Fino al 2001...col ritorno 26 Aprile
1941 |
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( Card n. 62 - del 25 - 04 -1999 )
"Bollettino n.321- 23 Aprile - Ieri sera alle ore 21.04 l'armata nemica dell'Epiro/Macedonia ha deposto le armi. E' stata presentata dai rappresentanti del Comando la capitolazione"
"Guerra dura, sanguinosa, violenta, nella quale ancora una volta rifulsero le qualità guerriere del nostro popolo, lo spirito di adattamento e di sopportazione ai disagi, la combattività dei nostri soldati., la loro tenacia nel resistere, il loro ardore nei contrattacchi, il loro slancio eroico nell'avanzare. Chi non ha vissuto in mezzo a questi soldati, non può avere neppure la pallida idea dell'entusiasmo quando fu dato l'ordine di farla finita anche col greco. Lo sentivano, i soldati, che, ripresa la marcia, non ci saremmo fermati più. Le nuove divisioni volevano anch'esse avere l'onore di annientare, come quelle che avevano operato sul fronte iugoslavo" (da La Nazione, (nella cartolina il giornale é sullo sfondo), del 23 aprile 1941)
"La tragedia iugoslava ha un nome: Macek e Pavelic, i capi del movimento autonomista, proprio nell'ora del pericolo, non hanno fatto gli interessi del popolo anelante all'indipendenza, non hanno voluto comprendere, e hanno riservato alla Iugoslavia un infausta sorte. In questa cecità le masse serbe hanno preso le armi contro l'Asse, ma si sono trovate nello stesso tragico destino delle Polonia e della Cecoslovacchia". (Il Gazzettino, prima pagina, 9 aprile)
(Alla luce dei fatti successivi: gli italiani sbagliarono alleandosi con Hitler. i serbi pure, alleandosi con Churchill)
In Jugoslavia iniziò un capitolo nuovo nella guerra. Spuntò fuori la "Guerriglia". Era una strategia nuova. In Iugoslavia si rivelò vincente. I tedeschi sottovalutandola commisero un grosso errore. A fine guerra, un generale nazista, forte dell'esperienza passò a insegnare queste strategie al Pentagono. Abituati alla guerra con l'efficienza taylorista, gli strateghi americani non la capivano nè la comprendevano; come accadde in Italia, rifiutarono - e alcune volte ostacolarono - alcuni gruppi di partigiani che collaboravano nel cacciare i tedeschi. Se un popolo si libera da solo addio egemonia.
Comunque la presero in
considerazione. Fra i tanti testi per la formazione dei generali ( non si sa mai, futuri
protagonisti in una guerra sui Balcani) esiste il dossier numero 104-18,
scritta in buona parte dal generale Hubert Lanz che comandava le truppe
naziste in Macedonia, e del colonnello Karl Gaisser che in Croazia diede una caccia
spietata ai partigiani serbo-croati.
Il volume si intitola appunto "Le operazioni antiguerriglia tedesche nei
Balcani". Sono le analisi degli errori commessi dagli ufficiali tedeschi in
Iugoslavia. A parte i serbi, vi sono anche alcune raccomandazioni nel non
fidarsi troppo degli albanesi, molte diffidenze verso i collaborazionisti. Non mancano le
raccomandazioni per la propaganda: "convincere le popolazioni che l'occupazione
é a fin di bene."
( Paradossalmente i
serbi nel 1999 se la dovranno vedere ancora una volta con i nazisti
(anche se indirettamente) che diedero una caccia spietata ai partigiani
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UNA CANZONE CHE FECE RIFLETTERE
MOLTI
( poi, passano due generazioni, e nel benessere con tanto individualismo si
dimentica tutto. Molti credono che le tragedie del passato sono soli gli errori e quei
fastidiosi racconti dei padri, poi ci si sveglia un mattino, e ci si ritrova
davanti ai problemi ancora più vecchi, nati e per nulla risolti dai
nostri nonni.( righe Wilson 1918 )
" Bollettino di
guerra: Alle ore 10,45 di oggi 9 aprile, 1941; è stata bombardata Radio Belgrado.
La stazione della propaganda dei traditori serbi é stata messa finalmente a tacere
con la "Determinata Azione" delle Forze dell'Asse,
le forze sane dell'Europa.
Se ne impossessarono i tedeschi. Riprese a funzionare trasmettendo musica per i soldati al
fronte. Un sottufficiale tedesco musicologo, Richard Kistenmacher, rovistando tra i
dischi, s'imbatte in una vecchia canzone che non aveva mai avuto successo. Composta nel
1914 da Norbert Schulze con testi di Hans Laip, delle 5000 copie incise nel 1938 con
la voce fonda e roca di una sconosciuta cantante, Lala Andersen, ne furono vendute solo
700. Un fiasco!
Era una canzone triste, struggente, rievocava il rimpianto di un amore lontano; una donna ferma davanti alla caserma, che aspettava invano ogni sera il suo soldatino; era lei, LILI MARLEN.
RADIO BELGRADO la manda in onda per la prima volta il 10 febbraio 1942 alle ore 22,
mentre i tedeschi sono intrappolati nel gelo russo. La canzone sul fronte avvince tutti, i
soldati non vogliono più sentire che quelle note. Amano quella voce roca, che non
é cristallina e dolce nel messaggio d'amore ma ha con sè la forza
dell'indignazione di un mondo che é dentro una comune tragedia.
Radio Belgrado fu travolta da richieste da ogni parte del mondo. Ne fece un appuntamento
di tutte le sere, alle 22. Un appuntamento che dalla Iugoslavia dilaga in tutta Europa.
Lilì diventa la compagna di milioni di soldati.
Le canzoni dovevano
risollevare il morale, ma questa si trasformò in un boomerang micidiale. La commozione
attanagliò i novelli Sigfrido, Lilì era il volto che dava un significato alla malinconia
di milioni di soldati nostalgici nel momento più critico e più vulnerabile del Terzo
Reich. Quella voce dolente li spogliava dall'immagine di Superuomini e li riconduceva,
fiaccandone il morale, alla loro misera dimensione umana. I capi nazisti intervenendo
subito proibirono la canzone; senza risultato perchè era già sulla bocca di tutti, con
una popolarità immensa. Era diventata la canzone dell'umanità intera, l'inno patetico di
milioni di uomini, amici e nemici. Cantata dagli italiani, tedeschi, russi, giapponesi,
inglesi, americani, francesi, nella sabbia del Sahara e nelle steppe della Russia, nelle
trincee e sui mezzi da sbarco, sui monti e sui mari, in cielo, in terra e in ogni
luogo.
Montgomery "I miei soldati, nel deserto mentre davamo la caccia a Rommel, dopo
le fatiche, le battaglie il sole e la sete, la sera avevano soltanto il conforto di
quella voce e di quella canzone".
Per tutti era un sogno d'amore e di vita fra le bombe, al di qua e al di là delle
trincee, compagna fedele nel deserto e nelle steppe, in mezzo alle distruzioni, alle
sofferenze e purtroppo, per 50 milioni di soldatini, l'attesa di Lilì divenne
eterna; non tornarono più, eppure lei seguitava a cantare...."anche stasera
aspetterò".
Nelle stazioni radio dei cinque continenti fu trasmessa 600.000 volte, tradotta in 42 lingue, ognuno dei 200 milioni di soldati non hanno potuto farne a meno di cantarla, magari sottovoce, molti anche con il solo pensiero. Si é calcolato che il 95 per cento della popolazione mondiale, nel periodo della guerra, l'ha ascoltata più di una volta.
Fra i tanti inni nazionali, di un Epoca così tragica, l'unico rimasto come simbolo di tutta l'umanità, é Lilì Marleen. Il mondo l'amò come nessun'altra canzone. Per molti, fu l'ultima canzone.
Dopo la guerra si sono
scritti poemi retorici, dipinti affreschi storici, composte sinfonie della volontà, fatte
immagini trionfalistiche dei vincitori, mostrate figurazioni catastrofiche dei perdenti e
tante altre cose ; si affaticarono tutti per nulla. Restò solo lei; Lilì Marleen, la
canzone di una folle guerra e di un'epoca scellerata.
Rimase solo Lilì, la ragazza dal volto ignoto che con quella voce roca e
nostalgica - scrissero alcuni - mise in crisi il nazismo trionfante, gli tolse l'immagine
marziale, gli spogliò l'immagine nibelungica e ne fiaccò il morale; molto di più di 100
divisioni corazzate.
Hitler non riuscì a
conquistare il mondo perdendo l'ultima di tante battaglie.
Lilì invece lo conquistò con una sola battaglia, senza armi, solo con
l'immagine senza volto di un amore perduto; testimoniava agli spavaldi,
insensibili e spietati combattenti di ogni paese, che in realtà tutto il loro
universo personale era racchiuso in una struggente - non manifestata - nostalgia.
Erano partiti tutti spavaldi, convinti che la guerra é un istinto per la difesa del
proprio territorio, poi si accorsero troppo tardi che era un'invenzione di un
manipolo di politici; oggi dovevano combattere contro i nemici che fino a ieri erano
amici, il giorno dopo fare la pace con gli ex nemici di un Paese lontano e
sconosciuto e dare la caccia e uccidere quelli anche dello stesso paese, perfino quelli
dello stesso pianerottolo, o c'erano andati a scuola assieme.
Iniziò l'odio, continuò, non si fermò più. Si scannarono l'un l'altro. Impazzirono
tutti.
I "Grandi", i
"Saggi", si giustificarono, affermando che era per il "bene di
tutti", anche dei 50 milioni di morti;
"Il flagello era per i nemici del "nostro" Dio; le perdite? i buoni
sono stati chiamati al riposo, i cattivi trascinati al supplizio; la guerra
con la signora Morte non ha fatto altro che accelerare il riposo dei giusti e il castigo
dei cattivi !"
LE DATE
- ora molto attuali - DELLA STORIA (vedi)
( Card n. 62 - del 25 - 04 -1999 )