VIAGGIO FRA GLI SCANDALI che hanno afflitto (ed affliggono)
la storia della Repubblica nata nel 1946 da grandi ideali
UN'ITALIA
MOLTO PERMALE
di MARIA GRAZIA MAZZOCCHI
Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, l'Italia è un Paese distrutto, un cumulo di macerie fisiche e morali. Non solo ha perso la guerra, ha perso anche ogni credibilità politica ed etica. Dove trovare la forza per rialzare la testa, per ricominciare a lavorare e ricostruire la fiducia insieme alle case, ai paesi, alle città?
Il 10 agosto 1946 De Gasperi rappresenta la neonata Repubblica Italiana alla Conferenza di Parigi, e davanti ad un'assemblea gelidamente ostile pronuncia un discorso di grande dignità morale, un discorso che gli conquista la stima dei vincitori, in particolare del segretario di Stato americano James F. Byrnes.
L'Italia potrà rimettersi in piedi certamente anche grazie agli aiuti economici dell'European Recovery Program, meglio noto come piano Marshall, ma sarà soprattutto la forza e l'esempio di uomini come Parri, Calamandrei, De Nicola, Einaudi, Nenni, dello stesso De Gasperi a permettere agli italiani di rialzarsi da terra e di lavorare per un Paese migliore.
I valori della Resistenza calati nella politica di una democrazia tutta da costruire sono il lievito che muove il Paese.
Si può seguire il flusso di questa spinta etica nei primi anni del dopoguerra, ma troppo presto si possono vedere anche gli effetti negativi dell' antico malcostume, che un po' per volta tende a soffocare gli entusiasmi seppellendoli sotto una massa di informe materia costituita da lotte di partito, guerre di correnti, interessi personali, clientelismi, affarismi, espedienti per mantenere ogni poltrona, seggiola o sgabello conquistati per sé.
Ma nel 1948 l'Italia dimostra grande temperamento. Il 14 luglio l'attentato a Togliatti la getta nel caos: si lotta a Montecitorio, si spara per le strade, ma sono forze vitali che si esprimono, anche se in modo troppo violento e senza regolamentazione.
Pur divisa fin dall'inizio in due blocchi ideologici distinti facenti capo alle due grandi potenze (Stati Uniti e Unione Sovietica), tutta l'Italia vuole riscattarsi dal periodo fascista con le sue chiusure e i suoi egoismi, per cercare nella lotta comune una via democratica al progresso: economico, politico, culturale. Ad ogni appello di una delle due parti, il popolo risponde con grande partecipazione, perché se una parte crede nei valori proposti dalla Democrazia Cristiana e dalla Chiesa cattolica, l'altra crede nei valori del socialismo e del comunismo: per entrambe le parti il richiamo è a valori di partecipazione, di condivisione, di uguaglianza.
Tutti si sentono spinti da una grande tensione morale a creare i presupposti per un mondo migliore sia per i singoli che per la collettività. Le prime delusioni arrivano però già con le prime importanti riforme: la riforma agraria del maggio 1950, la legge stralcio dell'ottobre, la legge della Regione Sicilia del 27 dicembre dello stesso anno si rivelano davvero limitate, frutto come sono di emendamenti e compromessi. Non riescono a garantire ai più deboli il possesso di terre sufficienti per una dignitosa sopravvivenza, ma portano purtroppo acqua al mulino di un folto sottobosco di intriganti e faccendieri pronti ad approfittare di ogni situazione confusa.
Grave colpa di questa riforma agraria fu quella di aver indebolito e disseccato la linfa di aggregazioni e cooperazioni che aveva saputo unire i contadini un una lotta comune. Ora il movimento contadino, sconfitto, si divide e perde ogni capacità di portare avanti quei valori di solidarietà, di sacrificio , di giustizia per cui aveva lottato dalla fine della guerra in poi.
Nell'agosto del 1950 nasce la Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse per il Mezzogiorno e si decidono altre facilitazioni creditizie per le attività industriali in Meridione. Un tentativo di mantenere la pace sociale che però va ad alimentare speculazioni, interessi privati, attività inutili e spesso anche di stampo mafioso, le infrastrutture del potere politico soprattutto democristiano.
Come funziona il sistema del potere politico, in modo più drammaticamente evidente al Sud?
Ce lo spiega Paul Ginsborg nella sua Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi:
"Il partito non era lo stesso in tutte le località, ma i livelli principali della gerarchia sono generalmente riconoscibili. In cima vi erano i capi corrente, i leader delle diverse correnti nazionali. (…) Immediatamente dopo, veniva un gruppo di numerosi notabili: senatori, deputati di lunga data, recenti ministri e sottosegretari, direttori di enti speciali. (…) Segretari cittadini e notabili facevano grande assegnamento sul gruppo immediatamente successivo nella gerarchia, quello dei grandi elettori, influenti personaggi capaci di raggiungere più di un gruppo sociale. (…) A un gradino più basso stavano i capi elettori, sergenti caporali dell'esercito democristiano. Erano attivisti capaci di raggiungere un unico settore, sia esso lavorativo (gli operai dell'edilizia) o geografico (un quartiere popolare della città) o perfino criminale (come la camorra a Napoli), che offrivano servizi - affrettare l'erogazione delle pensioni o il rilascio di licenze - in cambio di voti. Anche le parentele erano di grande importanza per costruirsi un affidabile pacchetto di voti. (…) Infine vi era la gente comune che, in un momento o nell'altro, era diventata cliente del partito dominante.
"Che profitto poteva aspettarsi il partito dai favori dispensati? Al livello più alto la valuta con cui si ripagavano i favori era il denaro: la "bustarella" era il pedaggio dell'uomo d'affari o del proprietario speculatore in cambio dell'attenzione mostrata dagli amministratori locali ai suoi interessi. Ai livelli più bassi il guadagno principale era naturalmente la fedeltà al momento del voto, in particolare del voto di preferenza."
"Strettamente legato al sistema partitico era il sistema di controllo degli enti pubblici, anch'essi "conquistati" da questo o quel partito e utilizzati senza pudore per controllare i flussi di spesa delle opere pubbliche, l'erogazione dei crediti a livello locale, l'assegnazione dei posti di lavoro, dei permessi, dei favori. Particolarmente ambiti erano gli ospedali, che potevano servire a parecchi scopi oltre a quello di curare gli ammalati. Per esempio nel 1963 il presidente dell'ospedale di Catania "Vittorio Emanuele", Alfio Di Grazia, un democristiano alla ricerca disperata di voti per essere rieletto, ricovererà nel suo ospedale un bel numero di falsi malati residenti in una circoscrizione a lui estranea per farli votare per lui in quella "giusta". E non parliamo dell'uso che veniva fatto di prescrizioni e medicinali, fino al famigerato, più recente caso del dottor Poggiolini…"
Scrive ancora Ginsborg: "Se da una parte questo sistema veniva incontro alle esigenze di molti, dall'altro la Democrazia Cristiana aveva deluso nella sua capacità di realizzare uno Stato nel quale gli italiani si potessero identificare. Soprattutto nel Sud, il partito era visto più come uno strumento da utilizzare che non come rappresentante di un insieme di valori cui credere.(…) Il cittadino non si sentiva vincolato a uno Stato che non riusciva a garantirgli funzionari onesti e servizi pubblici decenti, maggiore giustizia e democrazia, una migliore tutela delle libertà civili."
E' del marzo 1953 la legge elettorale, subito battezzata "legge truffa", che prevede un premio di maggioranza: alla coalizione che ottenga anche un solo voto in più della metà dei voti validi verranno attribuiti 380 seggi su 590 (64%). In realtà questo premio di maggioranza non scatterà poiché la coalizione aggregata intorno alla Democrazia Cristiana raggiungerà solo il 49,8%, ma queste elezioni, regolate da una legge simile, segnano il distacco degli italiani da De Gasperi, che a sua volta si sente profondamente deluso.
Fu davvero una truffa? Forse così dovrebbero essere qualificate tutte le leggi che prevedono un premio di seggi non guadagnati dalle urne, a maggior ragione se tale premio è destinato a scattare non solo per chi ha ottenuto la maggioranza, ma per chi ha ottenuto una maggioranza relativa molto lontana dal 50%?
Si apre ora una stagione di scandali destinata a durare fino alla fine della prima repubblica, e ben oltre.
L'11 aprile 1953 sulla spiaggia di Tor Vaianica, a sud di Ostia, viene trovato il corpo senza vita di una bella ragazza, Wilma Montesi, sparita da casa due giorni prima. Qualche mese più tardi un oscuro cronista, certo Silvano Muto, ipotizza che la ragazza non sia morta sulla spiaggia, ma in seguito ad assunzione eccessiva di stupefacenti durante una festa molto osé nella tenuta di Capocotta presso Castel Porziano, residenza abituale del marchese Ugo Montagna. Alla festa, scrive Muto, era presente anche Piero Piccioni, abituale accompagnatore della signorina nonché figlio del ministro democristiano Attilio Piccioni.
Senza tenere conto degli alibi degli imputati, che poi verranno assolti al processo nel maggio del 1957, il giudice Raffaele Sepe, sull'onda delle insinuazioni dei giornali e delle voci gonfiate dagli avversari politici di Piccioni padre, fiero oppositore di Amintore Fanfani, fa arrestare Piero Piccioni e Ugo Montagna. Attilio Piccioni, che aspirava a divenire il successore politico di De Gasperi alla guida della Democrazia Cristiana, è costretto dallo scandalo a dare le dimissioni dalla sua carica di ministro degli Esteri e a porre fine alla sua carriera politica. Una congiura ordita appositamente da un'ala della DC? "Niente affatto", dice Giulio Andreotti, e se lo dice lui…
Si comincia in questi anni a parlare di un altro personaggio molto discusso della tribuna politico-imprenditoriale italiana: ENRICO MATTEI un uomo intelligente e deciso, con indiscusse capacità imprenditoriali, ex comandante partigiano, cattolico osservante, al quale era stato affidato il compito di liquidare l'AGIP, Azienda Generale Italiana Petroli. Nata in epoca fascista col compito di "cercare, acquistare, trattare e commerciare petrolio", l'AGIP non era riuscita a trovarne per niente sul territorio italiano ed era ormai un rudere da mettere da parte.
Ricorda Montanelli ne L'Italia del Novecento: "Avuto il giocattolo, Mattei voleva guardarci dentro molto bene prima di distruggerlo. Lo aiutò l'ingegner Carlo Zanmatti, che non era un burocrate, ma un tecnico capace. Per la prima volta egli spiegò a Mattei che le ricerche fino a quel momento svolte non avevano dato esito promettente per quanto riguardava il petrolio: l'avevano invece dato per il metano. E a Mattei, che non ne sapeva nulla, chiarì come il metano potesse essere impiegato in grandi quantità non per l'autotrazione, ma per uso industriale. Il che esigeva una rete di metanodotti costosi e tecnicamente impegnativi; ma poteva valerne la pena. (…) Mattei giuocò quella carta e vinse in cinque memorabili anni".
Le mosse rapide e prive di scrupoli di Mattei cambiano profondamente l'Italia: egli fonda una corrente democristiana, scava centinaia di chilometri di condutture per trasportare il suo metano in tutto il Paese, scavalca il cartello delle Sette Sorelle, le potenti multinazionali del petrolio, vantandosi di avere violato almeno ottomila fra leggi, regolamenti e ordinanze locali.
Nel 1953 Mattei è a capo dell'ENI, Ente Nazionale Idrocarburi, e nel giro di pochi anni il suo potere diventa grandissimo: per quasi dieci anni egli fa in Italia il bello e il cattivo tempo ottenendo quello che vuole attraverso regalie, elargizioni, favori. "I partiti - dice Mattei - sono come i taxi. Li chiamo quando servono perché mi portino dove voglio. Poi sendo e pago la corsa." Nell'aprile del 1956 fonda il quotidiano "Il Giorno", con la direzione di Gaetano Baldacci.
Personalmente incorruttibile, è fonte di mille corruzioni fino alla sua tragica morte per incidente aereo il 27 ottobre 1962. Chi avrebbe potuto avere interesse a toglierlo dalla scena? Praticamente tutti: l'estremismo di destra, ostile a Mattei per le sue aperture al modo arabo produttore di petrolio; le Sette Sorelle, scavalcate ed esautorate di buona parte del loro potere dai rapporti intessuti direttamente dall'ENI con i Paesi mediorientali; Israele, e perfino la mafia.
Nel 1956 l'opinione pubblica italiana è fortemente scossa dagli avvenimenti che hanno luogo nel mondo sovietico. Dopo la morte di Stalin, il rapporto con cui il 18 marzo Krusciov ne denuncia i crimini sconvolge le coscienze dei comunisti italiani. Nenni osserva che il rapporto pone in discussione non solo Stalin, ma tutto il sistema sovietico, lo Stato, il Partito in sé e per sé, la Terza Internazionale, lo stesso Lenin.
Togliatti non la pensa allo stesso modo, e tra i due leader si scava un solco molto profondo.Togliatti fatica ad accettare fatti fino ad allora rimasti sconosciuti ai socialcomunisti italiani. Lui aveva sempre saputo? Solo in giugno egli prende posizione, con un ritardo colpevole o quanto meno ambiguo.
Nel novembre dello stesso anno truppe sovietiche entrano a Budapest. E' una immane tragedia per chi aveva creduto nei principi di libertà e solidarietà sostenuti dagli insorti ungheresi.
Togliatti capisce bene la portata degli eventi, ma alla fine sceglie ancora una volta di schierarsi dalla parte dell'URSS "per impedire la vittoria delle forze reazionarie". Questa scelta proietta la sua ombra su tutte le forze della sinistra italiana, che ne rimane gravemente ferita.
Scrive Mammarella ne L'Italia contemporanea 1943-1998: nel quinquennio 1953-1958 "il rinnovamento morale e civile del Paese, che avrebbe dovuto scaturire dallo spirito della Resistenza, risulta definitivamente compromesso dalla spaccatura che la guerra fredda e le crociate ideologiche avevano provocato. Anche il gusto neorealista e così intimamente legato ad una stagione della nostra cultura e della vita nazionale è ormai superato e si cominciano ad esaltare i nuovi miti della ricchezza, del benessere e dell'intraprendenza personale".
Nell'estate 1960 il governo Tambroni, appoggiato in Parlamento dai missini, compie un passo falso che suscita scalpore e costa caro al Paese. In occasione di tafferugli in coda al congresso missino a Genova, la polizia spara. La protesta divampa in tutt'Italia e si contano morti a Reggio Emilia, a Palermo, a Catania.La svolta autoritaria progettata da Tambroni è sventata da un imponente movimento di massa popolare.
E' datato 1964 il piano preparato questa volta dal generale dei carabinieri De Lorenzo, ex comandante del Sifar, i servizi segreti delle forze armate, e denominato "Solo" in quanto avrebbe dovuto appoggiarsi solo sui carabinieri, l'unico corpo di cui De Lorenzo riteneva di potersi fidare. Già come comandante del Sifar egli aveva redatto liste comprendenti oltre 1600 nomi di personalità di spicco "pericolose per la sicurezza pubblica", e il suo piano ne prevede l'arresto. De Lorenzo era inoltre pronto ad occupare punti strategici come stazioni radiotelevisive, centrali telefoniche, sedi di partiti politici, prefetture. Un piano gravemente sovversivo che verrà reso pubblico solo anni più tardi, in seguito ad una campagna di stampa scoppiata per il ritrovamento dei fascicoli Sifar.
Gli anni del grande boom sono ormai passati, anche a causa della spudorata lottizzazione degli incarichi direttivi nel settore pubblico, per cui al vertice delle più importanti aziende statali si sono ormai asserragliati uomini dei partiti o comunque da loro scelti, con risultati sempre più negativi. Per l'IRI l'ultimo anno in utile è il 1963, per l'ENI il 1969.
Eugenio Cefis, il successore di Mattei alla presidenza dell'ENI, uomo capace ma di ben pochi scrupoli, non si accontenta di quanto già in sue mani, ma decide di acquistare, con i soldi dell'ENI e senza informarne nessuno, pacchetti azionari consistenti di Montedison, fino ad assumerne il controllo. Molto perigliosa l'esistenza di questa azienda, che già era nata da una fusione tutt'altro che limpida tra Edison e Montecatini, e che finirà nelle mani di Gardini attraverso lotte senza esclusione di colpi.
Lo stile imprenditoriale di Cefis farà molti proseliti negli anni a seguire: incurante dei risultati di bilancio delle sue aziende, che tanto avrebbero ricevuto sempre denaro nuovo dallo Stato, egli accumula passivi pesantissimi sui quali fonda un impero: imprese, giornali, partecipazioni in una miriade di attività sostenute da finanziamenti ai partiti e ai servizi segreti. A metà degli anni Settanta questo sistema è ormai una prassi consolidata e diffusa, tanto che all'Alfa Sud ogni automobile costa un milione più del suo prezzo di vendita!
Tra il 1974 e il 1975 scoppiano due grossi scandali: quello dei petroli e lo scandalo Sindona. Il primo è conseguente alla scoperta di uno scambio tra partiti di governo e società petrolifere: facilitazioni e aumenti di prezzi in cambio finanziamenti. Il secondo riporta traffici di favori contro soldi tra il banchiere Sindona ed esponenti della DC.
Nella campagna elettorale del 1976 Berlinguer tenta di richiamare l'Italia a valori di eticità, austerità, solidarietà, anche in campo internazionale. In un primo tempo sembra che egli possa raccogliere intorno a sé e al PCI, che si era sempre tenuto fuori da maneggi troppo smaccati, tutti gli animi (tanti) disgustati dall'andazzo generale, con la promessa di combattere la corruzione e di ritornare ad una politica e ad una gestione della cosa pubblica più onesta. Ma il sistema incentrato sui partiti di maggioranza regge, e Berlinguer non riesce ad andare al potere.
Scoppiano uno dopo l'altro molti scandali: il rapporto Pike rivela i finanziamenti elargiti dalla CIA, ente di spionaggio americano a molti partiti politici italiani, e poco dopo il presidente dell'americana Lockheed rivela al settimanale Panorama di aver distribuito tre miliardi di lire a politici e funzionari italiani per far acquistare all'Italia un loro aereo, l'Hercules C130. Vengono coinvolti in questo scandalo i ministri della Difesa Gui e Tanassi, l'ex presidente del Consiglio Rumor e perfino il presidente della Repubblica Giovanni Leone.
Le carenze di un sistema incapace di reagire, di un apparato statale lento e pesante vengono alla luce in modo drammatico in occasione del grave terremoto che colpisce l'Irpinia nello stesso 1976 facendo 925 morti e 50.000 senza tetto.
Nel 1980 un nuovo e ancor più violento terremoto in Irpinia, Basilicata e Cilento denuncia come in 4 anni nulla sia cambiato e, al di là di sporadici, a volte eroici slanci personali, nessun aiuto concreto riesca ad arrivare in tempi decenti per alleviare il dolore e i disagi delle popolazioni colpite.
Un nuovo scandalo petrolifero coinvolge faccendieri e politici insieme ai vertici della Guardia di Finanza nelle persone dei generali Giudice e Lo Prete. Ma già nella primavera successiva (1981) un' altra ondata di sdegno scuote l'Italia intera: nel corso di una perquisizione nella villa di Licio Gelli ad Arezzo viene rinvenuta una lista con i nomi di 953 affiliati alla loggia massonica P2. Si tratta di finanzieri, imprenditori, giornalisti, militari e comandanti dei servizi segreti SISMI e SISDE. All'origine dell'inchiesta e della perquisizione a casa di Gelli sta un personaggio già noto nel mondo dei tangentisti e dei faccendieri: il finanziere Michele Sindona, che finirà ucciso in carcere, avvelenato da un caffè.
Essere iscritti ad una loggia massonica non rappresenterebbe di per sé un crimine, ma in questa lista si nascondono con inquietante segretezza personaggi legati alla maggior parte degli scandali degli ultimi anni: quelli dei petroli; quello del Banco Ambrosiano; l'omicidio del giornalista Mino Pecorelli che era giunto troppo vicino ad alcune pericolose verità; attività terroristiche; traffici di armi e di droga; progetti eversivi legati ai servizi segreti.
A Milano e a Torino, nelle città del Nord, le grandi imprese hanno da tempo accettato l'andazzo di pagare tangenti in cambio di commesse; al Sud e in particolare a Napoli la corruzione si basa su una miriade di spese prive di senso, di opere inutili, di burocrazia gonfiata.
Ricorda Giorgio Bocca: "Nell' azienda municipale dell'acqua potabile i dirigenti lasciavano che i camorristi versassero rifiuti e coloranti nell'acquedotto per ottenerne la privatizzazione; alla municipale dei trasporti sparivano le auto e i pullman, un autista che volesse prendersi una vacanza si metteva in tasca il carburante del suo veicolo; alla centrale del latte spacciavano latte in polvere per latte fresco; il municipio non era un'azienda amministrativa, ma un ente di beneficenza e di dissipazione: per sorvegliare che in un palazzo abusivo i lavori non riprendessero si mettevano trenta vigili urbani".
Quando scoppia lo scandalo delle "lenzuola d'oro" nelle ferrovie dello Stato, i giornali ne parlano, ma ormai la gente non è più molto interessata a scoprire sempre nuove ruberie: tutti sanno che i colpevoli non verranno comunque puniti o nel migliore dei casi se la caveranno con pene irrisorie, per poi tornare a sedersi sulle loro poltrone e continuare come prima.
Alla metà di giugno del 1983 a Londra viene trovato ucciso sotto un ponte il banchiere Roberto Calvi, e il crac del Banco Ambrosiano si rivela all'opinione pubblica con tutti i suoi addentellati: gli stretti legami di Calvi con monsignor Marcinkus e la banca vaticana IOR, i prestiti facili offerti dal Banco ai partiti, i rapporti con Ortolani (altro corsaro della finanza) e il venerabile maestro massone Gelli. Questi finisce in carcere, ma un anno dopo riuscirà a fuggire.
Si prepara intorno alla metà degli anni Ottanta lo scenario che porterà alla ribalta Raul Gardini, prima osannato dal mondo della finanza come il più vivace e furbo industriale della chimica, come colui che era riuscito a conquistare il posto di vertice in Montedison, poi travolto dalle migliaia di miliardi (trentunmila!) di debiti accumulati, fino al suicidio nella sua abitazione di piazzetta Belgioioso a Milano nell'estate del 1993, dopo la valanga di arresti dei giudici del pool Mani Pulite.
Abbiamo volutamente trascurato in questo lungo elenco di loschi affari il filone del terrorismo, che ci avrebbe portato a gruppi spesso sostenuti da gente già coinvolta in altri scandali di basse ruberie, ma non possiamo non ricordare gli omicidi del generale Dalla Chiesa, dei giudici Falcone e Borsellino e di molte altri che lavoravano per un'Italia migliore.
Nel giugno 1989 si svolgono in Polonia le prime elezioni libere nell'Est europeo, e nasce un governo democratico: nel dicembre Havel dà una svolta democratica alla Cecoslovacchia; anche la Bulgaria si dà un governo formalmente democratico; nella primavera 1990 in Ungheria si svolgono elezioni libere che segnano l'abbandono del comunismo. Il 9 novembre una folla festante apre la prima breccia nel muro di Berlino e subito si parla di riunificazione. Le ripercussioni in Italia sono immediate: nel gennaio 1991 non esiste più il PCI, sostituito dal Partito Democratico della Sinistra. Rimane solo l'ala più integralista, che si riunisce intorno a Cossutta nel partito di Rifondazione Comunista. Nascono le Leghe , in particolare la Lega Lombarda, un fenomeno del tutto nuovo nel panorama politico italiano.
Le acque si sono smosse, anzi sono in tempesta, e quando il 17 febbraio 1992 il presidente socialista del Pio Albergo Trivulzio, uomo molto vicino a Bettino Craxi, viene colto con le mani nel sacco mentre incassa una tangente di sette milioni: i giudici del pool diretto da Francesco Saverio Borrelli non guardano in faccia nessuno e lo sbattono in galera.
E' l'inizio di una nuova fase della vita italiana che tutti noi ricordiamo per averla vissuta direttamente, fra entusiasmi e paure, speranze e delusioni.
Quello che per quarant'anni era avvenuto regolarmente davanti agli occhi di tanti tenuti sempre ben chiusi, ora viene perseguito, provato, punito. Il coperchio del vaso di Pandora è stato aperto e ne sono usciti scandali di ogni genere. Andreotti finisce sotto processo, Craxi scappa in Tunisia; qualcuno si suicida, altri vanno in prigione. E' una stagione che passa come un tornado sulla vita italiana, fino a che il vento non cambia nuovamente, escono decreti salvaladri, si mettono sotto accusa i giudici di Mani Pulite.
Ma perché si ruba tanto? Perché da noi si ruba più che negli altri Paesi industrializzati?
In Italia non si è mai riusciti a costruire un forte senso dello Stato e un po' di orgoglio nazionale. Mancano le basi minime di educazione civica: quello che è di tutti per gli italiani è come se non fosse di nessuno, mentre in realtà è di ciascuno. I furbi sono generalmente apprezzati, e se vengono sorpresi a rubare li si scusa in quanto vittime di un "piccolo incidente". "Fregare le tasse" è più o meno lo sport nazionale: lo sa bene anche il fisco, che impone tasse inique nella convinzione che comunque quasi nessuno le pagherà. Rubare per il partito o per il proprio gruppo di appartenenza non è reato, nella coscienza dei più.
Per sopravvivere in una società debole e malata l'arte di arrangiarsi è l'unica che permette di alleviare a sé e agli altri disagi più o meno piccoli, e restare all'interno di una catena solidale basata su clientelismi e favore è un'abitudine molto ben radicata, specialmente in Meridione.
Infine, l'esistenza di miriadi di leggi e leggine: tante, tantissime, così tante che è impossibile controllare che vengano rispettate, è praticamente un invito a non osservarle.
Ricordo che pochi anni fa a Buenos Ayres, grande metropoli non certo del tutto tranquilla, il problema delle automobili in sosta selvaggia era diventato così grave, che il sindaco decise di appaltare ad alcune ditte private il compito di rimuovere i veicolo parcheggiati irregolarmente. Queste ditte si diedero da fare seriamente, rimossero tutti gli autoveicoli in sosta vietata, e dopo sei mesi erano tutte praticamente sull'orlo del fallimento: i cittadini avevano capito che non potevano più lasciare l'auto fuori dagli spazi consentiti pena l'immediata rimozione, ed osservavano i divieti portando a zero il lavoro delle ditte addette al portare via le loro macchine.
MARIA GRAZIA MAZZOCCHI
Bibliografia
* Il Sottosopra (L'Italia di oggi raccontata a una figlia), di Giorgio Bocca
- Arnoldo Mondatori Editore, 1994.
Il Mondo 1949-66. (Ragione e illusione borghese), di Paolo Bonetti - Edizioni
Laterza 1975.
Una storia italiana: il caso Leone, di Piero Chiara - Sperling & Kupfer
Editori, 1985.
Il caso Marcinkus (Le vie del denaro sono infinite), di Leonardo Coen e Leo
Sisti - Arnoldo Mondatori Editore,1991.
Storia d'Italia dal dopoguerra ad oggi (Società e politica 1943-1988),
di Paul Ginsborg - Edizioni Einaudi, 1989.
Storia della prima repubblica (L'Italia dal 1943 al 1998), di Aurelio Lepre
- Società Editrice Il Mulino, 1993.
L'Italia contemporanea 1943-1998, di Giuseppe Mammarella - Società Editrice
Il Mulino, 1998.
L'Italia del Novecento, di Indro Montanelli e Mario Cervi - Biblioteca Universale
Rizzoli, 2000.
Comprati e venduti (I giornali e il potere negli anni '70), di Giampaolo Pansa
- Casa Editrice Valentino Bompiani, 1977.
Il malloppo (Finanzieri, tangentisti, onestuomini, furboni e altre storie di
un'Italia ossessionata dal denaro), di Giampaolo Pansa - RCS Rizzoli Libri,
1988.
Raul Gardini (Il contadino la Montedison il diavolo), di Giuseppe Turani e Delfina
Rattazzi - RCS Rizzoli Libri, 1990.
C'era una volta la prima (Cinquant'anni della nostra vita), di Sergio Zavoli
- Rai ERI e Arnoldo Mondatori Editore, 1999.
Cinquant'anni di gialli. La grande cronaca da Rina Fort al caso Marta Russo,
da L'Europeo, periodico annuale - RCS Rizzoli periodici, aprile 2001.
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(concessa solo a Cronologia)
è stata offerta da Franco Gianola
direttore di http://www.storiain.net