CHARLES DARWIN - ORIGINE DELL'UOMO
CAPITOLO XV.
Uccelli - continuazione.
Discussione intorno alla causa per cui i maschi soli di alcune specie, e i due sessi di altre specie, sono brillantemente coloriti – Intorno alla eredità sessualmente limitata, come applicata a varie strutture ed al piumaggio splendidamente colorito – Nidificazione in relazione col colore – Perdita del piumaggio nuziale durante l’inverno.Dobbiamo in questo capitolo considerare perchè in molte specie di uccelli la femmina non abbia ricevuto gli stessi ornamenti del maschio; e perchè in molti altri i due sessi siano ugualmente, o quasi ugualmente, adorni. Nel capitolo seguente considereremo perchè in alcuni pochi casi la femmina sia più vistosamente colorita che non il maschio.
Nella mia Origine delle specie, io accennavo brevemente a ciò che la lunga coda del pavone sarebbe incomoda, ed il colore vistoso nero del gallo cedrone maschio pericoloso alla femmina, durante il periodo dell’incubazione: ed in conseguenza che la trasmissione di questi caratteri dal maschio alla prole femmina sarebbe stata impedita dall’opera della scelta naturale. Io credo ancora che questo sarebbe seguito in alcuni pochi casi; ma dopo ponderata riflessione sopra tutti i fatti che mi è stato dato di raccogliere, sono ora pro- penso a credere che quando i sessi differiscono, le successive variazioni sono state in generale limitate dapprima nella loro trasmissione allo stesso sesso nel quale fecero la loro prima comparsa. Dacchè le mie osservazioni furono pubblicate, l’argomento della colorazione sessuale è stato discusso in alcuni interessantissimi scritti del signor Wallace, il quale crede che in quasi tutti i casi le variazioni successive tendevano dapprima ad essere trasmesse ugualmente ai due sessi; ma che la femmina fu impedita per opera della scelta naturale di acquistare i colori vistosi del maschio pel pericolo cui sarebbe andata incontro nella incubazione.
Questo modo di vedere richiede una noiosa discussione intorno ad un punto difficile, cioè se la trasmissione di un carattere, che è stato dapprima ereditato dai due sessi, possa in seguito limitarsi nella sua trasmissione, mercè la scelta, ad un sesso solo. Dobbiamo tener in mente, come abbiamo dimostrato nel capitolo preliminare intorno alla scelta sessuale, che i caratteri, i quali sono limitati nel loro sviluppo ad un sesso, sono sempre latenti nell’altro. Un esempio immaginario ci aiuterà meglio a dimostrare la difficoltà del caso; noi possiamo supporre che un dilettante desideri fare una razza di piccioni nella quale i maschi soli siano per essere coloriti di turchino pallido, mentre le femmine siano per conservare la loro primiera tinta cenerina. Siccome nei piccioni ogni sorta di caratteri vengono per solito trasmessi ugualmente ai due sessi, il dilettante avrebbe da cercare di mutare questa ultima forma di eredità in una trasmissione sessualmente limitata, Tutto ciò che egli potrebbe fare sarebbe di perseverare nella scelta di ogni piccione maschio che fosse in un grado anche minimo di un turchino più pallido; e l’effetto naturale di questo processo, quando fosse seguito con persistenza per un lungo spazio di tempo, e se le variazioni pallide fossero fortemente ereditate o anche spesso frequenti riuscirebbe a fare tutta la sua razza di un turchino più chiaro, Ma il nostro dilettante sarebbe obbligato ad accoppiare di generazione in generazione i suoi maschi turchini colle femmine cenerine, perchè egli vorrebbe conservare a queste ultime il loro colore, Il risultato sarebbe in generale la produzione sia di una razza incrociata pezzata, o più probabilmente la perdita spedita e compiuta del colore turchino pallido, perchè la tinta cenerina primitiva verrebbe trasmessa con maggior preponderanza. Supponendo tuttavia che alcuni maschi turchino pallido e femmine cenerine fossero prodotti durante ogni successiva generazione, e venissero sempre incrociati assieme; allora le femmine cenerine avrebbero, se pure mi è lecito esprimermi casi, maggiore copia di sangue azzurro nelle vene, perchè i loro padri, i loro avi, ecc, sarebbero stati uccelli azzurri, In queste circostanze si comprende (sebbene io non conosca fatti distinti che rendano ciò probabile) che le femmine cenerine possano acquistare una così forte latente tendenza al colore turchino pallido, che questo colore non sarebbe distrutto nella loro prole maschile, mentre la prole femminile erediterebbe tuttavia la tinta cenerina. Se ciò fosse, lo scopo desiderato di fare una razza coi due sessi permanentemente di colore differente potrebbe essere conseguito.
La somma importanza, o meglio la necessità del carattere desiderato nel caso sopra detto, cioè, il colore turchino pallido, essendo presente, sebbene allo stato latente, nella femmina, cosicchè la prole maschile non fosse per essere deteriorata, sarà meglio apprezzata nel modo seguente; il fagiano di Soemmering maschio ha una coda lunga 1 metro e 20 centimetri; la coda del fagiano comune maschio è lunga circa 52 centimetri, e quella della femmina 30 centimetri. Ora se la femmina del fagiano Soemmering dalla coda breve fosse incrociata col fagiano comune maschio, non vi può essere dubbio che il maschio della prole ibrida avrebbe una coda molto più lunga che non quella della prole pura del fagiano comune, D’altra parte, se la femmina del fagiano comune, colla sua coda quasi due volte lunga quante quella della femmina del fagiano Soemmering, fosse incrociata col maschio di quest’ultimo, il maschio della prole ibrida avrebbe una coda molto più corta che non quella della razza pura del fagiano di Soemmering.
Il nostro dilettante, onde fare la sua nuova razza con maschi di una tinta decisamente turchino pallido, e le femmine conservandosi immutate, avrebbe da continuare a scegliere i maschi durante molte generazioni, ed ogni stadio di pallidezza dovrebbe essere fissato nei maschi e reso latente nelle femmine. Il compito sarebbe difficilissimo e non è mai stato tentato, ma potrebbe possibilmente riuscire. L’ostacolo principale sarebbe la primiera e compiuta perdita della tinta turchino-pallida per la necessità di fare reiterati incrociamenti colla femmina cenerina, non avendo questa dapprima nessuna tendenza latente a produrre prole turchino-pallida.
D’altra parte se uno o due maschi fossero per variare anche lievissimamente nella tinta, e le variazioni si limitassero dapprima nella loro trasmissione al sesso maschile, il compito di fare una nuova razza della specie desiderata sarebbe agevole, perchè non vi sarebbe da fare altro che scegliere quei maschi ed unirli alle femmine comuni. Un caso analogo ha attualmente avuto luogo, perchè vi sono razze del piccione del Belgio in cui i maschi soli sono striati di nero. Nel caso del pollame seguono abitualmente variazioni di colore limitate nella loro trasmissione al sesso maschile. Anche quando questa forma di eredità prevale, può bene accadere che qualche successivo stadio nel processo di variazione possa venire trasmesso alla femmina, la quale allora rassomiglierebbe in un lieve grado al maschio, come segue in certe razze di polli. O, parimente, il numero maggiore, ma non tutti dei successivi stadi potrebbero venire trasmessi ai due sessi, e la femmina verrebbe allora a rassomigliare intimamente al maschio. Non vi può essere guari dubbio che questa è causa per cui il maschio del piccione Pouter ha un gozzo un po’ più grosso, ed il piccione Messaggero maschio ha in certo modo bargigli più grandi che non le loro rispettive femmine; perchè i dilettanti non hanno scelto un sesso piuttosto che un altro e non hanno desiderato che questi caratteri fossero più pienamente sviluppati nel maschio che non nella femmina, tuttavia questo è il caso nelle due razze.
Lo stesso processo sarebbe seguìto, e le stesse difficoltà si sarebbero incontrate, qualora si fosse desiderato fare una razza in cui le femmine sole avessero un qualche nuovo colore.
Infine, il nostro dilettante potrebbe desiderare di fare una razza in cui i due sessi differissero fra loro ed entrambi dalle specie originarie. Qui la difficoltà sarebbe somma, a meno che le successive variazioni fossero state dapprima sessualmente limitate dal due lati, e allora non vi sarebbe difficoltà alcuna. Vediamo questo nel pollame; così i due sessi delle galline macchiettate di Amburgo differiscono grandemente fra loro, e dai due sessi dell’originario Gallus bankiva; ed entrambi sono ora tenute costanti al loro alto livello di bontà mercè una continua scelta, che sarebbe stata impossibile, a meno che i caratteri distintivi di entrambi fossero limitati nella loro trasmissione. I polli di Spagna presentano un caso ancor più curioso; il maschio ha una cresta immensa, ma alcune delle variazioni successive, per l’accumulamento delle quali venne acquistata, sembrano essere state trasmesse alla femmina, perchè essa ha una cresta molte volte più grande che non quella delle femmine delle specie originarie. Ma la cresta della femmina differisce da quella del maschio per un riguardo, perchè può essere suscettiva di troncarsi, ed in un periodo recente è divenuto di moda che questo sia sempre il caso, e la riuscita ha tenuto dietro immediatamente al desiderio. Ora il troncarsi della cresta deve essere limitato sessualmente alla sua trasmissione, altrimenti impedirebbe alla cresta del maschio di essere perfettamente diritta, ciò che sarebbe orribile per ogni dilettante. D’altra parte la dirittezza della cresta del maschio deve essere parimente un carattere limitato sessualmente, altrimenti porrebbe ostacolo a ciò che la cresta della femmina fosse troncata.
Dai fatti sopra menzionati vediamo che anche un tempo quasi illimitato disponibile, sarebbe un processo sommamente difficile e complesso, sebbene forse non impossibile, di mutare, mercè la scelta, una forma di trasmissione nell’altra, Perciò senza una distinta evidenza in ogni caso, io non posso ammettere che questo sia stato sovente compiuto nelle specie naturali. D’altra parte mercè successive variazioni, che furono dapprima assolutamente limitate nella loro trasmissione, non vi sarebbe la benchè minima difficoltà a rendere un uccello maschio grandemente differente nel colore o in qualunque altro carattere della femmina; l’ultima rimanendo senza alterazioni o lievemente alterata, o specialmente modificata per scopo di protezione.
Siccome i colori brillanti sono utili ai maschi nella loro rivalità con altri maschi, tali colori sarebbero scelti, fossero o no trasmessi esclusivamente allo stesso sesso. In conseguenza si può aspettare di vedere le femmine partecipare sovente della splendidezza dei maschi in un grado più o meno grande; e questo segue con un gran numero, di specie. Se tutte le successive variazioni fossero trasmesse egualmente ai due sessi, non si distinguerebbero dai maschi; e questo parimente segue in molti uccelli. Tuttavia se i colori smorti durante l’incubazione fossero di grande importanza per la salvezza della femmina, come in molti uccelli terragnoli, le femmine che avessero variato in splendidezza, o che avessero ricevuto, mercè l’eredità dei maschi qualche accrescimento distinto di vistosità, si sarebbero presto o tardi distrutte. Ma la tendenza nei maschi a continuare a trasmettere per un periodo indefinito alla loro prole femminina la propria bellezza di colori sarebbe stata eliminata da un mutamento nella forma di eredità; e questa, come abbiamo dimostrato con precedenti illustrazioni, sarebbe stata sommamente difficile. Il risultato più probabile della distruzione lungamente continuata delle femmine dai colori più brillanti, supponendo che prevalesse la forma eguale di trasmissione, sarebbe stata la perdita o la distruzione dei colori brillanti dei maschi, in conseguenza del loro continuo incrociamento con femmine dai colori smorti. Sarebbe poco dilettevole tener dietro a tutti gli altri possibili risultati; ma io posso ricordare al lettore ciò che è dimostrato nell’ottavo capitolo, che se le variazioni nel colore sessualmente limitate avessero avuto luogo nelle femmine, anche se non fossero state per nulla nocevoli ad esse ed in conseguenza non fossero state eliminate, tuttavia non sarebbero state favorite o scelte, perchè il maschio accetta usualmente qualunque femmina, e non sceglie gli individui più attraenti; quindi queste variazioni andrebbero soggette a perdersi ed avrebbero poca azione sul carattere della razza; e questo aiuterà a spiegare perchè le femmine siano comunemente meno brillantemente colorite, che non i maschi.
Nel capitolo a cui mi sono riferito testè, sono stati dati esempi e se ne potrebbero aggiungere in numero infinito, di variazioni occorrenti in età differenti, ed ereditate alla stessa età. Si dimostrava pure che le variazioni le quali seguono tardi nella vita sono comunemente trasmesse allo stesso sesso in cui sono dapprima comparse; mentre le variazioni seguite di buon’ora nella vita sono atte a venire trasmesse ai due sessi; non già che tutti i casi di trasmissione sessualmente limitata possano venire in tal modo spiegati. Fu inoltre dimostrato che se un uccello maschio avesse variato col divenire più brillante mentre era giovane, cosiffatte variazioni non sarebbero state di nessun utile fino all’età della riproduzione, e quando fosse intervenuta rivalità fra i maschi. Ma nel caso di uccelli che vivono sul terreno e che comunemente traggono protezione dai colori smorti, le tinte brillanti sarebbero state molto più pericolose ai giovani ed inesperti che non ai maschi adulti. In conseguenza i maschi che variavano in brillantezza mentre erano giovani dovevano andar molto soggetti alla distruzione ed essere eliminati per opera della scelta naturale; d’altra parte i maschi che variavano in questo modo quando erano quasi adulti, malgrado che fossero esposti a qualche maggiore pericolo, potevano sopravvivere, e per essere favoriti mercè la scelta sessuale, avrebbero procreato la loro specie. Il fatto che i maschi giovani brillantemente coloriti erano distrutti e gli adulti erano fortunati nel loro corteggiamento, può riferirsi al principio di una relazione esistente fra il periodo di variazione e la forma di trasmissione, avendo i maschi soli di molti uccelli acquistato e trasmesso colori brillanti alla loro prole maschile soltanto. Ma non asserisco per nulla che l’azione dell’età nella forma di trasmissione sia indirettamente l’unica causa della grande differenza nella brillantezza fra i sessi di molti uccelli.
Siccome in tutti gli uccelli in cui i sessi differiscono nel colore è una questione interessante sapere se i maschi soli sono stati modificati mercè la scelta sessuale, rimanendo le femmine, per tutto ciò che riguarda quest’azione, immutate o solo parzialmente mutate; o se le femmine siano state modificate specialmente mercè la scelta naturale per lo scopo di protezione, io tratterò questo argomento con una certa estensione, anche maggiore di quello che non meriti la sua intrinseca importanza, perchè vari curiosi punti collaterali possono così venire convenientemente considerati.
Prima di entrare nell’argomento del colore, più specialmente in rapporto alle conclusioni del signor Wallace, può essere utile trattare da un simile punto di vista alcune altre differenze fra i sessi. Una razza di polli esisteva anticamente in Germania nella quale le galline erano fornite di sproni; covavano benissimo, ma disturbavano cosiffattamente i nidi coi loro sproni che non si lasciarono più covare le loro uova. Quindi mi parve probabile a prima vista che nelle femmine dei Gallinacei selvatici lo sviluppo degli sproni sia stato arrestato per opera della scelta naturale pel danno che cagionavano ai nidi. Ciò pareva tanto più probabile in quanto che gli sproni delle ali, che non sembrano portar danno durante la nidificazione, sono sovente tanto bene sviluppati nella femmina quanto nel maschio; sebbene in non pochi casi siano alquanto più grandi nel maschio. Quando il maschio presenta sproni alle gambe, anche nella femmina si osservano rudimenti di essi; talvolta il rudimento non è che una semplice scaglia, come nelle specie del Gallus. Perciò si può arguire che le femmine erano originariamente fornite di sproni bene sviluppati, ma che questi erano andati in seguito perdendosi sia per la mancanza di esercizio o per scelta naturale. Ma se questo modo di vedere fosse ammesso, si sarebbe esteso ad un numero grandissimo di altri casi; e ciò implicherebbe che i progenitori femminili delle specie esistenti fornite di sproni fossero un tempo impacciati con un’appendice nocevole.
In alcuni pochi generi e poche specie, come nel Galloperdix, nell’Acomus e nel Pavone di Giava (Pavo muticus), le femmine, come pure i maschi, posseggono sproni bene sviluppati. Dobbiamo noi da questo fatto dedurre che essi costruiscano una sorta di nido che non possa venir danneggiato dai loro sproni, diverso da quello fatto dai loro più prossimi affini, cosicchè non vi sia stato bisogno di distruggere i loro sproni? Oppure dobbiamo noi supporre che queste femmine richiedano specialmente sproni per difendersi? È una conclusione più probabile quella che tanto la presenza quanto l’assenza degli sproni nelle femmine derivi dalle differenti leggi di eredità che ebbero prevalenza, indipendentemente dalla scelta naturale. Nelle tante femmine in cui gli sproni appaiono come rudimenti, noi possiamo concludere che alcune poche delle successive variazioni, mercè le quali essi si svilupparono nei maschi, ebbero luogo di buon’ora nella vita, e vennero di conseguenza trasmesse alle femmine. Negli altri casi, molto più rari, in cui le femmine posseggono sproni pienamente sviluppati, possiamo concludere che tutte le successive variazioni furono loro trasmesse: e che esse gradatamente acquistarono l’abito ereditario di non disturbare i loro nidi.
Gli organi vocali e le penne variamente modificate onde produrre suono, come pure gli istinti acconci per farne uso, differiscono sovente nei due sessi, ma sono talora gli stessi in entrambi. Queste differenze possono esse venire attribuite a ciò che i maschi hanno acquistato questi organi e questi istinti, mentre le femmine sono state impedite dall’acquistarli, in ragione del pericolo a cui sarebbero state esposte attirando l’attenzione degli uccelli rapaci e delle fiere? Questo non mi sembra probabile, quando penso alla moltitudine di uccelli che rallegrano impunemente il paese coi loro canti in primavera. È una conclusione più ragionevole quella che, siccome gli organi vocali e strumentali sono di speciale servigio solo ai maschi durante il corteggiamento, questi organi siansi sviluppati mercè la scelta sessuale e pel continuato esercizio in questo sesso solo – e le successive variazioni e gli effetti dell’esercizio siano state fino dal principio limitate nella loro trasmissione in un grado maggiore o minore alla prole maschile.
Si possono riferire molti casi analoghi; per esempio le penne del capo, che sono generalmente più lunghe nel maschio che non nella femmina, talora di eguale lunghezza nei due sessi, ed occasionalmente assenti nella femmina, – questi differenti casi talora presentandosi nello stesso scompartimento di uccelli. Sarebbe difficile spiegare una differenza di questa sorta fra i sessi col principio che la femmina avendo avuto il beneficio di possedere una cresta lievemente più breve del maschio, e la sua susseguente diminuzione o compiuta soppressione per opera della scelta naturale. Ma prenderò un caso più favorevole, cioè la lunghezza della coda. Il lungo strascico del pavone sarebbe stato non solo un inconveniente ma anche un pericolo per la pavonessa durante il periodo della incubazione e quando allevava i piccoli. Quindi non v’ha la menoma improbabilità a priori a ciò che lo sviluppo della sua coda sia stato impedito dall’opera della scelta naturale. Ma le femmine di vari fagiani, che da quanto pare sono esposte nei loro nidi aperti agli stessi pericoli della pavonessa, sono munite di code di lunghezza notevole. Le femmine come i maschi della Menura superba hanno lunghi strascichi, e fabbricano un nido a cupola, che per un uccello così grande è una anomalia. I naturalisti hanno pensato molto al modo in cui può tenere la coda la femmina della Menura durante l’incubazione; ma ora si sa che “entra col capo prima, e poi gira intorno alla coda talvolta ripiegata sul dorso, ma più spesso piegata intorno al suo fianco. Così col tempo la coda diviene tutta storta, e dà una regola abbastanza giusta intorno al tempo in cui l’uccello è stato covando”. I due sessi di un Martin pescatore di Australia (Tanysiptera sylvia) hanno le penne di mezzo della coda grandemente allungate; e siccome la femmina fa il suo nido in un buco, queste penne divengono, come m’informa il signor R. B. Sharpe, molto rattratte durante la nidificazione.
In questi due casi la grande lunghezza delle penne della coda deve essere in qualche grado incomoda per la femmina; e siccome nelle due specie le penne della coda della femmina sono in certo modo più corte di quelle del maschio, si può arguire che il loro pieno sviluppo sia stato impedito per opera della scelta naturale. Giudicando da questi casi, se nella pavonessa lo sviluppo della coda è stato impedito solo quando è divenuto sconvenientemente o pericolosamente lunga, essa avrebbe acquistato una coda molto più lunga che non quella che possiede attualmente; perchè la sua coda non è quasi tanto lunga, relativamente alla mole del corpo, quanto quella di molte femmine di fagiani, nè più lunga che non quella della femmina del tacchino. Bisogna anche tenere bene in mente che, secondo questo modo di vedere, appena la coda della pavonessa divenne pericolosamente lunga, ed il suo sviluppo fu in conseguenza arrestato, essa avrebbe continuamente reagito sulla sua prole maschile, e così avrebbe messo ostacolo a ciò che il pavone acquistasse il suo magnifico strascico attuale. Noi possiamo quindi dedurre che la lunghezza della coda nel pavone e la sua brevità nella pavonessa sono l’effetto delle variazioni requisite nel maschio che sono state dapprima trasmesse alla prole maschile sola.
Veniamo ad una conclusione quasi somigliante rispetto alla lunghezza della coda di varie specie di fagiani. Nel fagiano orecchiuto (Crossoptilon auritum) la coda è di uguale lunghezza nei due sessi, cioè misura da quarantuno a quarantaquattro centimetri; nel fagiano comune è lunga nel maschio quasi cinquantadue centimetri, e trentun centimetri nella femmina; e finalmente nel fagiano di Reeve è talora effettivamente lunga un metro e ottantasette centimetri nel maschio e quarantuno nella femmina. Così nelle varie specie la coda della femmina differisce molto nella lunghezza, senza corrispondenza con quella del maschio; e questo può essere attribuito, secondo il mio parere, con molta probabilità, alle leggi di eredità, – vale a dire a ciò che le successive variazioni sono state dapprima più o meno limitate intimamente nella loro trasmissione al sesso maschile, – che non all’azione della scelta naturale, in seguito a ciò che la lunghezza della coda era nocevole in un grado più o meno grande alle femmine delle varie specie.
Noi possiamo ora considerare gli argomenti del sig. Wallace rispetto alla colorazione sessuale degli uccelli. Egli crede che le tinte brillanti originariamente acquistate. mercè la scelta sessuale, dai maschi sarebbero state trasmesse in tutti o in quasi tutti i casi alle femmine, a meno che la scelta naturale non ne avesse arrestato la trasmissione. Posso qui ricordare al lettore che vari fatti in appoggio di questa opinione sono stati già riferiti rispetto ai rettili, agli anfibi, ai pesci ed ai lepidotteri. Il signor Wallace fonda la sua credenza principalmente, ma non esclusivamente, come vedremo in seguito nel prossimo capitolo, sul seguente fatto, che quando i due sessi sono coloriti in modo molto vistoso il nido è di una natura tale da nascondere l’uccello covante, ma quando vi è uno spiccato contrasto di colore fra i sessi, il maschio è di colore vivace e la femmina di colore smorto, il nido è palese ed espone l’uccello covante in vista. Questa coincidenza, fin dove giunge, sostiene certamente la credenza che le femmine che covano in nidi aperti sono state modificate specialmente per scopo di protezione. Il signor Wallace ammette che vi sono, come si poteva aspettare alcune eccezioni a queste regole, ma non si può dire se le eccezioni non siano tanto numerose da infirmarle seriamente.
Vi è in primo luogo molta verità nella osservazione del duca d’Argyll che un grande nido a vôlta è più in vista dei nemici, specialmente di tutti gli animali carnivori che frequentano gli alberi, che non un nido aperto più piccolo. Nè dobbiamo noi dimenticare che in molti uccelli che fabbricano nidi aperti i maschi stanno sulle uova ed aiutano a cibare i giovani come le femmine; questo è il caso, per esempio, nella Pyranga aestiva, uno dei più splendidi uccelli degli Stati Uniti, il maschio della quale è vermiglio e la femmina verde-bruniccio-chiaro. Ora se i colori brillanti sono stati sommamente pericolosi per gli uccelli quando stavano covando nei loro nidi aperti, i maschi in questi casi debbono avere molto sofferto. Può tuttavia essere di tale importanza pel maschio avere colori vistosi, onde vincere i suoi rivali, che questo dovrebbe essere un compenso a qualunque nuovo pericolo.
Il signor Wallace ammette che nei Dicruri (Dicrurus), nei Rigogoli e nelle Pittide le femmine hanno colori appariscenti, e tuttavia costruiscono nidi aperti: ma insiste su ciò che gli uccelli del primo gruppo sono sommamente battaglieri e si possono difendere; che quelli del secondo gruppo mettono ogni cura per nascondere i loro nidi aperti, ma questo non è invariabilmente il caso; e che negli uccelli di terzo scompartimento le femmine sono fornite di colori brillanti soprattutto nella superficie inferiore, Oltre a questi casi tutta la grande famiglia dei piccioni, che sono talora brillantemente e quasi sempre vistosamente coloriti, e che sono notoriamente soggetti alle aggressioni degli uccelli di rapina, offre una seria eccezione alla regola, perchè i piccioni quasi sempre fabbricano nidi aperti ed esposti. In un’altra grande famiglia, quella degli uccelli mosca, tutte le specie costruiscono nidi aperti, tuttavia in alcune delle specie più belle i sessi sono uguali; e nel maggior numero dei casi le femmine, sebbene siano meno brillanti dei maschi, sono colorite molto vistosamente. Nè si può asserire che tutte le femmine degli uccelli mosca, che sono vivacemente colorite, sfuggono alla vista perchè le loro tinte sono verdi, perchè alcune hanno le parti superiori colorite di rosso, di turchino e di altri colori.
Rispetto agli uccelli che fabbricano nidi nei buchi o li costruiscono a cupola, essi hanno altri vantaggi, come osserva il signor Wallace, oltre a quello di potersi nascondere, essere riparati dalla pioggia, avere maggior calore, e nei paesi molto caldi venir protetti contro i raggi del sole; cosicchè non è una valida obiezione al suo modo di vedere che molti uccelli, in cui i due sessi sono di colori oscuri, fabbrichino nidi nascosti. Le femmine dei Buceros per esempio, delle Indie e dell’Africa sono protette, durante la nidificazione, con straordinaria cura, da ciò che il maschio mura il buco nel quale la femmina sta covando le uova, e lascia solo un piccolo orifizio dal quale le porge il cibo; essa rimane così strettamente prigioniera per tutto il periodo dell’incubazione; tuttavia le femmine dei Buceros non sono più brillantemente colorite di quello che non siano molti altri uccelli di eguale mole che fabbricano nidi scoperti. Una obiezione più seria all’opinione del signor Wallace, come l’ammette egli, è quella che in alcuni pochi gruppi i maschi sono brillantemente coloriti e le femmine sono brune, e tuttavia queste ultime depongono le uova in nidi a cupola. Questo è il caso nelle Grallinae d’Australia, le Maluride dello stesso paese, le Netturinie e in parecchie Mellifagide d’Australia.
Se osserviamo gli uccelli d’Inghilterra vedremo che non v’ha stretta o generale relazione fra i colori della femmina e la natura del nido che costruisce. Circa quaranta dei nostri uccelli inglesi (eccettuato quelli di grossa mole che possono difendersi da loro stessi) costruiscono nei buchi delle ripe, delle rocce, o degli alberi, o fabbricano nidi a cupola. Se prendiamo i colori delle femmine del cardellino, del ciuffolotto o del merlo, come misura del grado di vistosità, che non è grandemente pericoloso per le femmine covanti, allora di questi quaranta uccelli solo le femmine di dodici di essi possono essere considerate come vistose in un grado pericoloso, mentre le altre ventotto non sono appariscenti. Non v’ha neppure qui nessuna intima relazione fra una bene distinta differenza di colore e la natura del nido costrutto. Così il maschio della passera comune (Passer domesticus) differisce molto dalla femmina, il maschio della passera mattugia (P. montanus) ne differisce appena, e tuttavia entrambi costruiscono nidi nascosti. I due sessi del Boccalepre (Muscicapa grisola) si possono appena distinguere, mentre i sessi della Balia nera (M. luctuosa) differiscono notevolmente, ed entrambi fabbricano nelle buche. La femmina del merlo (Tardus merula) differisce molto; la femmina del merlo col petto bianco (T. torquatus) differisce meno, e la femmina del tordo bottaccio (T. musicus) appena al tutto dal rispettivo maschio; tuttavia fabbricano tutte nidi scoperti. D’altra parte il merlo acquaiolo (Cinclus aquaticus), abbastanza loro affine, fabbrica un nido a cupola, e i sessi differiscono quasi tanto quanto nel caso del merlo dal petto bianco. Il fagiano di monte, (Tetrao tetrix) ed il T. Scoticus fabbricano nidi scoperti, in luoghi parimente bene nascosti; ma in una delle specie i sessi differiscono grandemente, e nell’altra pochissimo.
Malgrado le precedenti obiezioni, io non posso dubitare, dopo aver letto lo scritto eccellente del signor Wallace, che osservando gli uccelli del mondo, si vede che una grande maggioranza di specie in cui le femmine hanno colori brillanti (e in questo caso i maschi, meno alcune rare eccezioni, sono del pari vistosi) fabbricano nidi nascosti per lo scopo di protezione. Il signor Wallace enumera una lunga serie di gruppi in cui questa regola prevale; ma basterà qui addurre come esempi i gruppi più familiari dei martin pescatori, dei tucani, dei troconi, dei capitonidi, delle musofaghe, dei picchi e dei pappagalli. Il signor Wallace crede che in questi scompartimenti, siccome i maschi hanno acquistato graduatamente i loro colori brillanti per opera della scelta sessuale, questi colori furono trasmessi alle femmine e non furono eliminati dalla scelta naturale, perchè godevano già della protezione dovuta al loro modo di nidificazione. Secondo questo concetto, il loro modo presente di nidificare fu acquistato prima dei loro presenti colori. Ma sembra a me molto più probabile che nella maggior parte dei casi, siccome le femmine vennero graduatamente facendosi sempre più brillanti partecipando dei colori del maschio, esse vennero pure graduatamente mutando i loro istinti (supponendo che dapprima avessero costrutto nidi scoperti), e onde cercar protezione fabbricarono nidi nascosti o a cupola. Chiunque studi, per esempio, la relazione di Audubon intorno alle differenze fra i nidi della stessa specie nel nord e nel sud degli Stati Uniti, non avrà grande difficoltà ad ammettere che gli uccelli, sia per un mutamento (nel senso più stretto del vocabolo) nei loro costumi, o mercè la scelta naturale delle cosidette variazioni spontanee dell’istinto, abbia potuto essere prontamente indotto a modificare il suo modo di nidificazione.
Questo modo di considerare la relazione, fin dove può essere sostenuto, fra i colori brillanti delle femmine degli uccelli e il loro modo di nidificare, riceve un certo appoggio da alcuni casi analoghi che seguono nel deserto di Sahara. Colà, come in moltissimi altri deserti, vari uccelli, e molti altri animali, hanno avuto i loro colori armonizzati meravigliosamente colle tinte della superficie circostante. Nondimeno vi sono, come m’informa il rev. sig. Tristram, alcune curiose eccezioni a questa regola; così il maschio della Monticola cyanea è vistoso pel suo colore azzurro-brillante, e la femmina è quasi parimente vistosa pel suo piumaggio bruno screziato di bianco; i due sessi delle due specie di Dromolaea sono di un nero lucido, cosichè questi tre uccelli non ricevono per nulla protezione dai loro colori, tuttavia essi possono scampare, avendo acquistato l’abito, quando sono in pericolo, di rifugiarsi nelle buche o nei crepacci delle rocce.
Rispetto ai gruppi di uccelli specificati sopra, in cui le femmine sono colorite vistosamente e fabbricano nidi nascosti, non è necessario supporre che ogni specie separate abbia avuto i suoi istinti nidificatori specialmente modificati, ma solo che i progenitori primieri d’ogni gruppo siano stati indotti graduatamente a fabbricare nidi nascosti o a cupola; ed in seguito abbiano trasmesso questo istinto, unitamente ai loro brillanti colori, ai loro discendenti modificati. Questa conclusione, per quanto possa esser degna di fede, è interessante, cioè, che la scelta sessuale, unitamente ad una eguale, o quasi uguale eredità nei due sessi, abbia indirettamente fermato il modo di nidificazione di interi gruppi di uccelli.
Anche nei gruppi in cui, secondo il signor Wallace, le femmine essendo protette durante la nidificazione non hanno avuto eliminati i loro brillanti colori per opera della scelta naturale, i maschi sovente differiscono in un lieve ed occasionalmente in un grado notevole dalle femmine. È questo un fatto significante, perchè cosiffatte differenze nel colore devono essere attribuite al principio che nei maschi alcune variazioni sono state dapprima limitate al medesimo sesso; come non si può guari asserire che queste differenze, specialmente quando sono lievissime, servano come una protezione per le femmine. Così tutte le specie dello splendido gruppo dei trogoni costruiscono in buche; ed il signor Gould dà figure dei due sessi di venticinque specie, di cui tutte, meno un’eccezione parziale, hanno i sessi differenti talora poco talora moltissimo nel colore, e mentre i maschi sono sempre più belli che non le femmine, sebbene queste ultime siano pure belle. Tutte le specie di martin pescatori nidificano in buche, e nella maggior parte delle specie i due sessi sono parimenti splendidi; e fin qui la regola del signor Wallace ha ragione; ma in alcune specie di Australia i colori delle femmine sono piuttosto meno vivaci che non quelli dei maschi; ed in una specie splendidamente colorita, i sessi differiscono tanto che furono dapprima creduti specificamente distinti. Il signor R. B. Sharpe, che ha specialmente studiato questo gruppo, mi ha mostrato alcune specie americane (Ceryle) in cui il petto del maschio è cinto di nero. Di nuovo, nel Carcineutes, la differenza fra i sessi è cospicua; nel maschio la superficie superiore è turchino-scuro rigata di nero, la superficie inferiore è in parte colorita di fulvo, con molto rosso intorno al capo; nella femmina la superficie superiore è rosso-bruna rigata di nero, e la superficie inferiore è bianca con macchie nere. È un fatto interessante, perchè dimostra come lo stesso stile particolare di coloramento sessuale caratterizzi sovente forme affini, perchè in tre specie di Dacelo il maschio differisce dalla femmina solo in ciò che la coda è azzurro-scuro con strisce nere, mentre la femmina è bruna con fasce nericce; cosicchè qui la coda differisce nel colore nei due sessi precisamente nello stesso modo come tutta la superficie superiore dei sessi del Carcineutes.
Nei pappagalli, che fabbricano parimente entro buche, troviamo casi analoghi; nella maggior parte delle specie i due sessi hanno colori brillanti e non si possono distinguere, ma in un numero non piccolo di specie i maschi hanno colori più vivaci che non le femmine, o anche sono coloriti molto diversamente da esse. Così, oltre a certe differenze fortemente spiccate, tutta la superficie interiore dello Aprosmictus scapulatus maschio è scarlatta, mentre la gola ed il petto della femmina sono verdi tinte di rosso; nella Euphema Splendida vi è una differenza consimile, la faccia e le cuopritrici sono inoltre di un turchino più pallido che non nel maschio. Nella famiglia delle Cincie (Parinae) che fabbricano nidi nascosti, la femmina della nostra cinciarella (Parus caerulus) è “molto meno brillantemente colorita” che non il maschio; e nella magnifica cincia Sultano giallo dell’India la differenza è ancora maggiore.
Parimente nel grande gruppo dei picchi i sessi sono generalmente quasi consimili, ma nel Megapicus validus tutte quelle parti del capo, del collo e del petto, che sono cremisine nel maschio, sono bruno-pallide nella femmina. Siccome in parecchi picchi il capo del maschio è cremisino-brillante, mentre quello della femmina è smorto, mi venne in mente che questo colore avrebbe potuto forse rendere la femmina pericolosamente vistosa, ogniqualvolta avesse sporto il capo dal buco ove stava il suo nido, e che in conseguenza, secondo il modo di vedere del signor Wallace, questo colore fosse stato eliminato riguardo allo Indopicus carlotta, cioè che le femmine giovani, come i giovani maschi, hanno un po’ di cremisino sul capo, ma che questo colore scompare nella femmina adulta, mentre divien più intenso nel maschio adulto. Nondimeno le considerazioni seguenti rendono questo modo di vedere dubbiosissimo; il maschio prende molta parte alla incubazione, e quindi sarebbe quasi ugualmente esposto al pericolo; in molte specie ambo i sessi hanno il capo di un colore cremisino egualmente brillante; in altre specie la differenza tra i sessi nella somma del colore scarlatto è così lieve che non potrebbe fare una differenza apprezzabile del caso di pericolo; ed infine il coloramento del capo nei due sessi sovente differisce lievemente per altri riguardi.
I casi finora riferiti di lievi e graduate differenze nel colore tra i maschi e le femmine nei gruppi in cui, come una regola generale, i sessi si rassomigliano fra loro, hanno tutti relazione a specie che fabbricano nidi a cupola o nascosti. Ma consimili graduazioni possono parimente essere osservate nei gruppi in cui i sessi si rassomigliano come regola generale, ma che costruiscono nidi scoperti. Siccome ho dato sopra come esempio i pappagalli d’Australia, così posso qui dare come esempio, senza riferire alcun particolare, i piccioni di Australia. Merita speciale menzione ciò che in tutti questi casi le lievi differenze nel piumaggio fra i sessi sono della stessa natura generale come le maggiori differenze che hanno luogo occasionalmente. Una buona illustrazione di questo fatto è già stata prodotta da quei martin pescatori in cui la coda sola o tutta la superficie superiore del piumaggio differiscono nei due sessi allo stesso modo. Fatti consimili si possono osservare nei pappagalli e nei piccioni. Le differenze nel colore tra i sessi della stessa specie sono pure della medesima natura generale, come le differenze nel colore tra le specie distinte dello stesso gruppo. Perchè quando in un gruppo in cui i sessi sono per solito simili il maschio differisce notevolmente dalla femmina, egli non è colorito in uno stile al tutto nuovo. Quindi possiamo dedurre che nello stesso gruppo i colori speciali dei due sessi quando sono simili, ed i colori del maschio quando differiscono lievemente o anche notevolmente dalla femmina, sono stati in molti casi determinati dalla stessa causa generale; e questa è la scelta sessuale.
Non è probabile, come abbiamo già osservato, che le differenze nel colore fra i sessi, quando sono lievissime, possano essere in alcun modo utili alla femmina come protezione. Ammettendo tuttavia che abbiano un qualche vantaggio, si può supporre che siano casi di transizione; ma non abbiamo ragione per credere che molte specie stiano in un tempo qualunque operando un mutamento. Perciò non possiamo guari ammettere che le numerose femmine, le quali differiscono lievissimamente nel colore dai maschi stiano tutte ora cominciando a divenire oscure per lo scopo di protezione. Anche se noi consideriamo alcune differenze sessuali in certo modo più spiccate, è egli probabile, per esempio, che la testa della femmina del fringuello, il color cremisino del petto della femmina del ciuffolotto, il verde della femmina del verdone, la cresta della femmina del fiorrancino, sieno tutte divenute un po’ meno brillanti mercè un lento processo di scelta per scopo di protezione? Io non posso crederlo; e meno ancora per le lievi differenze fra i sessi di quegli uccelli che costruiscono nidi nascosti. D’altra parte le differenze nel colore fra i sessi, siano esse grandi o piccole, possono venire ampiamente spiegate col principio delle successive variazioni, acquistate dai maschi mercè la scelta sessuale, che sono state dapprima più o meno limitate nella loro trasmissione alle femmine. Non sorprenderà alcuno il quale abbia studiato le leggi di eredità che il grado di limitazione differisca nelle differenti specie dello stesso gruppo, perchè quelle leggi sono così complesse che ci appaiono nella loro ignoranza siccome capricciose nella loro azione.
Per quanto io abbia potuto vedere, vi sono pochissimi gruppi di uccelli contenenti un numero notevole di specie, in cui tutti abbiano i due sessi brillantemente coloriti e somigliantemente; ma questo sembra essere il caso, come ho udito dal sig. Selater, per le Musophagae. E non credo neppure che esista nessun grande gruppo in cui i sessi di tutte le specie siano molto dissimili nel colore. Il sig. Wallace m’informa che le Cotinghe del Sud America (Cotingidae) offrono uno dei migliori esempi; ma in alcuna delle specie in cui il maschio ha il petto di colore rosso splendido, la femmina mostra sul petto un po’ di rosso; e le femmine delle altre specie hanno tracce di verde e di altri colori che appartengono ai maschi. Nondimeno abbiamo una certa approssimazione ad una intima rassomiglianza o dissomiglianza sessuale in parecchi gruppi; e questo, secondo quello che abbiamo testè detto della natura incerta dell’eredità, è una circostanza in certo modo sorprendente. Ma che le stesse leggi prevalgano ampiamente con animali affini non deve recar sorpresa. Il pollame domestico ha prodotto un gran numero di razze e sottorazze, ed in queste i sessi generalmente differiscono nel piumaggio; cosicchè è stato considerato come una circostanza notevole il fatto che certe sottorazze si rassomigliano fra loro. D’altra parte il piccione domestico ha parimente prodotto un vasto numero di razze distinte e di sottorazze, ed in queste, meno qualche rara eccezione, i due sessi sono identicamente simili. Perciò se si addomesticassero e si variassero altre specie di galli e di colombi, non sarebbe ardimento il predire che le stesse regole generali di rassomiglianza e dissomiglianza sessuale, dipendenti dalla forma di trasmissione, avrebbero, nei due casi, sempre effetto. In un modo consimile la medesima forma di trasmissione ha prevalso in generale per tutti gli stessi gruppi naturali; quantunque possano osservarsi distinte eccezioni a questa regola. Nella stessa famiglia o anche nello stesso genere, i sessi possono essere identicamente simili o anche molto differenti nel colore. Sono già stati dati esempi che hanno relazione collo stesso genere, come nei passeri, nei pigliamosche, nei tordi e nei tetraoni. Nella famiglia dei fagiani i maschi e le femmine di quasi tutte le specie sono sommamente dissimili, ma sono al tutto simili nel fagiano orecchiuto o Crossoptilon auritum. Nelle due specie di Chloephaga, genere di oche, i maschi non si possono distinguere dalle femmine, tranne per la mole; mentre in due altre i sessi sono tanto dissimili, che si possono facilmente prendere in isbaglio come specie distinte.
Le leggi di eredità possono solo dar ragione dei seguenti casi, in cui le femmine acquistando in un tardo periodo di vita certi caratteri propri al maschio, vengono infine a rassomigliare ad esso in un modo più o meno compiuto. Qui la protezione non può guari essere venuta in giuoco. Il signor Blyth m’informa che le femmine dell’Oriolus melanoncephalus ed alcune altre specie affini, quando sono abbastanza adulte per riprodursi, differiscono notevolmente nel piumaggio dai maschi adulti; ma dopo la seconda o la terza muta differiscono solo in ciò che hanno il becco con una lieve tinta verdiccia. Nelle Ardette (Ardetta), secondo la medesima autorità, “il maschio acquista la sua ultima livrea alla prima muta, e la femmina non prima della terza o quarta muta: intanto essa presenta un abito intermedio, che si cambia poi alla fine colla stessa livrea come quella del maschio”. Così pure la femmina del Falco peregrinus acquista il suo piumaggio turchino più lentamente che non il maschio. Il signor Swinboe asserisce che in un Drongo (Dicrurus macrocercus) il maschio quando sta covando muta il suo morbido piumaggio bruno e diviene di una uniforme tinta lucida-verde-nera: ma la femmina conserva per un tempo lungo le strie bianche e le macchie sulle ascellari: e non assume compiutamente il colore nero uniforme del maschio pei primi tre anni. Lo stesso eccellente osservatore nota che nella primavera del secondo anno la femmina della Spatola (Platalea) della Cina rassomiglia al maschio del primo anno, e che da quanto pare non è se non nella terza primavera che acquista lo stesso piumaggio adulto come quello posseduto dal maschio in un’età più fresca. La femmina della Bombycilla carolinensis differisce pochissimo dal maschio, ma le appendici che come tante perle di ceralacca adornano le penne delle ali non si sviluppano in essa tanto presto quanto nel maschio. La mandibola superiore nel maschio di un parrocchetto Indiano (Palaeornis Javanicus) è rosso-corallo fino dalla prima età, ma nella femmina, come ha osservato il signor Blyth in uccelli in gabbia e liberi, è dapprima nera, in cui i sessi si rassomigliano fra loro per tutti i rispetti. I due sessi del tacchino selvatico sono infine muniti di un ciuffo di piume setolose sul petto, ma in uccelli di due anni di età il ciuffo è lungo quasi dieci centimetri nel maschio, e nella femmina è appena apparente; quando però quest’ultima ha raggiunto il quarto anno di età il suo ciuffo è lungo da 10 a 13 centimetri.
In questi casi le femmine seguono un corso normale di sviluppo divenendo infine simili ai maschi; e questi casi non si debbono confondere con quelli in cui femmine malate o vecchie assumono caratteri mascolini, o con quelli in cui femmine perfettamente feconde, quando sono giovani acquistano per opera della variazione o per qualche causa ignota i caratteri del maschio. Ma tutti questi casi hanno tanto di comune, che dipendono, secondo l’ipotesi della pangenesi, da ciò che le gemmule derivate da ogni parte del maschio sono presenti, sebbene latenti, nella femmina; il loro sviluppo avendo luogo in qualche lieve mutamento nelle affinità elettive dei loro tessuti costituenti.
Fa d’uopo aggiungere alcune parole intorno ai mutamenti di piumaggio in rapporto colla stagione dell’anno. Per le ragioni sopra assegnate non vi può essere gran dubbio che le piume eleganti, le penne lunghe pendenti, le creste, ecc. delle sgarze, degli aironi e di molti altri uccelli, che sono sviluppate e conservate solo durante l’estate, servono esclusivamente per scopo di ornamento e per le nozze, sebbene comuni nei due sessi. La femmina diviene così più vistosa durante il periodo d’incubazione che non dell’inverno; ma uccelli come gli aironi e le sgarze possono difendersi da se stessi. Siccome però le piume potrebbero essere incomode e certamente di nessuna utilità durante l’inverno, è possibile che l’abito di mutare le penne due volte all’anno possa essere stato graduatamente acquistato mercè l’opera della scelta naturale per deporre gli ornamenti incomodi durante l’inverno. Ma questo modo di vedere non può venire esteso ai tanti uccelli di passo in cui il piumaggio d’estate e d’inverno differisce pochissimo nel colore. Nelle specie senza difesa, in cui i due sessi o i maschi soli divengono sommamente vistosi durante la stagione delle nozze, – o quando i maschi acquistano in questa stagione così lunghe penne delle ali e della coda da impacciar loro il volo, come nel Cosmetornis e nella Vidua, – sembra certamente dapprima probabilissimo che la seconda muta sia stata acquistata per lo scopo speciale di spogliarsi di questi ornamenti. Dobbiamo però ricordare che molti uccelli, come gli uccelli di paradiso, il fagiano Argo ed il pavone, non lasciano le piume durante l’inverno; e non si può guari asserire che siavi qualche cosa nella costituzione di questi uccelli, almeno dei Gallinacei, che renda impossibile una doppia muta, perchè la pernice di montagna muta tre volte nell’anno. Quindi dobbiamo considerare siccome cosa dubbia se le tante specie che mutano le loro piume d’ornamento o perdono i loro colori vivaci nell’inverno abbiano acquistato questo costume in ragione dell’impaccio o del pericolo che sarebbe loro altrimenti derivato.
Io conchiudo per tanto che l’abito di mutare le penne due volte l’anno fu nella maggior parte od in tutti i casi acquistato dapprima per qualche scopo distinto, forse per acquistare un vestito d’inverno più caldo; e che le variazioni nel piumaggio che hanno luogo in estate furono accumulate per opera della scelta sessuale, e trasmesse alla prole nella stessa stagione dell’anno. Cosiffatte variazioni vengono ereditate sia dai due sessi o dai maschi soli, secondo la forma di eredità prevalente. Ciò sembra più probabile che non che queste specie abbiano in tutti i casi avuto originalmente una tendenza a conservare il loro piumaggio ornamentale durante l’inverno, ma che furono salvate da ciò mercè la scelta naturale, onde ovviare all’incomodo o al pericolo che ne poteva derivare.
Io ho cercato di dimostrare in questo capitolo che non vi è da prestar fede agli argomenti in favore dell’opinione che le armi, i colori brillanti ed i vari ornamenti, siano ora limitati ai maschi per causa della conversione, per opera della scelta naturale, di una tendenza della uguale trasmissione dei caratteri ai due sessi in una trasmissione al solo sesso mascolino. È parimente dubbio che i colori di molti uccelli femmine siano dovuti alla conservazione, per scopo di protezione, delle variazioni che furono dapprima limitate nella loro trasmissione al sesso femminile. Ma sarà conveniente tralasciare qualunque ulteriore discussione intorno a questo argomento finchè io parli, nel seguente capitolo, delle differenze nel piumaggio fra i giovani ed i vecchi.