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81. GERMANIA: IL DOPO FEDERICO II - FINE DELL' INTERREGNO


* la cartina sopra, (dei varie regni e leghe) in grande formato più avanti a centro pagina
* quella gigante dettagliata a fondo pagina

L'idea dell'impero non si era spenta in Germania con la morte di Federico II. Quanto più intollerabili divennero le condizioni politiche interne, tanto più energicamente il popolo tedesco reclamò la presenza di un sovrano generalmente riconosciuto. Gli stessi signori territoriali, che durante l'interregno avevano pescato nel torbido, usurpando beni e diritti dell'impero, proprio loro alla fine sentirono la necessità di procacciarsi un'autorità superiore che avesse il potere di legalizzare lo stato di fatto; così soltanto essi potevano sperare di godersi in pace ciò che avevano usurpato.

A nessuno però venne in mente che per la restaurazione di un normale governo centrale potesse prendersi a base la discorde elezione del 1257 da cui erano uscite quelle ombre di re tedeschi che furono l'inglese Riccardo ed Alfonso X di Castiglia.
Perciò la morte di Riccardo, avvenuta il 2 aprile 1272, non portò al riconoscimento del suo rivale Alfonso, ma segnò l'inizio di un movimento favorevole ad una nuova elezione. Anche papa Gregorio X, uomo di mente equilibrata, il quale desiderava la restaurazione di una autorità imperiale forte specialmente nella speranza di salvare i possedimenti cristiani in Oriente e nell'interesse di controbilanciare la potenza franco-angioina che diventava preoccupante, raccomandò instantaneamente ai principi tedeschi di dare un nuovo capo all'impero.

E così pure la borghesia tedesca fece sentire la sua voce; una assemblea delle città del Reno medio e del Wetterau, adunata a Magonza, dichiarò che non avrebbe riconosciuto come re legittimo se non colui che fosse stato eletto unanimemente dai principi elettori (febbraio 1273).

Frattanto questi ultimi si erano messi alla ricerca di un candidato, concordi nell'idea di non eleggere un principe troppo potente, come il re Ottocaro di Boemia uno dei tanti che si era ingrandito occupando anche i paesi dell'Austria, o il conte palatino Luigi, il capo della famiglia dei Wittelsbach, perché in tal caso tutti avrebbero avuto ragione di temere per i propri possedimenti. Insomma i disonesti sapevano bene chi era gli altri disonesti.

Non pochi candidati spuntarono, per poi sparire nuovamente dalla scena. Miglior fortuna ebbe la proposta fatta dal burgravio Federico di Norimberga all'arcivescovo Guarnieri di Magonza, di portare candidato al trono il conte RODOLFO d'ABSBURGO, uno dei più ricchi ed autorevoli signori della Svevia.
Egli era accompagnato dalla fama di valente e saggio governante, mentre la sua potenza non era tale da destare preoccupazioni; per conseguenza, essendosi Rodolfo mostrato disposto a concedere ai suoi futuri elettori quanto essi chiedevano in compenso del loro voto (in sostanza la conferma dei diritti del collegio dei grandi elettori e degli acquisti (usurpazioni) da costoro fatti durante l'interregno) e ad imparentarsi con le famiglie dei principi elettori mediante matrimoni delle sue figlie, l'accordo fu raggiunto e l'arcivescovo Guarnieri fissò l'elezione per il 29 settembre 1273 a Francoforte.

Qui convennero personalmente sei principi elettori, cioè i tre arcivescovi renani, gli elettori del Palatinato, di Sassonia e di Brandenburg, mentre il settimo, il re di Boemia, inviò un suo rappresentante, ma solamente per protestare contro l'elezione di Rodolfo. Ma i sei presenti, benché formalmente a torto, privarono la Boemia del diritto di voto, e lo attribuirono alla Baviera. Così al 1° ottobre 1273 Rodolfo venne eletto all'unanimità; egli era in attesa nelle vicinanze della città, e quindi il giorno successivo fece il suo ingresso in Francoforte; poi si recò ad Aquisgrana, dove il 24 ottobre 1273 ricevette la corona reale dalle mani dell'arcivescovo Engelbrecht di Colonia.

Le origini della casa d'Absburgo, che con l'elezione del 1273 fece la sua comparsa sulla scena della storia universale, debbono cercarsi sull'alto Reno, i suoi beni aviti giacevano sulle due rive dei fiume, all'incirca per il tratto che va da Basilea e Breisach. Di qui gli Absburgo estesero il proprio dominio così verso nord ed oriente nella bassa Alsazia e nel Breisgau, come verso mezzogiorno nelle regioni delle fonti del Reno, dell'Aar e della Reuss.
(della casata degli Absburgo, ne parleremo anche nel prossimo capitolo)

Rodolfo, nato nel 1218, e rappresentante del ramo primogenito della sua famiglia, possedeva, oltre i beni aviti, anche la carica di conte nell'occidente del cantone di Zurigo e nell'Argovia, di langravio in Alsazia, di advocatus a Lucerna e Glarona, di conte a Kyburg, di langravio in Turgovia, ecc.

L'elezione del 1273 chiuse il periodo di quasi trent'anni in cui il regno tedesco era rimasto privo di un capo generalmente riconosciuto. Ma in quali condizioni risorgeva la monarchia?
Se essa in passato aveva tratto la propria autorità e la propria forza in parte dalle risorse dei demani della corona, ed in parte dal diretto esercizio dei diritti sovrani, queste due fonti al momento in cui Rodolfo salì al trono, si potevano dire essiccate dalle usurpazioni avvenute nel tempo intermedio.

Gli Hohenstaufen avevano ereditato con la corona imperiale estesi domini che avevano aumentati con i loro possedimenti personali. Il nucleo principale di questi domini era nel sud-ovest: la Franconia, la Svevia e l'Alsazia. Esso si mantenne sostanzialmente intatto sino agli ultimi tempi di Federico II, ad onta delle controversie antidinastiche dei conti e feudatari, anzi si estese ancora e si consolidò internamente.
In seguito però la lotta con la curia e con i pretendenti da essa istigati riuscì deleteria a questi beni. La corona si vide costretta ad attingervi in misura molto maggiore di prima per sopperire alle esigenze nuove, specialmente ricorrendo al sistema di sottoporli ad ipoteche, le quali poi non sempre poterono essere riscattate.

Inoltre gli usurpatori, Enrico Raspe e Guglielmo d'Olanda, spogliando gli Hohenstaufen del ducato di Svevia e degli altri loro beni in Germania, diedero il segnale dell'occupazione dei possedimenti imperiali da parte dei piccoli signori. Queste annessioni e le alienazioni compiute dalla stessa corona distrussero velocemente le basi della potenza della monarchia, e quando finalmente l'Alto Palatinato e l'Alta Svevia passarono nelle mani della famiglia dei Wittelsbach, fu suggellata la permanente impotenza finanziaria del governo centrale.

Lo stesso si può dire dell'esercizio dei diritti sovrani della corona; a poco a poco i principi territoriali li avevano ridotti nelle proprie mani. In origine funzionari regi revocabili, costoro si erano trasformati in feudatari, le cariche divennero feudi ereditari, ed i poteri inerenti all'antico ufficio, vale a dire principalmente la giurisdizione e l'eribanno, furono esercitati dai grandi feudatari in proprio nome. Ad essi inoltre Federico II, con il così detto Privilegium in favorem principum del 1231, aveva rinunziato le altre regalie che la corona esercitava ancora nei territori particolari; e queste concessioni non riguardarono soltanto l'antico distretto amministrativo dal quale era sorto ciascun principato, ma anche tutti gli altri possedimenti che i principi avevano acquistato in seguito.
Costoro pertanto acquistarono uguali poteri sopra tutto il territorio loro soggetto, e tali territori, da aggregati occasionali di possedimenti, si trasformarono in principati retti a regime uniforme. In essi al re non rimase che il diritto di suprema giurisdizione, oltre l'infeudamento del titolare che senza gravi ragioni peraltro non poteva né doveva essere rifiutato. A questa giurisdizione regia superiore, salvo disposizioni speciali che la limitassero od escludessero, ci si poteva appellare ai tribunali territoriali.

Tanto meno poi fu possibile qualsiasi tentativo di reazione contro questa dispersione della sovranità, in quanto dopo la caduta degli Hohenstaufen il sistema elettivo per la successione al trono trionfò in modo assoluto, escludendo, sia pure in via di fatto, qualunque mescolanza di ereditarietà.

Dalla metà del XIII secolo invalsero regole più costanti per le elezioni dei re, e principalmente fu stabilito quali dovessero essere i principi elettori. Essi erano sette: i tre arcivescovi renani, il conte palatino del Reno, il duca di Sassonia, il margravio di Brandenburg ed il re di Boemia. Questi sette elettori presero il posto del gruppo molto più numeroso di persone che nell'XI e XII secolo aveva concorso all'elezione del re, e che abbracciava tutti i principi e un numero non ben definito di nobili di rango non principesco.
Essendosi in seguito concessa nella votazione una prerogativa ad alcuni principi che implicava di fatto la decisione delle sorti dell'elezione, la votazione degli altri divenne sempre più una semplice formalità, che da ultimo si tralasciò deliberatamente. Perché poi l'accennata prerogativa sia stata riconosciuta proprio a quei sette principi che abbiamo sopra enumerati, non è possibile dire con sicurezza.

L'ingerenza preponderante dei principi elettori negli affari di Stato non si arrestò all'elezione del re; ché anzi essi acquistarono il privilegio di cooperare ai più importanti atti di governo del sovrano, nel senso che tali atti erano validi solo quando fossero stati compiuti col loro consenso. Anche a tal riguardo l'esclusivo intervento dei principi elettori aveva sostituito la precedente cooperazione dei principi e baroni in corpo.

E mentre questo concorso non avveniva in forme determinate, ora i principi elettori ottengono il diritto di legalizzare gli atti del re riguardanti le alienazioni di diritti e beni della corona col proprio consenso documentato in forma scritta, con i così detti «Willebriefe». Re Rodolfo riconobbe espressamente a loro questo diritto con apposito privilegio emanato nel 1281.

I principi elettori costituiscono la classe più elevata della numerosa aristocrazia di rango principesco, in parte ecclesiastica, in parte laica. Tra i principati ecclesiastici incontriamo sei arcivescovadi (oltre Besancon in Borgogna), cioè quelli di Magonza, Colonia, Treveri, Salzburg, Magdeburgo e Brema; poi circa venti vescovadi ed un certo numero di abbazie, così dette « immediate » (autonome).
L'elezione dei vescovi, salvo che il papa non preferisse candidati propri, spettava ora ai capitoli delle cattedrali, composti per la massima parte dei cadetti della nobiltà locale. La corona non aveva più ormai alcuna normale ingerenza nella nomina dei vescovi, e da un pezzo i principi ecclesiastici avevano cessato di essere strumenti della politica interna del re; essi erano sovrani territoriali come i principi laici, di conseguenza avevano perduto la loro vera ragion d'essere; queste signorie particolari ecclesiastiche, proprie della sola Germania, apparivano già allora come fossili di un'epoca precedente che non servivano se non ad ostacolare ogni sana ricostituzione del regno su nuove basi.

I principati laici - ducati, palatinati, margraviati, langraviati e contee di rango principesco - non costituivano se non raramente, salvo le marche, territori compatti. I possedimenti di ciascun principe erano dispersi qua e là, sopra tutto nel sud-ovest da quando, morto Corradino, l'ultimo ducato nazionale, quello di Svevia, era andato smembrato. Qui nella folla delle signorie autonome sorte da questo smembramento emergono i territori della casa di Zaringen e le contee di Wurttemberg e di Absburgo.

Anche gli Hohenzollern erano originari della Svevia; ma la linea sveva di questa famiglia fu oscurata dalla linea di Franconia che era signora dell'importante città di Norimberga e con l'acquisto di Bayreuth (1248) gettò le basi della formazione del principato di Ansbach Bayreuth.
Ancor più potenti nel mezzogiorno della Germania erano i Wittelsbach, i quali, già padroni della Baviera e, dai tempi di Federico II, del Palatinato renano, si presero poi alla morte di Corradino una gran parte dei possedimenti della casa di Svevia.
Il conte palatino Luigi II (1253-94), anche dopo la divisione dei beni col fratello Enrico, cui nel 1255 cedette la bassa Baviera, rimase il più potente principe laico del regno tedesco. Più ad oriente attorno alla marca bavarese era sorto il potente ducato d'Austria sotto la splendida, cavalleresca casata dei Babenberg. Estintasi però questa famiglia nel 1246, successe qui un periodo di anarchia che aprì l'adito alle usurpazioni dei vicini, e principalmente della Boemia, che sotto la dinastia nazionale dei Przemislidi si trovava dalla fine dei XII secolo in via di poderoso sviluppo.

Allora regnava re Venceslao I (1230-1253) assistito dal ben più energico braccio di suo figlio Ottocaro. Quest'ultimo, favorito dal clero, si impossessò nel 1251 dei territori austriaci, sposò la sorella dell'ultimo Babenberg, Margherita, la vedova di Enrico VII, ed ottenne, sebbene in forma non incontestabile, che re Riccardo gli concedesse in feudo l'Austria. In seguito Ottocaro acquistò pure la Steiermark, disputatagli dapprima dall'Ungheria; ma nella pace di Vienna del 1261 re Bela IV cedette questo territorio ad Ottocaro, che allora divorziò da Margherita per sposare la nipote del re ungherese, Cunegonda.
Più tardi Ottocaro ereditò dal duca di Carinzia e Krain, morto senza discendenti, i suoi possedimenti. Salito poi al trono di Boemia nel 1253 questo Przemislide si trovò a capo di un regno che abbracciava la massima parte dell'odierna Austria cisleitana ed andava dall'Erzgebirge all'Adriatico. Egli si impegnò di accrescere le fonti naturali di risorse del paese e tutelò con mano ferrea il diritto e l'ordine pubblico. Cercò anche di appoggiarsi principalmente al clero ed alla borghesia.
Non diversamente da suo padre, favorì l'immigrazione tedesca. Sulle pendici della Foresta di Boemia, dell'Erzgebirge, dei Monti dei Giganti (Riesengebirge) sorsero, oltre a numerosi villaggi tedeschi, più di trenta città, nelle quali i tedeschi si ressero col diritto proprio, come pure avvenne per le città fondate in tempi antecedenti.
Nella Germania settentrionale, dai domini guelfi rimasti alla casa di Braunschweig dopo la catastrofe di Enrico il Leone (1180) era sorto il ducato di Braunschweig eretto a principato nel 1235, ma, dopo il suo spezzamento definitivo in due signorie, Braunschweig e Luneburg (1269) la sua potenza era divenuta mediocre. Più potenti erano gli Ascani, i discendenti di Alberto l'Orso, specialmente il ramo primogenito il quale, prendendo attiva parte all'espansione coloniale verso oriente, aveva ampliato il suo dominio, la marca settentrionale sassone, costituendo un forte e compatto principato, il marchesato di Brandenburg.

I marchesi di Brandenburg poi acquistarono l'alta sovranità sul principato slavo di Pomerania a nord, estesero ad oriente i loro domini fin oltre l'Oder, dove sorse la Neumark, e sul passaggio dal XIII al XIV secolo vennero in possesso dell'alto e basso Lausitz; non immeritatamente essi assursero al grado di principi elettori. La linea cadetta di questa famiglia possedeva l'Anhalt ed il ducato di Sassonia-Wittenberg ed i suoi membri erano anch'essi elettori.

Accanto a queste due dinastie settentrionali una terza emergeva; la casa di Wettin, che possedeva dai tempi di Enrico IV la marca di Meissen. Al momento poi dell'estinzione della famiglia dei langravi di Turingia (1247), Enrico di Meissen conquistò dopo lunga lotta la parte orientale dei loro domini, il territorio sulla destra della Werra (1263); il rimanente ad ovest della Werra andò al figlio della figlia di S. Elisabetta, Enrico «il bambino» di Brabante, che fu il primo langravio del nuovo principato di Hessen così sorto.

Accanto ai principati ecclesiastici e laici esistevano ancora due categorie di signorie territoriali autonome o « immediate ». Una prima comprendeva i piccoli domini di alcuni cavalieri indipendenti, che sussistevano tuttora qua e là, e che erano venuti fuori dai ministeriali, cioé da elementi non liberi. Questi ministeriali erano stati più numerosi nel sud-ovest, dove si trovava la massa più compatta dei demani regi e dei possedimenti aviti degli Hohenstaufen, ed al momento dello smembramento di questi beni erano riusciti a sottrarsi alla signoria dei principi, restando autonomi.

Ma, da quando il servizio della monarchia aveva cessato di offrir loro un campo di attività rimunerativa, la situazione di questi piccoli signori era divenuta misera, soprattutto per il fatto che la nuova economia monetaria rendeva loro difficile di vivere con i redditi del piccolo feudo, un tempo sufficienti.
I cadetti di questi signorotti cominciarono già a costituire un vero e proprio proletariato cavalleresco. In principal modo questa cavalleria tedesca, d'indole schiettamente militare, con la decadenza della monarchia rimase priva di ogni funzione, politica e militare. Di qui una degenerazione morale di gran parte della classe, che fece sua legge della forza e della violenza.

Importanza incomparabilmente maggiore per la vita politica, economica e sociale del regno tedesco ebbe la seconda delle categorie di autonomie sopra accennate, quella delle città, le vere rappresentanti delle nuove forme di vita economico-sociale del tardo MedioEvo. Le città si emanciparono dal feudalesimo per cui unica fonte di ricchezza era la proprietà terriera; alla ricchezza immobiliare contrapposero la potenza della ricchezza mobiliare e divennero i focolari del progresso economico.

Da quando, nell'XI secolo, la Germania fu attratta nel giro del commercio mondiale noi vediamo spuntare là le autonomie cittadine; e le insurrezioni delle città renane contro l'autorità vescovile in appoggio di re Enrico IV sono la prima manifestazione dell'acquisita coscienza della propria forza da parte dei comuni germanici.

Le crociate ed i conseguenti rapporti con l'Oriente, avviando attraverso la Germania i commerci tra le regioni orientali ed il nord dell'Europa, contribuirono poi al progresso delle città tedesche che fiorirono, divennero ricche e popolose. È allora infatti che cominciò l'affluenza della gente di campagna in città, dove la attraevano i più lauti guadagni (questa volta in soldoni contanti) e la certezza di una migliore posizione sociale. È noto il proverbio giuridico: l'aria della città rende liberi; un servo della gleba che viveva un anno ed un giorno in città senza opposizione da parte del suo padrone non poteva più essere reclamato da quest'ultimo.
Non mancarono per questa ragione conflitti tra città e feudatari che provocarono persino l'intervento della legislazione imperiale; ma ciò non impedì alle città di raggiungere l'autonomia amministrativa e di sottrarsi più o meno completamente al dominio dei propri signori.

E' pur vero che all'inizio ogni città era soggetta ad un signore, il proprietario del suolo su cui essa sorgeva, fosse poi il re, un vescovo od un principe laico. A condizione migliore delle altre assursero le città regie o dipendenti direttamente dall'impero, come Aquisgrana, Dortmund, Goslar, Muhlhausen e Nordhausen, le quali insieme con le altre del mezzogiorno della Germania conseguirono una larga autonomia, anche quando l'alta giurisdizione rimase nelle mani dei funzionari imperiali.
Del resto esse avevano pure non lievi obblighi verso l'impero; il gettito delle imposte che esse pagavano, visto che a quel tempo l'economia in natura vigeva tuttora in larghissima misura, costituiva la più notevole fonte di entrata in numerario che avesse l'impero.

Alle vecchie città regie si aggiunsero dopo l'estinzione della casa degli Hohenstaufen le città dei loro domini in Svezia e in Franconia. Anche le maggiori città sedi di vescovado, come Basilea, Strasburgo, Speyer, Worms, Colonia, Magonza, Augusta, Costanza, Magdeburgo, si sottrassero alla sovranità del vescovo, divenendo press'a poco autonome.
Si usò chiamarle « città libere », e la loro condizione era molto vicina a quella delle città regie. Invece pochissime delle città soggette a principi laici riuscirono a rendersi indipendenti da costoro, per quanto anche fra queste molte abbiano raggiunto un alto grado di autonomia comunale e una grande floridezza economica.

La conclusione peraltro fu che le maggiori città tedesche divennero delle repubbliche cittadine che si governavano da se, esercitavano in proprio nome la giurisdizione, si tassavano, riscuotevano dazi per proprio conto, battevano moneta propria, e fino ad un certo punto perseguivano una politica propria.

Quest'ultima tendenza, nonché la solidarietà degli interessi, provocò a datare dal principio del XIII secolo il sorgere di leghe fra città. Le più antiche ebbero carattere commerciale; ma ben presto incontriamo anche leghe d'indole politica, intesa cioè a difendersi contro attentati alle libertà cittadine da parte di potenti signori, o dirette a mantenere l'ordine pubblico e la sicurezza.

Tale la lega della città vestfaliche del 1246, che preluse alla costituzione della grande lega delle città renane del 1254. Quest'ultima lega, che, sorta dapprima sul Reno medio, abbracciò in breve tutte le città renane, assorbì nel proprio seno la lega vestfalica, ed annoverò fra i suoi membri persino dei principi, rappresentò in un periodo di generale dissoluzione un importante elemento d'ordine: essa si pose come una grande associazione per la tutela della pace pubblica, le sue deliberazioni mirarono a reprimere le perturbazioni di questa pace, le estorsioni di dazi ed ogni arbitrio di singoli; essa protesse i deboli contro la sfrenata violenza caratteristica dell'epoca.

La lega ebbe tuttavia una vita molto breve; le scissioni seguite alla duplice elezione imperiale del 1257 la fecero andare in dissoluzione; ma con essa non perì l'idea federativa tra le città, anzi divenne un tratto caratteristico della storia tedesca.

Nessun'altra lega può però paragonarsi per importanza storica alla lega tra le città anseatiche, la quale ebbe origini, più che politiche, commerciali.
Già da un pezzo i commercianti tedeschi, non solo frequentavano i mercati dell'occidente e dell'oriente e si spingevano da Bruges e Londra sino in Norvegia, ma avevano fondato in paesi esteri anche delle colonie, in cui vivevano col proprio diritto, esercitando lucrosi commerci con le popolazioni locali. Così fin dal XII secolo incontriamo uno di questi stanziamenti di tedeschi a Londra con prevalenza dei mercanti di Colonia; maggiore sviluppo assunse poi tale corporazione nel secolo successivo quando a capo di essa si pose Lubecca che si trovava in via di rapido progresso. Ed al XIII secolo risale pure il consolidamento dell'elemento mercantile tedesco a Bruxelles.

Sul Baltico era un centro principale del commercio la città di Wisby sull'isola di Gotland, la quale posta come era di fronte all'imboccatura dei golfi di Riga e di Finlandia, e di fronte alle foci della Vistola e della laguna di Curlandia, godeva di una situazione per cui si trovava sulla via quasi obbligatoria d'ogni navigazione di qualche importanza sul Baltico. Qui sorse nel XII secolo una ben organizzata corporazione che comprese mercanti di numerose città tedesche; di qui l'influenza tedesca si diffuse nella Livonia ed anche nell'interno della Russia, dove nel XII secolo noi troviamo i tedeschi a Nowgorod già in possesso del « Peterhof ».

Se questi stabilimenti tedeschi all'estero furono uno degli elementi che concorsero alla formazione della potente lega anseatica, non minore importanza ebbero allo stesso riguardo le federazioni che si costituirono tra città della stessa Germania settentrionale, sia tra poche città vicine, sia tra un maggior numero di città di tutta una regione. Le cause e gli scopi di queste leghe furono vari, ma prevalsero in seguito sempre più gli interessi mercantili e marittimi; cioè gli scopi di sicurezza delle vie di comunicazione, la tutela e la difesa dei mercanti, ecc.

(delle leghe ne parleremo ancora nel 84° capitolo
in "L'impero tedesco nel XIV sec")

A poco a poco si formarono poi tre gruppi ben distinti di città: le città prossime al Mare del Nord fra cui culmina Colonia; le città situate nelle parti orientali più lontane; e finalmente un gruppo medio comprendente Lubecca con le vicine città coloniali del Meclemburgo e della Pomerania. Quest'ultimo gruppo si palesa come il più importante, sia per la sua situazione geografica centrale, sia per la potenza di Lubecca.
Lubecca, mentre domina in tutto il Baltico, mantiene anche relazioni particolarmente attive con Amburgo. Da ultimo sorse una più generale organizzazione di tutte le città tedesche fronteggianti il mare del Nord ed il Baltico, la quale, come rappresentante dei comuni interessi mercantili cittadini, si sostituì all'estero alle organizzazioni precedenti, ed andò assumendo forma sempre più compatta

Lentamente spunta anche una comune denominazione: «l'Hansa», che si incontra per la prima volta in Inghilterra a designare la locale organizzazione dei mercanti tedeschi (Hansa Alamannorum). La parola Hansa, che si trova già nella lingua gotica col significato di « schiera », designa in seguito tanto una società commerciale quanto in senso più ristretto la tassa che i suoi soci dovevano pagare per godere dei privilegi ad essa spettanti.

La formazione della lega anseatica segna pure il momento dell'apertura al commercio delle regioni litoranee del Baltico al di là della Vistola sino alla Neva. Ai mercanti tedeschi che da Wisby si spinsero verso la fine del XII secolo sino alle foci della Dvina tennero poi dietro le missioni per la conversione di quei popoli al cristianesimo. Per l'Estonia, la Livonia e la Curlandia fu istituito un vescovado che fissò la sua sede nella città di Riga fondata dai tedeschi nel 1201.

A difesa della nuova stazione accorsero dietro invito del papa dei crociati, con i quali il vescovo Adalberto di Riga fondò l'ordine monastico-cavalleresco dei «Schwertbruder». Col suo aiuto il vescovo andò ala conquista del Semgallen e della Livonia. Più a nord, nell'Estonia, avevano nel frattempo cominciato a stabilirsi i Danesi; ma gli effetti della sconfitta di Bornhóved (1228) si ripercossero fino là; i Danesi si ritrassero lasciando libero campo all'ordine. Ma quest'ultimo rimase fiaccato in seguito ad una grave sconfitta inflittagli nel 1236 dai Lituani tuttora pagani, un popolo di razza indo-europea bellicosissimo, e tutto ciò che era stato guadagnato sarebbe andato perduto se non si fosse trovato aiuto nella vicina Prussia.

I Prussiani, affini di razza ai Lituani, avevano cominciato ad essere convertiti al cristianesimo sulla fine del XII secolo; nel 1215 uno dei missionari, il monaco cistercense Cristiano, era stato nominato vescovo della regione. In seguito anche qui penetrò energicamente l'elemento tedesco impersonato dall'Ordine teutonico. Fondato ad Acri nel 1190 quest'ordine non trovò in Oriente, accanto agli antichi ordini dei Templari e dei Giovanniti, un campo soddisfacente di attività. Perciò il terzo Gran-Mastro, Ermanno di Salza (1210-39) concepì un progetto di utilizzare il braccio dei suoi cavalieri in Occidente, dove la lotta contro gli abitanti pagani dell'Europa orientale era tutt'altro che finita.

Un primo tentativo di penetrare e stabilirsi in Ungheria nel Burzenland fallì; ma i cavalieri avevano appena abbandonata questa regione che furono chiamati in aiuto dal duca polacco di Masovia, Corrado, che sperava con il loro sostegno di difendersi efficacemente contro i Prussiani. Il gran Maestro intuì che da quella parte poteva arridere al suo ordine un grande avvenire, si fece sin da ora attribuire dall'imperatore insieme col titolo principesca il pieno dominio dei territori che fosse per conquistare in Prussia, e nel tempo stesso ottenne dal duca Corrado la cessione di alcuni castelli di frontiera, tra cui Kulm sulla Vistola.

Nel 1229 comparvero qui i primi cavalieri, nel 1230 li raggiunse un contingente più notevole guidato da Ermanno Balk e nel 1231 fu varcata la Vistola. Seguì la fondazione delle città fortificate di Thorn e di Kulm che vennero immediatamente popolate da tedeschi. La conquista venne poi proseguita lentamente e metodicamente; volta a volta che un tratto di territorio era occupato con le armi lo si fortificava e serviva da base di operazione per l'ulteriore avanzata. I villaggi che così sorsero si guarnirono ben presto anch'essi di coloni tedeschi cui furono concesse terre in proprietà libera e l'autonomia amministrativa in compenso dell'obbligo di prestare servizio militare.

Ripetutamente schiere numerose di cavalieri affluirono all'ordine; principi tedeschi e polacchi accorsero personalmente in suo aiuto alla testa dei propri soldati e dalla parte di mare pure vennero aiuti dalla città di Lubecca. Con la cooperazione di quest'ultima sorse nel 1237 Elbing; allora erano già state conquistate la Pomesania, la Poghesania e l'Ermland. Persino in Livonia, dove l'ordine là esistente si fuse con l'Ordine teutonico, quest'ultimo stabilì il suo dominio, mentre l' Estonia fu lasciata ai Danesi. Verso la metà del secolo poi fu conquistata la Curlandia, più tardi il Semgallen, dove fu fondata Dúnaburg (Dvinsk) insieme ad una serie di altre città.

Ma ciò che dette più da fare fu ancora la Prussia. Già nel 1242 avvenne una generale insurrezione degli antichi abitanti, che poté essere domata soltanto dopo sette anni di guerra. Seguì nel 1255, col concorso di nuove schiere di crociati, la conquista della penisola del Samland, dove sulla riva destra del Pregel fu fondata Kónigsberg (che prese nome dall'orientale Montroyal). Cinque anni più tardi una sconfitta che i Lituani inflissero ad un esercito dell'ordine fu il segnale di una nuova sollevazione, ben preparata e ben organizzata, dei Prussiani, la quale pose in serio pericolo la dominazione dell'Ordine.

Solo lentamente si esaurì la forza dell'insurrezione non appoggiata dal di fuori, e nel 1274 poté dirsi domata. Non mancarono ulteriori lotte e moti parziali, ma prima della fine del secolo la signoria dell'Ordine teutonico in Prussia era un fatto compiuto.

Nei riguardi dell'organizzazione ecclesiastica il territorio dell'Ordine si suddivise a datare dal 1241 in quattro diocesi: Kulm, Pomesania, Ermland e Samland; ma i vescovi erano subordinati all'Ordine, ed anzi, per evitare ingerenze estranee, le sedi vescovili vennero assegnate a membri dello stesso Ordine; solo il vescovado di Ermland godeva di una qualche maggiore autonomia.
Per non andare poi incontro alle ostilità della Santa Sede, l'Ordine aveva sin dal 1241 ceduto tutto il suo territorio a S. Pietro, ricevendolo in feudo dal papa; ciò peraltro non menomava di fatto la sua indipendenza. E da ultimo la dignità di principe dell'impero di cui era investito il Gran Maestro dell'Ordine rispecchiava i suoi vincoli con l'Impero tedesco.


Ritorniamo alla casata che inizia ad essere
una delle più importanti

GLI ABSBURGO > >

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