L'ETA'
ARCAICA
1. - I PRIMORDI DI UNA CIVILTA' ( La Grecia )
la Grecia nel 1000 a.C.
Il più antico monumento che ci abbia legato il popolo greco è la sua lingua. La stretta parentela che essa ha con le lingue degli Indo, degli Iranici, dei Germani, degli Italici, dei Celti, ecc., ci prova che gli antenati di tutte queste popolazioni un tempo vissero domiciliati gli uni accanto agli altri su un territorio di limitata estensione e che tra loro correvano strettissimi vincoli - in altri termini che formavano un unico popolo. Dove fossero precisamente situate le sedi di questo popolo originario non è ancora del tutto chiaro; tuttavia in base alle ultime conoscenze, si è portati ad escludere che questa patria comune possa essere stata la Grecia. E' pur vero che il Mediterraneo fu la barriera che limitò l'espansione degli europei-Indogermani verso il sud, barriera che non venne superata se non in tempi storici, ed anche allora in modo semplicemente transitorio ed in pochi punti soltanto; la patria originaria degli europei-indogermani quindi non deve in nessun modo cercarsi sulle sponde di questo mare (degli indo-germanici ci occuperemo in altri capitoli)
La regione, che i Greci occuparono per prima permanentemente e dove si formarono le caratteristiche peculiari che differenziarono la loro nazionalità dal ceppo comune, è la sporgenza meridionale della penisola balcanica, che va dallo spartiacque fra il bacino del Danubio ed il mare Egeo sino al promontorio di Tenaro (Capo Matapan). La superficie di essa, comprese le isole sparse intorno alle coste, è all'incirca di 130.000 chilometri quadrati. Ma quanto piccolo è questo paese, altrettanto ricca è la varietà della sua conformazione in senso orizzontale e verticale. Non v'è un'altra regione in Europa che in proporzione alla propria estensione abbia un così rilevante sviluppo di coste; in nessun altro luogo inoltre il mare e la terra formano una linea così frastagliata.
Inoltre il paese é quasi tutto coperto di catene di montagne che si elevano sino a 3000 m.; di modo che in complesso é scarso lo spazio che rimane alle vallate fruttifere ed alle spiagge piane e le comunicazioni tra le singole contrade spesso non sono possibili che per mare o attraverso difficili passi montani. L'andamento della storia greca, come vedremo, é in gran parte dipeso da queste condizioni naturali.
Non può esservi dubbio che i Greci, immigrando (da dove è ancora un mistero), trovarono nel paese uno strato anteriore primordiale di popolazione; noi vediamo infatti che gli Indo-germani dovunque in Europa incontravano un popolo lo cacciavano oppure lo assimilarono. Può darsi che parecchi dei ritrovamenti preistorici fatti in suolo greco appartengano a questa popolazione più antica; del resto altre tracce della sua esistenza la popolazione preellenica non le ha lasciate se non nei nomi locali. Da essi possiamo indurre, - ma è abbastanza verosimile - che la popolazione medesima era affine di razza a quella che nell'Asia Minore precedette gli Indo-germani. Ad ogni modo l'antica sparì completamente assorbita dai conquistatori greci, i quali sin dall'epoca in cui cominciano le nostre cognizioni storiche ricoprono in massa compatta dall'uno all'altro mare tutto il paese.
Non siamo ancora in grado di precisare il tempo in cui avvenne l'immigrazione greca; come vedremo, essa va necessariamente collocata al più tardi nel terzo millennio avanti l'era nostra, ma può anche essersi verificata alcuni millenni prima. Nella vicina Tracia i ritrovamenti di una civiltà è anteriore di 4-5 mila anni. In ogni caso essa risale a tempi così remoti che non se ne era conservata nel periodo storico neppure il più lieve ricordo. Anzi alcune delle popolazioni greche, ad es. gli Ateniesi e gli Arcadi, erano convinti di essere originari del suolo che occupavano; altre stirpi greche narravano di migrazioni dei loro antenati, ma si trattava - dicevano - sempre di migrazioni - e piuttosto recenti- nell'interno della stessa penisola greca.
Solamente a datare dal V secolo a. C., e ad opera dell'indagine più colta, e in parallelo l'inizio della scrittura, vediamo manifestata l'opinione che la popolazione greca fosse stata preceduta da uno strato più antico di popolazione e più precisamente che si trattasse dei Pelasgi. Benchè tale opinione abbia, come vedemmo, una base sostanziale perfettamente vera, pure la denominazione di Pelasgi data alla popolazione precedente può essere una congettura erronea. E infatti la nostra fonte più antica, Omero, ignora una simile sovrapposizione di Greci a Pelasgi, e designa invece i Pelasgi come un popolo che dimorava nella Grecia accanto agli Achei e più precisamente nei pressi di Larissa nella Tessalia.
Ed in questa località esistettero dei Pelasgi ancor nell'epoca storica, giacché quella parte della Tessalia che aveva a capoluogo Larissa ha conservato per tutta l'antichità il nome di Pelasgiotide ed i suoi abitanti chiamavano sé stessi Pelasgioti, forma che differisce per il solo suffisso dalla forma Pelasgi ed é usata affatto indifferentemente con quest'ultima da autori del V secolo, ad es. dal poeta Eschilo.
Se non che il piano di Larissa é una delle parti della penisola ellenica che deve essere stata occupata fra le prime dai Greci, perché giace al Nord del territorio linguistico greco e per la sua fertilità costituiva una meta particolarmente attraente per gli immigranti. Ora, é al massimo grado inverosimile intrinsecamente che proprio questa contrada abbia conservato il nome degli abitatori originari. Tutte le analogie storiche dimostrano al contrario che é piuttosto il nome dei conquistatori che resta ricongiunto più tenacementente che altrove alle regioni occupate; si richiamino alla mente ad es. nomi come quelli di Francia, Lombardia, Andalusia, Essex, Middlesex, Sussex, Ispaniola. Inghilterra. Detto questo, occorre ritenere che i Greci, allorché occuparono la pianura tessala, cioé quando immigrarono nelle loro sedi storiche, portavano essi medesimi il nome di Pelasgi; perché un nome nazionale dovevano pur portarlo già allora. Ammettendo ciò, si spiega poi ulteriormente perché Omero designi il Zeus di Dodona, vale a dire il dio del più antico santuario nazionale greco (anche se originariamente sappiamo oggi, che era Trace), con l'appellativo di «Zeus pelasgico », e perché il nome di Pelasgi ritorni come antichissimo nome del popolo anche in altre regioni della Grecia, ad es. in quella di Argo nel Peloponneso e nell'Arcadia, cosa che, sebbene non si riscontri in Omero, pure appare in fonti posteriori che attingono ugualmente ad antiche orali tradizioni.
Quando poi la nazione si sparse sopra un vasto territorio, si suddivise in una serie di rami e smarrì da ultimo la coscienza dell'originaria unità, questo antico nome nazionale comune fu a poco a poco soppiantato da nuovi nomi particolari ai singoli rami; esso rimase superstite (come detto) soltanto nella sua patria più antica, la Tessalia orientale, mentre altrove tutt'al più la leggenda ne conservò solo una oscura memoria.
Ed in verità il frastagliamento del paese dovuto alle catene di monti ed alla penetrazione del mare ebbe per conseguenza che le singole parti della nazione perdettero assai precocemente il primitivo carattere unitario e si differenziarono profondamente per lingua e costumi. Ed é questa la causa di quel particolarismo che costituisce il tratto più infausto del carattere della nazione ellenica e che provocò da ultimo la perdita della sua indipendenza.
Non vi é forse esempio che in un così piccolo spazio siano stati parlati tanti dialetti come in Grecia. La formazione di tali dialetti risale senza eccezioni ad epoca preistorica; già sul volgere del secondo millennio l'accennato processo di differenziazione doveva in sostanza essere cosa compiuta. Non dobbiamo dunque attenderci di trovare in proposito notizie trasmesse per tradizione diretta; solo la stratificazione locale dei dialetti ci porge il mezzo di farci una idea del come i Greci si diffusero nella loro penisola e delle migrazioni compiute dalle stirpi greche nei tempi anteriori all'epoca in cui presero definitivamente dimora fissa.
Ciò che a tal riguardo possiamo discernere è quanto segue, avvertendo peraltro che non bisogna dimenticare che oggi noi non siamo in grado di comprendere se non le grandi linee del quadro, e che verosimilmente le cose in realtà sono andate in modo assai meno semplice.
Nel Nord della Grecia il Pindo, le cui cime, coperte di neve la massima parte dell'anno, raggiungono l'altezza di 2500 metri, come costituisce una netta linea di separazione geografica, così rappresenta una linea di separazione dialettica. Ad occidente di esso, nel paese montuoso d'Epiro sino al mare Jonio, si parlavano dialetti che noi conglobiamo tutti sotto la denominazione di dialetti «dorici settentrionali» e che con abbastanza verosimiglianza erano molto affini al dialetto dorico in senso stretto. Ad oriente del Pindo invece, nella pianura del Peneo, dominava un dialetto completamente diverso, il dialetto tessalo.
Ora, con esso ha strettissime affinità sotto molti aspetti quel dialetto che si parlava in Beozia; pertanto non si può a meno di ritenere che le stirpi parlanti questi due dialetti abbiano abitato in altri tempi un unico territorio.
A mezzogiorno della Beozia poi le montagne del Citerone e del Parneto disegnano a loro volta una linea di separazione dialettica: il dialetto che si parlava al di là di questi monti nella penisola attica e nell'isola d'Eubea sta in aperto contrasto col dialetto beotico, malgrado alcune analogie che non era possibile non fossero generate con l'andar del tempo dalla vicinanza dei due paesi. Ragioni geografiche rendono si può dir certo che questo dialetto, il così detto «ionico», fu parlato un tempo anche nella Megaride, confinante ad occidente con l'Attica, sino all'istmo; e non è impossibile che esso si estendesse anche al di là dell'istmo in una parte dell'Argolide.
Nella rimanente parte, e di gran lunga la maggiore, del Peloponneso si parlava invece in origine un dialetto tutto diverso, quello stesso che è poi rimasto vivo sin nei tempi storici nella regione centrale di questa penisola, l'Arcadia. Dopo di che lo stesso preciso dialetto lo ritroviamo a Cipro, e siccome è chiaro che quest'isola non può essere stata colonizzata dall'Arcadia, situata così com'è nell'interno, è inevitabile la conseguenza che il dialetto arcadico fu un tempo parlato anche sulle coste del Peloponneso.
Malgrado tutte le altre differenze, questo antico dialetto peloponnesiaco coincide con lo ionico in una serie appunto di forme più recenti che sono estranee ai dialetti settentrionali, di modo che anche per questa ragione è verosimile che le stirpi parlanti questi dialetti abbiano dimorato un tempo l'una accanto all'altra.
Questa distribuzione originaria dei dialetti greci, e con essi delle stirpi elleniche, subì in tempi posteriori una profonda trasformazione. Nei tempi storici noi troviamo cioè occupate le contrade della Grecia centrale dal mezzogiorno della Tessalia sino alla Focide da popolazioni che parlavano un dialetto «dorico» completamente diverso dal dialetto tessalo; l'unità territoriale fra Tessali e Beoti era dunque spezzata; perfino nello stesso dialetto beotico si insinuarono numerosi elementi dorici. Lo stesso dialetto, ovvero per lo meno dialetti strettamente affini ad esso, si parlavano sulla costa settentrionale e su quella orientale del Peloponneso, nell'Acaia, nell'Argolide, nella Laconia e fin giù in Messenia; anche il dialetto dell'Elide, la regione litoranea occidentale del Peloponneso, è più vicino al dorico di qualunque altro dialetto greco. Di modo che il dialetto arcadico rimase limitato all'interno dei Peloponneso.
Detto questo, non può esservi dubbio che in lontana epoca preistorica si sia ad un certo momento verificata una invasione di stipi greche nord-occidentali nel centro della Grecia. Di qui poi queste popolazioni varcarono l'angusto canale di Rhion e per primo occuparono le sponde settentrionali del Peloponneso: il nome di Acaia che da allora in poi rimase proprio di questa regione ci dimostra che gli immigranti erano un ramo degli Achei del mezzogiorno della Tessalia. In seguito fu occupata la vicina Argolide, i cui abitanti nell'epopea sono tuttora chiamati Achei, e da ultimo la Laconia. L'Elide può darsi sia stata colonizzata direttamente dalla vicina e sovrastante Etolia.
Venne peraltro il tempo in cui i Greci si sentirono ristretti nella loro antica patria. Se la penisola greca in generale è un paese poco produttivo, le sue regioni litoranee orientali, l'Attica e l'Argolide, son tali in maniera speciale; ma qui la popolazione dovette ben presto lesinare i mezzi di sussistenza. E quindi cercò sul mare quei profitti che la patria le negava. L'ampio sviluppo delle coste elleniche aveva già da tempo reso i Greci buoni marinai; e le isole che dappertutto emergevano dal mare Egeo di fronte al continente offrivano loro una méta seducente. Da principio dev'essersi trattato di semplici scorrerie con lo scopo di far bottino ciò che trovava, di imprese della specie di quelle che, adornate dalla fantasia dei poeti, ci vengono descritte dall'Iliade; però ben presto il pirata fece posto al colono.
L'una dopo l'altra furono occupate tutte quelle isole che, paragonabili ai piloni di un ponte, si susseguono dalla Grecia all'Asia Minore in modo che il navigante non perde mai di vista la terra; finalmente poi anche la costa occidentale; dell'Asia Minore si coprì di una collana di città greche. La popolazione indigena delle piccole isole fu distrutta ovvero si fuse coi nuovi coloni. Nella grande isola di Creta invece tale popolazione era troppo numerosa perché ne fosse possibile la distruzione; tuttavia essa venne ridotta in uno stato di semi-servitù verso i nuovi padroni.
L'estremo oriente dell'isola, la regione circostante a Praesos e ad Itanos, non fu mai neppur conquistata dai Greci e i suoi abitanti, chiamati perciò «i veri Cretesi » (Eteocretesi), conservarono fino ai tempi storici la loro nazionalità e la loro lingua.
Il mare Egeo pertanto divenne un mare greco e tale rimase da allora attraverso tutte le vicende della storia. Nessuna tradizione ci ha tramandato notizie sul modo come procedette questa colonizzazione, e non interessa gran che saperlo: come press'a poco siano andate le cose, lo possiamo desumere dalle descrizioni dell'Iliad. Ma la lingua, i costumi delle colonie non lascian dubbio di sorta sulle regioni della madre-patria d'onde mosse la colonizzazione. Gli abitanti della massima parte delle Cicladi e della Ionia parlavano un dialetto strettissimamente affine a quello che si parlava nell'Attica e nell'Eubea: in quei luoghi poi ritornano pure le quattro tribù (phile) in cui era suddivisa la popolazione dell'Attica. Quei territori quindi furono colonizzati dall'Attica ed in parte forse anche dall'Eubea. Così pure nelle Cicladi meridionali, a Rodi ed in generale nella Doride asiatica si parlava il dialetto argolico, ed a Creta un dialetto molto affine all'argolico; qui pure ritroviamo ovunque le tre tribù argoliche degli Illei, Dimani e Panfili. Di modo che questi paesi vennero colonizzati dall'Argolide e dalla stirpe affine laconica. Finalmente a Lesbo e sulla costa controstante del continente asiatico, nella così detta Eolia, si parlava un dialetto che presenta grandi affinità col dialetto tessalo ed anche col beotico.
Come si vede, la stratificazione delle stirpi greche nelle isole e sulla costa dell'Asia Minore corrisponde perfettamente alla stratificazione delle stirpi medesime nella madre-patria.
Dato ciò, ne deriva ulteriormente che l'occupazione delle isole non può essere stata iniziata se non in un'epoca nella quale le migrazioni delle stirpi elleniche nel continente greco erano, per lo meno nella sostanza, cosa compiuta. È poi di per sé stesso evidente che la colonizzazione di un territorio relativamente così vasto come quello costituito dal complesso delle isole del mare Egeo e della costa occidentale dell'Asia Minore deve aver richiesto dei secoli. Ma all'epoca in cui sorse l'epopea omerica (IX-VIII secolo) i Greci erano già da lungo tempo domiciliati sulla costa asiatica; é chiaro quindi che l'inizio del loro movimento d'espansione risale molto addietro nel 2.° millennio. L'invasione dunque delle stirpi elleniche nord-occidentali nel centro della Grecia deve essere collocata al principio di questo millennio, se pure non é più antica.
L'espansione del popolo greco nei tempi preistorici non si arrestò alle coste del mare Egeo. Già nell'epoca in cui cominciano le nostre prime conoscenze storiche noi troviamo occupate da Greci la pianura pamfilica sulla costa meridionale dell'Asia Minore e la massima parte dell'isola di Cipro; e questa occupazione inoltre é avvenuta in un'epoca nella quale i Greci non conoscevano ancora la scrittura alfabetica ed adoperavano tuttavia in guerra il carro di battaglia. Infatti ancora al tempo di Alessandro Magno troviamo in uso a Cipro una scrittura sillabica, e qui l'uso del carro di battaglia si mantenne vivo sino al tempo della guerra Persiana. Pertanto la colonizzazione di Cipro va collocata al più tardi al principio del 1° millennio avanti la nostra era. Apprendiamo poi da documenti egiziani che sotto il regno di Merneptah e di Ramsete III, verso il 1200 a. C., la valle del Nilo fu funestata dalle incursioni di popoli marittimi che abitavano «nelle isole del gran mare» ("popoli del mare"); le raffigurazioni di questi nemici recate dai monumenti egiziani non lasciano dubbio che essi, almeno in parte, provenivano dall'Asia Minore.
L'identificazione dei nomi di questi popoli quali sono indicati dalle iscrizioni geroglifiche coi nomi di popoli che ci ha tramandati la nostra tradizione classica é per vero cosa assai dubbia e azzardata; tuttavia non é esclusa la possibilità che fra i medesimi si trovassero anche dei Greci e che negli Akaiwasch dei monumenti egiziani siano da ravvisare gli Achei. Ad ogni modo non é inverosimile che queste incursioni di popoli marinali in Egitto stiano in relazione con l'espansione dei Greci in Oriente.
Nell'Asia Minore i Greci in questa epoca non riuscirono ad occupare se non il lembo delle coste; l'ellenizzazione dell'interno non fu raggiunta che in tempi molto più tardi. Ad ogni modo in Asia i Greci si trovarono in continuo contatto con popoli d'altra lingua e di differenti costumi, ed é per conseguenza colà che essi dovettero dapprima acquistar coscienza del contrapposto fra la propria nazionalità e le straniere; ciò peraltro non ancora nel senso che allora si sia immediatamente sviluppato in essi il sentimento della comunanza di nazionalità dell'intero popolo greco, ma nel senso che simile sentimento si sviluppò fra i membri di ciascuna delle razze elleniche.
Esso ebbe la sua manifestazione esteriore nella fondazione di leghe di carattere religioso e nel sorgere di nuovi nomi comuni ai popoli appartenenti a queste federazioni. Così i coloni originari del Peloponneso che abitavano la costa dorica ebbero il loro centro di riunione nel tempio di Apollo esistente sul promontorio triopico presso Cnido e si chiamarono d'ora in avanti Dorii; i coloni dimoranti più a nord e provenienti dall'Attica e dall'Eubea si raccolsero attorno al bosco sacro di Posidone sul capo Micale e si denominarono d'ora in poi Joni ; i coloni tessali e beoti di Lesbo e della costa controstante si designarono Eoli. In se stessi questi nomi sono naturalmente una importazione dalla madre-patria, ma là essi avevano una accezione assai più ristretta; così il nome degli Joni si ritrova come nome di una stirpe gentilizia dell'Attica (Jonidi); si chiamavano Dorii anche gli abitanti della valle fra l'Oeta e il Parnasso, ed il nome degli Eoli lo vediamo portato da parecchie contrade della Grecia centrale.
Ma come distintivi di rami considerevolmente estesi della nazione ellenica questi nomi spuntarono per la prima volta nell'Asia Minore. Di qui essi in seguito si comunicarono a stirpi affini della madre patria, quello degli Joni agli abitanti dell'Attica (così designati già da Omero), quello dei Dorii agli abitanti di Creta (anch'essi indicati così già da Omero), dell'Argolide e della Laconia. Così venne a poco a poco formandosi il convincimento che l'intera nazione si scomponesse nelle tre razze sopra dette, e tutti i popoli che non erano ionici o dorici furono conglobati sotto il nome di Eoli. Questa concezione si riscontra per la prima volta in Esiodo (VIII sec.), salvo che egli aggiunge una quarta razza, gli Achei; il che è dovuto all'influenza dell'epopea omerica.
Quanto sopra è tutto ciò che siamo in grado di discernere relativamente alle esterne vicende del popolo greco sino al principio del 1° millennio avanti la nostra era.
Dopo questa data iniziamo a considerare la civiltà dell'epoca storica ellenica, della quale - le narrazioni tradizionali iniziano ad essere scritte - possiamo fortunatamente avere un quadro più ricco.Inizia quello che comprende gli eroici tempi, sotto i quali si ripongono la spedizione degli Argonauti, la crudeltà delle Danaidi, le fatiche di Ercole, l'assedio di Tebe, l'assedio di Troja, ed altri antichi avvenimenti, i quali sono stati grandemente deformati dalle favole dei Poeti di allora -che forse pur udirono qualcosa come leggenda- ma deformati anche da quelli che non videro né udirono nulla e nel raccontarci le "storie" con la loro fantasia crearono tante... "storielle".
Poiché l'intera mitologia, e le varie metamorfosi di cui le opere abbondano, null'altro sono che piccoli e grandi fatti dell'antica Istoria Greca, questi furono sfigurati e trasformati dalla copiosa fantasia dei primi poeti quando con l'avvento della scrittura vollero "storicizzare" ognuno nel proprio paese, le tradizioni e gli avvenimenti che fino allora erano stati tramandati da padre in figlio in una forma orale.
Del resto gli antichi poeti della Grecia, furono similmente i primi istorici. La stessa cosa è accaduta con la maggior parte delle altre nazioni. L'oggetto di questi poeti essendo stato di piacere e di sorprendere, piuttosto che limitarsi alla piana narrazione delle cose di fatto, le loro descrizioni sono meravigliose oltre tutti i confini della credibilità, e presentano una confusa mescolanza di miracoli, di mostri, di Semidei e di Eroi (e ognuno solo i propri).
Le colonie che abbiamo menzionato sopra, contribuirono a rendere umane e attenuare le selvagge maniere dei primi cosiddetti "Greci" che gradatamente emersero dal barbarismo, dalle forme arcaiche della loro vita e acquistarono a poco a poco più giuste nozioni di tutte le cose. Ciascuno individuo iniziò prima a dare più peso alla sua famiglia come un membro di una comunità chiamata poi "popolo", poi a dare grande importanza anche al luogo dove era nata questa famiglia-popolo; nacque così in seguito lo "Stato" che, non solo un singolo, ma tutti insieme, iniziarono a chiamarla con orgoglio "Patria", cioè "padre/madre" comune di tutti coloro che vi erano nati e l'abitavano.
Simile a quanto accadrà oltre due millenni dopo in America con i primi colonizzatori del Nuovo Mondo.