4. FILOGENIA DELL'UOMO
I punti di vista storici, nei quali noi ci dobbiamo porre per rispondere alle grandi questioni intorno all'origine e allo sviluppo dell'umanità, sembrano essere stati chiaramente e sicuramenti stabiliti in seguito ai progressi scientifici degli ultimi decenni, da noi già ricordati. Se noi perciò, con l'aiuto dei documenti filogenetici già addotti, desideriamo investigare più da vicino nel senso della teoria della discendenza l'albero genealogico animale dell'uomo, dobbiamo nella lunga catena dei suoi progenitori cercare di determinare dall'inizio un certo numero di gradi fissi di evoluzione. Allo stato attuale delle nostre cognizioni empiriche, noi possiamo per ora distinguere i 30 gradi della serie dei nostri antenati o « progonotassi », raggruppati sinotticamente nelle due tabelle sotto.
La prima metà comprende i gradi più antichi nella serie dei nostri antenati, la cui organizzazione e storia noi possiamo dedurre puramente sulla base dell'ontogenia e dell'anatomia comparate, facendo difetto per essi ogni documento fossile; sono in primo luogo i progenitori invertebrati (gradi da 1 a 11) e in secondo luogo i vertebrati più antichi, che non possedevano ancora alcuno scheletro duro e suscettibile di pietrificazione (gradi da 12 a 15).
La seconda metà invece contiene gli antenati vertebrati, che avevano già acquistato un siffatto scheletro solido e poterono quindi esser conservati allo stato fossile; vi appartengono tutti i vertebrati, salendo dai pesci fino all'uomo.
Siccome sono note numerose pietrificazioni di questi vertebrati, che hanno bocca munita di mascelle (gnathostomi), e la loro successione nei diversi periodi della storia della vita organica sulla terra ci dà in mano immediatamente dei fatti storici sicuri, prenderemo a considerare per prima questa serie più giovane dei nostri antenati animali, da lungo tempo estinti. Dobbiamo perciò gettare uno sguardo sui periodi della storia della terra quali sono distinti dalla geologia moderna, e sulla lunghezza dei periodi geologici, nei quali furono deposti gli strati delle rocce sedimentarie.
Periodi geologici. - Dalla disposizione regolare degli strati delle rocce sedimentarie, che compongono la corteccia solida del nostro globo, la geologia moderna ha già riconosciuto da lungo tempo con certezza che per la loro deposizione occorsero periodi lunghissimi di tempo. Secondo la successione degli strati sovrapposti l'uno all'altro e il diverso carattere dei fossili racchiusi in essi, si é distinto un certo numero di grandi e di piccoli gruppi di strati e analogamente un certo numero di periodi, entro i quali gli strati di fango deposti si condensarono in una solida roccia. Ordinariamente si distinguono ora da 12 a 15 periodi nella storia della vita organica sulla terra e questi si distribuiscono in quattro o cinque ere, come ci mostra sinotticamente la tabella che troveremo più avanti.
I calcoli che furono istituiti sulla lunghezza di questi periodi e che si fondano sul diverso spessore degli strati formatisi durante i periodi stessi, hanno condotto a risultati molto differenti. Mentre alcuni geologi calcolano approssimativamente a 100-200 milioni di anni l'intera durata della storia della vita organica sulla terra, altri ammettono per questo un numero di anni doppio o quadruplo ed anche maggiore, fino a sfiorare i 2 miliardi. Se noi per semplicità adottiamo soltanto il numero più modesto, 100 milioni di anni, probabilmente più della metà di essi spettano all'età prima e più antica, quella archeozoica o primordiale; le potenti formazioni laurenziane e algonchiche, deposte durante quell'era, non contengono fossili, poiché i resti organici in esse racchiusi furono distrutti dalla ulteriore metamorfosi della roccia (gneis primitivo e Echisti cristallini). Invece negli strati superiori archeozoici, nel sistema cambriano si trovano i fossili più antichi conosciuti, per lo più animali invertebrati inferiori. I vertebrati mancano ancora del tutto.
La seconda età della storia filogenetica, quella paleozoica o primaria, comprese probabilmente fra trenta e quaranta milioni d'anni. I quattro periodi, che si distinguono in essa, sono di grandissima importanza per la nostra filogenia più antica, perché nel sistema più basso, in quello siluriano, si trovano, i più antichi vertebrati fossili, cioè pesci (selachi e ganoidi); nel sistema seguente, in quello devoniano, compaiono i più antichi vertebrati, che respirino per mezzo di polmoni, cioè i dipnoi; nel contiguo sistema carbonifero (che contiene il litantrace) si presentano i vertebrati più antichi terrestri e quadrupedi, cioè gli anfibi e appunto quelli corazzati (stegocefali) ; finalmente nel periodo più recente, quello permiano, compaiono i più antichi amnistii, cioè i rettili del gruppo dei tocosauri. Mancano però ancora tutti i rettili superiori, gli uccelli e i mammiferi.
Soltanto nella terza età della storia filetica, nell'era secondaria o mesozoica, compaiono queste ultime classi dei vertebrati, più elevate per il loro sviluppo. Questa era fu molto più breve delle precedenti, comprendendo probabilmente soltanto 10-12 milioni d'anni. I tre potenti gruppi di stratificazioni, deposte mentre essa durava, il trias, il giura e la creta, sono ricchissimi di interessanti fossili di vertebrati. Vi prevalgono e vi dominano pienamente i rettili, in modo che l'era mesozoica fu anche chiamata «il regno dei rettili». I giganteschi draghi nuotanti nel mare (Halisaurii), quelli volanti nell'aria (Pterosaurii), quelli enormi terrestri (Dinosaurií) e finalmente gli uccelli più antichi (Saururae) imprimono alla fauna dei vertebrati mesozoici il loro carattere bizzarramente strano.Ma tutti questi rettili singolari e spesso colossali dell'era secondaria non hanno alcuna importanza per il nostro albero genealogico umano. Sono invece di grandissimo momento rispetto ad esso i piccoli e insignificanti monotremi (Pantotherii e Allotherii), che compaiono per la prima volta nel periodo triassico come i più antichi tra i mammiferi. Si sono sviluppati o dai tocosauri del periodo permiano o direttamente dagli anfibi corazzati o stegocefali, dai quali derivano i tocosauri stessi. Dai monotremi più antichi procedettero i marsupiali del periodo giurese e da questi i primi placentali (Mallotherii) del periodo cretaceo, che furono gli stipiti di tutti i placentali.
La quarta grande età della storia della vita organica sulla terza forma l'era terziaria o cenozoica; fu molto più breve della precedente e comprese solo 3-4 milioni di anni (altri geologi la computano da 6 a 8 milioni di anni e anche più). Con ragione si è designato questo periodo come l'era dei mammiferi, poiché ormai questa classe superiormente sviluppata di vertebrati rappresenta una parte principale, prendendo il luogo dei rettili, che vanno diminuendo. Dei quattro periodi, nei quali si divide l'epoca terziaria, i due più antichi (eocene ed oligocene) sono caratterizzati in prevalenza da placentali di organizzazione inferiore e media; soltanto nei due periodi più recenti (miocene e pliocene) la classe dei mammiferi dispiega la sua piena ricchezza di placentari dotati di un'organizzazione superiore, alla cui testa si trovano i primati. Probabilmente soltanto all'ultima suddivisione dell'era terziaria spetta la trasformazione di un ramo delle scimmie antropomorfe nei più antichi uomini.
Come quinta ed ultima età della storia filetica distinguiamo l'era quaternaria o antropozoica, caratterizzata dal pieno sviluppo del genere umano, dalla sua diffusione su tutta la terra e dal potente influsso, che il suo dominio esercita su tutto il resto della natura. I geologi vi distinguono due periodi, il diluviale e l'alluviale; le ricerche più recenti sopra l'epoca glaciale hanno condotto in questo campo a quelle rilevanti scoperte, che sono descritte in altre sezioni di quest'opera. La maggior parte dei geologi più recenti ammettono che la durata di quest'era antropozoica ascenda a più di 100.000 anni. Tuttavia essa appare breve di fronte all'immensa durata degli altri periodi principali della storia della vita organica sulla terra. Per render questo evidente ai sensi, si è proiettata con una riduzione cronometrica la durata minima di 100.000 anni sulla durata di un giorno. Con questa «proiezione riducente» (di Enrico Schmidt) le 24 ore del «giorno della creazione» si ripartiscono nel modo seguente tra i cinque periodi filogenetici citati di sopra
I. Periodo archeozoico (52 mil. anni) dalla mezzanotte alle 12,28' 12 ore 28 min.
Il. Periodo paleozoico (34 mil. anni) dalle 12,28' alle 20,37' 8 ore 9 minuti
III. Periodo mesozoico (11 mil. anni) dalle 20,37' alle 23,15' 2 ore 38 minuti
IV. Periodo cenozoico (3 mil. anni) dalle 23,15' alle 23,58' - 43 minuti
V. Periodo antropozoico (0,1-0,2 mil. anni) dalle 23,58' a mezzanotte - 2 minuti.Se si computa a 6000 anni, seguendo l'uso comune, la durata del periodo della storia dell'umanità, che abitualmente si designa col nome di «storia universale» e corrisponde a un'epoca di civiltà, la sua lunghezza è soltanto 5 secondi dell'intera giornata della creazione biogenetica.
La tabella seguente ci offre un prospetto delle cinque ere e dei sedici periodi della storia della vita organica sulla terra, nel quale si ammette una durata minima di 100 milioni di anni per quella storia.
La successione storica qui riportata, nella quale i resti pietrificati dei vertebrati estinti compaiono gli uni dopo gli altri nei singoli periodi della storia della terra, é da porre tra i documenti più importanti della storia della nostra stirpe umana. Poiché questa successione di epoche stabilita empiricamente corrisponde in tutto alle idee teoriche sopra l'affinità di stirpe delle classi dei vertebrati, quale è stata determinata con indagini critico-morfologiche dall'anatomia e dall'ontogenia comparate. La successione dei gradi più importanti nell'evoluzione dei nostri antenati vertebrati può quindi considerarsi come accertata a partire dal siluriano, cominciando con gli antichi «pesci primordiali» (Selachii): vedi le due tabella già esposte sopra.
Antenati presilurici. La cosa è diversa rispetto ai progenitori presilurici, ossia a quelle forme animali inferiori della serie degli antenati, vissute durante l'era archeozoica: vedi la prima delle due tabelle. Non avendoci essi lasciato alcun resto fossile, per la mancanza di parti scheletriche consistenti, e facendo perciò per essi difetto la fonte paleontologica, dobbiamo del tutto ricorrere alle due altre testimonianze dell'anatomia e dell'ontogenia comparate. A queste siamo però debitori d'informazioni importantissime e di grande interesse. Quali precursori prossimi dei pesci (dei vertebrati più antichi con mascelle alla bocca e con fosse nasali pari) si presentano due infime classi dei vertebrati, i ciclostomi e gli acrani ; e questi sono preceduti da una lunga serie di antenati invertebrati.
Antenati privi di mascelle (ciclostomi e acrani). Le due classi inferiori e più antiche dei vertebrati, che insieme possono essere caratterizzate dalla mancanza di mascelle e dalla fossa nasale impari, sono rappresentate attualmente da poche forme viventi; queste hanno però una grande importanza storica, gettando una viva luce sull'origine di tutti i vertebrati con mascelle (salendo dai pesci fino all'uomo). I ciclostomi sono rappresentati anche oggi dalle notissime lamprede (petromizonti). I più antichi acrani hanno lasciata un ultimo epigone solo nel celebre anfiosso. Le due classi per molti e cospicui caratteri si distinguono dai pesci, coi quali prima erano riunite: la mancanza cioè di mascelle, di coste e di arti pari, di vescica natatoria, la costituzione impari del naso e così via. Tutta la struttura del corpo è nelle due classi molto più semplice che nei veri pesci. Ambedue le classi sono poi tra loro essenzialmente differenti. I ciclostomi, che sono i più recenti, possiedono già un vero cranio e un cervello racchiuso in esso, composto da cinque vescicole (come negli gnatostomi). Negli acrani invece manca e il cranio e il cervello. L'anfiosso, quale unico superstite degli acrani, ci mostra tanti altri caratteri di organizzazione primitiva, da essere ora considerato in generale come un'immagine approssimativa degli antichissimi vertebrati - primordiali (Prosbondylia) - la radice dell'intero tronco dei vertebrati. I ciclostomi invece formano il passaggio filetico dagli acrani ai pesci più antichi.
Antenati invertebrati. Mentre i contorni del nostro albero genealogico entro il tipo dei vertebrati sono in tal modo accertati, i suoi rapporti di derivazione dagli animali più antichi e invertebrati sono per molti lati malsicuri e sono molto variamente interpretati. Tuttavia recentemente il maggior numero degli zoologi moderni si è trovato d'accordo nella convinzione che la parte di gran lunga maggiore degli invertebrati non abbia alcun rapporto indiretto di parentela coi vertebrati. Questo sia detto specialmente delle grandi divisioni degli articolati (insetti, crostacei, anellidi), dei molluschi (cefalopodi, gasteropodi e conchiferi), degli echinodermi (stelle e ricci di mare, crinoidi), degli cnidari (meduse, coralli, polipi). Della massa così ricca di forme degli invertebrati rimangono così soltanto poche classi, nelle quali noi possiamo cercare i progenitori diretti dei vertebrati. Le più importanti tra queste sono quelle dei tunicati, dei vermi e dei gastreadi.
I tunicati sono in questi ultimi tempi considerati quasi generalmente come i parenti prossimi dei vertebrati. Quanto ci appaiono differenti da questi allo stato adulto, tanto sono ad essi evidentemente conformi nel loro sviluppo embrionale. Specialmente la giovane larva dell'anfiosso ci mostra in sostanza la stessa costituzione di quella delle ascidie tra i tunicati. In modo del tutto simile ambedue ci mostrano il loro corpo formato da sei organi primitivi: l'epidermide all'esterno e il centro nervoso (tubo midollare), che hanno origine dal foglietto esterno del primo germe (ectoderma); il tubo intestinale e il filamento cartilagineo assile (chorda) prodotte dal foglietto interno (entoderma) ; i muscoli e i gonadi derivati dal foglietto medio (mesoderma). Poiché anche l'embrione dell'uomo e di tutti i vertebrati mostra in un certo periodo poco avanzato del suo sviluppo la stessa struttura di questa larva cordata (chordula), secondo la legge fondamentale biogenetica ne concludiamo che tutti i tunicati e i vertebrati derivano da una forma-stipite inferiore comune (Chordaea); e la loro origine noi dobbiamo ricercare tra i vermi inferiori (vermalia).
Antenati vermali. La lacuna più ampia e sensibile, che anche oggi esista nella storia delle stirpi dei vertebrati, riguarda la serie dei loro antenati, che si trova fra i più semplici animali cordati e le gastreadi molto più antiche.
Senza dubbio i cordati (vertebrati e tunicati) derivano, al pari di tutti gli altri animali con tessuti distinti o metazoi, da gastreadi estinti; questo è dimostrato dalla loro ontogenesi. Ma le opinioni degli zoologi differiscono molto tra loro sulle forme intermediarie, che si devono ammettere ipoteticamente in questa lunga catena di antenati fra i vermi (vermalia) tuttora viventi e i più antichi platodi. Tra le diverse ipotesi esposte su questo argomento è ora la più probabile quella, secondo la quale da un ramo dei gastreadi abbiano preso origine prima dei platodari inferiori, poi dei platodini superiori; e che da questi ultimi platodi (della classe dei turbellarî) siano derivati ulteriormente dei semplici provermalii (simili ai gastrotrichi), poi dei frontoni (affini agli attuali enteropneusti). Da questi vermali come da una radice poterono svilupparsi le forme-stipiti dei cordonii, i cordati primordiali o procordonii - simili ai moderni copelati. In questa parte appunto della filogenesi si sono estinti moltissimi gruppi di antenati, senza lasciare resti viventi.
Antenati gastreadi. In contrasto con la incertezza del tratto precedente incontriamo coi gastreadi un punto fisso della nostra serie importantissimo e stabilito con la massima sicurezza. Troviamo qui il fatto rilevantissimo che tutti i metazoi o animali pluricellulari differenziati in tessuti - nonostante la varietà straordinaria della loro organizzazione ulteriore - nel loro sviluppo dall'ovo-cellula passano per una stessa forma embrionale di due foglietti o lamine. A questo grado di sviluppo tutto il corpo risulta da due semplici strati di cellule, i due « foglietti germinativi primari » (ectoderma ed entoderma); essi formano la parete di un piccolo sacco ovoideo, la cui semplice cavità è l'intestino primordiale e l'unica apertura la bocca primordiale. Poiché con la teoria della gastrea (1872) fu dimostrata l'omologia generale o equivalenza di questo stadio embrionale (gastrula o larva a cupula) in tutti i metazoi, da questo, secondo la legge fondamentale biogenetica, inferiamo una comune derivazione di tutti gli animali con tessuti da una forma-stipite primitiva: Gastraea. Nel Pemmatodiscus, tuttora vivente, è conservato fedelmente il prototipo di essa ; ma anche il comune polipo di acqua dolce (Hydra) e le forme più semplici delle spugne (Olynthus) se ne sono poco allontanate.
Antenati protisti. In tutte le forme fin qui considerate della nostra progonotassi il corpo era costituito da diversi tessuti ed anche nei gradi più semplici di sviluppo menzionati da ultimo risultava da due strati cellulari, che per divisione del lavoro avevano acquistato forme e funzioni differenti. La teoria della gastrea c'insegna ancora che la forma embrionale a due lamine della gastrula deriva ovunque in simile guisa da una semplice ovo-cellula. Questo importantissimo o processo ontogenetico della formazione dei foglietti germinativi (o gastrulazione), facile sempre ad osservarsi, getta in pari tempo una viva luce sulla via filogenetica, secondo la quale dai semplici protozoi hanno preso origine gli animali pluricellulari con tessuti. L'ovo-cellula fecondata o cellula-stipite (nata dalla fusione dell'ovo-cellula femminile e della cellula spermatica maschile) si divide ripetutamente in molte cellule e queste si dispongono in guisa da formare la parete (ad un solo strato di cellule) di una semplice sfera cava. Questa vescicola germinativa (blastula) è la ripetizione ontogenetica di un simile stato nella serie degli antenati (Blastaea), e questo si può concepire come una riunione sferica cellulare (Coenobium) d'infusori sociali. Per invaginazione della blastula ad un solo strato prende origine la gastrula a due strati o lamine. Similmente a tutte le altre unioni cellulari di protisti sociali, anche queste blasteadi (simili alle volvocinee e magosfere tuttora viventi) hanno avuto origine dall'associazione di singole cellule che vivevano isolate (monere (= da solo) vedi più avanti).
L'originaria derivazione dell'uomo, come di tutti gli altri organismi pluricellulari, da semplici protisti unicellulari è attestata dal fatto incontestabile che oggi ancora ogni uomo nel principio del suo nascere come individuo è una semplice cellula. Quest'ovo-cellula possiede nell'uomo esattamente la stessa forma come in tutti gli altri mammiferi vivipari; è una piccola sfera di circa 0,2 mm. di diametro, appena visibile ad occhio nudo come un sottile punto; al microscopio si vede che è racchiusa da uno spesso inviluppo e che contiene un nucleo cellulare. Le ovo-cellule giovani non possiedono ancora un invoglio e si muovono come cellule nude in modo affatto simile agli animali cellulari più semplici, alle amebe.
Secondo la legge fondamentale biogenetica questo germe unicellulare deve essere interpretato come la ripetizione ereditaria di una corrispondente forma-stipite unicellulare. Nuove ricerche hanno reso molto probabile la supposizione che si debba distinguere una serie di antenati protisti, appartenenti a diverse classi di questo gruppo così ricco di forme. Considerazioni fisiologiche ci persuadono a distinguere in questi antenati protisti due gruppi: piante primordiali più antiche (Protophyta) con ricambio di materia come nei vegetali (Plasmodomi) e animali primordiali più giovani (Protozoi) con ricambio di materia come negli animali (Plasmophagi). Gli ultimi ebbero origine dai primi per inversione del ricambio (metasitismo).
Degli antenati protozoi probabilmente i più recenti appartennero agli infusori (Flagellata), i più antichi ai rizopodi (Lobosa). Degli antenati protofiti i più recenti furono presumibilmente delle algarie semplicissime o «alghe unicellulari» (simili alla Palmella) e invece i più antichi furono cellule senza nucleo o monere (simili alle Chromaceae o alle Phycochromaceae attuali). A queste ultime appartengono gli organismi più semplici viventi da noi conosciuti; dei granuli sferici di plasma senza struttura e senza nucleo (Chroococcus).Le monere (significa "solo") fu osservato per la prima volta nel 1864 nel Mediterraneo, da Haekel. Sono bollicine mucillacinose, quasi invisibili a occhio nudo, raramente oltrepassano 1 millimetro di diametro. Formate da una sostanza carboniosa albuminoide, si appiccicano insieme con le molecole vegetali di una foglia; si rinvengono riuniti sotto forma di piccoli ammassi gelatinosi, sulle rocce e nel mare. Sono organismi senza organi: non testa, nè membra, nè stomaco, nè cuore, nè sistema nervoso o muscolare. Materia senza struttura, semplice, omogenea, questo granello vivente è altrettanto pianta quanto animale. Di una vitalità sorprendente, lo si è trovato anche negli abissi oceanici fino a 8000 metri di profondità. E' quasi sferico, cioè di una forma elementare per eccellenza. E' mobile. Quando si mette in moto, si formano alla sua superfice alcune sporgenze digitate, dei pendicelli informi, che gli permettono di cambiare posto. Si nutre senza bocca, senza tubo digestivo, senza stomaco, per endosmosi, come le piante penetrando il nutrimento da assorbirsi, mediante contatto, fino al suo interno. Per riprodursi si divide in due parti che si formano in seguito ad una strozzatura. Questo modo di riproduzione non è che un eccesso di crescita dell'organismo, oltrepassante il suo volume normale.
Con la formazione si simili "esseri" ha probabilmente avuto principio la vita organica sul nostro globo; come si debba immaginare questa «archigonia» (quale una forma determinata della così detta «generazione primordiale o spontanea») fu estesamente spiegato di recente da Ernesto Haeckel nella sua opera sugli «Enigmi del mondo» e sulle «Meraviglie della vita».
Un paragone spregiudicato e un meditato giudizio sui fatti oggi conosciuti della anatomia ed ontogenia comparate, della fisiologia e della paleontologia ci guida perciò alla convinzione che l'uomo, quale vertebrato più perfetto, ha la stessa origine di tutti gli altri vertebrati.
Molto lontani dal trovare in queste limpide cognizioni filogenetiche una ragione di avvilimento, semmai vi scorgiamo invece un potente incitamento ad un'evoluzione che ascenda sempre più in alto.