Arte e rilassamento intellettivo - ANNO 2000 |
SAGGISTICA - SUTRI, 22. OTT. 2000
Il presente saggio � stato presentato a Sutri in occasione del convegno "ECCE HOMO" organizzato dal mensile HERA in collaborazione con NEXUS e con la promozione della " FONDAZIONE CRETI " (Oasi di Sapietia).
Giornata senza dubbio fruttuosa; che ha visto l'archeologia, la filosofia, la problematica dei "cerchi nel grano" e l'ontologia "storiografica" vivificati attraverso la schiena d'orsale dell'Arte.
Il luogo, ex convento, ex sede del tribunale dei Santi Uffizi, Oasi naturale della Fondazione, � stata cornice magica ed essenziale per tale evento. La drammatizzazione di brani dai vangeli, sinottici e apocrifi, la voce di Flavia Vallega, la presenza di conferenzieri d'eccezione e la presentazione di Patrizia Bartolotti, hanno reso pi� che riuscito il progetto iniziale. Ma prima di lasciarvi al saggio sull'"Arte, la sua mistificazione e la sua grande essenza", quattro parole su MARCELLO CRETI sono pi� che doverose.
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MAECELLO CRETI realizz� il suo primo brevetto all'et� di 7 anni, e se � vero che il buon albero si valuta dai suo frutti allora qui abbiamo un problema: su che scala mettere l'albero Creti in un panorama mondiale di potere di grande mediocrit� vegetativa?
Titolare di 120 brevetti Italiani ed Esteri ha goduto comunque di grandi riconoscimenti. E' stato ospite di molte pagine di quotidiani, di riviste, di tv nazionali ed estere, e ha dalla sua qualche centinaio di trattati inerenti la Fisica, la Chimica, la Medicina, la Legislatura, la Teologia, la Meccanica, la Sociologia, l'Archeologia, la Parapsicologia, e altro ancora.
Grande lavoratore, grande ascoltatore o grande genio?
Certamente � un uomo che ha fatto fruttificare i doni e i carismi datigli dal Creatore! E come tale ha ricevuto, e riceve ancora, il disprezzo della mediocrit� AUTO INCENSATA.
Soprattutto perch� ha dimostrato come l'uomo debba essere sommamente trascendende ai suoi titoli, ai suoi averi e alle sue vanit�, paraventi di nascondimento spesso della propria grande vera ignoranza.
Quanta arroganza infatti, spesso, si devo patire quando ci si rapporta con un "grande dottore", "un grande divo", un" potente graduato", un "blasonato" ecc. ecc..
Stupenda la sua definizione dell'uomo contemporaneo quale volontaria involuzione dall'Omo Sapiens all' "Omo Demens".
Interessantissima anche tutta la documentazione da lui raccolta sugli Anthalidei, che al di l� delle conclusioni, condivisibili o no, dimostra una perspicacia notevole sulle linee storiche umane e trova comunque larvati riscontri solo oggi, nelle ricerche portate avanti da sparuti "veri" scienziati sull'origine della nostra civilt�.
Marcello Creti � morto il 1 gennaio del 2000, lasciando un capitale immenso, tutto da reinvestire, ma mai come dopo la sua morte fortemente vivo. E' il destino di tutti gli uomini "normali".
Alberto Ticconi
L'ARTE, LA SUA MISTIFICAZIONE
E LA SUA GRANDE ESSENZA
Premessa
Non possiamo iniziare o concludere un discorso sull'arte senza dare un cenno a quello che � stato e che resta uno dei documenti pi� compiuti e lucidi riguardanti questo argomento: Del sublime, di Anonimo.
Sono passati molti secoli da quando questo testo � stato redatto e anche noi, malgrado tentatiti e pseudo risultati, ci fermiamo esattamente come fece il nostro anonimo: solo alle soglie della definizione di arte.
Forse, al di l� di tutto, il problema pi� grande � essenzialmente quello di trovare parole e concetti che possano dar forma leggibile ed esaustiva a quello che magari sentiamo gi� dentro di noi: vuoi in modo oscuro, o embrionale, ma di cui ne abbiamo sufficiente o larvata coscienza, o ancora che, per lunga e approfondita esperienza, ne crediamo di possedere lucidamente tutti i segreti e addirittura l'essenza.
E, nel nostro specifico, come questa definizione ci possa portare nell'itinerario archeologico alla chiave semantica dell'"arte quale linguaggio primo".
Purtroppo in questo nostro tempo il dilemma se l'essere si possa dire o no, e la ricerca di una definizione di arte ne � certamente parte integrante, fa un deciso passo indietro rispetto alla concezione che di ci� aveva Parmenide.
E non perch�, crediamo, ci sia una sorta di decadimento filosofico in corso, ma per un latente, costante ed esteso indebolimento e scoloramento del dominio umano nel suo orizzonte cognitivo; che non � mai frutto solo della virt� di pochi, ma della sapienza dei molti.
Cos�, evidentemente, stiamo perdendo il dominio di noi stessi e se una comunit� perde qualcosa � solo perch� qualcuno al di fuori di essa, anche se sembra appartenerci, sicuramente se ne � egoisticamente impossessato.
Per esempio dell'arte (moderna e non) credono di esserne divenuti padroni individui, organizzazioni, strutture di divulgazione e di commercio, le quali per il semplice fatto di compiere operazioni, manipolazioni e commercializzazione di "oggetti d'arte" e, soprattutto, averne appreso spietatamente i segreti del "busines", pretendono anche di esserne, dell'arte, i legittimi possessori, ma che di contro, nella stragrande maggioranza dei casi, con essa, questi signori, o organizzazioni, o enti, e anche per questo ulteriore e sostanziale vizio di forma, non hanno nulla a che fare; totalmente nulla a che spartire.
L'uomo ha dimenticato
E, purtroppo, sull'argomento ve ne sta parlando qualcuno che ha una certa esperienza. Sono qui ufficialmente come pittore (e colgo il giusto attimo per ringraziare Adriano, Patriza e Alberto, la redazione di Nexus e gli amici della fondazione Creti, in special modo Daniela), ma ho militato e lo sono ancora per certi aspetti, nel mondo della musica, sono attore, commediografo, regista e sceneggiatore; e, come amo ripetere spesso, (e questo non � un vanto, credetemi, ma una semplice ammissione di verit�), in questo modo sono "rovinato" da molte angolazioni.
Ebbene, forse, questa poliedricit� di campi, incerniata per� sempre sulla stessa materia mi ha costretto certamente a focalizzare l'introspezione e l'analisi speculativa sulla mia stessa funzione di entit� operante e non solo su un aspetto dell'arte, su una disciplina o un suo colore.
La prima cosa che � cominciata ad emergere da questa particolare angolazione, e mi riferisco chiaramente ad un'emersione nel panorama culturale globale, � appunto questa digressione vissuta nella coscienza generale, planetaria, se vogliamo, sul piano della percezione artistica.
Ma questo significa semplicemente che l'uomo ha dimenticato? o sta per dimenticare? Che di fatto, cio�, sta perdendo coscienza di se? Certamente il processo di digressione � sicuramente accelerato anche per un inganno concettuale: spesso si scambia l'arte con gli oggetti dell'arte, e se ci� � possibile vuol dire che l'intelletto, l'unico "vettore", se possiamo definirlo in questo modo, capace di viaggi nel sublime, � come disattivato.
Se guardiamo al passato, alle nostre origini culturali, testimonianze esplicite di questo viaggio nel sublime le cogliamo indubbiamente nell'arte egizia ( i volti, le sculture - capolavori ancora insuperati - la stessa scrittura, i riti, ecc.), nelle opere di altissima ingegneria (le mura megalitiche, sparse in tante parti del mondo, e in special modo quelle del Per�), la stessa arte Maya (il suo calendario), le linee di Nazca e infiniti, infiniti altri esempi, cos� nel nostro passato remoto come in quello ancora pi� remoto.
Ebbene questi popoli diversissimi, queste culture con scelte di vita a volte antipodali, linguaggi e condizioni estreme sono state capaci di mostrare chiaramente una presenza costante e universale: la testimonianza di un percorso nel e attraverso l'arte sublime.
Di fatto, oggi, smettendo di compiere questo viaggio, come per atrofizzazione di un organo non pi� usato, l'uomo sta inesorabilmente dimenticando; dimenticando di avere addirittura un intelletto e il problema si fa visibile: ora, lo sta facendo di sua iniziativa o per volont� di qualcun altro?
Io penso, nel nostro caso, che una risposta non escluda necessariamente l'altra; purtroppo!
Si sa' da tempo ormai e attraverso il lavoro di persone esperte; di veri critici o parolai di ibrida natura, che l'arte appartiene a tutta l'umanit�.
Ma che cosa vuol dire? E sopprattutto: in che modo?
Ebbene, gran parte dell'umanit� ha finito per convincersi invece di una grande menzogna: che l'arte non possa, rigorosamente, per sua profonda natura essere assolutamente disponibile senza un tramite.
In poche parole oggi, potremmo dire, nessuno pu� godere dell'opera d'arte e quindi dell'arte stessa, senza il critico, il perito, il gallerista, il certificato di garanzia firmato e timbrato dal notaio di turno.
E questo permette in generale di ottenere due cose, che in fondo sono le facce della stessa medaglia: Primo; tenere ben lontano l'uomo ulteriormente dal suo intelletto, renderlo quindi sordo al linguaggio delle proprie sensazioni pi� estese e sottili, infine bisognevole di un sistema di mediazione. Secondo: assolutizzare tale sistema quale mediatore.
Ma che cos'� un sistema se non una macchina; una macchina, badiamo, che possa esser controllata solo da chi ha quantitativamente il maggior numero di pezzi della macchina stessa?
Sia ben chiaro: non � che non ci sia un fondamento di verit� nella necessit� di una mediazione autorevole. Ma � che il concetto e, meglio ancora, il processo concettuale di questa verit�, per avidit� o necessit� di uno stato parassitario incombente, � stato abbondantemente estremizzato e snaturato.
E' accaduto nello stesso modo di come avviene per il sistema di contribuzione: l'uomo con il suo lavoro produce ma non pu� pi� assolutamente usufruire della sua stessa produzione senza l'intervento di un mediatore, in questo caso � il danaro e il sistema costruito con esso e per esso (e sia ben chiaro io non mi sto' scagliando contro il sistema, come Don Chisciotte faceva con i mulini al vento).
Ma di fatto l'uomo non � padrone del suo lavoro, delle proprie scelte di vita, del proprio presente.
Pi� l'uomo produce pi� � agganciato, pi� agganciato e pi� dovrebbe produrre; cos�, in poche parole, il nostro mediatore modulando la frazione di ritorno del produttore, e per una miriade di interazioni "amene", finisce per determinare come il produttore debba infine anche vivere o pensare.
Ma, realmente, nel nostro caso che significa?
Che, sul piano artistico, la liberazione da questa schiavit� dovrebbe forse concretizzarsi semplicemente col portarsi a casa la Dama dell'ermellino di Leonardo o un pezzo di trave dell'Arca di No�?
Perch� no, anche questo.
E un giorno tecnicamente si potr� pur fare; una bella proiezione oleografica ad altissima definizione ci permetter� di avere nel soggiorno di casa, e a piacimento, tutte le opere d'arte che vogliamo: magari non solo per vederle ma anche per toccarle, o annusarle.
Ma non � questo il punto.
Il fatto � che il processo creativo umano non � mai un fatto isolato, della singolarit�; anche se � per la singolarit�. Non � isolato nel tempo, nello spazio perche ha radici e fini in altro che il tempo e lo spazio; non � isolato nella singolarit� poich� l'opera di un autore trasuda esperienze, contatti, influenze, ispirazioni, spesso molto pi� vaste di quelle che l'artista stesso possa mai immaginare. E, sicuramente, estendendo questo concetto, tutta l'umanit� in una sorta di osmosi visibile e invisibile collabora all'opera del singolo in una speciale comunione con entit� e forze appena percepite dalla nostra intelligenza.
Cos� il chiudersi in se stesso, l'isolarsi dal mondo del "genio creativo" equivale semplicemente nel mettersi in condizioni ottimali per ascoltare meglio: infinitamente meglio; ascoltare! ci� che viene da dentro, certo, ma anche ci� che viene da fuori, o che � gi� pervenuto, O che verr�.�. Ci� che viene a generarsi in quell'istante e in tutti i tempi possibili, se � vero che la vera arte � essenzialmente senza tempo.
E, badiamo, il fuori e il dentro sono condizioni qui intese come concretizzazioni di realt� di natura certamente ultrafisica pi� che fisica.
Questo processo � pertanto una sintonizzazione attiva attraverso la quale tutta l'umanit� che vediamo e quella che non vediamo, collabora, concorrendo unitariamente, inscindibilmente, all'estensione dell'esperienza artistica
L'arte � un fatto naturalmente dell'umanit� intera, e toccare, contaminare, manipolare, la singolarit� coinvolge l'intero corpo, e viceversa.
Sensibilit� morale come responsabilit�
L'arte appartiene a tutta l'umanit�.
Ma che strano! la coscienza di questo parametro non � mai stata come oggi fuori dalla portata della persona comune in senso globale; malgrado la scuola dell'obbligo, i grandi mezzi di comunicazione e l'editoria estesa ed efficace.
Ad esempio non � un concetto con il quale il popolo italiano riesca a convive, nel senso di una concezione vitale e naturalmente calata nel quotidiano.
E si, perch� altrimenti non si spiga come mai non ci gestiamo per nulla bene quell'immenso patrimonio d'arte che spesso mal ospitiamo sul nostro territorio nazionale, tanto che se lo facessimo, insieme ad altre poche cose, potremmo vivere comodamente, senza inquinamento, senza debiti e senza interferenze!
Ma a quante persone, solo tra quelle che ognuno di noi conosce, appesantite da incombenze finanziarie, di salute, nutrizionali, morali, giudiziarie, psicologiche, indebolite del totocalcio, dalla pigrizia mentale, dallo sperpero di energie per mete il pi� delle volte indefinite o inesistenti, dallo spionaggio demenziale (vedasi i "Grandi Fratelli"), dal parassitismo di tasse o errori contributivi, dello straboccante clientelame pseudo politico, dell'assoluta incompetenza di gran parte degli addetti ai posti di pubblica utilit�, pu� interessare, si, voglio dire: a questa gente pu� interessare una vera presa di coscienza del valore dell'arte? A questa povera gente, cio� a noi, che vive ormai per la sopravvivenza quotidiana, gli pu� veramente sembrare importante, o anche averne la semplice sensazione di esigenza, che, seppur sottogerarchicamente, l'arte gli debba appartenere? Appartenere di diritto ontologico?
Ebbene, di fatto, il pi� delle volte, e scusate la citazione linguistica, non gli pu� 'nteressa de meno!
Il micidiale progetto sembra funzionare in questo modo: l'intero orizzonte umano � praticamente impossibile da dominare a causa della sua estensione cos� io, cavalcando le tue pigrizie, le tue possibili e ancestrali tendenze al "rilassamento" intellettivo, ti agevolo la credenza che tre, quattro, forse cinque sono le cose veramente importanti per cui vale onestamente lottare, lavorare, sacrificarsi, affinch� tu ponga il tuo essere solo in quelle cose e, sceglier� accuratamente quelle cose che siano anche le pi� facili da dominare; ed ecco, cos�, ad imprigionarti infine sar� semplicemente la tua falsa e vuota fede.
Lo stesso processo avviene nel mercato dell'arte. E' chiaro che � ben comprensibile in questo nostro sistema ogni tipo di mercato, quindi anche dell'arte, perch� no, anche di grande targhet finanziario!? I colleghi artisti si stanno dicendo sicuramente: Caspita! a me piacerebbe esserci nel grande mercato dell'arte. E perch�, a me no!?
Ma il problema � che non si capisce nemmeno pi� quali siano gli assiomi giusti e ottimali per definire un grande e vero mercato dell'arte, al di l� delle condizioni fiscali che rendono, oggi, subdolo ogni tentativo professionale in questo settore.
Possiamo comunque affermare che con la grande e arrogante assolutizzazione nel concetto e ruolo di possesso delle grandi strutture finanziarie "competenti" e "non", attraverso la mediazione nefasta del rapporto monetario, questa verit�, in quanto tale, si snatura e finisce per venir deviata definitivamente dal senso di responsabilit� dell'uomo verso l'uomo; responsabilit�, per altro, che � il solo parametro a giustificare l'accortezza e ogni giudizio di valore nella valutazione dell'oggetto d'arte e, ancora, verso il fine per cui l'arte �.
Noi abbiamo il dovere morale di ridare all'umanit� le sue opere affinch� essa possa riconoscersi. Ed � per questo che ci attendiamo un'archeologia seria, onesta, vera; una stampa altrettanto seria, onesta, vera; poich� ci� � una grandissima necessit� ontologica e non solo una opzione di campo.
E' evidente che in questo nostro status quo, snaturata l'essenza dell'operazione artistica, si svuoti anche l'oggetto stesso, la tensione sociale al possesso del manufatto e quindi, alla fine del percorso degenerativo, anche il suo rude valore di mercato.
E una volta che il valore di mercato � azzerato, in tale sistema, l'arte stessa uscirebbe dal panorama globale, come infatti sta succedendo al di l� delle apparenze, e le eccezioni super valutate, mai come questa volta, confermano la perfida regola enunciata.
Il fine dell'arte
Ma a questo punto, domandiamocelo, in principio, quale � il fine del processo creativo?
Per lo scienziato ipoteticamente laico il fine del proprio impegno dovrebbe essere la conoscenza; per il puro artista � nella perfezione formalmente espressiva che l'esperienza artistica � capace di donare; per il filosofo pu� essere nel superare i limiti dell'orizzonte cognitivo; per l'innamorato il fine della propria vita � quello di "possedere" (l'ho scritto tra virgolette) l'oggetto del proprio amore.
Ma per l'uomo nella sua olistica ontologicit�, nel suo processo di ominazione multidimensionale?
Qual � il percorso escatologico di ogni processo di ricerca, di determinazione, di acquisizione strumentale, semantica e formale? Perch� tutti noi siamo qui, a Sutri? Voglio dire: quale dovrebbe essere il fine dell'archeologia gnoseoartistica, che si pone in campo evidentemente mediante il viaggio umano attraverso il sublime?
Prima di rispondere facciamo un piccolo passo indietro: "la responsabilit� verso gli oggetti d'arte".
La responsabilit� verso gli oggetti d'arte, quali "testimonianza fermentante", quindi interagente in modo efficace, nella nostra iperdimensionalit� (dato che l'uomo non pu� essere mai a una dimensione sola), ha determinato giustamente l'idea e quindi la creazione dei musei, la cui utilit� tra l'altro � nel suo "buon uso", che � sempre origine feconda di nuova e grandiosa arte.
Ebbene se il grande panorama dell'arte � spesso quello che noi identifichiamo come orizzonte privilegiato della crescita umana, i fini dell'arte rimandano certamente ad altri fini; ed ecco che l'indagine artistico-archeologica si scopre per quel che �: piattaforma privilegiata per una crescita indefinita dell'entit� umana.
Ed � qui il problema: crescita, quindi elevazione, quindi libert�, evidente riscatto da ogni schiavit� possibile; interna, connaturata o esogena: crescita indefinita.
Forse non ce ne siamo accorti ma stiamo parlando di conquista e dominio "vero" del creato. Dominio del creato puro e non arrogante o squallida dimostrazione di debolezza spirituale; forza generante e conoscitiva; pensiero autodeterminante.
Invece l'Africa che muore, le guerre sotterranee che erodono tutte le strutture delle societ�, le catastrofi morali, il cinismo dei poteri e dei pseudo potenti, lo strazio degli innocenti, la caduta improvvisa di titoli finanziari, sono eloquenti e deliranti crimini di volont� fuori dall'etica, di mancato positivo dominio del mondo.
L'orizzonte umano decade e diviene una vaqua illusione.
E se ci� avviene la vita stessa perde valore e molti non lotteranno pi�, non si ribelleranno pi� nel giusto modo, non cresceranno pi�; con la conseguenza di liberare le energie intrinseche della macchina umana sottoforma di ottusa violenza, che a sua volta giustificher� ogni possibile ulteriore tirannide.
Qui il grande insegnamento di Gandhi e la sua vera rivoluzione.
Ma a causa di una cattiva globalizzazione (che si oppone chiaramente ad una possibile e doveroso "buona globalizzazione") quello che sta accadendo nel mondo, e quindi nel mondo dell'arte per un determinismo violento e strumentalizzante, oggi l'Uomo sta perdendo autoconsapevolezza, e mai come in questo tempo � auspicabile un nuovo e universale Esodo.
Quindi mai, come in questo tempo, i tesori della terra sul piano gnoseologico potranno ridare all'uomo una vera coscienza di se, poich� se � terribilmente salvifico per l'albero avere delle ottime radici ancora e infinitamente pi� importante � averle per l'uomo (ma assolutamente non nel senso di accaparramento); e affich� le possegga egli ne deve avere coscienza.
L'amore e l'arte
Cos� comprendiamo il subdolo disegno per cui l'uomo � anche allontanato dall'arte, che � dominio dell'universo correagente: tutto ci� � semplicemente finalizzato per eliminare ogni pericolo di intralcio ai colossali treni di falsit� che gironzolano indisturbati, o quasi indisturbati, sulla faccia della Terra.
Ma, malgrado tutto, noi siamo chiamati a dare respiro al dio che � dentro di noi, e non possiamo permetterci di non averlo fatto nascere, crescere e amare� poich� Dio non pu� non amare.
Eppure, amici, c'� gente che ha tutto l'interesse ad impedire al resto del gregge di uscire dal recinto dato che una volte che le "pecore" saranno fuori si vedranno con chiarezza i "capri" rimasti e, continuando ad usare le simbologie e le metafore delle parabole di Ges�, la zizzania cercher� sempre di ritardare il pi� possibile il tempo della mietitura.
Nei dipinti e nelle sculture medievali il Cristo era messo in croce con una corona d'oro massiccio sulla testa, delle vesti preziose, pi� di un re, e un sacchetto pieno zeppo di monete d'oro in una delle mani inchiodate al legno. In quel caso era forse per avvicinare Kyrios, il Signore, ai sottomessi, o per far partecipare i diseredati e i morti di fame alla vera gloria del Messia?
Certo, ma dopo la morte.
E ancora: caricare di molto valore monetario un'opera d'arte nell'attuale sistema significa condurla ancora di pi� verso l'oggettivizzazione del sistema di mediazione.
Oggi noi usiamo le immagini subliminali, i suoni subliminali, le radiazione elettromagnetiche a bassa frequenza.
Ma il mezzo di sottomissione ancora pi� potente � l'oggettivizzazione del mediatore di scambio.
La condanna di Cristo verso mammona infatti non riguardava il denaro come oggetto reale o corrispettivo di valore, ma l'uso formale e assolutizzante della sua funzione mediatrice.
Ricordiamo che nei vangeli l'unico caso di violenza di Ges� � quando egli caccia i mercanti di denaro dal tempio.
Ma vi � anche un'altra verit�: la ragione � che � molto pi� efficace nascondere mostrando che "non mostrare" nascondendo.
Cos� il risultato lo tocchiamo con mano: di fatto tra tutte questa divulgazione di opere d'arte a destra e a manca diviene facile inabbissarne la pi� grande, origine e fine di ogni opera o coscienza, la pi� vera: sto parlando della vita umana nella sua globalit�; tanto che essa, come ben vediamo, "essa" riceve meno attenzione della carta straccia.
E un bambino che muore di fame tra le braccia impotenti della propria madre in un remoto e sperduto villaggio della terra ne diviene l'estremo simbolo.
E' un tributo di dolore che nessuna distrazione o occultamento ben riuscito pu� giustificare. Nessuno!
Ma sinceramente: questo non avviene perch� vi � una grande rete, un organismo multinazionale che opera attraverso una mente, un corpo intermedio e un esecutore, o innumerevoli esecutori, anche se tutto ci� in una certa misura esiste.
La realt� � che � un prodotto di combinazioni parallele, di ideologie o di mancanza di esse, fatti naturali, ignoranza, fame� Insomma, di grandi combinazioni sinergiche di piccoli ed estesi egoismi, arroganza, vendette e pulsioni non dominate della gente comune. Tutto ci� pone le basi per una riuscita manipolazione dei destini dell'umanit�, risultando gioco vincente comunque solo e soltanto se tutta questa operazione viene fatta cavalcando la pi� grande debolezza, la pi� grande ignoranza, il pi� grande peccato: la mancanza di amore.
E questo � il segreto per cui i manipolatori hanno potuto attivare le nostre debolezze e inibire le forze che ci sono state donate. La mancanza o la pienezza dell'amore � l'esatto confine tra l'essere e il non essere.
Hanno potuto fare questo perch� in noi non era e non � presente l'amore.
Per la qual cosa, se noi avessimo potere, le prove circonstanziate, i nomi dei manipolatori, avrebbe ben poco senso combattere solo contro di essi dato che come tali il loro percorso � gi� terminato.
Leggendo gli evangeli osserviamo che Ges� non si poneva affatto il problema di attaccare Pilato, Erode o Cesare. Egli sapeva benissimo che il vero nemico per l'umanit� � quella specie di reticolo metastatico in cui tutti i nostri lati oscuri si collegano tra loro formando, in una specie di nefasto e vorace organismo parassitante, un micidiale tumore autodistruttivo.
Non serve affatto schiacciare il piccolo fungo che cresce qua o la'. Il vero organismo forte e palpitante � sotto i nostri piedi; nascosto ma operante; il buco nero � dentro di noi.
Ed ecco perch� Egli, il Cristo, dirige la sua attenzione nel potenziare e far lievitare invece la scintilla di infinito amore che � insita in ogni uomo.
Ges� ci immerge in un bagno di verit�, trasformando il nostro abisso negativo, se lo accettiamo, in un sole palpitante e creatore.
Ma infine l'amore non � distinto dalla conoscenza poich� si ama ci� che si conosce e si conosce ci� che si ama; e tanto si espande l'uno tanto si sente la forte estensione anche dell'altro, e cos� si diviene sempre pi� coscienti, sempre di pi�, senza fine.
E si diviene nel mondo, oltre il mondo, in un anelito che supera l'infinito: ovvero, assurge pienamente nell'Eterno.
Quando guardiamo i volti dei Moai dell'isola di Pasqua percepiamo chiaramente l'anelito sublime di chi vuole raggiungere e superare l'orizzonte; l'ostacolo infinitamente limitante dell'Infinito perch�, e qui apriamo una doverosa parentesi, c'� abissale differenza tra l'Eterno e l'Infinito.
L'infinito
L'Infinito? Sar� bene parlarne un attimo.
Per il semplice fatto che l'infinito sia infinito non possiamo certo de"finirlo"; dato che la definizione di qualcosa, per esser tale, deve limitare necessariamente quel qualcosa, e nel nostro caso se ci� fosse possibile esso non sarebbe pi� infinito.
Ma nell'indagare su l'infinito attraverso le scienze esatte abbiamo invece una sorpresa.
Se un insieme � composto dalle sue parti e la vera parte unitaria ed ultima di qualunque cosa dove essere un'unit� assoluta essa, questa parte unitaria, per esser tale, di fatto pura, dovr� essere rapportata all'unica unit� che conosciamo, cio� all'uno; o meglio l'uno-punto.
Ma l'uno-punto, quale concetto matematico-geometrico, non � altro che un'entit� astratta, dalla prospettiva materiale meramente inesistente: le nostre mani non lo toccheranno mai.
Ebbene, invece, affinch� questo sia possibile occorre ribaltare la prassi quotidiana delle nostre abitudini intellettuali, e toccare l'uno-punto con le mani dell'intelligenza e non pi� con quelle di carne.
Andando per gradi, se l'uno, per assodati concetti matematico-geometrici, attraverso la sua moltiplicazione (io direi quasi "assommazione"), va a formare il tutto, se ci� � possibile, allora esso conterr� anche in se ogni parte che si forma, quindi tutte le parti possibili formate dall'unit�; il tutto appunto, quel tutto che noi non riusciamo a concepire se non come Infinito.
Si, non avete capito male. Noi stiamo dicendo che l'Infinito � spudoratamente contenuto nell'Uno.
Ma abbiamo anche detto che l'uno-punto, � concretamente inesistente, a meno che non lo riconosciamo reale in una "continuit�" matematico-geometrica.
E qui si giunge al paradosso: Praticamente qualsiasi formulazione matematica dovrebbe portare ad un unico fatto oggettivo: l'intero creato nella sua dimensione limitata e concreta � inesistente, e nella sua dimensione matematica e infinita � reale ma solo come il concetto che di esso � dentro di noi. Un cencetto tra i tanti; e allora vi � anche un universo tra i tanti: un universo di universi.
Ma � veramente possibile che l'universo sia un coerente astratto?
Il concetto che abbiamo delle cose e del mondo, ha per� alla base anche il nostro stesso sentire e percepire e quindi la nostra costruzione spazio-temporale a priori, tutta la realt� stessa non pu� che essere un idea di cui siamo in qualche misura divenuti coscienti ma anche di cui eravamo gi� "a priori" coscienti.
Cos� le nostre stesse mani: esse fanno parte di questo "essere coscienti che esistano", altrimenti non le avremmo.
Ebbene, se la realt� percepita � determinata dallo stesso concetto di esistere di chi la percepisce, e ne ha sempre nuova coscienza nel momento della percezione, pu� e deve esserne vera anche la logica conseguenza: tutta la realt�, quella che conosciamo e quella, molto e infinitamente maggiore, che non "vediamo", per essere vera e reale, autonoma e libera, deve essere determinata attraverso un puro stato di coscienza: vera, reale, autonoma e libera di "qualcuno".
Ora per quanto concerne "Chi" ha questa coscienza vera, reale, autonoma e libera, possiamo dire che molti di noi lo chiamano Dio, ma per quanto riguarda il come questo sia avvenuto; ovvero attraverso quale linguaggio Egli abbia comunicato la Sua Coscienza nella Creazione questo � tutto da vedere.
Innanzitutto possiamo ipotizzare che le qualit� richieste per un sub-strato-pre-struttura (definiamolo cos�), dove debba ergersi la realt� sia un contesto singolare: esemplificando, questo contesto sarebbe come la tela bianca per il pittore, e non possiamo per ora che chiamarlo Nulla.
Una "pre-struttura" veramente vuota, amorfa e totalmente neutra; ma anche un mare altamente modulabile fatto di acque di infinita energia.
In effetti dovr� essere un Nulla quindi altamente attivo; ma anche un "Nulla tutto memoria"; un Nulla cio� dove possa venire propagata l'idea di qualcosa o del tutto o del niente.
Insomma un nulla capace di ricevere e perpetuare senza fondo.
Un Nulla quale abisso, che abbia tutte le energie possibili e tutte le assenze altrettanto possibili, e affinch� questo sia la condizione pi� che necessaria � la capacit� di una propagazione a tempo zero, in quanto tutte le distanze esistenti, non ancora create, saranno solo fatti detti e perpetuati.
Senza fare ulteriori passaggi possiamo dire che conforta questa tesi l'insieme degli esperimenti sull'energia da punto zero, di cui comincia a emergere ormai non poco. Altra conferma dell'esistenza di questa singolare "pre-struttura" � la trapelante tecnologia aliena. E non ultima la scoperta che il nostro Sole funzioni allo stesso modo: 5.500 gradi di base dei gas di superficie raggiungono il milione e seicento nell'interazione tra campi magnetici e gas stessi.
A noi sembra che capire la realt�, a questo punto, sia in effetti fare un viaggio a ritroso nella creazione la quale, ci sembra, riguardi essenzialmente la stabilizzazione di questa "prestruttura" pi� che la realt� data.
E' quindi un viaggio che libera prima dalle illusioni delle messe in scena, dalle costruzioni ontologiche e che passa essenzialmente attraverso le forme semantiche, i simboli, le chiavi esoteriche di ogni conoscenza anche superumana.
Questo viaggio a ritroso, passando per un luogo dove ogni distanza, spaziale e temporale, ogni dimensione possibile � coesistente e singolarmente contenuta nell'unit� � infine inequivocabilmente un percorso verso l'unica meta possibile: l'Eterno, appunto.
E questo viaggio, come abbiamo gi� visto, non � altro che il viaggio della coscienza.
Ma se il viaggio riguarda solo la nostra coscienza allora quale "forma non forma" si � sempre mostrata terribilmente efficace per permettere, anticipare, fortificare e possibilizzare la coscienza umana se non l'arte?
Quando la Chiesa doveva trovare un linguaggio che avesse potuto parlare alle grandi masse ignoranti non � nata forse la Cappella Sistina?
E di esempi ne avremo un'infinit�.
Quindi l'arte � un quid essenziale nel vero senso del termine quindi, il vero mediatore della coscienza.
Ma l'arte � anche strumento, messaggio, supporto di trasmissione, piattaforma di ricezione e di collegamento per i suoi canovacci formali, e ci� che pi� conta; la vera arte non � mai distinta dall'amore.
Chi pu� negare che il vero artista � sempre innamorato della propria arte? E del mondo? Della luce? Dei suoi soggetti? Della stessa capacit� di creare, di conoscere e riconoscersi? Non si diventa artisti perch� non si sa che cosa altro fare o per la grande comodit� di vita che promette a priori questo mestiere.
Ma se � cos�; se l'arte � la forma privilegiata che, nel grande orizzonte di quel Nulla, � testimonianza dell'azione creatrice in ogni realt� super-apparente allora l'arte � uno comunicatore fondamentale, per cui � essenza di tutti i linguaggi apparenti, attraverso il quale e con il quale avviene la stessa creazione.
"In principio Dio cre� il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: "Sia la luce!" E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separ� la luce dalle tenebre� E fu sera e fu mattina�"
E ci accorgiamo di questo anche da una particolare caratteristica dell'arte: essa ha il sigillo di non essere toccata dal tempo, anche se opera nel tempo e con il tempo: non "� stata" e non "sar�".
Dal luogo ove opera e da cui promana, essa �, in questo momento e sempre; � la stessa di un miliardo di anni fa; la stessa che sar� tra mille miliardi di anni. Perch� per animare quell'"Abisso", quel Perfetto Nulla � necessaria un'azione che avvenga solo su una base di Perfett� Continuit�, un "sempre presente", un tempo eterno e non infinito, dato che l'infinito � solo una creazione apparente nel Nulla stesso.
Cos� ci sembra ancor pi� chiara a questo punto la risposta data alla domanda di Mos�: "Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponder� loro?" A quel punto Dio disse a Mos�: "Io sono colui che sono!" E poi disse: "Tu dirai agli Isaeliti: "Io-Sono mi ha mandato a voi".
Ebbene, forse che davanti ad un opera d'arte ognuno di noi non ha l'impressione formidabile di essere al confronto di un eterno presente? Un io-sono sempre? Perch� un Kandinskij ci pu� parlare indefinitamente attraverso una semplice tela sporca di colori appesa ad un muro?
Un monologo recitato da un grande attore pu� risuonarci dall'interno della nostra stessa anima e una sinfonia essere immagine acustica di qualcosa che � indefinitivamente al di l�: testimonianza viva del moto del nostro spirito!
E cos� il cerchio si chiude: l'essere parla a se stesso; con l'arte quale il linguaggio fondamentale; quindi primordiale e, per questo, "ultimo".
Ora, per fare un ulteriore passo avanti dobbiamo richiamare in causa ancora quella nostra unit�-punto.
Immaginiamo una retta infinita e un punto dato; quel punto, avendo un infinito a destra e un infinito a sinistra � chiaramente al centro della retta infinita. E cos� per tutti i punti della retta ogni punto sar� al centro della retta data e, quindi, esso sar� sempre "il centro", per qualsiasi posizione presa, perch� equidistante in modo perfetto dagli estremi.
Ora se in un "universo infinito" ogni punto che lo enumera, quindi lo forma e lo struttura, � centro essenziale dell'infinito stesso, (e lo comprende necessariamente), in un universo cosciente, quindi eterno, l'uomo, particella/entit� innegabilmente cosciente, � necessariamente centro del suo universo.
Certo che se la scintilla di Dio, che � nell'uomo, fosse pienamente "divenuta" l'universo dell'uomo sarebbe lo stesso dell'Universo di Dio e noi potremmo creare e trascendere ogni possibile mondo e noi stessi, ma poich� cos� "ancora" non �, nell'Uomo � possibile tutto ci� solo se � in "divenire" nella Divinit� stessa di Dio.
Da qui il paradosso di ogni creatura rispetto al proprio genitore.
Se pure fossimo stati creati da una stirpe di super alieni; di entit� incredibilmente pi� evolute dell'uomo stesso, e essi, a loro volta, da genitori ancora pi� alieni� (Scusatemi, volevo dire: pi� evoluti), noi, in "particolari condizioni", dipendendo essenzialmente sempre e soltanto da un Centro Assoluto, perfetto ed eterno ed essendo noi stessi potenziali, Ulteriori e Perfetti Centri, potremmo evolverci spiritualmente anche indipendentemente dai nostri genitori o pro-creatori cosmici, e a un livello anche molto pi� elevato.
Diceva S. Agostino; "Se io ti cerco � perch� in qualche misura non ti posseggo, ma se ti cerco � anche perch� in qualche altra misura sei gi� in me."
Possiamo dire che se l'arte � la testimonianza del viaggio dell'essere verso se stesso attraverso la propria coscienza l'oggetto d'arte � la testimonianza dell'arte, e ci� significa che l'oggetto in qualche misura porta dell'Essere qualcosa. Quell'oggetto porta l'impronta dell'essere e ci conferma echeggiando l'Eternit� che l'essere �.
Ma che cosa significa veramente?
Dio mio! significa che il vero testimone porta veramente parte del testimoniato.
Quindi se il testimoniato � generante, � vivificante, � creante, il testimone, nell'essere atto testimoniale reale, generer�, vivificher�, creer�, forse in misura diversa, ma nello stesso identico modo, nella stessa qualit�. E qui vogliamo citare la Sindone, senza per� aprirne l'argomento, che sarebbe troppo vasto, lasciando ad ognuno le meditazioni del caso.
Quando si guarda un opera di un grande artista si opera istantaneamente e realmente arte; in quel preciso istante! Poich� l'interfacciamento tra osservatore e osservato genera e autogenera l'estensione di un evento in quanto il solo guardare un'opera d'arte � anch'esso evento creativo.
Certo, le combinazioni generanti sono le nuove concezioni estetiche, la nuova sensibilit�, le nuove chiavi di lettura che l'osservatore ha, ma sempre nell'ambito di un'unit� cosmica ed escatologica.
Quindi, volendo e non volendo, l'arte pone sempre l'uomo in rapporto con Dio, anche quando � un arte formalmente laica, tecnologica, nozionale, informale; anche quando chi vi opera non comprende appieno di non essere figlio e creatura di Dio.
Il rapporto arte tempo
Ma se l'arte � soltanto testimonianza dell'essere operante allora in realt�, per se stessa, l'arte non esiste!
E in effetti � cos�: l'arte non esiste� perch� nulla esiste al di fuori dell'Essere, con la logica conseguenza che niente esiste che non sia arte.
Ma l'arte esiste in quanto tra gli infiniti percorsi come partecipazione formale al viaggio dell'essere nella realt� che ci � tangibile ve ne � sempre qualcuno formalmente determinato.
Se tutto ci� che � stato creato � buono, tanto che quello che noi definiamo male lo possiamo concepire solo come assenza di bene, la Creazione, intesa nella sua totalit� � solo e soltanto una grande e immane testimonianza dell'Essere Buono, del Suo Amore, e il grado di purezza, definiamola artistica, con cui essa �, nella nostra coscienza, la porta inequivocabilmente ad avvicinarci a nostra volta a poter creare nuovi mondi, e questo � un parametro per riconoscere l'impronta creativa.
E questo non ha a che fare con le piramidi? Con la Sfinge su Marte? Con un quadro di Picasso o di Raffaello? Con un vaso in una lega sconosciuta annegato in un blocco di granito nel Massachusetts antico di almeno 600 milioni di anni? (Nexus n� 27) E con infiniti altri esempi.
Perch� insomma questi "oggetti d'arte" disseminati e nascosti qua e l� nel tempo e nello spazio?
Qualcuno potrebbe dire che la vanit� non ha necessariamente confini terrestri. Sono d'accordo. E qualcun altro che esiste anche il caso.
Ma io rispondo che se la radice della realt� � nella coscienza di chi la percepisce, e quindi in qualche misura la coocrea, se � questa coscienza che contribuisce a stabilizzare a secondo anche le nostre scelte, la realt� data, e quindi l'universo che � fuori e dentro di noi, allora l'opera d'arte � realmente e veramente un "faro di stabilit� spazio temporale". Faro di stabilit� spazio-temporale per l'orizzonte materiale e ultradimensionale in cui l'essere in divenire viaggia; faro di stabilit� spazio-temporale per le comunit� umane e per il loro vitale sub-strato culturale. E il grado artistico con cui � generato il "segno"condiziona in modo proporzionale la stabilit� e l'evoluzione storica della realt� stessa, dato che l'opera d'arte � una testimonianza reale di un linguaggio con cui questo universo si rapporta al suo Creatore, unico vero reggente di tutto il Creato.
L'arte � forse come linguaggio, il DNA della nostra coscienza.
Un grandissimo esempio di illuminazione concettuale su quello che l'arte rappresenta per l'essere, o almeno che dovrebbe rappresentare, lo abbiamo con Akhenaton, ovvero Amenhotep IV.
Ora diciamoci la verit�; che cosa si insegna nelle scuole moderne sull'Egitto, dalla media inferiore alle universit�? In gran parte folklore e� qualcosa di arte "esteriore".
Akhenaton non potrebbe quindi assolutamente rientrare nel lauto banchetto delle menti dei nostri ragazzi.
Akhenaton, educato certamente dai sacerdoti pi� evoluti per l'epoca, fu Gran Maestro dell'Ordine di Luxsor e Faraone dell'Alto e Basso Egitto, consacrato nei templi segreti della Luce, nella citt� di Tebe, e avviato a misteri e segreti di sapienza accessibili soltanto ai Figli dell'Arte.
Cosa fece Akenaton?
Molti sanno che sul piano religioso comp� una vera rivoluzione di principi e di essenze, ma pochi sanno che il suo impegno di "verit�" port� a un'altra e ugualmente significativa rivoluzione per quanto concerne l'arte.
Egli pose fine, nel suo tempo alla strumentalizzazione di potere della rappresentazione: l'arte non doveva pi� servire ad "imporre la grandezza e la magnificenza del faraone e della classe per esso di potere. L'arte, concetto "modernissimo", rappresentava la verit� umana, sia nel quotidiano che nello spirituale. L'arte diviene lente di indagine dell'uomo sull'uomo e con l'uomo. I misteri ristretti a caste e sette, divengo con Akhenaton pane quotidiano per chiunque.
E' logico che il suo regno non potesse durare molto.
Ma di fatto, la Storia supera la storia, e non lo riconosciamo vivissimo e operante ancora.
E' evidente che coloro che hanno costruito le piramidi ne conservavano chiaramente il sentore arcano, l'atavico insegnamento, l'ammaestramento degli antichi visitatori; dei genitori cosmici, immagine e somiglianza a loro volta dell'unico Genitore Celeste e Grande Artista.
Certo, la sapienza primordiale si � diluita, si � forse sporcata, si � ramificata e nascosta, si � anche degradata, se vogliamo, ma non si � mai perduta. La spiga di grano morendo ha fruttificato; e i fari sono ancora l�, per guidare nel mare della storia quei capitani che vogliono ancora cercarla, la verit�.
Ed ecco che i tesori che hanno stabilizzato il nostro passato, finalmente liberati dal buio dell'ignoranza, stanno per ristabilire i nostri nuovi tempi.
Signore e signori, buona Arte!
Alberti Ticconi
FRANCOMPUTER