale.
Unitamente però erano nate anche le prime contese fra i villaggi per i territori da coltivare. Quando si ebbe la percezione che sui terreni dei fiumi c'erano i grandi doni della terra e i vegetali e i piccoli animali domestici d'allevamento stavano diventando le uniche risorse alimentari disponibili, si capì subito che le vecchie contese non erano vantaggiose, e che da soli imbrigliare il grande fiume non era un lavoro facile, ma molto complesso, che richiedeva grande risorse umane e soprattutto coordinamento. Questa necessità di dominare la natura fece gettare le basi della vita moderna come organizzazione. E dove nasce una organizzazione, sorge subito la necessità di disciplinarla con un uomo saggio, con una autorità, con un capo.
Questa esigenza forse nacque proprio per regolamentare e controllare i canali che portavano o facevano defluire le acque, irrigando o prosciugando i terreni. E per far questo ci voleva una istituzione, degli addetti: cioè servizi, formati da uomini sempre più capaci in specifici compiti, e anche questi da disciplinare e coordinare. Quindi sorse la necessità di un grande capo e di una nuova istituzione. Me se prima costui operava e si occupava semplicemente della vita comune dentro il suo piccolo gruppo, quando iniziarono ad essere i gruppi numerosi, distanti, ma tutti uniti dalle stesse necessità, l'autorità del capo e dell' istituzione divenne formale. Da saggio si trasformò in tecnocrate. Era il primo passo per tramutarsi nella quintessenza del formalismo, non solo sulla logistica ma anche sull'intera vita quotidiana, mettendo le prime regole e varando le prime "leggi" anche di carattere civile e morale, circondando così la sua persona di carisma sempre più alto fino a divenire sacro. E' la nascita del primo re o del primo "governatore" di un territorio, cioè di un regno. (re è l'etimo di rag, o rak, che ha la nozione non solo di reggere , comandare, dominare, ma anche di splendere).
Duemila anni prima dell'Egitto dei Faraoni (quindi nel 5000 a.C.) qualcosa del genere accadde proprio sulle sponde del Nilo Alto. Un abbozzo di convivenza civile organizzata in un modo semplice, contadina.
L'origine del neolitico protoceramico in Egitto, prima di questa data non è per nulla chiaro. Sappiamo che gli abitamti dell'alto Egitto erano di origine camita del centro Africa (a pelle scura). Quindi facevano parte di quel gruppo indigeno rimasto sempre sul luogo anche dopo la seconda migrazione avvenuta 30-40.000 anni fa. Poi come abbiamo letto, fattosi torrido l'ambiente, nel 20.000 a.C., molti gruppi emigrarono e scesero lungo il Nilo, sviluppando autonomamente nei successivi due periodi di 10.000 anni, la loro cultura, il loro linguaggio e la proto-ceramica. Tutto tipicamente indigeno.
E' caratterizzata come Cultura Neolitica Amraziana il primo periodo; Nagada I il secondo. (Teniamo a mente quest'ultima! Con la Nagada II (o gerzeano) si verifica in Egitto uno sconvolgimento etnico e politico. Decisivo forse sia nello sviluppo della civiltà faraonica sia per la nascita del Regno del Basso Egitto. Oltre tutto il resto che leggeremo).
Sono le due prime fasi della storia egiziana (molto oscura) dove l'ingegnosità umana anche qui scoprì i mezzi per procurarsi benessere con una elaborata divisione del lavoro. Benessere che in Egitto prima di ogni altro luogo, fece subito nascere una dignità e una posizione sociale creando seri problemi sulle differenze razziali, tali da prendere progressivamente delle distanze da altri gruppi dello stesso ceppo. In 20 mila anni gli "Egiziani" portandosi e sgranandosi lungo la grande vallata nella rigogliosa vegetazione, e ormai vivendo in ombrose abitazioni e non più nella savana, avevano cambiato perfino colore della pelle ed era nata per questo motivo (ma soprattutto per la competizione a difendere la propria posizione sociale e l'occupazione) una vera e propria separazione razziale. Fino al punto che nel 3000 a.C. (abbiamo testimonianze scritte) il governo egiziano della prima dinastia stabilì un centro di immigrazione ai confini meridionali del suo dominio per controllare la migrazione di gente di colore verso il nord. Molto facile a controllarsi visto che l'unica strada accessibile era quella fluviale.
Le altre popolazioni che avevano abbandonato il luogo d'origine, nel corso degli stessi anni si erano portate in Asia e in Europa, e con quella differenziazione di cui abbiamo già parlato, si erano insediati sui territori, creando nel corso di 300-400 secoli (1200-1600 generazioni) anche loro alcune particolari caratteristiche morfologiche e somatiche che abbiamo già letto, compresa anche il colore della pelle, divenuta albina, dovuta a una sempre meno carenza di melanina, che a nord con meno radiazioni UV, i geni avevano perso perfino il ricordo di come produrla visto che non era più necessaria alla pelle, ai capelli e agli occhi.
Molte delle trasformazioni citate sono connesse tanto all'alimentazione e alla differenza fra la vita all'aperto e quella fra quattro mura, quanto ai mutamenti del clima. L'organismo umano è molto malleabile variando questi fattori. E mentre quelli emigrati a nord dell'Asia o i negri che rimasero al centro dell'Africa si adattarono alla vita di ambienti fisiologicamente difficili, gli altri scegliendo territori con condizioni climatiche ideali non solo si avvantaggiarono di una particolare alimentazione dotata dei più essenziali amminoacidi e vitamine, ma non impegnarono soprattutto il loro sistema vascolare a mantenere il corpo caldo o freddo. I frequenti sbalzi termici, costringono il sangue a scorrere nelle estremità del corpo sottraendo la indispensabile circolazione e fluidità del sangue nella parte alta, nel cervello, che - quando è impegnato in attività intellettuali - necessita di grande apporti nutritivi, oltre che di ossigenatura.
Questi importanti fattori fisiologici, ambientali ed alimentari, ancora più vantaggiosi se simultanei e coincidenti, avevano così modificato non solo le qualità specifiche somatiche ed epidermiche, ma pure le varie intelligenze, anche se queste popolazioni l'accelerazione culturale anche loro l'ebbero alla fine della glaciazione, quindi nel 10.000 a.C.
e a questa data ora andiamo
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