CHARLES DARWIN - ORIGINE DELL'UOMO
CAPITOLO XIV.
Uccelli - continuazione.
Scelta operata dalla femmina – Durata del corteggiamento – Uccelli disappaiati – Qualità mentali e gusto del bello – Preferenza o antipatia mostrata dalla femmina per certi maschi – Variabilità degli uccelli – Variazioni talora repentine – Leggi di variazione – Formazione degli ocelli – Graduazioni di carattere – Caso del Pavone, del fagiano Argo e dell’Urosticte.
Allorchè i sessi differiscono nella bellezza, nella potenza del canto, o nel produrre ciò che ho chiamato musica strumentale, è quasi invariabilmente il maschio quello che supera la femmina. Queste qualità, come abbiamo veduto testè, sono evidentemente di grande importanza pel maschio. Quando le acquista solo per una parte dell’anno, è sempre un po’ prima della stagione delle nozze. Il maschio soltanto mette con studio in evidenza le sue varie attrattive, e sovente assume strani atteggiamenti sul terreno o nell’aria, in presenza della femmina. Ogni maschio scaccia o, se può, uccide i suoi rivali. Quindi possiamo conchiudere che lo scopo del maschio è quello d’indurre la femmina ad accoppiarsi secolui, e perciò tenta di eccitarla od allettarla in vari modi; e questa è l’opinione di tutti coloro che hanno attentamente studiati i costumi degli uccelli viventi. Ma vi rimane una questione che ha un importantissimo rapporto colla scelta sessuale, cioè, ogni maschio della stessa specie può eccitare ed allettare egualmente la femmina? Oppure esercita questa una scelta, e preferisce certi maschi? Si può rispondere affermativamente a questa domanda, adducendo prove dirette ed indirette. È molto più malagevole definire quali sono le qualità che determinano la scelta delle femmine; ma anche per questo abbiamo alcune prove dirette ed indirette le quali confermano che sono in gran parte le attrattive esterne del maschio, sebbene vengano pure in giuoco il vigore, il coraggio, ed altre qualità mentali. Cominceremo colla prova indiretta.
Durata del corteggiamento. – Il lungo periodo durante il quale i due sessi di certi uccelli s’incontrano alcuni giorni di seguito in un luogo particolare, dipende probabilmente in parte da ciò che il corteggiamento è un affare lungo, ed in parte dal ripetere che fanno l’atto dell’accoppiamento. Così in Germania ed in Scandinavia i balzen o leks dei fagiani di monte durano dalla metà di marzo, tutto aprile, e fino al maggio. Un quaranta o cinquanta e più uccelli si raccolgono insieme nei leks, e sovente lo stesso luogo è frequentato per vari anni susseguenti. Il lek del gallo cedrone dura dalla fine di marzo fino alla metà od anche alla fine di maggio. Nell’America settentrionale i “balli delle pernici” del Tetrao phasianellus “durano oltre un mese”. Altre sorta di tetraoni tanto dell’America settentrionale come della Siberia orientale hanno quasi gli stessi costumi. Gli uccellatori scoprono i monticelli ove i combattenti si raccolgono pel terreno denudato di ogni erbetta, e questo dimostra che lo stesso luogo è frequentato lungamente. Gl’indigeni della Guiana conoscono bene quelle arene spianate dove sanno di trovare le belle Rupicole, ed i nativi della Nuova Guinea conoscono gli alberi ove da dieci a venti Uccelli di Paradiso maschi, col loro ben fornito piumaggio, stanno raccolti. In quest’ultimo caso non è espressamente fermato che le femmine s’incontrano sugli stessi alberi, ma i cacciatori, se non vengono richiesti a bella posta di ciò, non fanno probabilmente menzione della presenza delle femmine, perchè le loro pelli non hanno valore. Piccoli branchi di un Passero Africano (Ploceus) si riuniscono, durante la stagione delle nozze, e compiono durante varie ore le loro graziose evoluzioni. Grandi stormi di Croccoloni (Scolopax major) si riuniscono a sera in un padule, ed il medesimo luogo viene frequentato per vari anni; colà si veggono correre per ogni lato “come tanti grossi topi”, rabbuffando le penne, battendo le ali, e mandando le più strane grida.
Alcuni fra gli uccelli sopra menzionati, cioè il fagiano di monte, il gallo cedrone, il fagiano tetraone, il combattente, il croccolone, e forse alcuni altri, sono, per quanto si crede, poligami. Per questi uccelli può essere creduto che i maschi più forti avrebbero scacciato i più deboli, e quindi si sarebbero impadroniti del maggior numero di femmine possibile; ma se è indispensabile pel maschio eccitare o piacere alla femmina, possiamo comprendere la lunghezza del corteggiamento e la riunione di tanti individui dei due sessi nel medesimo luogo. Certe specie, che sono strettamente monogame, tengono parimente riunioni nuziali; questo sembra essere il caso nella Scandinavia per una pernice di montagna, e i loro giuochi durano dalla metà di marzo alla metà di maggio. In Australia l’Uccello lira o Menura superba forma “monticelli rotondi”, e la M. Alberti si scava buchi profondi, o come vengono detti dagli indigeni luoghi fortificati, dove si crede che si riuniscano ambo i sessi. Le riunioni della M. Superba sono talvolta numerosissime; ed un viaggiatore ha pubblicato ultimamente di aver udito in una valle sotto di lui, fittamente ricoperta di boscaglia, “uno strepito che gli fece molta meraviglia”; essendosi trascinato verso quel luogo, egli vide con suo gran stupore cento e cinquanta circa di questi magnifici uccelli lira maschi, disposti in ordine di battaglia, che combattevano con indicibile accanimento. I pergolati delle Clamidere sono frequentati dai due sessi durante la stagione delle nozze; e “colà i maschi s’incontrano e si contendono fra loro i favori delle femmine, e queste si riuniscono e stanno civettando coi maschi”. In due specie del genere lo stesso pergolato è frequentato durante molti anni.
La Gazzera comune (Corvus pica, Linn.) come mi ha riferito il Reverendo W. Darwin Fox, soleva venire da tutte le parti della foresta Delamere, onde celebrare “le grandi nozze gazzerine”. Alcuni anni or sono questi uccelli erano in numero straordinario, cosicchè un cacciatore uccise un mattino diciannove maschi e un altro con un solo colpo di fucile prese sette uccelli sullo stesso posatoio. Quando erano tanto numerosi, solevano raccogliersi in principio di primavera in certi luoghi particolari, ove si potevano vedere in branchi, cinguettando, talora combattendo, saltellando e volando fra gli alberi. Tutta quella faccenda era considerata dagli uccelli come importantissima. Poco dopo le adunanze si separavano tutti, e il signor Fox ed altri osservarono che si erano appaiati per tutta la stagione. In una regione ove una specie non è molto numerosa, non possono, naturalmente, aver luogo queste adunanze, e la stessa specie può avere costumi diversi nelle differenti contrade. Per esempio, non ho mai incontrato in Scozia nessuna di quelle regolari assemblee dei fagiani di monte; tuttavia queste adunanze sono tanto note in Germania e nella Scandinavia, che hanno un nome speciale.
Uccelli disappaiati. – Dai fatti esposti testè noi possiamo conchiudere che negli uccelli che appartengono a gruppi molto differenti il corteggio è sovente una faccenda lunga, delicata e piena di noie. Vi è anche ragione per supporre, per quanto ciò a prima vista sembri improbabile, che alcuni maschi e alcune femmine della stessa specie, che abitano la medesima regione, non sempre si piacciono a vicenda, ed in conseguenza non si accoppiino. Sono state pubblicate molte relazioni intorno al fatto di un maschio o di una femmina stati uccisi, e che sono subito stati rimpiazzati da altri. Ciò si è osservato più spesso nella gazzera che non in nessun altro uccello, e ciò si deve forse all’aspetto vistoso del loro nido. L’illustre Jenner asserisce che in Wiltshire uno degli individui del paio veniva ucciso almeno sette volte successivamente “ma senza effetto, perchè la gazzera che rimaneva trovava subito un altro compagno”; e l’ultimo paio allevò i piccoli. Generalmente il giorno dopo si trova un nuovo compagno; ma il signor Thompson cita il caso di uno che fu sostituito la sera del medesimo giorno. Anche dopo che le uova sono schiuse, se uno degli uccelli vecchi viene ucciso, se ne trova in breve un altro; questo ebbe luogo dopo un intervallo di due giorni, in un caso recentemente osservato da uno dei guardacaccia di sir J. Lubbock.
La prima e più ovvia congettura è quella che i maschi delle gazzere sono molto più numerosi che non le femmine; e che nei casi sopra riferiti, come in molti altri che si potrebbero citare, i maschi soli sono stati uccisi. Questo, da quanto pare, si avvera in alcuni casi, perchè i guardacaccia della Foresta di Delamere assicuravano al signor Fox, che le gazzere e le cornacchie nere che essi dapprima avevano ucciso successivamente in gran numero intorno ai nidi, erano tutti maschi; e riferivano questo fatto a ciò che i maschi vengono uccisi più agevolmente mentre portano il nutrimento alle femmine che covano. Macgillivray tuttavia riferisce, sull’autorità di un eccellente osservatore, un caso di tre gazzere che vennero uccise successivamente sullo stesso nido, e che erano tutte femmine; e un altro caso di sei gazzere uccise successivamente mentre erano sulle uova, ciò che rende probabile che la maggior parte fossero femmine, sebbene il maschio covi le uova, siccome ho udito dal signor Fox, quando la femmina è uccisa.
Il guardacaccia di sir J. Lubbock ha ripetutamente ucciso, non può dire quante volte, un individuo di un paio di ghiandaie (Garrulus glandarius), e non ha mai mancato di trovare in breve il superstite rimaritato. Il Rev. W. D. Fox, il signor F. Bond, ed altri hanno ucciso un individuo di un paio di cornacchie nere (Corcus corone), ma il nido venne di nuovo abitato da una coppia. Questi uccelli sono piuttosto comuni; ma il falcone (Falco peregrinus) è raro, e tuttavia il signor Thompson asserisce che in Irlanda “se un maschio od una femmina adulti vengono uccisi nella stagione delle nozze (circostanza non insolita), in pochissimi giorni si trova un altro compagno, cosicchè i rapaci, malgrado questi accidenti, son certi di compiere l’allevamento dei piccoli”. Il signor Jenner Weir ha saputo che segue lo stesso pei falconi a Beachy Head. Lo stesso osservatore m’informa che tre gheppi tutti maschi (Falco tinnunculus) furono uccisi l’uno dopo l’altro mentre accudivano il medesimo nido; due di questi avevano il piumaggio degli adulti, il terzo aveva quello dell’anno precedente. Anche per l’aquila reale, piuttosto rara (Aquila chrysaëtos), il signor Birkbeck venne assicurato da un guardacaccia scozzese degno di fede, che se uno viene ucciso, se ne trova subito un altro. Così col Barbagianni (Strix flammea), è stato osservato che “il superstite trovò prontamente un compagno, ed il fallo ebbe compimento”.
White di Selborne, che riferì il caso del barbagianni, aggiunge che egli conosce un uomo il quale, avendo creduto che le pernici dopo l’appaiamento vengono disturbate dai maschi combattenti, soleva tirare sempre a questi, e sebbene egli avesse reso vedova la stessa femmina, essa sempre si provvedeva di un nuovo compagno. Questo stesso naturalista ordinava che i passeri i quali toglievano i loro nidi ai balestrucci fossero uccisi; ma quello che rimaneva “fosse maschio o femmina, si procurava un compagno, e così varie volte di seguito”. Potrei aggiungere casi analoghi intorno al fringuello, all’usignuolo ed al codirosso. Rispetto a quest’ultimo uccello (Phoenicura ruticilla) lo scrittore osserva che non era per nulla comune nel contorno, ed egli si meraviglia come mai potesse la femmina covante dar così presto avviso della sua vedovanza. Il signor Jenner Weir mi ha riferito un caso quasi consimile; a Blackheath egli non vede nè sente mai la nota del ciuffolotto selvatico, tuttavia, quando uno dei maschi che tiene in gabbia veniva a morire, uno selvatico nel corso di pochi giorni non mancava generalmente di arrivare e di appollaiarsi accanto alla femmina vedova, di cui la nota di richiamo è lungi dall’essere sonora. Darò solo un altro fatto, sull’autorità dello stesso osservatore; un individuo di un paio di storni (Sturnus vulgaris) venne ucciso al mattino; a mezzogiorno si rinvenne un nuovo compagno; questo venne pure ucciso, ma prima della notte il paio fu compiuto; cosicchè la vedova sconsolata o il vedovo si consolò tre volte nello stesso giorno. Il signor Engleheart mi informa pure che egli soleva durante parecchi anni uccidere un individuo di un paio di storni che facevano il nido in una buca di una casa a Blackheart; ma la perdita veniva immediatamente riparata. Durante una stagione egli tenne conto e trovò che aveva ucciso trentacinque uccelli dello stesso nido; questi erano in parte maschi e in parte femmine, ma non può dire in quale proporzione; nondimeno, malgrado questa distruzione, una nidiata venne allevata.
Certo questi fatti sono notevoli. Come mai segue che tanti uccelli sono pronti per rimpiazzare un compagno? Gazze, ghiandaie, corvi, pernici ed alcuni altri uccelli, non si vedono mai in primavera soli, e questi offrono a prima vista i casi più dubbiosi. Ma uccelli dello stesso sesso, quantunque, come è naturale, non veramente appaiati, talvolta vivono in coppie o in branchetti, come si sa essere il caso pei piccioni e le pernici. Talora anche gli uccelli vivono tre insieme, come è stato osservato fra stornelli, corvi, passere e pernici. Nelle pernici si sa che due femmine vivono con un maschio, e due maschi con una femmina. In tutti questi casi è probabile che l’unione potrebbe venire agevolmente rotta. Si sono uditi certi maschi emettere occasionalmente il loro canto amoroso molto dopo il tempo solito, mostrando che hanno perduto la compagna o non hanno mai potuto conquistarne una. La morte per accidente o per malattia di un individuo della coppia deve lasciare l’altro uccello libero e solo; e vi è ragione per credere che gli uccelli femmine durante la stagione degli amori vanno specialmente soggette ad una morte prematura. Parimente gli uccelli cui è stato distrutto il nido, o coppie infeconde, o individui ritardatari, debbono indursi con facilità ad abbandonare i compagni, e debbono probabilmente esser lieti di partecipare il più possibile alle gioie ed ai doveri dell’allevamento dei piccoli, anche quando questi non sono loro propri. Questa sorte di contingenze spiegano probabilmente la maggior parte dei casi sopramenzionati. Nondimeno è un fatto strano che nella stessa regione, in piena stagione degli amori, vi siano tanti maschi o femmine sempre pronti a riparare le perdite di un uccello appaiato. Perchè quegli uccelli che fanno da riserva non si appaiano insieme immediatamente? Non abbiamo noi qualche ragione per supporre, e questo sospetto è venuto al signor Jenner Weir, che siccome l’atto del corteggiamento sembra essere per molti uccelli una faccenda noiosa e lunga, così segua occasionalmente che certi maschi e certe femmine non riescano, durante la stagione adatta, ad ispirarsi amore vicendevole, ed in conseguenza a non appaiarsi? Questo sospetto sembrerà meno improbabile allorchè avremo veduto quali forti antipatie e preferenze provano talvolta le femmine degli uccelli verso certi maschi.
Qualità mentali degli uccelli, e loro gusto del bello. – Prima d’inoltrarci ancora a discutere se le femmine scelgano i maschi più attraenti o accettino i primi che incontrano, sarà utile considerare brevemente le facoltà mentali degli uccelli. Generalmente, e forse giustamente, la loro ragione è considerata siccome ad un livello piuttosto basso; tuttavia alcuni fatti si potrebbero addurre che fanno conchiudere in modo opposto. Tuttavia gli scarsi poteri di ragionamento sono compatibili, siccome vediamo nel genere umano, con forti affezioni, con acuta percezione, ed un gusto pel bello; ed è di queste ultime facoltà che noi ci occupiamo. È stato sovente asserito che i pappagalli si affezionano talmente l’uno all’altro, che quando uno muore, l’altro rimane lungamente accorato; ma il signor Jenner Weir crede che in molti uccelli la forza del loro affetto è stata molto esagerata. Nondimeno quando un individuo di un paio allo stato di natura è stato ucciso, si è udito il superstite mandare per molti giorni un grido lamentoso di richiamo; ed il signor Saint-John riferisce vari fatti che dimostrano l’affetto di uccelli appaiati. Tuttavia, storni, come abbiamo veduto, possono consolarsi tre volte in un giorno della perdita dei loro compagni. Nel Giardino zoologico di Londra certi pappagalli hanno riconosciuto evidentemente i loro antichi padroni dopo un intervallo di alcuni mesi. I piccioni hanno una tale buona memoria delle località, che si sa benissimo che sono ritornati alle loro antiche dimore dopo un intervallo di nove mesi: tuttavia, siccome ho udito dal signor Harrison Weir, se gl’individui di un paio che naturalmente dovrebbero rimanere uniti per tutta la vita vengono tenuti separati per poche settimane durante l’inverno ed appaiati con altri uccelli, i due quando sono dl nuovo rimessi insieme, di rado, o forse non mai, si riconoscono.
Talvolta gli uccelli mostrano sentimenti di benevolenza; essi nutriranno i piccoli abbandonati anche di specie distinte, ma forse questo deve essere considerato come uno sbaglio d’istinto. Essi daranno da mangiare, come abbiamo dimostrato in una parte precedente di questo lavoro, ad uccelli adulti della loro propria specie divenuti ciechi. Il signor Buxton dà una curiosa relazione di un pappagallo che prese cura di un uccello di una specie distinta intirizzito dal gelo, ne ripulì le piume e lo difese dalle aggressioni di altri pappagalli che giravano intorno al suo giardino. È un fatto ancor più curioso quello che questi uccelli provano, da quanto pare, una certa simpatia pei piaceri dei loro compagni. Quando una coppia di cacatue faceva il nido in un albero di acacia “era ridicolo vedere lo strano interesse che prendevano alla costruzione gli altri della stessa specie”.
Gli uccelli posseggono acute facoltà dl osservazione. Ogni uccello accoppiato, naturalmente, riconosce il suo compagno. Audubon asserisce che nei Mimi poliglotti degli Stati Uniti (Mimus polyglottus) un certo numero rimane tutto l’anno nella Louisiana, mentre gli altri emigrano negli Stati Orientali; questi ultimi, quando ritornano, sono riconosciuti all’istante, e sempre aggrediti, dai loro parenti meridionali. Gli uccelli rinchiusi distinguono differenti persone, come è dimostrato dalla forte e permanente antipatia o affetto che dimostrano senza causa apparente verso certi individui. Ho udito parlare di molti di questi casi di ghiandaie, di pernici, di canarini, e specialmente di ciuffolotti. Il signor Hussey ha descritto il modo straordinario con cui una pernice addomesticata riconosceva ogni persona; ed i suoi amori ed i suoi odii erano fortissimi. Quest’uccello si dimostrava amante dei colori vivaci, e ogni nuovo vestito o cappellino non poteva essere messo senza attirare l’attenzione dell’uccello. Il signor Hewitt ha descritto accuratamente i costumi di alcune anatre (venute di fresco da individui selvatici), le quali, quando si accostava un cane o un gatto estraneo, si slanciavano a capofitto nell’acqua, e si affaticavano in tentativi di fuga; ma conoscevano così bene i cani ed i gatti del signor Hewitt, che questi stavano sdraiati al sole accanto a quelle. Si allontanavano sempre da ogni uomo estraneo, e facevano lo stesso colla signora che le accudiva quando faceva qualche grande mutamento nella sua foggia di vestire. Audubon racconta che egli aveva allevato e addomesticato un tacchino selvatico il quale correva sempre via quando veniva un cane estraneo; quest’uccello fuggì nei boschi; ed alcuni giorni dopo Audubon vide, come credeva, un tacchino selvatico e gli fece dar caccia dal suo cane; ma con sua meraviglia l’uccello non volò via, e quando egli si avvicinò vide il cane che non aggrediva l’uccello, perchè si erano riconosciuti a vicenda come vecchi amici.
Il signor Jenner Weir è convinto che gli uccelli fanno una particolare attenzione ai colori degli altri uccelli, talora per gelosia, e talora come segno di parentela. Così egli mise nella sua uccelliera un Migliarino di palude (Emberiza schoeniculus), che aveva acquistato il capo nero, ed il nuovo venuto non fu osservato da nessun uccello, tranne da un ciuffolotto, che ha pur esso la testa nera. Questo ciuffolotto era un uccello molto pacifico, e non aveva mai fino allora attaccato briga coi suoi compagni, compreso un migliarino di palude, che non aveva il capo nero: ma il migliarino di palude colla testa nera venne trattato con tanta severità che si dovette torlo via. Il signor Weir fu obbligato a levare dall’uccelliera un pettirosso, perchè aggrediva fieramente tutti gli uccelli che avevano un po’ di rosso nel piumaggio, ma nessun altro; uccise al tutto un becc’in croce dal petto rosso, e quasi ammazzò un cardellino. D’altra parte il signor Weir ha osservato che alcuni uccelli, quando sono introdotti per la prima volta nella sua uccelliera, volano verso le specie che rassomigliano loro di più nel colore, e si mettono al loro fianco.
Siccome gli uccelli maschi fanno mostra con tanta cura del loro bel piumaggio e di altri ornamenti in presenza delle femmine, è probabilissimo che queste apprezzino la bellezza dei loro adoratori. Tuttavia è difficile ottenere diretta prova della loro capacità ad apprezzare la bellezza. Quando gli uccelli si guardano in uno specchio (e si ricordano di ciò molti esempi) noi non possiamo essere certi che non sia per gelosia di un supposto rivale, sebbene questa non sia la conclusione di alcuni osservatori. In altri casi è difficile distinguere fra la semplice curiosità e l’ammirazione. È forse il primo sentimento che, siccome ha affermato lord Lilford, attrae il combattente fortemente verso ogni oggetto brillante, cosicchè nelle isole Jonie “esso si precipita sopra un fazzoletto di colori vivaci, senza badare alle ripetute scariche”. Si fa scendere dall’alto del firmamento l’allodola comune, e se ne prende un gran numero, facendo brillare al sole uno specchietto. Chi sa se è l’ammirazione o la curiosità che induce la gazza, il corvo e qualche altro uccello a nascondere gli oggetti brillanti come gioielli od oggetti d’argento.
Il signor Gould afferma che certi uccelli mosca ornano l’esterno dei loro nidi “con gusto finissimo; essi istintivamente attaccano a quello qualche pezzo appiattito di un bel lichene, i più grossi in mezzo e i più piccoli sulla parte appesa al ramo. Qua e là una bella piuma è intrecciata o attaccata ai lati esterni, e lo stelo è sempre messo in modo che la piuma sporga fuori della superficie”. Tuttavia la miglior prova del gusto del bello è somministrata da tre generi di Clamidere d’Australia già menzionate. I loro pergolati, ove i sessi s’incontrano e compiono i loro strani giuochi, sono costrutti differentemente, ma quello che più ci riguarda si è che sono ornati in un modo differente dalle varie specie. La clamidera sericea raccoglie oggetti dai colori vivaci, come le piume turchine della coda dei parrocchetti, ossa e conchiglie imbiancate al sole, che appiccica fra le verghette o dispone all’ingresso. Il signor Gould trovò in uno di questi pergolati una pietra da tomahawk bene lavorata ed un pezzetto di cotone turchino, che era stato evidentemente preso in un accampamento indigeno. Questi oggetti sono di continuo nuovamente allogati e portati in giro dagli uccelli durante i loro giuochi. Il pergolato della clamidera macchiata “è vagamente rigato di grossi fili d’erba, disposti in modo che i capi quasi s’incontrano, e gli ornamenti sono messi a profusione”. Sogliono mettere sassi rotondi onde tenere i fili d’erba al loro posto, e fare sentieri divergenti che conducono al pergolato. I sassi e le conchiglie sono portati sovente da una gran distanza. La clamidera reggente, come descritta dal signor Ramsay, orna il suo breve pergolato con conchiglie terrestri imbiancate che appartengono a cinque o sei specie, e con “bacche di vari colori, turchine, rosse e nere, che fanno quando sono fresche una bellissima figura. Oltre tutto ciò v’erano foglioline e gemme appena sbocciate di un color vermiglio, e l’insieme dimostrava un ben distinto gusto del bello”. Molto ragionevolmente, dice il signor Gould, “queste sale di riunione tanto bene ornate debbono essere considerate come i più meravigliosi esempi della architettura degli uccelli che siano stati finora scoperti”; e il gusto, come vediamo, differisce certamente nelle varie specie.
Preferenza mostrata dalle femmine per certi maschi particolari. – Avendo fatto le suddette osservazioni preliminari intorno al discernimento ed al gusto degli uccelli, riferirò tutti i fatti da me conosciuti che trattano della preferenza dimostrata dalla femmina per certi maschi particolari. È cosa certa che specie distinte di uccelli si accoppiano talvolta allo stato di natura e producono ibridi. Si possono citare all’uopo molti esempi: così Macgillivray riferisce come un merlo e la femmina di un tordo “s’innamorarono l’uno dell’altro”, e produssero prole. Parecchi anni or sono, furono registrati diciotto casi in Inghilterra di ibridi fra il fagiano di monte ed il fagiano; ma la maggior parte di questi casi può essere attribuita al fatto che gli uccelli solitari non trovano compagni nella propria specie onde potersi accoppiare. In altri uccelli, come crede molto ragionevolmente il signor Jenner Weir, gli ibridi sono talvolta l’effetto di casuale commercio di uccelli che fabbricano nidi molto vicini. Ma queste osservazioni non si applicano ai numerosi esempi riferiti di uccelli addomesticati o domestici, appartenenti a specie distinte, che si sono presi di vicendevole amore, quantunque vivessero colle proprie specie. Così Waterton asserisce che in un branco di ventitrè oche del Canadà una femmina si unì con un maschio solitario dell’oca colombaccio, quantunque fosse molto differente nella mole e nell’aspetto; e produssero prole ibrida. Fu veduto un Fischione maschio (Mareca penelope), che viveva con femmine della stessa specie, accoppiarsi con una femmina di Codone (Querquedula acuta). Lloyd descrive il notevole affetto fra una Volpoca (Tadorna vulpanser) ed un’anitra comune. Molti esempi ancora si potrebbero aggiungere; e il rev. E. S. Dixon osserva che “coloro i quali hanno tenuto molte specie differenti di oche insieme conoscono molto bene quanto sovente esse contraggono amori che non si spiegano, e che possono al tutto accoppiarsi e generare prole con individui di una razza (specie) in apparenza molto diversa dalla loro, come colla propria razza”.
Il rev. W. D. Fox m’informa che egli possedeva nello stesso tempo un paio d’oche della Cina (Anser cygnoides) ed un maschio di oca comune con tre oche. Le due compagnie vivevano al tutto separate, finchè un’oca maschio della Cina indusse una delle oche comuni a vivere con lui. Perciò, fra i giovani sbocciati dalle uova dell’oca comune, solo quattro erano puri, gli altri diciotto erano ibridi; cosicchè il maschio cinese sembra aver avuto maggiori attrattive del maschio di razza comune. Darò solo un altro caso; il signor Hewitt asserisce che un’anatra selvatica, allevata in prigionia, “dopo aver prodotto prole per due stagioni col proprio maschio, lo scacciò ad un tratto allorchè misi nell’acqua un maschio di Codone. Evidentemente quello fu un caso di amore repentino, perchè andò nuotando facendo mille vezzi verso il nuovo arrivato, sebbene egli sembrasse evidentemente impaurito e contrario alle sue offerte amorose. Da quel momento essa dimenticò il suo antico compagno. Passato l’inverno, nella primavera seguente sembra che il Codone siasi lasciato vincere dalle carezze di lei, perchè fecero il nido e produssero da sette ad otto piccoli.
Non possiamo neppure congetturare quale sorta di attrattiva, tranne la novità, possa essere stata in azione in questi casi. Tuttavia il colore talora viene in giuoco, perchè onde meglio allevare ibridi fra il lucarino (Frangilla spinus) ed il canarino, è molto meglio, secondo Bechstein, collocare insieme gli uccelli della stessa tinta. Il signor Jenner Weir mise una canarina nella sua uccelliera, dove erano maschi di sizerini, cardellini, lucarini, verdoni, fringuelli ed altri uccelli, onde vedere quale avrebbe scelto; ma non vi fu mai da dubitare, ed il verdone vinse il premio. Si accoppiarono e produssero prole ibrida.
Coi membri della stessa specie il fatto della femmina che preferisce di accoppiarsi con un maschio piuttosto che non con un altro non è tale da muovere attenzione, siccome quando ciò avviene fra specie distinte. Questi fatti si possono osservare meglio con uccelli addomesticati o rinchiusi; ma questi sono spesso trattati delicatamente con cibo sostanzioso, e talora hanno i loro istinti viziati in sommo grado. Potrei dare prove sufficienti di quest’ultimo fatto nei piccioni, e specialmente nei polli, ma non si possono qui riferire. Si potrebbe anche dar colpa agli istinti viziati delle unioni ibride sopra menzionate; ma in molti di questi casi gli uccelli potevano vivere liberamente sopra grandi stagni, e non vi è ragione per supporre che fossero oltre natura stimolati da cibo sostanzioso.
Rispetto agli uccelli allo stato di natura, la prima e più ovvia opposizione che verrà in mente ad ognuno è che la femmina nella stagione acconcia accetta il primo maschio che possa incontrare; ma ha almeno l’opportunità di fare una scelta, siccome è quasi invariabilmente corteggiata da molti maschi. Audubon – e dobbiamo ricordare che egli passò una lunga vita vagando nelle foreste degli Stati Uniti osservando gli uccelli – non pone in dubbio che la femmina si sceglie deliberatamente il suo compagno; così, parlando di un picchio, dice che la femmina è seguita da una mezza dozzina di allegri adoratori, che continuano a fare strani giuochi “affinchè essa mostri una spiccata preferenza per uno di essi”. La femmina dello storno dalle ali rosse (Agelaeus phoeniceus) è pure inseguita da parecchi maschi, “finchè stanca, si posa, riceve i loro corteggiamenti, e in breve fa la sua scelta”. Egli descrive pure come parecchi succiacapre maschi si immergono nell’aria con meravigliosa velocità, volgendosi repentinamente, e facendo così un particolare rumore; “ma appena la femmina ha fatto la sua scelta, gli altri maschi sono scacciati”. In un avoltoio (Cathartes aura) degli Stati Uniti, branchi di otto o dieci o più maschi e femmine si riuniscono sopra travi cadute, “mostrando il più gran desiderio di piacersi a vicenda”, e dopo molte carezze, ogni maschio conduce via la sua compagna volando. Audubon pure osservò attentamente i branchi selvatici dell’oca del Canadà (Anser Canadensis), e dà una grafica descrizione dei loro giuochi amorosi; egli dice che gli uccelli i quali erano stati precedentemente appaiati “rinnovavano il loro corteggiamento fino dal mese di gennaio, mentre gli altri stavano battagliando o civettando per lunghe ore ogni giorno, finchè tutti parvero soddisfatti della scelta che avevano fatta, dopo la qual cosa, quantunque rimanessero insieme, si vedeva agevolmente che si tenevano accuratamente in coppie. Io ho pure osservato che quanto più vecchi erano gli uccelli, altrettanto più brevi erano i preliminari del loro corteggiamento. Gli scapoli e le nubili vecchie, sia per dispiacere o per non essere disturbati dal rumore, si allontanavano e si posavano a qualche distanza per riposare”. Molti fatti simili intorno ad altri uccelli si potrebbero riferire da questo stesso osservatore.
Venendo ora agli uccelli addomesticati o reclusi, comincerò citando quel poco che ho imparato relativo al corteggiare del pollame. Ho ricevuto lunghe lettere intorno a ciò dai signori Hewitt e Tegetmeier, e quasi una relazione dal defunto signor Brent. Ognuno ammetterà che questi signori, tanto noti per le loro opere già pubblicate, sono osservatori esperti ed accurati. Essi non credono che le femmine preferiscano certi maschi per la bellezza delle loro piume; ma bisogna concedere qualche cosa allo stato artificiale in cui sono state da lungo tempo tenute. Il signor Tegetmeier è convinto che un gallo da combattimento, sebbene sfigurato per essere stato privo delle sue belle piume del petto, viene accettato prontamente come un maschio che abbia conservato tutti i suoi naturali ornamenti. Il signor Brent tuttavia ammette che la bellezza del maschio agevoli probabilmente eccitando la femmina; e la sua adesione è necessaria. Il signor Hewitt è convinto che l’unione non è per nulla lasciata al solo caso, per la femmina quasi sempre preferisce il maschio più robusto, più baldanzoso e più vivace; quindi è quasi inutile, osserva egli, “tentare vero allevamento se un gallo da combattimento in buona salute e buone condizioni gira per la località, perchè quasi tutte le galline quando lasciano il posatoio andranno verso il gallo da combattimento, anche se quell’uccello non abbia scacciato il maschio della stessa varietà della gallina”. In circostanze ordinarie i maschi e le femmine del pollame sembrano comprendersi mercè certi gesti, che mi descrisse il signor Brent. Ma le galline sovente scansano le officiose attenzioni dei maschi giovani. Le galline vecchie e le galline di indole battagliera, come mi informa lo stesso autore, disprezzano i maschi stranieri, e non cedono finchè non vengono costrette a beccate. Ferguson però descrive come una gallina battagliera fu vinta dal gentile corteggiamento di un gallo di Shanghai.
Vi è ragione di credere che i piccioni dei due sessi preferiscano di appaiarsi con uccelli della stessa razza; ed i piccioni di colombaio disprezzano tutte le razze molto modificate. Il signor Harrison Weir ha ultimamente udito da un osservatore degno di fede, che tiene piccioni azzurri, che questi conducon seco loro ogni sorta di altre varietà colorate, come bianche, rosse e gialle; e da un altro osservatore, che una femmina di un piccione messaggero bruno potè essere accoppiata, dopo ripetuti tentativi, con un maschio nero, ma immediatamente si accoppiò con un bruno. Generalmente il colore solo non sembra avere grande influenza sull’accoppiamento dei piccioni. Il signor Tegetmeier, tinse, a mia richiesta, alcuni dei suoi uccelli con color magenta, ma non pare che gli altri vi facessero attenzione.
Nei piccioni le femmine provano alle volte una potente antipatia per certi maschi, senza che vi sia una causa evidente. Così i signori Boitard e Corbiè, di cui l’esperienza ebbe una durata di quarantacinque anni, affermano che: “Quand une femelle éprouve de l’antipathie pour un mâle avec lequel on veut l’accoupler, malgré tous les feux de l’amour, malgré l’alpiste et le chènevis dont on la nourrit pour augmenter son ardeur, malgré un emprisonnement de six mois et mème d’un an, elle refuse constamment ses caresses; les avances empressèes, les agaceries, les tournoiements, les tendres roucoulemens, rien ne peut lui plaire ni l’emouvoir; gontlèe, boudeuse, blottie dans un coin de sa prison, elle n’en sort que pour boire et manger, ou pour repousser avec une espèce de rage des caresses devenues trop pressants”. D’altra parte, il signor Harrison Weir ha osservato egli stesso, ed ha sentito dire da vari allevatori, che un piccione femmina talvolta s’incapriccia fortemente di un maschio particolare, ed abbandona per esso il suo proprio compagno. Secondo un altro esperto osservatore, Riedel, alcune femmine hanno indole dissoluta, e preferiscono quasi tutti gli estranei al loro compagno. Alcuni maschi d’indole amorosa, che i dilettanti inglesi sogliono chiamare uccelli allegri, riescono così bene nelle loro galanterie, che, come m’informa il signor H. Weir, debbono essere tenuti chiusi, pel danno che producono.
I tacchini selvatici degli Stati Uniti, secondo Audubon, “fanno talvolta la corte alle femmine domestiche, le quali, generalmente, li ricevono con gran piacere”. Cosicchè queste femmine preferiscono, a quanto pare, i maschi selvatici ai loro propri.
Qui si presenta un caso più curioso. Sir R. Heron tenne per molti anni registrati i costumi dei pavoni che allevava in gran numero. Egli afferma che “le femmine hanno frequentemente una grande preferenza per un pavone particolare. Esse erano così tenere di un vecchio maschio macchiato di bianco, che un anno, quando fu tenuto rinchiuso in un luogo ove lo potevano vedere, esse rimasero costantemente riunite accanto ai graticci della sua prigione, e non vollero essere toccate da un pavone dalle ali scure. Essendo stato messo fuori nell’autunno, la più vecchia delle femmine cominciò subito a fargli la corte, e riuscì ad ottenerne le grazie. L’anno dopo venne chiuso in una stalla, e allora le femmine corteggiarono tutte il rivale”. Questo rivale era un pavone dalle ali oscure, che, secondo noi, è uccello più bello che la specie comune.
Lichtenstein, che era un buon osservatore, e che ebbe eccellente campo di osservazioni al Capo di Buona Speranza, asseriva a Rudolphi che la femmina della Vedova (Chera progne) disconosce il maschio quando è privo delle lunghe penne della coda che lo adornano durante la stagione delle nozze. M’immagino che questa osservazione deve essere fatta sopra uccelli tenuti in reclusione. Ecco ora un caso notevole: il Dr. Jaeger, direttore del Giardino Zoologico di Vienna, asserisce che un fagiano argentino maschio, che aveva trionfato di altri maschi, ed era amante fortunato delle femmine, venne privo del suo bellissimo piumaggio. Allora fu immediatamente sostituito da un rivale, che prese il primo posto, e di poi fu la guida di tutto il branco.
Non solo la femmina opera una scelta, ma in certi casi corteggia il maschio, o anche combatte per possederlo. Sir R. Heron asserisce che nei pavoni i primi passi son fatti dalla femmina; qualche cosa di consimile segue, secondo Audubon, per le femmine più vecchie del tacchino selvatico. Nel gallo cedrone le femmine girano attorno al maschio mentre egli sta pavoneggiandosi in uno dei luoghi di riunione, e ne sollecitano l’attenzione. Abbiamo veduto che un’anatra selvatica addomesticata sedusse, dopo un lungo corteggiamento, un maschio di Codone. il signor Bartlet crede che il Lophophorus, come molti altri uccelli gallinacei, è naturalmente poligamo, ma non si possono mettere due femmine nella stessa gabbia con un maschio, perchè si combattono troppo assieme. Il caso di rivalità seguente è più sorprendente perchè riguarda ciuffolotti, che per solito si accoppiano per tutta la vita. Il signor Jenner Weir mise nella sua uccelliera una femmina brutta con colori scuri, ed essa immediatamente aggredì un’altra femmina, accoppiata con tanta violenza che quest’ultima dovette esser tolta via. La nuova venuta fece tutte le sue moine, e finì per riuscire, perchè si accoppiò col maschio; ma dopo un certo tempo ebbe il castigo giustamente meritato, perchè non essendo più battagliera, il signor Weir tornò a mettere la femmina antica nell’uccelliera, ed il maschio lasciò il nuovo amore per ritornare all’antico.
In tutti i casi ordinari il maschio è tanto ardente che accetta qualsiasi femmina, e non preferisce, da quanto possiamo giudicare, una femmina all’altra, ma vi sono, da quanto pare, come vedremo in seguito, eccezioni a questa regola in alcuni pochi gruppi. Negli uccelli addomesticati ho udito parlare di un solo caso in cui i maschi mostravano una qualche preferenza per certe femmine particolari, cioè quello del gallo domestico, il quale, secondo l’alta autorità del signor Hewitt, preferisce le galline giovani alle vecchie. D’altra parte, avendo fatto unioni ibride fra il fagiano maschio e le galline comuni, il signor Hewitt è convinto che il fagiano preferisce invariabilmente le femmine più vecchie. Non sembra che il colore abbia alcuna azione sopra di esso, ma “è capricciosissimo nei suoi amori”. Per qualche ragione che non si spiega, egli mostra la più spiccata avversione per certe femmine, che tutte le cure per parte dell’allevamento non possono vincere. Alcune femmine, come m’informa il signor Hewitt, non hanno attrattive alcune pei maschi della medesima specie, cosicchè possono venir tenute con vari galli per lo spazio di una intera stagione, e neppure un uovo di quaranta o cinquanta riesce fecondo. D’altra parte “è stato osservato nella Moretta pezzata (Harelda Glacialis)” dice il signor Ekström “che certe femmine sono molto più corteggiate che non le altre. Infatti, si vede frequentemente un individuo circondato da sei od otto maschi innamorati”. Non so se questa asserzione sia credibile; ma gl’indigeni uccidono queste femmine onde impagliarle e servirsene come di richiamo.
Rispetto agli uccelli femmine che hanno una preferenza per certi maschi particolari, dobbiamo tenere in mente che non possiamo giudicare dalla scelta fatta se non che mettendoci coll’immaginazione nella stessa loro posizione. Se l’abitante di un altro pianeta potesse vedere in una fiera parecchi giovani contadini che fanno la corte ad una bella fanciulla e si abbaruffano per essa, come gli uccelli in uno del loro luoghi di riunione, egli potrebbe dedurre che la giovane ha la facoltà di scegliere, osservando solo la premura degli adoratori per piacerle, e per far pompa delle loro attrattive. Ora negli uccelli, l’evidenza sta in questi termini: essi hanno fine facoltà di osservazione, e sembrano avere un certo gusto del bello tanto pel colore come pel suono. È certo che le femmine mostrano occasionalmente, per cause ignote, le più forti antipatie e preferenze pei maschi particolari. Quando i sessi differiscono nel colore o in altri ornamenti, i maschi, meno rare eccezioni sono molto meglio adorni, sia permanentemente, sia temporaneamente durante la stagione delle nozze. Essi spiegano astutamente i loro vari ornamenti, esercitano la loro voce e fanno strane danze in presenza delle femmine. Anche i maschi bene armati, i quali, come si sarebbe potuto pensare, avrebbero dovuto andar debitori di tutto il toro successo alla legge di battaglia, sono in molti casi molto bene adorni: ed i loro ornamenti sono stati acquistati alle spese di un po’ di forza. In altri casi gli ornamenti sono stati ottenuti coll’accrescimento del pericolo per via dei rapaci e delle belve. In varie specie molti individui dei due sessi si riuniscono nel medesimo luogo, ed il loro corteggiamento è una faccenda lunga. Vi è anche ragione per credere che i maschi e le femmine di una medesima regione non sempre riescano a piacersi a vicenda e ad accoppiarsi.
Che cosa dobbiamo dunque conchiudere da questi fatti e da queste considerazioni? Il maschio fa egli pompa delle sue attrattive con tanto sfarzo e rivalità senza uno scopo? Non abbiamo noi buono in mano per credere che la femmina opera una scelta, e che riceve gli amoreggiamenti del maschio che le è più simpatico? Non è probabile che deliberi consapevolmente; ma è molto più eccitata ed attirata dal maschio più bello, o più melodioso, o più valoroso. Neppure dobbiamo noi supporre che la femmina studia ogni striscia od ogni macchia colorita; che, per esempio, la pavonessa ammiri ogni particolare dello splendido strascico del pavone; è probabile che l’effetto generale solo la colpisca. Tuttavia dopo aver udito con quanta cura il fagiano Argo maschio spiega le sue eleganti copritrici primarie delle ali e rialza le piume ocellate in posizione eretta onde farle meglio risaltare, oppure come il cardellino maschio spiega alternativamente le sue ali spruzzate d’oro, non dobbiamo crederci sicuri che la femmina non badi ad ogni particolare della bellezza. Noi possiamo giudicare, siccome ho già osservato, della scelta che vien fatta, soltanto dalla analogia delle nostre proprie menti; e le forze mentali degli uccelli se si esclude il ragionamento, non differiscono fondamentalmente dalle nostre. Da queste varie considerazioni possiamo conchiudere che l’accoppiamento degli uccelli non è lasciato in balia del caso; ma che quei maschi i quali son meglio capaci per le loro varie attrattive di piacere ad una femmina o di eccitarla, sono in circostanze ordinarie accettati. Se questo fosse ammesso, non vi è molta difficoltà per comprendere come gli uccelli maschi abbiano graduatamente acquistato i loro caratteri ornamentali. Tutti gli animali presentano differenze individuali, e siccome l’uomo può modificare i suoi uccelli domestici scegliendo gl’individui che gli sembrano più belli, così il preferire che fa la femmina i maschi più attraenti deve certamente condurre alla loro modificazione; e queste modificazioni possono nel corso del tempo essere aumentate quasi all’infinito, compatibilmente colla esistenza delle specie.
Variabilità degli uccelli e specialmente dei loro caratteri sessuali secondari. – La variabilità e l’eredità sono i fondamenti dell’opera della scelta. È certo che gli uccelli addomesticati hanno variato grandemente, essendo state ereditate le loro variazioni. Ognuno ammette che gli uccelli allo stato di natura presentano differenze individuali; ed è pure generalmente ammesso che talora sono stati modificati in razze distinte.
Le variazioni sono di due sorta, che insensibilmente si graduano l’una nell’altra, cioè lievi differenze fra tutti i membri della stessa specie, e deviazioni più fortemente spiccate che seguono solo occasionalmente. Queste ultime sono rare negli uccelli allo stato di natura, ed è dubbiosissimo se siano state spesso conservate per opera della scelta, e poi trasmesse alle generazioni susseguenti. Nondimeno, può essere utile riferire i pochi casi che hanno soprattutto relazione col colore (esclusi il semplice albinismo ed il melanismo) che mi è stato dato di raccogliere.
Il signor Gould è ben conosciuto per non volere ammettere che raramente l’esistenza delle varietà, perchè egli considera ogni lievissima differenza come specifica; ora egli afferma che presso Bogota certi uccelli mosca appartenenti al genere Cynanthus sono divisi in due o tre razze o varietà, che differiscono fra loro nel colore della coda – “avendo alcune tutte le piume azzurre, mentre altre hanno quelle centrali marginate di un bel verde”. Non sembra che siano state osservate graduazioni intermedie in questo e nei seguenti casi. Nei maschi soli di un parrocchetto di Australia “le cosce in alcuni sono scarlatte, in altri verde erba”. In un altro parrocchetto dello stesso paese “certi individui hanno la fascia che attraversa le cuopritrici delle ali di un giallo brillante, mentre in altri la stessa parte è tinta di rosso”. Negli Stati Uniti alcuni pochi fra i maschi della Tanagra rossa (Tanagra rubra) hanno “una bella striscia trasversale di splendido rosso sulle cuopritrici minori delle ali”; ma questa variazione sembra in certo modo rara, cosicchè la sua conservazione, mercè la scelta sessuale, seguirebbe solo in circostanze insolitamente favorevoli. Nel Bengal la Pernix cristata ha talora una piccola cresta rudimentale sul capo, o non ne ha affatto; ma così lieve differenza non avrebbe meritato però di essere osservata, se questa stessa specie nell’India meridionale non avesse “una cresta occipitale bene spiccata fatta di parecchie piume graduate”.
Il caso seguente è per certi rispetti più interessante. Una varietà screziata di corvo imperiale, col capo, il petto, l’addome e parti delle piume delle ali e della coda bianche, è limitata alle isole Feroe. Colà non è rarissima, perchè Graba ne vide durante la sua visita da otto a dieci esemplari vivi. Quantunque i caratteri di questa varietà non siano al tutto costanti, tuttavia è stata nominata da vari distinti ornitologi come una specie distinta. Il fatto che gli uccelli screziati erano inseguiti e perseguitati con molto clamore dagli altri corvi dell’isola fu la causa principale che indusse Brünnich a conchiudere che erano specificamente distinti; ma questo si sa ora essere un errore.
In varie parti dei mari settentrionali si trova una notevole varietà della Uria comune (Uria troile); ed in Feroe, secondo il calcolo di Graba, sopra cinque uccelli uno è di questa varietà. È caratterizzata da un anello di un bianco puro intorno all’occhio, con una stretta linea curva bianca, lunga circa tre centimetri, che si estende dall’anello all’indietro. Questo spiccato carattere ha fatto sì che questo uccello sia stato classificato da parecchi ornitologi come una specie distinta col nome di U. lacrymans, ma ora si sa non essere se non una varietà. Sovente si accoppia colla specie comune, tuttavia non si sono mai vedute graduazioni intermedie; nè questo deve far meraviglia, perchè le variazioni che appaiono repentinamente sono sovente, come ho già mostrato altrove, trasmesse modificate o non modificate. Noi vediamo così che due forme distinte della stessa specie possono coesistere nello stesso distretto, e non possiamo mettere in dubbio che se una avesse posseduto un qualche grande vantaggio sull’altra, si sarebbe subito moltiplicata coll’esclusione dell’ultima. Se, per esempio, i corvi imperiali screziati maschi, invece di essere perseguitati e scacciati dai loro compagni fossero stati molto attraenti, come il pavone macchiato di bianco di cui abbiamo parlato sopra, per le femmine nere comuni, il loro numero si sarebbe rapidamente aumentato. E questo sarebbe stato un caso di scelta sessuale.
Rispetto alle piccole differenze individuali, che sono comuni, in un grado maggiore o minore, a tutti i membri della stessa specie, abbiamo ogni ragione per credere che siano importantissime nell’opera della scelta. I caratteri sessuali secondari sono eminentemente soggetti a variare, tanto negli animali allo stato di natura, come allo stato di addomesticamento. V’è pure ragione per credere, come abbiamo veduto nel capitolo ottavo, che le variazioni seguono meglio nel sesso maschile che non nel femminile. Tutte queste contingenze sono favorevolissime alla scelta sessuale. Se i caratteri acquistati in tal modo vengono poi trasmessi a un sesso o ai due sessi, ciò dipende esclusivamente, nella maggior parte dei casi, come spero dimostrare nel capitolo seguente, dalla forma di eredità che prevale nei gruppi in questione.
È talora difficile formarsi una opinione qualunque intorno a ciò, se certe lievi differenze fra i sessi degli uccelli siano semplicemente l’effetto della variabilità con eredità limitata al sesso, senza l’aiuto della scelta sessuale, o se siano state accresciute mercè quest’ultimo processo. Non mi riferisco qui agli innumerevoli casi in cui il maschio spiega colori splendidi od altri ornamenti di cui la femmina partecipa solo in un grado leggero; perchè questi casi sono quasi certamente dovuti ai caratteri primieramente acquistati dal maschio, e sono poi stati trasmessi alla femmina. Ma che cosa dobbiamo conchiudere rispetto a certi uccelli, nei quali, per esempio, gli occhi differiscono lievemente in colore nei due sessi? In alcuni casi gli occhi differiscono grandemente; così nelle cicogne del genere Xenorhynchus quelli del maschio sono nero nocciuola, mentre quelli della femmine sono giallo gomma-gotta; in molti Buceri (Buceros), siccome ho udito dal signor Blyth, i maschi hanno gli occhi cremisino intenso, e le femmine bianchi. Nel Buceros bicornis, il margine posteriore dell’elmo ed una striscia sulla cresta del becco sono neri nel maschio, ma non così nella femmina. Dobbiamo noi supporre che quelle macchie nere ed il colore cremisino degli occhi sieno stati conservati ed accresciuti nei maschi per opera della scelta sessuale? Questo è molto dubbio, perchè il signor Bartlett mi fece vedere nel Giardino Zoologico di Londra che nel maschio di questo Bucero l’interno della bocca è nero e nella femmina è di color carne; e il loro aspetto esterno o la loro bellezza non viene così alterata. Io ho osservato al Chilì che l’iride del condoro, quando è in età di circa un anno, è brunoscura, ma divenuto adulto, si cambia in gialliccio bruno nel maschio, e in rosso brillante nella femmina. In molti uccelli gallinacei la cresta è un grande ornamento, ed assume nell’atto del corteggiamento colori vivaci; ma che cosa dobbiamo noi pensare della cresta di colore smorto del condoro, che ai nostri occhi non pare essere per nulla un ornamento? La stessa domanda si può fare rispetto ai vari altri caratteri, come la escrescenza sulla base del becco dell’oca Cinese (Anser cygnoides), che è molto più grossa nel maschio che non nella femmina. Non si può dare a queste domande una risposta certa; ma dobbiamo andar cauti nell’asserire che le protuberanze e varie appendici carnose non possano avere attrattive per la femmina, quando penso che nelle razze umane selvagge certe orride deformità – come profonde cicatrici sul volto che fanno che la carne rimane rialzata in protuberanze, il setto del naso forato con bastoncini od ossa, le orecchie e le labbra forate di larghe aperture – si ammirano senz’altro come ornamenti.
Importanti o no, le differenze fra i sessi, come quelle che abbiamo testè menzionate, sono state conservate per opera della scelta sessuale; queste differenze, come pure tutte le altre, debbono primieramente dipendere dalle leggi di variazione. Per principio dello sviluppo di correlazione, il piumaggio sovente varia nelle differenti parti del corpo, o in tutto il corpo, nello stesso modo. Noi vediamo questo bene dimostrato in certe razze di polli. In tutte le razze le piume del collo e dei fianchi dei maschi sono allungate, e si chiamano setole; ora quando i due sessi acquistano un ciuffo, che è un carattere nuovo del genere, le penne sul capo del maschio pigliano la forma setolosa, evidentemente pel principio di correlazione; mentre quelle del capo della femmina hanno la forma ordinaria. Il colore pure delle setole che formano il ciuffo è spesso in correlazione colle piume setolose del collo e del groppone, come si può vedere comparando queste penne nelle razze dorate ed argentate dal ciuffo, nelle razze Houdan, e nella sotto-razza Crève-coeur, In alcune specie naturali possiamo osservare esattamente la stessa correlazione nei colori di queste stesse penne, siccome nei maschi degli splendidi fagiani dorato e di Amherst.
La struttura di ogni penna individuale generalmente fa sì che ogni mutamento nella sua colorazione è simmetrico, vediamo questo nelle varie razze rigate, screziate e punteggiate del pollame; e per principio di correlazione le penne di tutto il corpo sono spesso modificate nello stesso modo. Noi possiamo così senza molta pena allevare razze colle penne segnate e colorate quasi tanto simmetricamente come nella specie naturale. Nei polli rigati e screziati i margini colorati delle piume sono nettamente definiti; ma in una gallina meticcia che ebbi da un gallo spagnuolo macchiato di verde ed una gallina bianca di razza di combattimento, tutte le penne erano nero-verdicce, eccetto verso le estremità dove erano bianco-giallicce, ma fra le estremità bianche e la base nera vi era in ogni penna una zona ricurva, simmetrica, di color bruno scuro. In alcuni casi lo stelo della penna determina la distribuzione delle tinte; così nelle penne del corpo di una meticcia derivata dallo stesso gallo spagnuolo nero e da una gallina argentata polacca, lo stelo, unitamente ad uno stretto spazio da ogni lato, erano nero-verdicci, e questo era circondato da una zona regolare di bruno-scuro, marginata di bianco-bruniccio. In questi casi noi vediamo penne che divengono simmetricamente ombreggiate, come quelle che danno tanta eleganza al piumaggio di molte specie naturali. Io ho pure notato una varietà del piccione comune colle remiganti simmetricamente zonate con tre ombre brillanti, invece di essere semplicemente nere sopra un fondo turchino lavagna, come nelle specie originarie.
In molti grandi gruppi di uccelli si può osservare che il piumaggio è differentemente colorato in ogni specie: tuttavia certe macchie, segni o strisce, sebbene diversamente colorite, sono conservate da tutte le specie. Seguono casi analoghi delle razze del piccione, che per solito conservano le due remiganti colorite di rosso, di giallo, di bianco, di nero o di turchino, mentre il rimanente del piumaggio è di qualche tinta al tutto differente. Qui v’ha un caso più curioso, nel quale certi segni sono conservati, sebbene coloriti in modo quasi esattamente contrario a quello naturale; il piccione originario ha una coda turchina, colle metà terminali delle parti esterne delle due penne della coda esterne bianche, ora v’ha una sotto-varietà che ha la coda bianca invece di essere nera, con quella piccola parte nera precisamente che è bianca nelle specie originarie.
Formazione e variabilità degli ocelli o macchie ad occhio del piumaggio degli uccelli. – Siccome non v’ha ornamento tanto bello quanto gli ocelli che si vedono sulle penne di vari uccelli, sulla pelle villosa di alcuni mammiferi, sulle squame dei rettili e dei pesci, sulla pelle degli anfibi, sulle ali di molti lepidotteri e di altri insetti, essi meritano di essere specialmente osservati. Un ocello è fatto di una macchia dentro un anello di un altro colore, simile alle concentriche addizionali. Gli ocelli sulle copritrici della coda del fagiano offrono un esempio familiare come quelli delle ali della farfalla Vanessa. Il signor Trimen mi ha dato una descrizione di una farfalla notturna dell’Africa meridionale (Gynanisa Isis), affine alla nostra farfalla notturna Saturia, nella quale un magnifico ocello occupa quasi tutta la superficie di ogni ala posteriore; consiste di un centro nero, che comprende una macchia semitrasparente crescente, circondata da successive zone giallo ocra, nero, giallo ocra carnicino, bianco, carnicino, bruno e bianchiccio. Quantunque non conosciamo gli stadi pei quali questi meravigliosamente belli e complessi ornamenti si sono sviluppati, il processo almeno negli insetti è stato probabilmente semplicissimo; perchè, siccome mi scrive il signor Trimen, “nessun carattere semplicemente di segni e di colori è tanto instabile nei Lepidotteri come gli ocelli, tanto nel numero come nella grandezza”. Il signor Wallace che pel primo fermò la mia attenzione su questo argomento, mi fece vedere una serie di esemplari della nostra farfalla comune la Hipparchia Janira che mostrano numerose graduazioni da una semplice macchia nera minuta ad un ocello elegantemente ombreggiato. In una farfalla dell’Africa meridionale (Cyllo Leda, Linn.) che appartiene alla stessa famiglia, gli ocelli sono anche più variabili. In alcuni esemplari larghi spazi sulla superficie superiore delle ali sono di color nero, e comprendono macchie irregolari bianche; e da questo stato si può segnare una compiuta graduazione delle macchie irregolari di colore. In un’altra serie di esemplari si può tener dietro ad una graduazione da minutissime gocce bianche, circondate da una linea nera, appena visibile, a grandi ocelli perfettamente simmetrici. In simili casi lo sviluppo di un ocello perfetto non richiede un lungo corso di variazioni e di scelta.
Negli uccelli ed in molti altri animali sembra, dalla comparazione di specie affini, che le macchie circolari siano sovente generate dallo spezzarsi e dal contrarsi delle strisce. Nel fagiano Tragopan le deboli linee bianche della femmina rappresentano le belle macchie bianche del maschio; e si può osservare qualche cosa di consimile nei due sessi del fagiano Argo. Comunque sia, le apparenze appoggiano fortemente la credenza che, da una parte, una macchia scura è sovente formata da ciò che la materia colorante viene portata da un punto centrale ad una zona circondante che viene resa così più chiara. E, d’altra parte, che spesso una macchia bianca si forma da ciò che il colore vien tolto via da un punto centrale, cosicchè si accumula in una zona circondante più scura. Nei due casi l’effetto è un ocello. La materia colorante sembra essere in una quantità quasi costante, ma è nuovamente distribuita sia in maniera centripeta, sia in modo centrifugo. Le penne della gallina di Guinea comune presentano un buon esempio di macchie bianche circondate da zone più scure; e ovunque le macchie bianche sono grandi e stanno vicine le une alle altre, le zone circondanti scure divengono confluenti. Nella stessa copritrice delle ali del fagiano Argo si possono vedere macchie scure circondate da una zona pallida, e macchie bianche da una zona scura. Così la formazione di un ocello nel suo stato più semplice sembra essere una cosa semplice. Ma non pretendiamo di dire con quanti successivi stadi gli ocelli più complessi che sono circondati da molte zone successive di colore siano stati generati. Ma pensando alle penne zonate dei meticci derivanti da polli differentemente coloriti, e alla straordinaria variabilità degli ocelli di molti Lepidotteri, la formazione di questi begli ornamenti non può essere un processo molto complicato, e probabilmente dipende solo da qualche lieve e graduato mutamento della natura dei tessuti.
Graduazione dei caratteri sessuali secondari. – I casi di graduazione sono importanti per noi, poichè dimostrano che è almeno possibile il fatto che ornamenti molto complessi possano venire acquistati con piccoli stadi successivi. Onde scoprire gli stadi attuali per cui il maschio di qualsiasi uccello vivente ha acquistato i suoi stupendi colori od altri ornamenti, dovremmo riosservare la lunga linea dei suoi antichi ed estinti progenitori; ma evidentemente questo è impossibile. Possiamo tuttavia ottenere un barlume di luce comparando tutte le specie di un gruppo, se è molto esteso; perchè alcune fra esse conserveranno probabilmente, almeno in modo parziale, tracce dei loro primieri caratteri. Invece di entrare in noiosi particolari rispetto a vari gruppi, in cui si possono dare notevoli esempi di graduazione, sembra miglior partito prendere alcuni pochi casi fortemente caratterizzati, per esempio quello del pavone, onde scoprire se qualche luce possa venire in tal modo sparsa sopra gli stadi pei quali questo uccello è divenuto così splendidamente adorno. Il pavone è notevolissimo per la straordinaria lunghezza delle copritrici della coda, la coda in se stessa non essendo molto lunga. Le barbe quasi per tutta la lunghezza di queste pezze stanno separate o sono scomposte; ma questo è il caso per le piume di molte specie, ed in alcune varietà del pollame e del piccione domestico. Le barbe si riuniscono verso l’estremità dello stelo per formare il disco ovale od ocello, che è certamente una delle più belle cose del mondo. Questo consiste di un centro dentato iridescente, intensamente turchino, circondato da una zona di un bel verde, e questa da una larga zona bruno rame, e questa pure da cinque altre strette zone di tinte iridescenti lievemente diverse. Merita forse d’esser notato un carattere insignificante del disco: le barbe per uno spazio lungo una delle zone concentriche mancano, in un grado più o meno grande delle loro barboline, cosicchè una parte del disco è circondata da una zona quasi trasparente che gli dà un aspetto molto finito. Ma ho descritto altrove una variazione esattamente analoga nelle piume setolose di una sotto-varietà del gallo da combattimento, in cui le punte avendo un lucido metallico “sono separate dalla parte più bassa della penna da una zona trasparente di forma simmetrica, composta delle parti nude delle barbe”. Il margine inferiore o la base del centro turchino dell’ocello è profondamente dentato nella linea dello stelo. Le zone circondanti pure mostrano tracce, siccome si può vedere nel disegno di frastagli, o meglio di fessure. Questi frastagli sono comuni ai pavoni Indiani e di Giava (Pavo cristatus e P. muticus) e mi sembrano meritare una particolare attenzione, perchè hanno probabilmente relazione collo sviluppo dell’ocello; ma per molto tempo io non potevo comprenderne il significato.
Ammettendo il principio di graduata evoluzione, debbono avere esistiti anticamente molte specie che hanno presentato uno stadio successivo fra le copritrici della coda meravigliosamente allungate del pavone e le brevi copritrici della coda degli uccelli comuni; e di nuovo fra i magnifici ocelli del primo e gli ocelli più semplici o macchie solamente colorite degli altri uccelli, e così per tutti gli altri caratteri del pavone. Osserviamo ora nei gallinacei affini per rinvenire le graduazioni tuttora esistenti. Le specie e sotto-specie del Polyplectron abitano paesi adiacenti alla patria del pavone; e rassomigliano tanto a questo uccello, che sono stati detti talora fagiani pavoni. Il signor Bartlett mi ha pure detto che rassomigliano al pavone nella voce, ed in qualcheduno dei loro costumi. In primavera i maschi, siccome abbiamo detto prima, passeggiano vanitosamente innanzi alle femmine di colori comparativamente smorti, piegando e rialzando la coda e le penne delle ali che sono adorne di numerosi ocelli. Nel P. Napoleonis gli ocelli si limitano alla coda, e il dorso è di un bell’azzurro metallico, e per questo rispetto questa specie si accosta al pavone di Giava. Il P. Hardwickii possiede un ciuffo particolare, in certo modo simile a quello di questa stessa specie di pavone. Gli ocelli sulle ali e sulla coda di queste varie specie di Polyplectron sono i circolari od ovali, e consistono di un bel disco iridescente, di colore verdiccio turchino o verdiccio porpora, con un margine nero. Questo margine nel P. chinquis sfuma nel bruno che è marginato di color crema, siccome gli ocelli sono qui circondati da zone concentriche differentemente, sebbene non brillantemente, sfumate. L’insolita lunghezza delle copritrici della coda è un altro notevolissimo carattere del Polyplectron; perchè in alcune delle specie sono lunghe quanto la metà, e in altre due terzi della lunghezza delle vere penne della coda. Le copritrici della coda sono ocellate come nel pavone. Così le varie specie di Polyplectron si accostano evidentemente in modo graduato al pavone nella lunghezza delle loro copritrici della coda, nella zonatura degli ocelli, ed in alcuni altri caratteri.
Malgrado questo avvicinamento, la prima specie di Polyplectron che mi fu dato di esaminare quasi quasi mi fece smettere dall’imprenderne la ricerca; perchè non solo trovai che le vere piume della coda, che nel pavone sono al tutto semplici, erano adorne di ocelli, ma che gli ocelli sopra tutte le penne differivano fondamentalmente da quelli del pavone, essendovene due sulla stessa penna, uno da ogni lato dello stelo. Quindi io conclusi che i primieri progenitori del pavone non potevano aver rassomigliato per nulla al Polyplectron. Ma continuando le mie ricerche, osservai che in alcune delle specie i due ocelli stavano vicinissimi l’uno all’altro; che nelle penne della coda del P. Hardwickii essi si toccavano; e finalmente che nelle copritrici della coda di questa stessa specie, come pure dei P. malaccense, esse erano attualmente confluenti. Siccome la parte centrale sola è confluente, rimane una indentatura ai due capi superiore ed inferiore; e le zone colorite circolari sono pure frastagliate. Viene in tal modo formato un semplice ocello sopra ogni copritrice della coda, sebbene tradisca ancora chiaramente la sua prima origine. Questi ocelli confluenti differiscono dagli ocelli unici del pavone in ciò che hanno una frastagliatura ai due capi, invece di averla al solo capo inferiore o basale. Tuttavia, la spiegazione di questa differenza non è difficile; in alcune specie di Polyplectron i due ocelli ovali sulla medesima penna stanno paralleli l’uno all’altro; in altre specie (come nel P. chinquis) convergono verso un capo; ora la confluenza parziale dei due ocelli convergenti lascerebbe evidentemente una indentatura molto più profonda al capo divergente che non al capo convergente. È anche chiaro che se la convergenza fosse fortemente pronunziata e la confluenza compiuta, l’indentatura del capo convergente tenderebbe ad essere al tutto cancellata.
Le penne della coda nelle due specie di pavone sono al tutto mancanti di ocelli, e ciò apparentemente ha relazione coll’essere coperte e nascoste dalle copritrici della coda. Per questo rispetto differiscono notevolmente dalle penne della coda del Polyplectron, che nella maggior parte delle specie sono adorne di ocelli più grandi che non quelli delle copritrici della coda. Quindi fui indotto ad esaminare attentamente le penne della coda di varie specie di Polyplectron, onde scoprire se gli ocelli di alcune di esse mostrassero una tendenza a scomparire, e con mia grande soddisfazione ci riuscii. Le copritrici centrali della coda del P. Napoleonis, hanno i due ocelli di ogni lato dello stelo perfettamente sviluppati; ma l’ocello interno diviene sempre meno vistoso sopra le penne della coda più esterne, finchè una sola ombra o vestigio rudimentale è lasciato sulla parete interna delle penne estreme. Parimente nel P. malaccense, gli ocelli delle penne della coda sono, come abbiamo veduto, confluenti; e queste penne sono d’insolita lunghezza, essendo due terzi della lunghezza delle penne della coda, cosicchè nei due rispetti rassomigliano alle copritrici della coda del pavone. Ora, in questa specie, le due penne centrali della coda soltanto sono adorne, ognuna con due ocelli brillantemente coloriti, essendo al tutto scomparsi gli ocelli dai lati interni di tutte le altre piume della coda. In conseguenza le copritrici e le penne della coda in questa specie di Polyplectron si accostano intimamente nella struttura e nell’ornamentazione alle penne corrispondenti del pavone.
Pertanto, fin là dove va, il principio della graduazione getta luce sugli stadi coi quali lo stupendo strascico del pavone è stato acquistato, e non vi ha gran cosa da desiderare. Possiamo immaginarci un progenitore del pavone in una condizione quasi esattamente intermedia fra il pavone esistente, colle copritrici della coda enormemente allungate, ornate di ocelli unici, ed un uccello gallinaceo comune con copritrici della coda brevi, macchiate soltanto di qualche colore; e noi allora vedremo coll’occhio della mente un uccello munito di copritrici della coda che si possono rialzare ed espandere, ornate di due ocelli parzialmente confluenti, e lunghi tanto da nascondere quasi le penne della coda, le ultime avendo già parzialmente perduto i loro ocelli; in breve vedremo un Polyplectron. L’indentatura del disco centrale e le zone circondanti dell’ocello nelle due specie di pavone mi sembrano parlare chiaramente in favore di questo modo di vedere; e questa struttura non si spiega altrimenti. I maschi del Polyplectron sono senza dubbio bellissimi uccelli, ma la loro bellezza, quando si vede a piccola distanza, non può essere comparata, come aveva prima veduto nel Giardino Zoologico di Londra, con quella del pavone. Molti progenitori femmine del pavone debbono, durante una lunga serie di generazioni, avere apprezzato questa superiorità; perchè hanno inconsciamente, mercè la continua preferenza pei maschi molto più belli, reso il pavone il più splendido degli uccelli viventi.
Fagiano Argo. – Un altro caso eccellente per la investigazione è offerto dagli ocelli delle penne delle ali del Fagiano Argo, che sono così meravigliosamente dipinte da rassomigliare a tanti occhi nella loro orbita, e che quindi differiscono dagli ocelli ordinari. Io non credo che alcuno voglia attribuire il dipinto, che ha destata l’ammirazione di molti valenti artisti, al caso, al fortuito concorso degli atomi della materia colorante. Che questi ornamenti siano stati formati mercè la scelta di molte successive variazioni, nessuna delle quali fosse in origine destinata a produrre l’effetto dell’occhio nell’orbita, sembra quasi incredibile, come che una delle Madonne del Raffaello sia stata formata dalla scelta di scarabocchi dipinti presi a caso fatti da una successione di giovani artisti, nessuno dei quali intendesse dapprima di delineare il sembiante umano. Onde scoprire il modo in cui gli ocelli si sono sviluppati noi non possiamo guardare ad una lunga linea di progenitori, nè alle varie forme strettamente affini, perchè queste ora non esistono. Ma fortunatamente le varie penne dell’ala bastano a darci un barlume di luce intorno al problema, e provano molto chiaramente che è almeno possibile una graduazione da una semplice macchia ad un ocello od occhio ben finito.
Le penne delle ali, che portano gli ocelli, sono coperte di strisce oscure o di file di macchie oscure, ed ogni striscia od ogni fila corre obliquamente lungo il lato esterno dello stelo fino ad un ocello. In generale le macchie si allungano in una linea trasversa alla fila in cui stanno. Sovente divengono confluenti, sia in una linea o in una fila – e allora formano una striscia longitudinale – o traversalmente, cioè colle macchie in file che si riuniscono, e allora formano strisce trasversali. Talora una macchia si divide in macchiette che stanno sempre al loro proprio luogo.
Sarà prima conveniente descrivere un ocello dall’occhio perfetto. Esso consiste in un anello circolare intensamente nero, che circonda uno spazio ombreggiato tanto esattamente da rassomigliare ad un occhio. L’anello è quasi sempre lievemente spezzato o interrotto in un punto della metà superiore, un po’ a dritta e sopra la ombreggiatura bianca sul globo rinchiuso; è pure talvolta spezzato verso la base alla destra. Queste piccole interruzioni hanno un significato importante. L’anello è sempre molto più fitto, cogli orli mali definiti verso l’angolo superiore, essendo la penna tenuta dritta. Sotto questa parte più fitta vi è sulla superficie del globo una macchia obliqua quasi bianco puro, che sfuma all’ingiù in una tinta lavagna-pallida, e questa in tante tinte giallicce e brune, che vanno insensibilmente facendosi più scure verso la parte inferiore dell’occhio. Si è questa sfumatura che produce quel meraviglioso effetto di luce che splende sopra una superficie convessa. Se si esamina uno degli occhi, si vedrà che la parte inferiore è di una tinta più bruna ed è indistintamente separata da una linea obliqua incurvata dalla parte superiore, che è più gialla e più piombina; questa linea obliqua corre ad angolo retto all’asse più lungo della macchia bianca di luce, e infatti di tutta l’ombreggiatura; ma questa diversità nelle tinte che naturalmente non si può dimostrare in una incisione, non ha che fare per nulla col perfetto ombreggiamento dell’occhio. Bisognerebbe osservare particolarmente che ogni ocello sta in evidente connessione con una striscia oscura, e una fila di macchie oscure, perchè le due si presentano indifferentemente sulla stessa penna.
Descriverò poi l’altro estremo della serie, cioè la prima traccia di un ocello. La breve penna dell’ala secondaria più vicina al corpo è segnata, come le altre penne, di file di macchie oblique, longitudinali, e piuttosto irregolari. La macchia più bassa, o quella più vicina allo stelo, nelle cinque file più basse (escludendo la fila basale), è un po’ più grande che non le altre macchie nella medesima fila, ed un po’ più allungata in una direzione trasversale. Differisce pure dalle altre macchie per essere marginata sul lato superiore con qualche ombreggiatura fulva sbiadita. Ma questa macchia non è per nulla più notevole che non quelle che si vedono sul piumaggio di molti uccelli, e può agevolmente passare inosservata. La prossima macchia più alta in ogni fila non differisce per nulla dalle più alte della stessa fila, quantunque nella serie seguente divenga, siccome vedremo, grandemente modificata. Le macchie più grandi occupano esattamente la stessa posizione relativa sopra questa penna come quelle occupate dagli ocelli perfetti sopra le penne delle ali più lunghe.
Guardando alle prossime due o tre susseguenti penne secondarie delle ali, si può segnare una gradazione al tutto insensibile da una delle sopra descritte macchie più basse ad un curioso ornamento, che non può essere detto un ocello, e che chiamerò, per mancanza di un miglior vocabolo “ornamento elittico”. Noi vediamo parecchie file oblique di macchie oscure, del carattere solito. Ogni fila di macchie si dirige in giù e si connette ad uno degli ornamenti elittici, nello stesso modo con cui ogni striscia corre in giù verso uno degli ocelli ad occhio e si congiunge a quello. Guardando ad ogni fila la macchia o il segno più basso è più spesso e notevolmente più lungo che non le macchie superiori, ed ha la sua estremità sinistra appuntata e ricurva all’insù. Questo segno nero è repentinamente marginato sul suo lato superiore da uno spazio piuttosto largo di tinte riccamente sfumate, che cominciano con una stretta zona bruna, che sfuma nell’arancio, e questa in una tinta piombo-pallido, col capo verso lo stelo molto più pallido. Questo segno corrisponde per ogni rispetto colla macchia ombreggiata più grande, ma è più altamente sviluppata e più brillantemente colorita. Alla destra e sopra questa macchia, colla sua brillante sfumatura, vi è una macchia lunga stretta e nera, appartenente alla stessa fila, e che è incurvata un tantino all’ingiù tanto da stare di prospetto. È pure munita di uno stretto margine, sul lato più basso, di una tinta fulva. Alla sinistra e sopra, nella stessa direzione obliqua, ma sempre più o meno distinta da essa, v’è un’altra macchia nera. Questa macchia è generalmente sub-triangolare e di forma irregolare, è insolitamente stretta, allungata e regolare. Si compone da quanto pare di un prolungamento laterale ed interrotto dalla macchia, come deduco dalle tracce di cosiffatti prolungamenti delle susseguenti macchie superiori, ma non ne son ben sicuro. Queste tre macchie colle ombreggiature brillanti intervenienti, formano riunite il cosidetto ornamento elittico. Questi ornamenti stanno in una linea parallela collo stelo, e manifestamente corrispondono nella posizione cogli ocelli od occhi.
Tra uno degli ornamenti elittici ad un ocello perfetto a occhio la graduazione è così fatta che non è guari possibile decidere quando si possa adoperare quest’ultimo vocabolo. Mi rincresce di non aver dato un disegno addizionale, che sta circa a mezza via della serie fra una delle macchie semplici ed un ocello perfetto. Il passaggio dall’ornamento elittico ad un ocello si compie per l’allungamento e la maggiore incurvatura in direzione opposta della macchia nera inferiore, e più specialmente di quella superiore unitamente alla contrazione della macchia irregolare sub- triangolare o più stretta, cosicchè alla fine queste tre macchie si fanno confluenti, formando un anello irregolare elittico. Questo anello va graduatamente divenendo sempre; più circolare e regolare, mentre va crescendo in diametro. Si possono ancora osservare tracce del congiungimento di tutte le tre macchie allungate, specialmente delle due superiori, in molti degli ocelli più perfetti. La macchia irregolare sub-triangolare o più stretta forma evidentemente, colla sua contrazione ed ugualizzazione, la parte più fitta dell’anello sul lato sinistro superiore dell’ocello ad occhio perfetto. La parte più bassa dell’anello è invariabilmente un po’ più fitta delle altre parti, e questo deriva da che la macchia nera inferiore dell’ornamento elittico era in origine più fitta che non la macchia superiore. Si può tener dietro ad ogni passo nel processo di confluenza e di modificazione; e l’anello nero che circonda il globo dell’ocello è fatto certamente dall’unione e dalla modificazione delle tre macchie nere dell’ornamento elittico. Le macchie irregolari nere a ghirigori fra i successivi ocelli son dovute evidentemente allo spezzarsi delle macchie in certo modo più regolari ma somiglianti fra gli ornamenti elittici.
Gli stadi successivi dell’ombreggiamento degli ocelli ad occhio si possono seguitare con pari evidenza. Le strette zone brune, arancio e piombo-pallido, che orlano la macchia nera inferiore dell’ornamento elittico, si possono vedere divenire man mano più dolci e sfumanti l’una nell’altra, e la parte superiore più chiara verso l’angolo sinistro farsi sempre più chiara, tanto da divenire quasi bianca. Ma anche negli ocelli ad occhio più perfetto si può scorgere una lieve differenza nelle tinte, sebbene non nell’ombreggiamento, fra le parti superiori ed inferiori dell’occhio (come abbiamo spiegato sopra), essendo la linea di separazione obliqua nella stessa direzione colle tinte dai colori brillanti degli ornamenti elittici. Così si può dimostrare che quasi ogni più minuto particolare nella forma e nel coloramento degli ocelli ad occhio segue da graduati mutamenti negli ornamenti elittici; e lo sviluppo degli ultimi può essere segnato per stadi egualmente piccoli dall’unione di due macchie quasi semplici, l’inferiore delle quali è munita sul lato superiore di una certa ombreggiatura fulva.
Le estremità delle penne secondarie più lunghe che portano gli ocelli ad occhio perfetti sono particolarmente adorne. Le fasce oblique longitudinali cessano ad un tratto all’insù e divengono confuse, e sopra questo limite tutto l’apice superiore della penna è coperto di gocce bianche, circondate da anellini neri, che stanno sopra un fondo scuro. Anche la fascia obliqua che appartiene all’ocello superiore è rappresentata solo da una brevissima macchia irregolare nera, colla consueta base incurvata trasversale. Siccome questa fascia è tagliata sopra così repentinamente, noi possiamo comprendere, da quello che abbiamo detto prima, come vada che la parte superiore più fitta dell’anello manca nell’ocello superiore; perchè, come abbiamo fermato prima, questa parte più spessa è, a quanto pare, formata da un interrotto prolungamento della vicina macchia più alta della medesima fila. Per la mancanza della parte più spessa dell’anello, l’ocello superiore, sebbene perfetto in tutti gli altri rispetti, sembra come se il suo apice fosse stato obliquamente esportato. Io penso che chiunque crede che il piumaggio del fagiano Argo è stato creato come lo vediamo ora, sarebbe assai imbarazzato a spiegare la condizione imperfetta degli ultimi ocelli. Aggiungerò che nelle penne secondarie delle ali più lontane dal corpo tutti gli ocelli sono più piccoli e meno perfetti che non nelle altre penne, colle parti superiori degli anelli neri esterni deficienti; come nel caso testè menzionato. Qui l’imperfezione sembra avere relazione col fatto che le macchie in questa penna mostrano minor tendenza del solito a divenire confluenti in strisce, al contrario sono spesso spezzate in tante macchie più piccole, cosicchè due o tre file scorrono da ogni ocello.
Abbiamo ora veduto che si può tener dietro ad una serie perfetta, da due macchie quasi semplici, dapprima al tutto distinte fra loro, fino ad uno dei meravigliosi ornamenti ad occhi. Il sig. Gould, che ebbe la compiacenza di darmi alcuna di queste penne, è pienamente d’accordo con me intorno alla compiuta graduazione. È chiaro che gli stadi di sviluppo che presentano le penne sullo stesso uccello non ci mostrano necessariamente gli stadi percorsi dagli estinti progenitori della specie; ma probabilmente ci danno un po’ di luce sugli stadi attuali, ed almeno provano colla dimostrazione che una graduazione è possibile. Se pensiamo alla grande cura colla quale il fagiano Argo maschio mette in mostra le sue penne agli occhi della femmina, come pure ai tanti fatti che rendono probabile che le femmine degli uccelli preferiscono i maschi più attraenti, nessuno che ammetta l’azione della scelta vorrà negare che una semplice macchia oscura con alcune sfumature fulve non possa essere convertita, mercè l’approssimazione e la modificazione delle macchie vicine, insieme a qualche lieve aumento di colore, in uno dei cosidetti ornamenti elittici. Questi ultimi ornamenti sono stati mostrati a molte persone, e tutte hanno riconosciuto che sono sommamente belli, ed alcune li considerano ancor più belli che non gli ocelli ad occhi. Mentre le penne secondarie divenivano più lunghe mercè la scelta sessuale, e mentre gli ornamenti elittici crescevano di diametro, i loro colori divenivano, da quanto pare, meno brillanti; e allora l’ornamentazione delle piume doveva ottenersi mercè un miglioramento nel disegno e nell’ombreggiamento; e questo processo è stato continuato fino a che siansi finalmente sviluppati i meravigliosi ocelli ad occhio. Così noi possiamo comprendere – e secondo me non altrimenti – la condizione presente e l’origine degli ornamenti delle penne delle ali del fagiano Argo.
Dalla luce che ci dà il principio dì graduazione, da quello che conosciamo delle leggi di variazione, dai mutamenti seguiti in molti dei nostri uccelli domestici, ed infine dal carattere (come vedremo più chiaramente in seguito) del piumaggio non perfetto dei giovani uccelli – noi possiamo talora indicare con una certa fiducia gli stadi probabili coi quali i maschi hanno acquistato il loro brillante piumaggio ed i vari ornamenti: tuttavia in molti casi siamo circondati dal buio. Parecchi anni or sono il signor Gould mi fece osservare un uccello mosca, l’Urosticte benjamini, notevole per le curiose differenze che presentano i due sessi. Il maschio, oltre ad una splendida gorgiera, ha le penne della coda verde-nero, di cui le quattro centrali hanno le punte bianche; nella femmina, come nella maggior parte delle specie affini, le tre penne della coda esterne da ogni lato hanno la punta bianca, cosicchè il maschio ha le quattro centrali, mentre la femmina ha le sei penne esterne ornate di punte bianche. Ciò che rende singolare questo caso si è che, quantunque il coloramento della coda differisca notevolmente nei due sessi di molte specie di uccelli mosca, il signor Gould non conosce una sola specie, oltre l’Urosticte, nella quale il maschio abbia le quattro penne centrali colla punta bianca.
Il duca di Argyll, commentando questo caso, non tiene conto della scelta sessuale e fa questa domanda: “Quale spiegazione darà la legge della scelta naturale di varietà specifiche come questa?” Egli risponde “nessuna affatto” ed io son d’accordo con lui. Ma si potrebbe dir ciò con tanta franchezza della scelta sessuale? Vedendo in quanti vari modi le penne della coda degli uccelli mosca differiscono, perchè non avrebbero variato le quattro penne centrali in questa specie sola, tanto da avere acquistato l’apice bianco? Le variazioni possono essere state graduate, o in certo modo repentine, come nel caso riferito recentemente degli uccelli mosca presso Bogota, nei quali certi individui soli hanno le “penne della coda centrale colla punta di un bel verde”. Nella femmina dell’Urosticte io ho notato punte bianche sommamente minute o rudimentali alle due penne esterne delle quattro penne centrali nere della coda; cosicchè qui abbiamo un segno di una qualche sorta di mutamento nel piumaggio di questa specie. Se noi ammettiamo la possibilità che le penne centrali della coda del maschio possano variare in bianco non v’ha nulla di strano che queste variazioni siano state sessualmente scelte. Le punte bianche ed i ciuffettini bianchi sulle orecchie accrescono certamente, come ammette il duca d’Argyll, la bellezza del maschio; ed il color bianco è, da quanto pare, apprezzato dagli altri uccelli, siccome si può dedurre da certi casi, come il maschio bianco di neve della Procnias carunculata. Non bisogna dimenticare l’osservazione fatta da sir R. Heron, cioè che le sue pavonesse, quando furono separate dal pavone macchiato di bianco, non vollero unirsi a nessun altro maschio, e per quella stagione non produssero prole. Non è per nulla strano che le variazioni seguite nelle penne della coda dell’Urosticte siano state specialmente scelte per scopo di ornamento, perchè il prossimo genere susseguente nella famiglia prende il nome di Metallura dallo splendore di quelle penne. Il signor Gould, dopo aver descritto il piumaggio particolare dell’Urosticte, soggiunge: “che siano loro unico scopo l’ornamento e la varietà, io non ho guari dubbio”. Se questo fosse ammesso, noi possiamo vedere che i maschi che erano adorni nel più elegante e più nuovo modo avevano ottenuto un vantaggio, non nella solita lotta per la vita, ma nella rivalità con altri maschi, ed in conseguenza hanno dovuto lasciare maggior numero di prole per ereditare la loro bellezza novellamente acquistata.