1904
GUERRA RUSSO-GIAPPONESE
IL PROLOGO ALLA "RIVOLTA"
RUSSA INTERNA
vedi anche
cause
generali - cause occasionali - forze in campo
operazioni militari - la pace - conseguenze
dove & quando | Manciuria, territorio russo dal 1900 al 1905, vicino al Giappone | |
chi contro chi | Giapponesi contro Russi |
OBIETTIVI DEI BELLIGERANTI |
russi | La Russia aveva riversato i propri interessi al di l� degli Urali procedendo al graduale assorbimento dei territori asiatici, raggiungendo il Pacifico e fondando il porto di Vladivostock. | |
giapponesi | Dopo esser divenuto una potenza imperialistica, il Giappone volle imporre la propria egemonia politica ed economica in Cina e nelle regioni dell'Estremo Oriente. |
LA GUERRA |
Nel 1904 il Giappone invade la Manciuria costringendo l'esercito russo alla resa di Port Arthur; il conflitto si concluse drammaticamente nel maggio dell'anno successivo, quando le corazzate nipponiche dell'ammiraglio Togo affondarono la flotta zarista al largo di Tsushima, presso la costa della Corea. |
LA PACE |
Il Giappone conquista la parte meridionale dell'isola di Sahalin, la Manciuria e la Corea. La sconfitta ha gravi ripercussioni in Russia, dove avviene una rivoluzione della classe borghese degli industriali e degli intellettuali, che mirano a rovesciare l'autocrazia zarista (1905-06). |
ALTRO... | L'Entente Cordiale del 1904 tra Francia e Inghilterra risolve le dispute coloniali tra le due potenze. |
PRIMA RIVOLUZIONE RUSSA |
Le inaspettate sconfitte subite dai Giapponesi innescarono la prima grave crisi rivoluzionaria russa. Contro l'autocrazia dello zar Nicola II si form� un potente blocco rivoluzionario costituito da fazioni liberali dell�aristocrazia, da borghesi del partito costituzionale�democratico, e dai rappresentanti della classe contadina e operaia, divisi tra i socialisti rivoluzionari e i marxisti. Il 22 gennaio a Pietroburgo una folla di oltre 140.000 persone, in una pacifica processione a carattere religioso (era guidata dal Pope Gapon), si accalc� davanti al palazzo reale presentando allo zar una petizione, o meglio, una supplica, per invocare aiuto e protezione. Davanti al Palazzo d'Inverno l'esercito apr� il fuoco sui manifestanti facendo un migliaio di morti ed oltre 2.000 feriti. La strage (quella giornata pass� alla storia come la "domenica di sangue") suscit� in tutto il paese sdegno, scioperi, tumulti e perfino l'ammutinamento della flotta ancorata nella baia di Kronstandt presso Leningrado. Lenin rievoca cos� la domenica di sangue: "Migliaia di operai � e non socialdemocratici, ma credenti e sudditi fedeli �, sotto la guida e direzione del Pope Gapon, affluiscono da tutte le parti della citt�, verso il centro della capitale, verso la piazza ove � il Palazzo d�Inverno per presentare allo zar la loro petizione. Gli operai procedono recando le sacre icone. Il loro capo d�allora, Gapon, aveva gi� dichiarato per iscritto allo zar che egli stesso si rendeva garante della sua sicurezza personale e lo pregava quindi di mostrarsi al popolo. Si chiamano le truppe. Ulani e cosacchi si gettano sulla folla impugnando le sciabole e sparando contro gli operai inermi che, in ginocchio, supplicano i cosacchi di lasciarli andare dallo zar. Secondi i documenti della polizia si contano pi� di mille morti e duemila feriti. L�indignazione degli operai � indescrivibile." La petizione degli operai: "Noi operai, abitanti di Pietroburgo, siamo venuti a Te. Noi siamo i miseri, gli schiavi oltraggiati, oppressi dal dispotismo e dall�arbitrio. Quando il calice della pazienza fu colmo, cessammo di lavorare e chiedemmo ai nostri padroni di darci soltanto il minimo necessario, senza il quale la vita � un supplizio. Ma tutto questo ci fu rifiutato: tutto ci� sembr� illegittimo ai fabbricanti. Noi che siamo qui, in molte migliaia, al pari di tutto il popolo, non abbiamo nessun diritto umano. Per causa dei Tuoi funzionari noi siamo diventati schiavi." enumerava le seguenti richieste: amnistia, libert� sociali, salario normale, passaggio graduale della terra al popolo, convocazione dell�Assemblea costituente sulla base del suffragio universale. Quindi concludeva: "Sovrano! Non rifiutarti di aiutare il Tuo popolo! Abbatti il muro che esiste fra Te e il Tuo popolo. Ordina e giura che i nostri voti saranno realizzati e Tu renderai felice la Russia; se non lo farai siamo pronti a morire qui. Noi non abbiamo che due vie: o la libert� e la felicit� o la tomba." La Russia fu sconvolta da scioperi e manifestazioni; uno zio dello zar, governatore generale di Mosca, fu assassinato; l�agitazione si estese anche nelle campagne provocando delle rivolte agrarie e il 28 giugno i marinai dell�incrociatore Potemkin si ammutinarono a Odessa; dovunque sorsero i soviets, ossi dei consigli di operai in sciopero che in pi� d�un punto riuscirono a impadronirsi anche dell�amministrazione locale. Il momento culminante della rivolta si ebbe con la costituzione del comitato di Pietroburgo per lo sciopero generale o Soviet dei rappresentanti degli operai (guidato dal giovane Lev Trotzkij) e con lo sciopero generale dell�ultima decade dell�ottobre, che part� da Mosca, trov� il suo centro organizzato a Pietroburgo e dilag� in tutta la Russia. Lo zar Nicola II dovette sottoscrivere il Manifesto del 17 ottobre (data russa corrispondente al 30 ottobre del calendario gregoriano): in esso si promise piena amnistia, il riconoscimento delle libert� civili e la concessione di un parlamento rappresentativo o duma. La nuova Duma, in cui le forze politiche moderate erano dominanti, non si oppose alla dura repressione voluta dal primo ministro Stolypin nel biennio 1906-1907. Questi sciolse la Duma e var� una riforma agraria che favor� la propriet� contadina ma non risolse il grave mancontento sociale diffuso tra le masse popolari. La borghesia, spaventata dalla richiesta operaia della giornata lavorativa di otto ore, lasci� isolati gli operai. Successivi scioperi non ebbero il successo di quello di ottobre e, nel dicembre, le truppe poterono spingere la reazione fino alla vandalica distruzione di un intero quartiere di Mosca. Nel gennaio 1906 la rivolta era pienamente domata: la duma era troppo debole per resistere all�autocrazia zarista. |