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META' '800: NUOVE IDEOLOGIE - NUOVE CONCEZIONI


216. 25) - VITA SPIRITUALE, LETTERARIA, ARTISTICA DEL TEMPO


A giganteggiare è lui: Arthur Schopenauer

Il secondo terzo del XIX secolo si trovò in acutissimo contrasto con l'atteggiamento del primo: combatté le generali tradizioni del mondo ideale classico e ancor più violentemente di quello romantico, quindi la speculazione filosofica, il cristianesimo positivo, il conservatorismo politico, lo storicismo.

Lo slancio della critica storica era manifesto. La tecnica della scienza storica classica ebbe nella scuola di Leopold von Ranke (1795-1886 - L'autore di I Papi di Roma e di una Storia della Germania al tempo della Riforma, contribuì a fondare la storiografia su basi scientifiche), soprattutto nei seminari storici, nel periodo tra il 1850 e il 1860, il suo completo perfezionamento.

La filosofia della storia e la superiore dottrina del metodo storico si svolsero sempre più in quei due decenni. Nei primi storici del periodo dominava soprattutto un'energia, che andava molto al di là del sentimento storico.

La storiografia di Theodor Mommsen (1817-1903) era una silenziosa protesta contro la sterilità politica della reazione; Giulio Michelet aveva scopi di propaganda democratica; il Carlyle richiamò l'attenzione sui personaggi dominanti. Ma nel Taine e nel Buckle apparve quell'obiettività indifferente, quasi pessimistica che opprime il respiro. In Bruno Bauer (1809-1882 - Da ricordare la sua critica sul cristianesimo che, in origine rivoluzionario, sarebbe divenuto un ostacolo al progresso) si congiunsero le necessità spirituali del tempo in un intimo bisogno di una civiltà nuova, ingenua; e in questa bramosia appaiono lievi intonazioni socialiste.

Forse in nessun altro scritto del Bauer proruppe più chiara la concezione del mondo che nei saggi, rimasti quasi ignoti, che egli pubblicò, nel 1852, sulla «Daily New York Tribune» intorno al problema «Russia e teutonismo ». Egli non vede che una salvezza: la soppressione della civiltà politica occidentale. L'Occidente deve annientare la sua storia particolare. La storia della civiltà occidentale non é più capace di creare. La malattia incurabile della civiltà politica sembra al Bauer un sintomo di decadenza di tutta la civiltà occidentale. La filosofia della civiltà del Bauer é nichilismo filosofico.

Il Bauer sentiva una sostanziale affinità col nichilismo russo quale concezione della vita nel suo più profondo significato. Cos'era il nichilismo russo? Paolo Petrovic, lo zio dalla cultura inglese di Baden-Baden, non canzona male il nichilista Basarov nel romanzo del Turgenjeff: «Egli non crede a principi, ma a ranocchi». E allora che caratteristico contrasto contro il senso storico!
«Per quanto s'attiene al tempo - dice il Basarov all'ingenuo e debole proselito Arkadi, un femmineo, e ingenuamente paradossale romantico del nichilismo - «io non vedo perché noi dobbiamo dipendere da lui. Piuttosto esso deve dipendere da noi... ».

Dalla sistematica opposizione alla propria vita sentimentale egli si mutò nel noto materialista. Se si preferisce una definizione astratta, si può di nuovo domandarne a Paolo Petrovic. «Nichilista! La parola deriva dal latino nihil, nulla, per quanto ne posso giudicare, e quindi indica un uomo, che non crede a nulla». « Il nichilismo é la più completa emancipazione da tutte le idee correnti, da tutti gli ostacoli ereditari e da tutte le molestie, che impediscono il progresso dello spirito occidentale con il ceppo storico al piede ».
Il nichilismo filosofico del Bauer, il nichilismo russo, l'anarchismo suo stretto parente, e il socialismo sono tutti contraddistinti dalla inclinazione storica contemporanea alle scienze naturali, che hanno trasformato l'immagine del mondo. Esse erano la sostanza filosofica del nuovo, e non crearono, d'altra parte, in maniera indipendente la nuova immagine del mondo, la quale per una metà sorse dalla catastrofe della filosofia.

Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Stoccarda 1770 - Berlino 1831) era senza dubbio partito dalla natura filosofica dello spirito umano. Per quanto egli identificasse essere e sapere, pure concedeva, conforme alla filosofia idealistica, al sapere una precedenza metafisica. Il carattere speculativo della sua filosofia non andava perduto, per quanto la polizia prussiana sapesse sottilmente rivolgere la dottrina dell'identità del reale e del razionale a vantaggio della politica ufficiale.

Ludwig Feurbach (1804-1872 - Famoso il suo "L'essenza del Cristianesimo") allontanandosi progressivamente dall'idealismo hegeliano, svolse il dilemma filosoficamente sotto un altro aspetto. Sviluppando una teoria materialista che partiva dalla critica alla religione e all'idea di Dio
Con non ambigua risolutezza trasferì il centro di gravità della filosofia nel mondo sensibile. «Se la vecchia filosofia aveva come punto di partenza la massima: io sono un essere astratto, soltanto pensante; il corpo non appartiene al mio essere; invece la nuova filosofia comincia con la massima: io sono un essere reale, sensibile: il corpo appartiene al mio essere: anzi il corpo nella sua totalità é il mio io, il mio essere stesso. Reale e divino é solamente ciò che non abbisogna di alcuna prova, ciò che immediatamente mediante sé medesimo é certo, immediatamente di per sé parla e ammette immediatamente l'affermazione, che é esso, si capisce, il semplicemente deciso, semplicemente indubitabile, l'evidente come la luce del sole. Ma evidente é solo il sensibile; solo dove comincia la sensibilità, cessa ogni dubbio e discussione. Il segreto dell'immediato sapere é la sensibilità ».

Anche la filosofia sociale del Feuerbach viene su dalla più semplice radice. «L'essere é un segreto dell'idea, della sensazione, dell'amore. Le sensazioni umane non hanno nessuna importanza empirica, antropologica nel senso dell'antica filosofia trascendentale; esse hanno importanza ontologica, metafisica: nelle sensazioni, proprio nelle sensazioni quotidiane sono nascoste le più profonde verità. Così l'amore è la vera prova ontologica dell'esistenza di un oggetto fuori di noi, e non, vi é nessun'altra prova dell'essere, se non l'amore, specialmente la sensazione».

Fuerbach trasse dal materialismo la più preziosa conseguenza sociale, la dipendenza appunto del lavoratore dalla nutrizione, dall'ambiente, dal tenore della sua vita soprattutto. In questo senso determinato anche Federigo Alberto Lange nel suo ammirabile libro intorno alla questione operaia, che ogni persona colta dovette considerare come una bibbia politico-sociale, fu discepolo del materialismo.
Indubbiamente tra il Feuerbach e il materialista di stretta osservanza, il Moleschott, il Vogt e il Büchner, esisteva una grande differenza. L'attrattiva del cinismo lo toccò meno dei radicali, che affermavano essere il pensiero un escremento dell'encefalo, come il fiele una secrezione del fegato, l'orina una secrezione dei reni, e proclamarono quella dottrina provocante più nel tono e nell'intenzione che nella sostanza, l'uomo «derivare dalla scimmia».

Il materialismo invece sembra essere il risultato legittimo della storia; poiché sorse da premesse storico-culturali simili a quelle dell'enciclopedia. Teobaldo Ziegler designa la filosofia dei materialisti quale una «metafisica puerilmente greggia».
Sull'origine psicologica del nuovo materialismo non può esservi dubbio alcuno. I tre promotori del materialismo furono idealisti della loro concezione del mondo così bene e meglio degli estremi propagatori dell'idealismo filosofico. Non era il materialismo l'unico espediente spirituale del tempo?
E non si sono introdotte, per nostra salvezza, idee materialistiche fondamentali nella moderna concezione della vita?
Il materialismo, purché da un categorico concepimento brutale passi ad un assennato concepimento relativistico, non contraddice per nulla all'eterna brama dell'umanità verso la trascendenza.

Il materialismo storico del Marx, che domina la moderna classe lavoratrice, si congiunge, senza divenire minimamente paradossale, ai nostri occhi, con il più profondo idealismo morale, con inalienabili motivi di diritto naturale.

«Il Büchner - scrive Lange - é per naturale un temperamento idealista. Tagliente, inflessibile egli è solo nella negazione; ma questa netta negazione non é affatto la conseguenza di un sterile intelletto critico; essa deriva piuttosto da un esaltato entusiasmo per il progresso dell'umanità, per il trionfo del vero e del bello. Egli ha riconosciuto da lontano ciò che gli oppone, e lo perseguita inesorabilmente.... Ma tutto ciò che è superiore ad ogni sospetto, dove egli non presuppone nessuna birbanteria, nessun malvagio impedimento al progresso scientifico e morale, egli lo accetta».

Mai la natura del Büchner e della sua dottrina è stata designata più acconciamente e cordialmente. La confutazione del materialismo, che nel 1854 tentò il fisiologo ed anatomico di Gottinga, Rodolfo Wagner, fu del tutto infelice. Non solo perché la conferenza sulla «creazione dell'uomo e sulla sostanza dell'anima» cercò di salvare concetti biblici; il materialismo aveva infatti così incontrastabili argomenti che la disputa non era possibile per lo meno definirla.
La reazione contro il materialismo filosofico avvenne da quattro parti.
I Governi, incolpavano la filosofia hegeliana, che così a lungo si era pregiata, quando con diplomatica prudenza la si fraintese, del radicalismo dei giovani hegeliani, Arnoldo Ruge e il suo circolo.
Friedrich Schelling (1775-1854), il filosofo per grazia di Dio, doveva prestare il suo aiuto metafisico alla monarchia per grazia di Dio. Nello scritto, che lo invitò a Berlino nel 1841, si leggeva, che egli avrebbe avuto l'alto compito "quale filosofo eletto da Dio, di distruggere la semenza dei denti di dragone del panteismo hegeliano".

Nel 1846 lo Schelling sospese, per mancanza di uditori, le lezioni. Un assalto più serio venne dalla rinascenza della filosofia kantiana, che si incarnò in Giovanni Edoardo Erdmann, Edoardo Zeller e Kuno Fischer. In favore del libero docente di Heidelberg Kuno Fischer, si levò Arthur Schopenhauer (1788-1860).

Solo più tardi la sua dottrina cominciò a trapassare nella coscienza della nostra coltura. Per l'enorme efficacia, che la sua dottrina maturò nel periodo tra il 1850 e il 1870, fu decisiva la comparsa nel 1851 dei «Parerga e Paralipomena». Di rado é apparsa una profonda sapienza filosofica in più splendida veste.

E quanto di tristezza politica e filosofica aveva quell'età parve anche qui offrirsi; una cosa più nobile, la ripugnanza dello spirito aristocratico contro il materialismo offriva un compenso doloroso e magnifico; e al tempo stesso - in certi limiti però - andava incontro ai barlumi metafisici delle nuove scienze naturali.
Lo Schopenhauer indubbiamente non era pari all'indagine esatta naturalistica del suo tempo; in ogni caso non era in grado di misurarsi sotto questo rispetto con i materialisti. Ma il tratto originale della filosofia schopenhaueriana stava nella dottrina della volontà.
Il mondo non é per lui soltanto rappresentazione del soggetto conoscente, ma rappresentazione di volontà divenuta. E la volontà non é soltanto l'essenza dell'uomo, ma l'essenza stessa della natura inorganica. Il principio della volontà é finalmente l'oggettivo, la «cosa in sé».

Questa immagine del mondo non avrebbe pper nulla escluso il concetto di evoluzione scientifico, naturalistico, come egli svolse chiaramente, per esempio, l'idea della lotta per l'esistenza. Parte integrante della più vasta storia della civiltà divenne frattanto solo la conoscenza filosofica-morale della dottrina della volontà. La volontà é illimitata. L'appagamento é apparenza, l'apparenza é tedio. Tra il tedio e il desiderio oscilla la nostra esistenza.
"
Così ondeggi, dal desiderio al godimento;
e nel godimento mi struggo di desiderio"


Lo stato di abituale scontento sembra l'essenza della vita umana. La liberazione da questa insopportabile tensione é opera della volontà. Un'intuizione moralmente disinteressata, fredda, elevata delle idee cioé della completa, specifica obiettività ideale della volontà mondiale, è riposo e meta. Ma questa intuizione é prerogativa del genio, della suprema vocazione artistica filosofica. Un'assoluta mancanza di volontà é la fine del pessimismo, e l'al di là extramorale, è il nirvana.
Non la rigidamente scientifica capacità deduttiva, ma la lirica potenza della sua filosofia, la composta energia del suo spirito più poetico che scientifico, la impressionistica immediatezza delle sue osservazioni filosofiche costituiscono la grandezza dello Schopenhauer.
La sua filosofia e così elevata, come nessun altro sistema del secolo; ma essa non ha quell'intima sicurezza, che supera la più nobile enfasi, e concede alla concezione del mondo di Federigo Alberto Lange il suo fascino silenzioso e irresistibile, inespresso e inesprimibile.

Le scienze naturali stesse erano quelle che più di ogni filosofia contribuivano al materialismo: le scienze naturali conforme il concetto del Darwin, le quali, con maggior buon gusto della scuola darwiniana, si astenevano da ingenue pretese filosofiche.
La più antica dottrina evoluzionistica, che é denominata «teoria dell'evoluzione» e «teoria della Preformazione», si era fondata sull'uovo di forme particolari completamente modellate.

Già circa alla metà del XVIII secolo si era però giunti alla convinzione che la evoluzione poggiasse su una ininterrotta serie di nuove formazioni. La dottrina del Darwin culminava nella tesi che le forme superiori animali e le piante siano derivate mediante una graduale trasformazione da forme inferiori e meno complicate.

Punto fondamentale dell'evoluzione è la ereditarietà delle qualità dei genitori per parte dei discendenti e il costante adattamento all'ambiente degli individui e dei gruppi d'individui formulato nel principio della variabilità; la misura della capacità di adattamento decide del successo nella lotta per l'esistenza. Il principio della selezione naturale, l'istintiva preferenza dei tipi completi l'uno per l'altro, promuove la formazione di specie essenziali e di tipi di specie.

Di particolare interesse per i contemporanei era naturalmente la posizione dell'uomo in questa concatenazione storico-naturale. Il Darwin su questo problema si espresse con chiarezza non disconoscibile e con ammirabile cura. «La massima parte dei naturalisti ha seguìto il Blumenbach e il Cuvier ed ha collocato gli uomini in un ordine speciale del regno animale sotto il titolo di "bimani". Recentemente invece molti dei nostri naturalisti sono tornati all'opinione espressa da prima dal Linneo e hanno posto gli uomini nello stesso ordine con i "quadrumani", sotto il titolo comune di primati. Il grande anatomico e filosofo Huxley ha discusso esaurientemente questo argomento ed é giunto alla conclusione che l'uomo in tutte le parti della sua organizzazione si allontana dalle scimmie superiori meno che queste siano diverse dai membri inferiori del medesimo gruppo. All'incontro le scimmie antropomorfe, il gorilla, lo scimpanzé, l'orango sono dai più degli zoologi separati, come un particolare sottogruppo, dalle altre scimmie del mondo antico.
Se si concede questo, si può anche concludere che un qualche antico membro di questo sottogruppo antropomorfo abbia dato origine all'uomo. Senza dubbio l'uomo ha, in confronto con i suoi parenti animali, subìto internamente assai più modificazioni, e per verità sostanziali per il suo cervello notevolmente sviluppato e per la sua posizione eretta.
Con tutto ciò non possiamo dimenticare che egli é soltanto una delle diverse forme privilegiate dei primati. È verosimile che l'Africa anticamente fosse abitata da scimmie oggi estinte, che erano molto affini al gorilla e allo scimpanzé; e siccome queste due specie ora sono le più affini all'uomo, e molto verosimile che i nostri più remoti progenitori siano vissuti nel continente africano, e, a dire il vero, qui prima che in qualsiasi altro luogo. Però non dobbiamo cadere nell'errore di ammettere al diprezzo che il capostipite di tutto il ceppo dei primati, ivi compreso l'uomo, sia stato identico o anche soltanto molto simile a una qualsiasi scimmia, ora esistente »....

Lange ha paragonato una volta Feuerbach con il francese Auguste Comte (1798-1857 - segna la nascita del positivismo oltre essere il fondatore della sociologia); un parallelo che umanamente e filosoficamente è giusto al tempo stesso.
Il Comte creò quella dialettica della storia dello spirito, che noi designiamo col nome di positivismo, e che afferma che lo spirito umano procede con legittima necessità dalla considerazione teologica del mondo a quella speculativa, da quella speculativa alla fenomenologica. La concezione del mondo positivista non corre dietro agli ultimi fini e alle ultime cause: essa osserva esclusivamente la «succession des phénomènes» e la legittimità nella serie dei fenomeni.
Come il Feuerbach, il Comte giunse alla filosofia dell'umanità, conforme allo spirito dei tempi. Egli era partito dalla matematica e dalle scienze naturali. Il suo edificio filosofico porta con se le sembianze delle scienze esatte.

Anche in Francia non si poté evitare la formazione di conseguenze materialistiche. Il noto lessicografo Emilio Littré, che possedeva non solo una cultura insigne storica e filosofica, ma anche cognizioni sistematiche in medicina, nei suoi numerosi scritti positivisti, con i quali, tra il 1850 e il 1870, divulgò la dottrina del Comte con gentile fedeltà al maestro, sostenne idee decisamente materialiste.
Giovanni Stuart Mill ed Erberto Spencer rigettarono l'ulteriore sviluppo materialistico del positivismo e si restrinsero a sfruttare il fondamentale pensiero metodologico del sistema comtiano; il superamento della speculazione filosofica e la trasformazione della filosofia in una scienza positiva sperimentale.
Lo Spencer scrisse più tardi del Mill; egli poteva approfittare dei risultati degli studi darwiniani, che egli cercò di sfruttare fin dal 1862 nel suo "System of Synthetic Philosophy", in dieci volumi.

Il principio sintetico, che risaltava filosoficamente nella teoria dello Spencer, era l'idea dell'evoluzione, usata da lui in formule molto generali. Lo Spencer chiamava il passaggio dal consimile al differenziato e dissimile, dall'omogeneo all'eterogeneo la legge fondamentale del divenire del mondo.

 

L'età, di cui trattiamo, non fu solo quella del materialismo; del pessimismo, e delle scienze naturali, quella del crescente specialismo scientifico, dell'indagine, critica nel campo storico; si giunse anche a un particolare rafforzamento delle organizzazioni ecclesiastiche e dei bisogni religiosi. La Chiesa protestante diventò nel XIX secolo un'organizzazione legale. Lo Strauss - indubbiamente con molto maggiore profondità del francese Renan - aveva esaminato i vangeli nel loro contenuto razionale, e selezionato a suo piacimento lo specificamente storico e il contemporaneamente simbolico dall'importanza generale della storia sacra; pure Riccardo Rothe ritornò a un delicato soprannaturalismo.

Con una commovente violenza si portò a termine la lotta per l'antica fede in Ignazio Dollinger, il quale, nei suoi anni giovanili prototipo di storico ultramontano, fu dall'incorruttibile onestà della sua natura costretto a contestare il papismo estremo.
Egli considerò il dominio temporale del Papa come un elemento accessorio del potere pontificio e contraddisse nel suo intimo il domma dell'infallibilità.

È una delle più amare ironie di fronte alla leggenda del progresso dello spirito umano che due generazioni dopo Kant sia potuto uscire quel manifesto pontificio che, sotto il nome di "syllabus", angustia tuttavia l'umanità.

Vi si nota il fatto che Pio IX nel 1864 con l'enciclica "Quanta cura" rigettava lo Stato neutrale nel campo confessionale, la libertà d'insegnamento, la libertà di coscienza, la libertà dei culti, la libertà della stampa, il monopolio del diritto civile familiare, la pura scuola laica, domandava il diritto punitivo temporale per la Chiesa e l'assistenza legale dello Stato contro gli offensori della religione cattolica; e ai seguaci del protestantesimo contestava perfino la speranza dell'eterna salvazione, poiché il Papa «respinge» la massima che vuol riservare ai protestanti qualche speranza per l'oltretomba.

Secondo il Sillabo le idee socialiste sovvertivano il diritto naturale alla proprietà; il principio democratico della "volontà del popolo" violava i diritti divini di sovranità delle monarchie; allo Stato spettava non solo di governare il mondo ma anche di vegliare i diritti della Chiesa.
La condanna si estendeva a libertà di coscienza, tolleranza religiosa, laicità della scuola, progresso scientifico; condanna della libertà di pensiero, di stampa, di ricerca.
L'ultimo articolo respingeva in blocco il cattolicesimo liberale che auspicava una riconciliazione della Chiesa di Roma con il liberalismo e con la civiltà moderna.

Citiamo inoltre questo passo: "Né contenti di allontanare la religione dalla pubblica società, vogliono rimuoverla anche dalle famiglie private. Infatti, insegnando e professando il funestissimo errore del Comunismo e del Socialismo dicono che "la società domestica, cioè la famiglia, riceve dal solo diritto civile ogni ragione della propria esistenza, e che pertanto dalla sola legge civile procedono e dipendono tutti i diritti dei genitori sui figli, principalmente quello di curare la loro istruzione e la loro educazione". Con tali empie opinioni e macchinazioni codesti fallacissimi uomini intendono soprattutto eliminare dalla istruzione e dalla educazione la dottrina salutare e la forza della Chiesa cattolica, affinché i teneri e sensibili animi dei giovani vengano miseramente infettati e depravati da ogni sorta di errori perniciosi e di vizi".

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Dalla nuova Filosofia spostiamoci ora alla nuova letteratura:

segue:

217. 26) - LA LETTERATURA NELLA SECONDA META' DELL'800 > >

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