< SCRITTURA - I PRIMI ALFABETI (PRIMA PARTE)
Primi
antichi ALFABETI
(seconda parte)
(pagina ancora in costruzione per approfondimenti
- origini ecc .- gradita la collaborazione)
IL FENICIO - L'ETRUSCO -
Da quello fenicio, nei successivi secoli (circa 16), prendendo diverse direzioni, derivarono poi tutti gli altri 3 grandi gruppi:
Dall'ARAMEO, deriva l'Arabo, l'Armeno, l'Ebraico, il Georgiano, il Mongolo, il Parsi, il Pehlevi e il Siriaco
Dal SABEO, l'Etiopico e l'Indiano e si divide il primo, in Amarico, Birmano, Coreano, Giavanese, T'ai, Singalese. Il secondo in Nagari-Dravico, con il Bengali, Cascemir, Malese, Tibetano, Kanarese, Tamil, Telugu.
Dall'ELLENICO deriva il Copto, il Greco, il Latino, il Russo.
. 1 FENICIO ARCAICO 1
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IL MISTERO DELLA LINGUA ETRUSCA
(o meglio dire dei Tirreni)Giallo anche qui nei riguardi della lingua Etrusca. I primi abitanti abbandonarono l'Egeo guidati da Tirreno nell'anno 1195, quindi portarono con sè in Italia in Umbria e Toscana l'alfabeto Fenicio n.1. Trascorsero 400 anni dopo la prima ondata migratoria; una verso la Toscana unendosi ai primi, un'altra nel meridione d'Italia (Magna Grecia) e nel Lazio. Ma qui e quindi anche nel Lazio invece di mutuare l'alfabeto etrusco Fenicio n.1, l'alfabeto Latino-Romano arcaico del VII sec a.C. utilizza i segni del nuovo alfabeto dei nuovi arrivati e imposta il nuovo romano-latino guardando al Greco-Classico nato col Fenicio n.2, e non a quello usato dai toschi-etruschi (Fenicio n.1, uguale a quello greco-arcaico). Del resto i rapporti dei romani con i confinanti etruschi a nord del Lazio non erano certo idilliaci; a Roma c'erano più scambi culturali dal VI al IV secolo con la Magna Grecia e quindi con la lontana Grecia che non con la vicina Toscana-Umbria con i ricchi etruschi chiusi nel loro aristocratico ed egocentrico mondo).
Analizzando i due alfabeti scopriremo che quello etrusco, ha infatti, conservato i segni del Fenicio n.1 anatolico mentre quello romano-latino proviene dal Greco-Fenicio n.2 dell'anno 800 a.C. quando nell'Egeo avvenne la rivoluzione nella grafia sillabica dei vecchi segni, quelli che si erano portati dietro gli Etruschi nel 1195.
Non essendoci in Grecia e nei dintorni con il primo alfabeto alcun testo letterario conservato, il primo alfabeto proprio nei luoghi dov'era nato era del tutto scomparso con l'avvento del nuovo: che é poi quello che darà inizio finalmente alla grande produzione di testi scritti, che comparvero numerosi in Grecia proprio dopo l'800 a.C. (il Greco classico).
In questa trasformazione l'Etruria resta assente, distante e isolata. In seguito (come il Fenicio n. 2 a Cartagine) quando gli Etruschi saranno sconfitti e integrati con i romani, oltre che il sistema politico crollò anche l'intera loro cultura e insieme il vecchio modo di scrivere. Dopo 4-5 generazioni l'Etrusco svanisce nel nulla. Creando in seguito grandi difficoltà agli studiosi per comprendere la lingua che Tirreno dalla Lidia-Fenicia si era portato dietro. Difficoltà anche quando l'abate Barthelemy nel XIX sec. riuscì a decifrare l'alfabeto fenicio n. 2.
Salvo qualche iscrizione funeraria, testi letterari scritti in etrusco fino ad oggi non sono ancora venuti alla luce, sempre che esistono. Del resto gli etruschi al pari dei Fenici non usavano la scrittura per compilare opere letterarie.
(Qualcosa del genere accadde in altri luoghi; anche in Italia. Nel 1414 ad esempio, a Firenze il Consiglio della città, stabilì che tutte le scritture concernenti atti, contratti ecc. dovevano essere stesi non più in latino ma in volgare per essere capiti da tutti. Il latino insomma dopo duemila anni rimase relegato agli studiosi e solo dentro la Chiesa. Scomparve dalla scena quotidiana della popolazione).Sappiamo che i 22 segni fenici (tutte consonanti - una grafia sillabica seguita da una vocale non scritta) i greci li perfezionarono aggiungendo (ricordiamo nell'800 a.C.) le 7 vocali (5 it.) che i fenici non avevano mai usato ( nè col primo nè col secondo alfabeto, perchè non portati alla raffinatezza della letteratura; anzi si pensa che l'alfabeto fenicio (Ugarit 1) sia nato unicamente ai fini di semplificare le necessità del commercio di questo popolo dotato di grande spirito pratico che come sappiamo derivarono le loro più grandi risorse dal commercio e dalla navigazione. Rarissimi sono i testi letterari fenici. Del 1400 a.C (quindi dopo 250 anni dall' invenzione del primo alfabeto) conosciamo solo rarissime opere, quelle di Ras-Shamra, e anche dopo (con il secondo alfabeto, il Fenicio n. 2) la produzione letteraria fenicia é quasi inesistente. Nè bastano i pochi frammenti scoperti dopo 2000 anni per darci un idea di come, dove e quando cambiarono i segni delle lettere nell'arco di 14 secoli. L'uso del fenicio sillabico n.2, scomparve poi del tutto con la distruzione di Cartagine (nel 146 a.C.) dov'era ancora abbastanza diffuso; sostituito da un locale neopunico che aveva cominciato a far uso di alcune vocali, ma che il greco e il latino seppellì per sempre subito dopo. Fino al 1700 non sentiremo più parlare di questa pionieristica invenzione dei Fenici e neppure di questo popolo, quasi del tutto dimenticato (Fu Barthelemy a decifrare le prime iscrizioni e a rintracciare nel Fenicio le radici di quasi tutti gli alfabeti fonetici delle lingue conosciute. Rendendo così giustizia ai Fenici).
Infatti, da quello fenicio derivarono tutti gli altri 3 grandi gruppi: ARAMEO, SABEO, ELLENICO.
Dall'ARAMEO, deriva l'Arabo, l'Armeno, l'Ebraico, il Georgiano, il Mongolo, il Parsi, il Pehlevi e il Siriaco
Dal SABEO, l'Etiopico e l'Indiano e si divide il primo, in Amarico, Birmano, Coreano, Giavanese, T'ai, Singalese
Il secondo in Nagari-Dravico, con il Bengali, Cascemir, Malese, Tibetano, Kanarese, Tamil, Telugu.
Dall'ELLENICO deriva il Copto, il Greco, il Latino, il Russo (e dalle ultime due tutte le altre a ovest, a Nord e a Est dell'Europa)
link esterni TUTTO SULL'ALFABETO ETRUSCO
oppure altre notizie http://www.etruschi.org/ di ANGELO DI MARIO
di cui diamo un breve accenno
LA LINGUA ETRUSCA
Angelo Di Mario, l'Autore di questo volume, è nato a Rocca Sinibalda (Ri), risiede a Poggio Mirteto (Ri).
Fin dal 1966, quando insegnava a Magliano Sabina (RI), ha cominciato lo studio sulla lingua etrusca, pubblicando numerosi articoli. Con questa opera recente, "Lingua Etrusca - La ricerca dei Tirreni attaverso la lingua" (Editrice Cannarsa, Vasto) ha voluto presentare le più importanti scoperte che trovano sicure corrispondenze morfologiche tra la civiltà anatolica e quella degli Elleni arcaici.
Il libro contiene scritti redatti in vari periodi. Si è creduto opportuno metterli assieme in modo che potessero integrarsi e fornire al lettore diversi esempi e un buon materiale per la comprensione. Contiene inoltre una serie di riferimenti certi e documentati che conducono tutti in Anatolia, sede di provenienza dei Tirreni, in località comuni agli Elleni arcaici. Dal confronto di molti termini ne scaturirà l'evidente parentela espressiva e lo scopo non è quindi soltanto quello di proporre interpretazioni, ma di mettere in risalto ogni traccia capace di rivelare la sicura appartenenza.
Un libro colto e intelligente, una miriade di notizie spesso inedite e comunque estremamente interessanti.
--------------------------------------------------Diamo qui -con un'autorizzata riproduzione - alcune pagine riguardanti la LINGUA CRETESE, LINEARE A, quella non tradotta ancora da nessuno; vogliamo così interessare tutti coloro che si occupano del greco omerico, da considerarsi fortemente anatolico, per svariati motivi.
Lingua cretese, Lineare A.
Prima parte
"In molti articoli, e libri, ho esposto un sistema di progressione desinenziale in cui appaiono evidenti i meccanismi alla base di tutte le desinenze, e della loro molteplice evoluzione/involuzione; qui riproduco l’essenziale, ma sufficiente a dimostrarne la fondatezza, e l’utilità pratica a scoprire l’iter dei suoni attraverso i luoghi e i tempi:
a) ogni lingua era costituita da poche parole monosillabiche;
b) in seguito ogni parola veniva integrata da dimostrativi personali (-so/-mi/questo, -su/tu/codesto, -si/-se/quello) o indicativi (luce: guarda/ vedi/ questo: -sa/ -ka/ -ma/ -na/ -ta….), per riferirla meglio all’oggetto dell’attenzione: lat. *LEG-i-si, LEG-i-t(i)/ LEGg-e-lui, PA-te-r, *PAtese/ PA-questo, MA-te-r, *MAtese/ MA-questa…..;
c) le particelle sono facilmente individuabili, chiarissime quelle della terza persona/ dativo singolare/ plurale: -si: -se/-ce/-ke, …..; -si-si: -s-si/-s-se…..: gr. (dí-)DO-si, dor. (dí-)DO-ti ‘dà-lui’, lat. (de-)DI-t(i) ‘dette-lui’, *MON-e-si , *MON-e-ti, lat. MON-e-t(i) ‘(am)monisce-lui’; la terza persona plurale raddoppia la -si: -si-si/ -s-si: *leg-u-s-si, *leg-u-n-ti, leg-u-n-t ’leggono’; *leg-e-Sa-si: *leg-e-Fa-ti, *leg-e-Ba-ti, leg-e-Ba-t ‘leggeva’; *leg-e-Sa-s-si: *leg-e-Fa-s-si, *leg-e-Ba-n-ti, leg-e-Ba-n-t ‘leggevano’….. *leg-e-su-s-si: leg-e-ru-n-t(i), *legerono(si)/ *leg(e)sero ‘le()ssero’; *leg-i-s-se-s-si > leg-i-s-se-n-t(i) ‘avessero/ avrebbero letto’ ;
d) i verbi si limitavano ad esprimere solo il presente; in seguito presente e passato; solo con l’accumulo delle desinenze, l’uso, le varianze, anche delle vocali intermedie, la commistione delle esperienze linguistiche di diverse etnie contigue portò al perfezionamento di un sistema complesso come quello greco, latino, sanscrito;
e) la formulazione del pensiero può considerarsi prevalentemente aggettivale/ genitivale: gr. íppos mélas ‘il cavallo nero’ / *iFsos *mel-a-sos; gr. phô-s lamp-á-dos ‘la luce della lampada’ / *pho-(s)os *laMFa-sos, etr. LA-sa ‘Luce/ LA-re’; lat. lib-e-r po-e-ta-e ‘la corteccia/ pellicola > libro del poeta’, *lib-e-se *po-e-ta-se (gr. lep-í-s ‘scorza, corteccia, pelle / libro’; lat. lorum / *loFrum ‘correggia’); lat. sa-evi-tia lup-i ‘la ferocia del lupo’, *sa-ewi-sja *luposo ( *lup-o-sjo, *lup-i-jo, *lup-i-j). Da SMEA, F. V, urarteo: URUArdinidi nunali Ispuinini Sarduriehi Menua Ispuinihi “Alla città di Ardini vennero Ispuinini, il sarduriese (figlio di Sarduri), e Menua, l’ispuinese (figlio di Ispuini)” // *AR-di-ni-thi NU-na-si IS-pui-ni-si SAR-du-rie-si ME-nuFa IS-pui-ni-si.
Va ricordato che all’inizio non vi era distinzione tra verbo/ nome/ aggettivo, per questo i dativi originari presentano la stessa medesima desinenza del verbo: gr. *GEN-o-se / GÉN-o-s, *GEN-e-sos / GÉN-e-()os, *GEN-e-si (lat. GEN-e-ri) / GÉN-e-()i; á-nDr-e-s-si (a- protetica, D/TH infissi: NER, a-NÉR ‘uomo’), *(a-)NER-e-s-si ‘agli uomini’, á-nTHr-o-Pos / *a-NER-o-Fos ‘uomo’…..; *KAL-e-Si / kalÊi ‘al bello’, *DIK-ai-Si / dikaíOi ‘al giusto’, *PA-(N)si / pantí ‘a tutto’, *ed-e-si / edeî ‘al dolce’, *MEG-a-lo-si/ *MEG-a-no-si/ *MAG-ni-si / megáloi ‘al grande’ (lat. mag-no(-(s)i) ), *le-LU-ko-si / leLUkoti ‘a chi ha sciolto’, *le-LU-ko-s-si/ *lelukosine / lelukósi(n) ‘a quelli che hanno sciolto’….
Quanto ai nomi/ aggettivi, bastano pochi cenni: il latino FA ‘parlare’, dopo una prima desinenza -ma, FA-ma ‘del parlare-quella’, ne aggiunge un’altra FA-mo-sus ‘del parlare-di quella-quello’, da rovesciare ‘quello-di quella-del parlare’; ora se noi confrontiamo le desinenze ci accorgiamo subito che hanno subìto innumerevoli evoluzioni/involuzioni, per rispondere all’esigenza delle tante parlate attraverso i millenni; così le sequenze fondamentali: -sa, -sa-sa, -s-sa, -sas, -sa-sas, -s-sas, -sas-sa, -sas-sas…..; passeranno a -la/ -na/ -ra/ -ta/ -za…..; a -s-la, -n-na/ -na, -s-ka, -r-na, -s-na, -s-ta/ -s-za/ -z-ra.….; da -sa-sas / -s-sas a -n-nas, -r-nas/ -s-tas/ -t-las/ -t-nas/ -t-ras ……; -si > -ni, -ri, -ti…..; da -si-si / -s-si a -n-ni, -s-ki, -s-li, -s-ni, -l-li/-li, -n-ni/-ni, -r-ri/-ri, -s-ti, -t-ti/-ti, -n-si, -n-ti, -n-t….. ; qualche porzione cadrà (gr. *paid-eu-Si > paid-eú-Ei ‘educa’); oppure s’antepone/ inserisce la F/W (: b/F/m/p/u/v), senza contare i raddoppiamenti, gli allungamenti, le vocali protetiche, gli infissi, i composti, le pre-posposizioni, gli innumerevoli mutamenti, oggetto delle Glottologie; ad esempio la varianza della s: c/z/k/q/ch: etr. ca ‘questo’, itt. kas, luvio cun. za- (LLI); etr. Cersa / *ser-e-sa/ *ser-e-na ‘Sirena/ Maiala’, gr. dor. Kírka ‘Circe/ Maiala’, gr. choîr-o-s(a) ‘maiale/a’; eteo surna, luvio ger. zurni, gr. kéras ‘ corno’; eteo suwana-, gr. kúon ‘cane’; eteo asuwa- ‘cavallo’ (MEG), miceneo iqo, lat. equus/ ecus; cretese L. A siru/ *kiru, gr. kár, kára ‘testa’, ave. sarah-, aind. siras (LLI), etr. ceren ‘capo’, mic. L. B (demo)koro; notevole il preittita SA ‘mano’, *sa-ssis, etr. sa-(r)ris/ *ka-(s)sis ‘mani/ dieci’, nes. ke-ssar ‘mano’ (MEG), etr. (cezpal–)cha-l(e)s ‘(otto volte-)le mani = ottanta’, gr. che-í-res ‘mani’, segno X = S/K/CH ‘10’ (altro che numero latino! (i Romani erano Tirreni)); ottima conferma l’enclitica etrusca -se / -ce / -c ‘e’: -c/-ch/-k: Aninai-c ‘e di Aninai (figlio)’, Velia-k ‘e Velia’, Latherial-ch ‘e di Latheria’ (TLE). Nelle lingue antiche spesso compare la F/W, etr. FuFluns, da *FeFl-u-nus ‘solare’, etr. aVle / AL/ EL ‘Sole /Aulo’, aBélios ‘Abele’; *SaSel: *FaFel / *BaBel- ‘Sole’ (Babilonia); VEL/ EL / SEL/ SOLe / VELus, VELusa/ VELussa/ VILussa (= FÍL-io-s(-sa)/ FÍL-io-n(-na), gr. FÍLios ‘Ilio’, da Omero confusa con Troia )/ VELusla < gr. SÉL-a-s ‘splendore’ > gr. ÉL-io-s, *SELios/ *FELjos ‘sole’; etr. ThuFlthas, da *Thulethas, gr. thêlus, thelútes ‘sesso femminile’; eteo Tuwatias, etr. Tite, eteo Muwatalis, ittita Muwatallis, etr. Metele ‘Metello’, eteo RU: RUwa ‘Sole’, etr. RUma ‘(città) di RA/ ROma’, eteo RUwatias (MEG, QSI), etr. RAmatha ‘del dio RA/ RE/ RI/ RO/ RU’ ‘Solare’: RE-a,‘RE(wa)tia/ RE-zia’, etr. RI-l ‘soli > anni’, lat. RUber, RUbus, RUfus ’ ROsso’, gr. e-RU-th-rós, *(e-)RU-sh-sos ‘colore di RA / RU/ ROsso’; un nome tra i più arcaici e ancora colmo di F/W lo possiamo scoprire in quello del re ittita SuPPiluliuMas, dove vengono persino raddoppiate, *SUwwiLunjuwas, ossia un *SULunjuMs ‘SOLone/ Solare’, dalla stessa radice SEL/ SOL dialettizzata, oscurata; non meno indicativo Etewokereweijo/ Etewok()leweíos ‘Eteocle’. La probabile ragione deve risiedere nella scrittura sillabica, lo scrivente forse avvertiva un’articolazione intermedia tra le sillabe, che riproduceva come esistente, un po’ come noi diciamo duVe, boVe.
Il cretese A, come vedremo, restituisce una voce verbale di estremo interesse, perché contiene tutte le desinenze non contratte, appena evolute s: t/r, compresa la F/W: B, integre: (ja/a) jadikitetedubure ‘hanno/ abbiano danneggiato’, da scrivere *a-DIK-i-se-se-tu-Wu-s-se, a- privativa, DIK radice -te-te-tu-Fs-se quattro desinenze per una terza persona plurale di un passato, indicativo, o congiuntivo, del tipo lat. HOR-ta-Ba-n-tu-r(i) ‘esortavano’ / *HOR-ta--/Ta-ta-tu-ri/ *HOR-ta--/Ba-na-tu-Wu-si; stessa struttura di jan-AK-i-te-te-du-bu-re, *ana-AG-i-se-se-tu-WU-se ‘hanno/ abbiano sconsacrato’; ci potremmo aggiungere la non meno notevole voce osca con-PAR-a-s-cu-s-te-r(i) (LIA) < *cum-FAR-a-s-su-s-se-si ‘avranno *con-PAR-la-to/deciso’, gr. sum-ph(a)r-á-zo ‘mi consiglio, delibero’; ma a quell’epoca non credo che la distinzione possa ritenersi perfetta; nemmeno il greco sa restituire voci verbali definibili con precisione, se non attraverso il contesto. Questi reperti verbali cretesi cosa ci testimoniano: che la desinenza -si/-se era già passata a -te, due -te-te indicavano l’originario -se-se, l’ulteriore aggiunta di -se-si (o -se-s-si): -su-si / -tu-si / -du-Wsi, ci permette di ripristinare la composizione come proposto più sopra; con ciò facendo scoprire un tipo di protogreco molto arcaico ma anatolico; un luvio grecoide; del resto atai()waja/ atai()wae non differiscono troppo dalle composizioni greche ostisoûn, etisoûn, otioûn ‘colui che, chiunque’; óstis án, étis án, ó ti án ‘chicchessia’; come ipinama da epinémo ‘divido in parti’; etr. naper XII ( *names XII) ‘parti dodici’ (TLE); quasi identiche le preposizioni un per en/ in (o viceversa), unakanasi, *enagisasi (gr. enagízo / *enagiso / *enagino; etr. acnaNAsa / *AG-saNAsa ‘cresciuti’, gr. auksáNO ‘cresco’), e ipi per epi (o v.), ipinama / *epinema (gr. epinémo).
E’ da sottolineare che non ho mai tenuto in considerazione né il tema, né il suffisso, perché rappresentano sempre desinenze (mutate/ regresse/ ridotte): radice SO/ZO ‘vita’, gr. Záo / *Sao, ZÔé / *SO-(s)e-(s)e ‘vita’, SÔ-ma ‘quello della vita’, SÔ-ma-tos ‘di quello della vita/ del corpo’, etr. sVa-las , *SA-sas/ *ZA-sas ‘vita’, gr. ZO-()ós ‘vivente’, eteo sPi-sur < *sFi-sus ‘vita, salute’ (MEG), itt. hui-SwA-tar / *F-sFa-sas ‘vita’ (AGI), lat. VIR-tus ‘virtù’, *VIR-tu(s)-sis(/-tis), *VIR-tu(s)-si(/-ti), eteo HAT-tas-tar-ti (MEG) ‘per intelligenza/ CAPaci(s)tà(ssi)(-s-si > -s-ti > -r-ti)’ < *CAP-a-tis-tas-si; inoltre le desinenze stesse subiscono variazioni anche quasi irrisolvibili, ad esempio ÉR-gon ‘lavoro’, ER-ga-sía , ER-gá-zo-ma-i ‘lavoro’, si riscoprono attraverso *ER-ko-se, *Er-ka-sja, *ER-ka-so-ma-si. Se noi poniamo attenzione ai residui linguistici evidenti, ci accorgiamo quanto sviluppo celino certe uscite, partendo dal modello originario; la radice ER, ER-á-o ‘amo’ si articola attraverso l’uscita primaria *ER-a-s-sos: ER-a-n-nós, ER-a-s-tós, *ER-a-t-tos / ER-a-tós, *ER-a-SSFjos / ER-á-sMios ‘amato/ amabile’ (ss/st/ssF/tt; -nn/-n, -ns, -nd/-nt…..).
Le desinenze si limitano a dieci, tutte dall’idea ‘luce: vedi / questo’: -sa, -ka, -ma, -na, -ta, -sas, -kas, -mas, -nas, -tas, unite in vario modo, mutate, ridotte, cadute in parte, con altra vocale; quindi vanno esaminate/ individuate e riportate all’origine con lo scopo di recuperare il modello. Il metodo è quello da me chiamato CINEFONETICO, ossia si ripercorre il mutamento dei suoni per scoprire la struttura, e rivelare la RADICE sempre MONOSILLABICA (v, vC, Cv, CvC, CC), seguita da DESINENZE sempre MONOSILLABICHE (Cv, ()v, C(), CvC, CC); quasi sempre unite da una vocale, a volte accompagnata dalla W/F ( > b/m/p/ph/v/u): amOre, leggEva.….amAssEro; eteo ruWa, itt. suPPiluliuMas < *SuWWiluniuWas < *SULunius ‘Solone’…..; lat. SOL, gr. SÉLas ‘splendore’ > *saWeljos > *FaFeljos, etr. FuFluns < *FuFlusus ‘Sole’, gr. aFélios/ aBélios ‘Abele/ sole’, etr. aVle ‘sole/ aUlo/ Aulo’…..
La premessa mi pare sufficiente a presentare alcuni esempi di declinazione e di coniugazione, per poi illustrare le iscrizioni, seguite da ricostruzioni fonetiche adatte a renderle meglio giustificate e comprensibili.
Declinazioni latine, limitate ai primi tre casi del singolare:
RO-sa, *RO-sa-se / RO-sa-()e, *RO-sa-si / RO-sa-()e; *AM-o-se / AM-o-r, *AM-o-sis / AM-o-ris, *AM-o-si / AM-o-ri; *NO-me-se / NO-me-n, *NO-mi-sis / NO-mi-nis, *NO-mi-si / NO-mi-ni (*MIL-i-si / MIL-i-ti….. PEC-u-di, AN-i-ma-li…..);
per il verbo mostro il modello essenziale ( presente: -si, -si-si; passato: -si-si, -si-si-si-si), che configura l’accumulo della medesima desinenza per ottenere, con le varianze, tempi e modi diversi; anche qui mi soffermo brevemente ad illustrare una sequenza per le terze persone sing. e plur.: *AM-a-si/ AM-a-t(i), *AM-a-s-si/ AM-a-n-t(i); *AM-a-si-si/ AM-a-vi-t(i)/ AM-a-re-t(i); *AM-a-si-si-si/ AM-a-ve-ri-t(i) ; *AM-a-si-si-s-si…..AM-a-vi-s-se-n-t(i)…..; osco TER-e-m-na-t-te-n-s ‘hanno terminato’ / *TER-mi-na-Se-se-s-si / lat. TER-mi-na-Ve-ru-n-t(i); altra voce osca ter-e-m-na-tu-s-t / *ter-mi-na-tu-si-si, dal latino risolta con terminata est ‘è terminata’ (LIA).
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Iscrizioni cretesi, LINEARE A, tratte dal libro TESTI MINOICI TRASCRITTI con interpretazione e glossario, a cura di Carlo Consani, CNR, ISTITUTO PER GLI STUDI MICENEI ED EGEO-ANATOLICI, Roma 1999; ripropongo in parte quelle presentate su vari siti in Internet, e pubblicate su rivista:
Testi non amministrativi:
KO Za 1; Base a forma di parallelepipedo: atai*301waja turusa du*314re idaa unakanasi ipinama sirute
“ Colui che/ chiunque rompa la scultura, questi si offra in sacrificio con il taglio della testa.”
PK Za 8; Tavola di libagione: …)nu pae janakitetedubure tumei jasa(sarame) unakanasi ( ) ipi(namina sirute)
“..e quelli che hanno sconsacrato il luogo del sacrificio (gr. thúma, thuméle / *thumese) di Assara, si sacrifichi(no) ( con il taglio/ si tagli loro la testa).”
Jasasarame/ Asasarame, -me posposizione, andava scritta *ASara/ *ASana/ *ASna; nella sua forma più arcaica doveva presentarsi con la radice KAS > KIS/HIS ‘Luce > vedere’, europeo KISHar ( > bab./ass., v. LAVO), etr. KASutru, CAS-t-ra (SM**), gr. KÁS-tor, KAS-á-(N)d-ra/ *KAStra, la città di KIZzuwatna < *KISuwassa > *KIStra ‘(dedicata) al dio KISu’, itt. KISari ‘luce > appare’ (AGI, c. s.); la città di KUSsara, re preittita piTHAnas ‘dioTHAna’, nome etr. THAna ‘Luce/Lucia’; con la perdita dell’iniziale si passò all’intermedio europeo *HIS-tar/ VES-per > ISH-tar fino ad AStarte; e ad altre uscite, come la città di AS-sur < *(K)AS-sus, nome ancora europeo, prima della conquista semita, stessa origine per BaBilonia, a sua volta dall’europeo FaFl/aBele, gr. aBélios ‘Sole’; ancora: eteo HASusrs (MEG, T.) ’dea > regina’ < *HASusaras, lidio ASnil(i)/ gr. ATHenaiéi (DSS) ‘ad ASena/ATHena’; iranico ASsara > AHura, av. AHuro (LLI) (con s > h, come ACHaiFoí/ *ASeiFisi > ACHei ‘(gente) dell’ASia/ Sole’, itt. AHHija-wa/AHHija ‘dell’ASia’ (GIT, Lettera di Tawagalawas, re di AHHijawa; città MILawanda < *FILawassa > FÍLios); osco ASanas/ ATHenae ‘ad ATHena’, laconico ASanãn/ ATHenõn (LIA); senza tralasciare la divinità etr. Uni, con più probabilità da *Unni < *US-ne ‘dio Sole’, che da SAN > AN > UN/UR (n/r, come UNuk/URuk ‘città di AN/AR’).
PK Za 11; Tavola di libagione: atai*301wae adikitete (.)da piteri akoane asasarame unarukanati ipinamina siru(.) inajapaqa
“Chiunque danneggia, oppure getta a terra l’icona di Assara, si uccida (gr. énara, enaíro) con il taglio della testa, o (si metta) alle corde (s’impicchi, si(a) trascini(ato))” Mic. L. B: anija-phi ‘con redini / corde’.
PK Za 12; Tavola di libagione: atai*301waja adikite(te) ( )si (asasa)rame () a( )ne unaruka(n)jasi apadupa( )ja ( ) (ina)japaqa
“Chiunque danneggia (?)si di Assara, (?) questi sia ucciso per espiazione, (?) o (sia messo) alle corde.”
PK Za 15; Tavola di libagione: (atai*301wa)ja jadikitetedubure (…..)
“(Quelli) che hanno danneggiato…..”
PR Za 1; Tavola di libagione: tanasute ke setoija asasarame
“ E’ stato fatto questo da Sesto per Assara.”
SY Za 2; Tavola di libagione: atai*301waja jasumatu OLIV unakanasi OLE vacat aja
“Chi danneggia OLIVi/-e sia consacrato, con OLIo… si faccia.”
Eteo aia ‘fare’; gr. aúo, si bruci? lat. boiae, si metta alla gogna? aísa ‘parte’, si faccia a pezzi?
ZA Zb 3; Pithos: VIN 32 didikase asamune ase atai()deka arepirena titiku
“VINo (quantità) 32, donato al (dio) Asamne (*Armne/ arTmus/ ArTemi(de) ); se qualcuno (lo) ruberà sia consacrato.”
KN Zf 13; Anello d’oro: arenesi di*301pike pajatarise terimu ajaku
“Da Arne di Di()pike per Pajatri di Termu (questo) è stato donato.”
CR (?) Zf 1; Spillone d’oro: amawasi kanijami ija qakisenuti atade
“E’ per Kanija, è fatto da Qakisnu questo.”
Testi amministrativi:
HT 9a: saro TE VIN pade 5JE *386tu 10 dinau 4 qepu 2 *324dira 2J tai*123 2J aru 4E kuro 31JE
“ Località Saro (*Salo, *kaso,*Karo, *Skato…). Per TE (TÉmenos? Tempio?), VINo (quantità da dare): Pade (dà) cinque (unità) più cinque/decimi, più due/decimi e mezzo; *386tu dieci (unità); Dinau quattro (unità); Qepu due (unità); 324dira due (unità) più cinque/decimi; Tai*123 due (unità) più cinque/decimi; Aru quattro (unità) più due/decimi e mezzo. Quanto(-ità) 31JE”
Calcolo: ventinove (unità) + due (unità) per l’aggiunta delle misure JE.
HT 104: tapa TERO dakusene TI 45J idu TI 20J padasu TI 29 kuro 95
“(Località) Tapa. Formaggio. (Da) Dakusne (come) pagamento (quantità) 45 e mezzo; da Idu 20 e mezzo; da Padasu 29. Quanto: 95”
Ossia: 94 + metà + metà; dandoci esattamente il valore di J = metà; forse iniziale di *jemisu, gr. émisus ‘metà’; mentre kuro è spiegata bene anche da poto- ‘tutto’, gr. pâs, pa(N)tós ‘tutto’, per l’eloquente composizione potokuro ‘tutto-quanto’ , della HT 122b. La TI, supposto il gr. TÍno, chissà che non possa invece corrispondere al valore della misura mic. T(i)/ litri 12.
HT 11b: …) denu rura *86 *77/KA 40 *77/KA 30 *77/KA 50 ru*79na *77/KA 30 saqeri *77/KA 30 Kuro 180
“--- elenco(?) (delle) prede: un carro, ruote 40, ruote 30, ruote 50; di radice ruote 30, di bronzo ruote 30. Quanto: 180.”
Ru*78na < *ru(DI?)sa, gr. ríza ‘raDice’; saqeri ‘di bronzo’, *kakeri, *kaLkesi; s/k: L infisso, non mancante, come supposto per la lin. B: kako/ khaLkoí (v. mic. L. B: l, m, n, r, s…), gr. chaLkós(i) ‘lucente > di bronzo’.
HT 38: vestigia 403vas daropa 1 AU 1 QI 3 KAA DWO 3 WA+*KU 2 WA+*312 1…..
“…Vaso da cottura uno; maiale uno; pecore tre; pelli unità tre; panni di lana due: panno di canapa (lino?) uno…..”
Questo DWO/ unità potrebbe riconnettersi all’etr. THU/ ‘uno’, *th(u)Wu ‘unità’."
Angelo Di Mario
Bibliografia:
Studi Micenei ed egeo-anatolici, F. V (SMEA);
Anna Giacalone Ramat – Paolo Ramat, Le lingue indoeuropee (LLI);
Piero Meriggi, Manuale di eteo geroglifico (MEG; Testi);
Fiorella Imparati, Quattro studi ittiti (QSI);
Massimo Pallottino, Testimonia linguae etruscae (TLE);
Archivio glottologico italiano, V. LXXXI, F. I (AGI);
Vittore Pisani, Le lingue dell’Italia antica oltre il latino (LIA);
Giovanni Rinaldi, Le letterature antiche del Vicino Oriente, LAVO;
Giacomo Devoto, Scritti Minori **, SM**;
Johannes Friedrich, decifrazione delle scritture scomparse, DSS;
O. R. Gurney, Gli Ittiti, GIT; Angelo Di Mario, Lingua etrusca;
Lingua etrusca (percorsi);
La lingua degli Etruschi;
Lingua etrusca. La ricerca dei Tirreni attraverso la lingua; John Chadwick,
Lineare B;
Charles Dufay, La civiltà minoico-cretese;
Anna Sacconi, Corpus delle iscrizioni in lineare B di Micene;
Jean-Pierre Olivier, Les scribes de Cnossos;
Jacques Raison – Maurice Pope, Index du linéare A…..
Tra
breve Angelo Di Mario darà alle stampe un'altra
importante opera:
"ISCRIZIONI TIRSENE E VELSINIE (etrusche) A CONFRONTO".
Altre notizie http://www.etruschi.org/
ALFABETO EBREO |
ALFABETO ARABO |
CARATTERI ALFABETICI RUNICI |
Le kohau rongo-rongo, sorta di notiziari lignei
dell'Isola di Pasqua. |
Stonehenge? No, é Sillustani a Umayo, Perù, 2000 a.C. |
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CRONOLOGIA GENERALE - TAB. PERIODI STORICI E TEMATICI
(i contributi al testo, se completi e definitivi sono inseriti nell'arco delle 24
ore)