La
nascita di Hollywood
C'�
del sole in California. Parafrasando il celebre e pessimistico detto
dell'Amleto shakespeariano, che vedeva del "marcio in Danimarca",
si pu� descrivere cos� il motivo all'origine della nascita ad Hollywood
di quel grande circo di immagini e storie, amori e intrighi, dissolutezze
e tanti, tanti sogni che � stato il cinema americano degli esordi.
Amleto, comunque, fosse vissuto tra gli anni dieci e venti nel pi�
famoso sobborgo di Los Angeles, avrebbe poi finito con l'avere ragione,
rispolverando la sua vecchia battuta. Perch� il marcio, ad Hollywood,
cominci� a fiorire quasi contemporaneamente al cinema stesso.
Fu il divismo - fenomeno sconosciuto fino a quel momento nella storia
dello spettacolo, perlomeno in tali proporzioni - la scintilla che
avrebbe portato le lancette del tempo indietro, direttamente ai
tempi dell'antichit� romana o babilonese, in una sorta di riproduzione
decadente del paganesimo di quel tempo. Un Olimpo andava creandosi,
grazie ad un'industria in isterico fermento, sulle colline di Hollywood:
una nuova generazione di uomini che dal nulla e dalla povert� si
videro catapultati, come per magia, nella dimensione che si immagina
essere propria degli dei.
Il sole, quindi. Tutto in fondo nasce da l�. La primissima produzione
cinematografica aveva avuto luogo, prevedibilmente, nella citt�
pi� dinamica e all'avanguardia, cio� New York, ma le condizioni
ambientali eccellenti della California - sole e temperature calde
per tutto l'anno - spinsero i primi produttori a spostarsi sulla
costa ovest. Oltre a questo, un particolare non irrilevante: la
grande industria dei sogni avrebbe potuto girare a ritmi maggiori
in una frontiera lontana, dove le leggi erano labili come il confine
tra Stati Uniti e Messico, e il potere di sfruttamento dei primi
"operai" del cinema (attori e addetti ai lavori) poteva "andare
in scena" senza l'interferenza di scomodi sindacati, organizzati
e attivi da tempo sulla costa est, ma inesistenti sul versante del
Pacifico.
Sulla nascita di Hollywood le versioni, come � immaginabile, si
sprecano. C'� chi dice che nel 1883, in una zona abitata anticamente
da trib� di indiani Cahuenga e Cherokee, venne a stabilirsi un certo
H.H. Wilcox, ricco cittadino losangelino (a quel tempo Los Angeles
contava solamente 25.000 abitanti!), la cui moglie aveva deciso
di dare alla nuova propriet� il nome di Hollywood (letteralmente,
"bosco di agrifoglio"), riprendendo quello di una localit� visitata
poco tempo prima nel New England. Pi� che agrifogli il terreno offriva,
da buon suolo californiano, fichi, albicocche e limoni. Il cinema,
per�, sarebbe stato l'ultimo e pi� fulgido frutto.
Un'altra versione imputa sempre all'immaginifica Mrs. Wilcox il
nome di Hollywood, ricevuto in forma di buon consiglio da una donna
incontrata in treno.
I primi set cinematografici all'aperto ad opera di troupe della
costa orientale furono realizzati sotto la direzione di William
N. Selig, ricco produttore di Chicago che nel 1907 invi� un gruppo
di attori a Los Angeles, con il compito di girare qualche scena.
A seguirlo, due anni dopo, il mitico D.W. Griffith, giunto l� per
svernare dalle rigidit� newyorchesi, conquistato dalle locations
naturali e quindi in grado di girarvi diversi film. Altro pioniere
del cinema hollywoodiano fu certamente Adam Kessel che prese come
base una drogheria di Los Angeles, e da l� diresse alcuni film.
Nel 1913, il primo film ad essere ricordato come opera artistica
completa (precedentemente "cinema" era considerato semplicemente
uno spettacolo - magari un intermezzo all'interno del vaudeville
- che offrisse al pubblico semplicemente immagini di persone e oggetti
in movimento) � The Squaw Man di Cecil B. De Mille, primo
film della Jesse L. Lasky Feature Play Co., destinata nell'imminente
futuro a trasformarsi nella celebre Paramount. Il pieno sviluppo
dell'industria del cinema si sarebbe comunque avuto solo con l'abbattimento
dell'assurdo monopolio della Motion Pictures Patents Trust (MPPT),
un cartello in grado di decidere quanto e quali film dovessero essere
offerti al pubblico, e in grado di boicottare ad arte l'attivit�
dei teatri di prosa a proprio vantaggio.
Il film come lo intendiamo oggi nasce quindi per iniziativa dei
primi produttori indipendenti. Questi decidono di offrire qualcosa
di diverso dalle semplici rappresentazioni di oggetti e persone
in movimento: cercano una storia da offrire al pubblico. Il modello
� ovviamente quello del teatro: lo spettacolo dovr� durare all'incirca
come una pi�ce di prosa, due ore circa, deve narrare una vicenda
straordinaria, di una dimensione lontana dalla quotidianit� del
pubblico: favole, avventure, comicit� paradossale e infine avvenimenti
storici.
Solo nel 1913 tre grossi successi vengono sfornati dal cineasta
George Kleine, e sono Quo Vadis?, Gli ultimi giorni
di Pompei e Marcantonio e Cleopatra, destinati ad un
pubblico di una certa levatura.
Lo Star System. Manca per� qualcosa per rendere il cinema un fenomeno
autenticamente popolare, e il suggerimento ai produttori viene dallo
stesso pubblico. La gente infatti comincia ad abituarsi ad alcuni
volti che appaiono sul grande schermo. Bench� i primi film - per
esplicito volere delle case cinematografiche - evitino di pubblicare
i nomi degli attori, proprio per evitare che questi ultimi diventino
anelli indispensabili dell'ingranaggio e possano alzare la propria
posta, le case di produzione cominciano a ricevere tonnellate di
lettere indirizzate a questi, se li si pu� chiamare cos�, "proto-divi".
"Alla ragazza della Vitagraph", "Al giovanotto della Biograph":
sono queste le paradossali dediche che un pubblico, affamato di
storie e celebrit�, indirizza ai propri nuovi idoli, senza sapere
nulla di loro, delle loro origini, senza conoscere neppure il loro
nome.
Lo Star System - la cui prima scintilla storicamente si vuole con
il passaggio di Florence Lawrence dalla Biograph alla Independent
Motion Picture Company (IMP), nel 1910, con conseguente battage
pubblicitario - appare quindi come un fenomeno intrinseco e logicamente
consequenziale alla nascita del cinema hollywoodiano. Nei primi
anni dieci Kalem e Vitagraph - due case di produzione - iniziano
a pubblicare le locandine pubblicitarie dei film, pubblicando almeno
i nomi degli interpreti principali, lo stesso carrozzone cinematografico
comincia a rivolgersi agli attori di teatro i quali - per un primo
momento - decidono di cedere alla tentazione economica di Hollywood
ma richiedendo esplicitamente l'anonimato. Il teatro non poteva
abbassarsi a contaminazioni di questo tipo.
A met� degli anni dieci Hollywood ha partorito dal suo seno i primi
grandi divi, attori come un intraprendente inglese di nome Charlie
Chaplin (convinto che uno strano omino con bombetta e bastone, cronicamente
perdente, possa incontrare i favori del pubblico, affamato di eroi
invincibili), Florence Lawrence, Florence Turner e Mary Pickford.
Per la Pickford la Famous Players Lasky di Adolph Zukor � disposta
a sborsare fino a un milione di dollari all'anno, trasformandola
nella donna pi� ricca degli Stati Uniti e tra le pi� ricche nel
mondo. E siamo solo nel 1917! La folla disposta ad accalcarsi fuori
dai botteghini per vedere i film di "Little Mary" - come
viene chiamata dai fans e dalla stampa - � il migliore argomento
di persuasione nei confronti della casa di produzione. Ovviamente,
ogni casa concorrente decide di creare la propria, personale, Mary
Pickford. Non ci vuole molto a che l'intera industria del cinema
- sceneggiatura, regia, montaggio - si genuflettano alle necessit�
del divismo.
Nel 1919 i tre super-divi Charlie Chaplin, Douglas Fairbanks e Mary
Pickford si uniscono con il regista D.W. Griffith e formano uno
Studio formato da sole star: � la United Artists, e questa operazione
si riveler� un passaggio fondamentale nella storia del cinema hollywoodiano.
La United Artists agisce in totale indipendenza, cercando di valorizzare
al massimo gli attori nei propri film, delegando a loro importanti
scelte riguardo ai film, e forma una propria casa di distribuzione.
In breve tempo altre star entrano nella scuderia della United Artists,
come la divina Gloria Swanson e Buster Keaton.
Come logica conseguenza, non pu� che nascere una florida letteratura
divistica e scandalistica intorno allo Star System. Le prime riviste
per i fans e per gli appassionati di cinema cominciano a farsi strada,
e a vendere milioni di copie. Spesso queste riviste sono direttamente
collegate con le case di produzione, come il Motion Picture Story
Magazine di J. Stuart Blackton, uomo della Vitagraph. � cos� che,
sulle pagine di riviste dai nomi simili come Photoplay, Motion Picture
Classic, Picture Play, Screen Play, Screen Book, le celebrit� passano
alla velocit� delle meteore: accanto a divi immortali come Chaplin,
Fairbanks, Valentino, tanti nomi oggi sconosciuti, come Francis
X. Bushman, Anita Stewart, Earle Williams, Clara Kimball Young,
Paul Panzer, Edwin August, Pearl White, Orrin Johnson, "Fatty" Arbuckle,
le sorelle Talmadge. Ci� che interessava al grande pubblico - quasi
esclusivamente femminile - erano gli aspetti pi� privati della vita
delle star: amori, sesso, eccessi, crimini, origini dei divi, di
conseguenza le rubriche, dapprima discrete, si fecero sempre pi�
pruriginose.
Agenzie pubblicitarie vennero assoldate dalle case di produzione
per fare della "cosmesi" o della pura e semplice invenzione del
passato di personaggi spesso provenienti dall'anonimato e originari
di un mondo tutt'altro che affascinante. Theodisa Goodman diventa
cos� la misteriosa Theda Bara (anagramma, dice la leggenda, per
arab death, morte araba), nata nei pressi della Sfinge, appassionata
di profumi esotici, esperta di magia nera. Bara � una delle prime
vamp, icona della femminilit� fatale e aggressiva che spaventava
l'uomo agli albori del XX secolo, diva in un certo senso affine
all'italiano Rodolfo Valentino, esotico e ammaliatore. La star diventa,
contemporaneamente, anche modello etico: Douglas Fairbanks � in
quegli anni titolare di una rubrica su una rivista di settore, dove
consiglia la gente comune su come "costruirsi una personalit�",
come mangiare, vestirsi, divertirsi. Sono i divi, in questo inizio
di secolo, a fungere da fondamentale mezzo di propaganda per spingere
la gente verso i miti consumistici: i divi pubblicizzano cos� prodotti
femminili, articoli cosmetici.
Hollywood: il lato oscuro degli anni Venti. La percezione dell'attore
come esempio sociale, per�, sub� un colpo decisivo negli anni Venti:
alcuni grossi scandali stavano l� a dimostrare che questi signori
nessuno, nouveau riche del cinema, non avevano saputo dominare l'incredibile
successo piovutogli addosso. Dalla povert� al lusso sfrenato, dalla
fame di cibo a quella di cocaina, il passo era stato fulmineo. Gli
attori hollywoodiani diventavano cos� - in quelli che furono definiti
gli "anni d'oro" del cinema - divinit� oscure. Il pubblico impar�
cos� ad amarle e odiarle, e in fin dei conti a consumarle senza
piet�. "I fans adoravano - scrive Kenneth Anger nel suo "Hollywood
Babilonia" - ma erano volubili, e se le loro divinit� mostravano
di avere i piedi di argilla le abbattevano senza piet�. Tanto, a
un passo dallo schermo, c'era sempre una nuova stella in attesa
di sorgere".
Il primo scandalo di Hollywood pu� essere considerato quello della
morte di Olive Thomas, la "briosa reginetta delle Ziegfeld Follies",
diva della Selznick Pictures di Myron Selznick. L'attrice era stata
rinvenuta da un cameriere, morta sul pavimento dell'Appartamento
Reale dell'Hotel Crillon a Parigi, mentre stringeva - completamente
nuda sopra una stuoia di ermellino - una bottiglietta di bicloruro
di mercurio in granuli. Veleno. Gi� diva a sedici anni come fotomodella
preferita dalle pagine di Vogue, Olive Thomas veniva definita "la
donna pi� bella del mondo". Non stup� quindi il fatto che Hollywood
l'avesse chiamata nel grande circo del cinema. Nel 1919, dopo film
di straordinario successo come Betty Takes A Hand e The Follies
Girl, la Thomas poteva contare su contratti principeschi e la protezione
di Selznick,
Nel 1920 l'apice della popolarit� giungeva col film The Flapper
e con il matrimonio col divo Jack Pickford, fratello della celebre
Mary. La morte di Olive, simbolo di giovent�, bellezza e ricchezza,
sconvolse Hollywood, tutta l'America e ovviamente il celebre marito
che, sui rotocalchi, non mancava di pubblicizzare insieme a Olive
l'unione perfetta tra "la ragazza americana ideale" e "il ragazzo
americano ideale". Il supposto suicidio della Thomas lanciava un'ombra
su questa felicit� apparente, e soprattutto - con grande preoccupazione
dei produttori - sulla Selznick Pictures che, come sosteneva la
pubblicit�, "faceva film per creare famiglie felici".
Le indagini condotte in Francia portarono alla luce la verit� che,
prevedibilmente, mal si accordava con l'immagine idilliaca della
diva. La Thomas, nel suo soggiorno parigino in attesa del marito
impegnato sul set di The Little Shepherd Of Kingdom Come,
visitava night-club ambigui, frequentati dalla malavita cittadina.
Perch� questa sorta di discesa agli inferi di una star solare come
lei? La Thomas era semplicemente alla ricerca di consistenti dosi
di eroina da consegnare al marito Jack, tossicodipendente. Non essendo
riuscita ad ottenere ci� che voleva, la diva si era uccisa. Poco
tempo dopo, sul taccuino di un losco capitano dell'esercito americano
di nome Spaulding, smascherato come spacciatore di droga, venne
scoperto il nome dell'attrice.
Lo scandalo che ne segu� fu tale da offuscare qualsiasi altra notizia
proveniente da Hollywood, per un anno intero. Il suicidio di un'altra
star - Bobby Harron - pass� quasi inosservato: il giovane divo si
era tolto la vita con un colpo di revolver in un albergo di New
York, proprio alla vigilia della prima dell'ultimo film di Griffth,
Agonia sui ghiacci: la causa del suicidio si doveva infatti
al rifiuto, da parte del regista, di Harron, a favore di Richard
Barthelmess, suo nuovo pupillo. La morbosa storia della Thomas smise
di occupare le pagine dei magazines solo quando una vicenda altrettanto
cruda e tragica ipnotizz� il pubblico e la stampa.
A fare le spese del pi� grosso scandalo hollywoodiano degli anni
Venti fu Roscoe Arbuckle detto "Fatty" (il Grassoccio). Ex-garzone
di un idraulico, Arbuckle si butt� nel cinema nel 1913, sfruttando
il suo gioviale aspetto di grassottello: durante una riparazione
idraulica in casa di Mark Sennet, il giovane attir� l'attenzione
del produttore proprio per la sua mole (120 chili) cui faceva da
paradossale contraltare una certa agilit�.
Come spesso accadeva in quegli incredibili giorni pionieristici,
"Fatty" divent� in poco tempo un autentico divo, in farse e comiche
piene di inseguimenti e torte in faccia, accanto a miti del suo
tempo come Charlie Chaplin e Buster Keaton. L'America non ci mise
molto ad amare quella figura simpatica, da cicciottello rassicurante
della porta accanto. Un simpatico pasticcione, ecco come agli occhi
del pubblico americano appariva il "buon" "Fatty" Arbuckle, che
i fans e la stampa amavano definire, con un gioco di parole, The
Prince Of Whales, la cui acca galeotta inserita nella parola Wales
(Galles), trasformava il significato da Principe di Galles a Principe
delle Balene. Grazie a questa immagine l'attore che nel 1913, lavorando
sul set, guadagnava tre dollari al giorno, cinque anni dopo pretendeva
dalla Paramount cinquemila dollari alla settimana.
Il personaggio da fumetto amato dalle famiglie americane, per�,
nascondeva tutt'altre abitudini. Qualche voce girava, in effetti,
sui festini luculliani e orgiastici che "Fatty" amava organizzare
invitando il Gotha hollywoodiano: party girls disinibite (e strapagate)
avevano il compito di allietare gli ospiti, e Arbuckle stesso, sotto
ogni aspetto.
Il pubblico era per� disposto a chiudere un occhio, fingendo
che non esistessero prove sul fatto che il gioviale Arbuckle fosse
in realt� un depravato. La carriera di Arbuckle bruci� in un attimo
quando l'attore sorpass� ogni limite. Da tempo il divo teneva d'occhio
una ex fotomodella di Chicago di nome Virginia Rappe, approdata
al cinema grazie ad una copertina di un disco.
Lo stesso produttore di Arbuckle, Sennett, l'aveva ingaggiata per
alcune parti minori, che comunque non contribuirono a consolidare
la sua fama tanto quanto la sua predisposizione a concedersi ad
attori e produttori. "La ragazza meglio vestita del cinematografo"
(a quei tempi la stampa dava dei titoli da sfoggiare come onorificenze)
fece il passo definitivo nell'universo hollywoodiano quando la Fox
le propose un contratto offrendole la parte principale in Twilight
Baby. Ora che era una diva, la giovane Rappe non poteva negarsi
al rito indispensabile dei party hollywoodiani. Come quello - monumentale
- organizzato da "Fatty" per festeggiare il suo principesco contratto
con la Paramount.
La grande festa era programmata a San Francisco, dove Arbuckle sarebbe
arrivato in pompa magna a bordo di una nuova Pierce Arrow da venticinquemila
dollari, costruita apposta per lui. L'attore affitt� tre appartamenti
comunicanti al lussuosissimo Hotel St. Francis, sfrutt� i contatti
nella malavita per rifornirsi di fiumi di alcol (si era nell'era
del proibizionismo, ma gli dei di Hollywood si vantavano di essere
sopra le leggi dei comuni mortali), e prepar� lo scenario per il
grande evento. Evento che si trasform� in tragedia quando nel pieno
della festa - prevedibilmente a base di alcol e cocaina - "Fatty",
completamente ubriaco, port� in una stanza appartata proprio Virginia,
che da tempo cercava di adescare.
Nel processo che consegu� alla morte della Rappe, i testimoni dichiararono
che il silenzio piomb� sulla festa quando urla disperate giunsero
dalla stanza di Arbuckle: quando l'attore si decise ad aprire la
porta dopo le continue insistenze della gente, non riusc� che a
sfoggiare un sorriso ebete, una camicia da notte a brandelli e il
cappellino della Rappe sulla testa. "Andate di l� a vestirla e portatela
via, fa' troppo chiasso", il commento di Arbuckle, "Muoio, muoio,
mi ha fatto male", quello della povera Virginia, le cui ultime parole
in ospedale furono "� stato Arbuckle a ridurmi cos� , vi prego,
fate che non la passi liscia�". Dal coma in cui cadde l'attrice
non emerse pi� e il 10 settembre 1921 mor�, a un anno esatto dalla
morte di Olive Thomas. Le cause della morte della Rappe non si scoprirono
mai, grazie anche ad "interventi" sulle prove materiali fatti opportunamente
sparire dai potenti amici di Arbuckle. Quel che i testimoni assicurarono
era la presenza in scena di una bottiglia, con la quale era facile
immaginare come Arbuckle avesse potuto arrecare alla ragazza lesioni
interne.
Nei mesi seguenti ulteriori indagini svelarono la verit�: la Rappe
era morte di peritonite a causa del "trattamento" subito. Il gioviale
"Fatty", idolo dei bambini e delle famiglie americane, era finito.
La stampa si gett� a pesce sulla storia, e il senso di giustizia
dell'America puritana non manc� di isolare l'ormai ex divo. I film
di Arbuckle vennero ritirati dal circuito cinematografico, l'attore
fin� in carcere a San Francisco, gli interventi del potente produttore
Adolph Zukor, che aveva investito nell'attore milioni di dollari,
non poterono nulla. A questo si aggiunse l'atteggiamento di Arbuckle,
assolutamente privo di rimorso, e quello dei suoi avvocati, che
cercarono di sminuire la faccenda ricordando alla Corte che la Rappe
era una donna di facili costumi.
Dopo tre processi contrastanti, "Fatty" venne clamorosamente assolto
(i testimoni, cos� precisi nelle prime udienze, divennero sempre
pi� confusi): era il 12 aprile 1922. In ogni caso - scrive Kenneth
Anger - "Arbuckle non trov� pi� modo di recitare. Solo pochi amici,
come Buster Keaton, gli rimasero fedeli. Fu Keaton a consigliargli
di cambiar nome, facendosi chiamare Will B. Good (cio� will be good:
far� il bravo). Anni dopo "Fatty" adott� il nome di William Goodrich
e trov� lavoro come gagman e regista di comiche". Il buon cicciottello
di Hollywood fin� la sua vita nei gorghi dell'alcol: nel 1931 fu
arrestato per guida in stato di ubriachezza, e irrise gli agenti
che lo avevano fermato buttando la bottiglia che aveva in mano e
dicendo "Tanti saluti alle prove!". Non furono pochi quelli che
pensarono che lo stesso gesto Arbuckle lo avesse fatto dieci anni
prima con un'altra bottiglia. Il 28 giugno 1933 Arbuckle moriva
a New York all'et� di 46 anni.
Dopo la storiaccia di "Fatty" Arbuckle Hollywood smise di essere
solo la Terra dei Sogni, e divenne nella mente degli americani sinonimo
di scandalo e perdizione. A dire il vero, Hollywood non fece nulla
per cercare di smentire la cosa. Nel febbraio 1922 il regista della
Famous Players Lasky William Desmond Taylor veniva assassinato nello
studio del suo bungalow , in un parco residenziale ad Alvarado Street,
nel quartiere Westlake di Los Angeles: le indagini non giunsero
alla scoperta dell'assassino, ma fecero emergere storie di locali
equivoci, frequentati dal regista, dove giovanotti languidi e fanciulle
libertine, dagli atteggiamenti decisamente maschili, si offrivano
al cineasta insieme a fiumi di marijuana, oppio e morfina. Sembrava
proprio che la droga fosse il combustibile che permetteva a questi
divi inarrivabili di sentirsi ed apparire tali: un letale status-symbol
che port� alla morte, e talvolta alla follia, diversi attori. Come
il "Re della Paramount", il divo per eccellenza Wally Reid, finito
in un manicomio privato nel marzo 1922. La notizia dell'internamento
sconvolse l'America, che riteneva Reid uno dei prototipi della "sana
giovent� americana".
Il divo, costretto in pochi mesi dalla Paramount ad un tour de force
cinematografico pazzesco (i film "automobilistici" The Roaring Road,
What'sYour Hurry? E Dobule Speed), cominci� a cedere alle tentazioni
"rigeneratrici" del sottobosco hollywoodiano. Wally Reid mor� nella
cella imbottita di un manicomio il 18 gennaio 1923. E in manicomio,
lo stesso anno, rischi� di finire un'altra drogata eccellente, la
divina Barbara La Marr, abituata a spendere tutta la sua incredibile
fortuna in tutti i tipi droga.
Lanciata nello stardom hollywoodiano dal mitico I tre moschettieri,
interpretato accanto a Douglas Fairbanks, Barbara La Marr lasci�
questo mondo a soli ventisei anni, nel 1926, dopo una dose letale
di eroina, e una giovane esistenza bruciata in festini notturni,
sonni di non pi� di due ore al giorno, dozzine di amanti alla volta
("come le rose", si vantava lei) e sei infelici matrimoni. Rinchiusa
invece ci fin� Alma Rubens, quando venne trovata nel gennaio 1929
sull'Hollywood Boulevard in fuga da due uomini, urlante come un
ossessa.
I due uomini erano il dottore personale della diva, E.W. Meyer,
e un infermiere di un'ambulanza, quest'ultimo finito accoltellato
dall'esuberante signora. Dopo poche settimane di cure all'Alhambra
Clinic (durante le quali la diva trov� il tempo di accoltellare
un'altra infermiera), Alma venne portata al reparto neurodeliri
dell'ospedale civile di Los Angeles, dove rest� sei mesi. Rilasciata
dopo le cure, la diva non ci mise molto a farsi arrestare sul confine
con il Messico, con addosso, cuciti nell'orlo dell'abito, quaranta
cubetti di morfina. Dichiar� poi la Rubens: "Stavo male da tanto
tempo. Andavo dai dottori solo perch� mi sollevassero dalle sofferenze.
E tutti mi dicevano: prenda questo contro i dolori, e riuscir� a
tirare avanti. Quando cominciarono a darmi quell'odioso veleno io
non sapevo cosa fosse. Passavo da un medico all'altro. [�] Ma non
smettevano mai di darmi quella roba. E finch� avevo denaro potevo
avere droga.
Avevo paura di dirlo a mia madre, ai miei migliori amici. Desideravo
una sola cosa. Procurarmi la droga e prenderla di nascosto". Il
22 gennaio 1931 Alma Rubens moriva all'et� di trentatr� anni.
Un'altra attrice drogata, invece, riusc� a riscattarsi: era Juanita
Hansen, dalla cui carriera distrutta emerse fondando la Juanita
Hansen Foundation, associazione che mirava a combattere la droga
e soprattutto spingeva i dottori a combatterla. Se la droga costituiva
argomento di scandalo a Hollywood, il sesso non era da meno.
Sulle predilezioni chapliniane nei confronti delle giovani ninfette
di Hollywood molto � stato detto, e anche a sproposito (l'attore
pag� caro il matrimonio con la giovanissima Lillita McMurray, il
cui soprannome "Lolita" divent� sinonimo di acerba e impertinente
ragazzina, ripreso non a caso dal celebre romanzo di Nabokov, portato
sul grande schermo da Stanely Kubrick: la giovane donna, insieme
ad una numerosa famiglia guidata dalla perfida madre Nana, spolp�
gli averi di Chaplin, prima dell'inevitabile divorzio), ma pochi
dubbi restano sulle strane passioni di un grande regista come Erich
Von Stroheim, che a Hollywood qualcuno definiva "il porco unno".
Insomma, le sequenze che rappresentavano orge e bordelli di lusso
in film come Donne viennesi, La vedova allegra e Marcia nuziale
non erano poi cos� fittizie. O meglio: il regista, dopo aver girato
le scene, manteneva, come dire, il set immutato, chiudeva gli stabilimenti
a qualsiasi essere vivente (anche i produttori) per una ventina
di ore, durante le quali - con le comparse ingaggiate - si concedeva
a baccanali ed evoluzioni particolari. Il regista austro-ungarico
sperperava, per questi eccentrici "fuori programma", moltissimo
di quel denaro che la MGM gli concedeva esclusivamente per sfornare
film di successo.
Quando i produttori ritennero di aver raggiunto il colmo della pazienza
(Von Stroheim era arrivato ad ordinare - per tutte le comparse addobbate
da Guardia Imperiale nel film Donne viennesi - mutande in seta col
monogramma della Guardia: il pubblico in sala non le avrebbe viste�
ma lui s�!) il regista venne ostracizzato e, non trovando pi� alcuno
disposto a finanziare i suoi film, se ne torn� in Europa. Hollywood
cacci� quindi "$troheim", come sarcasticamente la stampa aveva cominciato
a scrivere il suo nome. Lui, il "porco unno", si limit� a consegnare
ai posteri questa sentenza: "Hollywood mi ha ucciso".
In verit�, Hollywood seppe ridargli un ultimo, imperioso e commovente
canto del cigno. Accanto ad una grande diva del muto come Gloria
Swanson, Von Stroheim regal� come attore, ad un pubblico che aveva
ormai dimenticato i fasti di quella Hollywood degli esordi (si era
nel 1950), un'interpretazione indimenticabile. Era Viale del
tramonto di Billy Wilder, e il sontuoso uomo mitteleuropeo si
calava nei panni di Max, maggiordomo della diva decaduta Norma Desmond.
In una delle tante scene madri del film, avvolta in un fascio di
luce di un proiettore, la Swanson/Desmond avrebbe scandito una battuta
immortale, ultimo grido di dolore di una dea del muto caduta nell'oblio:
"Io sono sempre grande. � il cinema che � diventato piccolo".
Non era vero, ovviamente. Ma quel cinema, quell'incantesimo in grado
di trasformare uomini e donne dall'oscuro passato in divinit� inarrivabili,
perfette, era definitivamente morto.