LA
BELLE EPOQUE INIZIO
- FINE |
L�EUROPA
DEL CAN CAN BRINDA A CHAMPAGNE
... SU UN
CAMPO MINATO
APRILE 1912:
CON IL TITANIC AFFONDANO LE SPERANZE DELL'800
L'orchestra continuò a suonare fino alla fine. Nessuno dei musicisti, tutti in impeccabile frac nero, abbandonò il proprio posto. Le musiche, dolci ma che lasciavano trasparire la drammaticità del momento, erano le stesse che accompagnavano le serate di gala della vita mondana di tutte le grandi città d'Europa, da Vienna a Parigi, da Berlino a Mosca. In questa surreale, ma cruda cornice, il 14 aprile del 1912 affondava il Titanic.
Oltre 1.600 uomini e donne perirono nella tragedia. I più poveri erano stati rinchiusi nelle stive. Non dovevano contendere ai più ricchi il posto sulle poche scialuppe di salvataggio. Neanche nella morte vi è uguaglianza tra ricchi e poveri.
Nel freddo Mare del Nord, al largo delle coste britanniche, una collisione con un iceberg faceva colare a picco il transatlantico che da solo rappresentava il trionfo della tecnologia e con essa le speranze e i sogni di un intero secolo, l'800.
Speranze e sogni che in quella fredda mattina di primavera del 1912 affondavano anch'esse aprendo le porte ad un secolo tra i più turbolenti della storia umana, ma anche più ricco di rapide trasformazioni nella vita e nei costumi degli uomini.
Con più di dieci anni di ritardo rispetto alle date riportate sui calendari, si concludeva definitivamente il XIX secolo, il secolo della "belle epoque", periodo di stabilità politica ed indiscussa supremazia europea che era troppo a lungo sopravvissuta a se stessa.
Centinaia di migliaia di tonnellate di acciaio, saloni e cabine arredate con lo stile e con la ricchezza di stucchi e di preziose tende e raffinato mobilio che caratterizzavano le corti ed i teatri di tutto il Vecchio Continente. Gli scaloni e i ponti facevano invidia alle scalinate ed ai ballatoi di Versailles o dei migliori teatri viennesi. Le pietanze preparate nelle cucine di bordo e i vini conservati nelle stive gareggiavano tranquillamente con i cibi e le bevande servite nei più raffinati ristorati di Roma e di Parigi.
Come l'Oriente Express, il Titanic simboleggiava il predominio incontrastato della meccanica e della scienza. Incarnava, così, il simbolo del pensiero positivista ottocentesco per il quale la scienza e la tecnologia risolverebbero tutti i problemi degli uomini arrivando, per alcuni, anche a sconfiggere la morte. Giuste speranze e giusti riconoscimenti allo sviluppo degenerati da fede granitica nel progresso a una sorte di delirio collettivo.
Bastarono pochi metri cubi di ghiaccio per porre fine a tutto ciò.
Lo choc nelle coscienze europee fu enorme. Ciò che rappresentava tutti i valori in cui si era fino a quel momento creduto senza dubbi o remore naufragava miseramente in balia delle forze della natura portandosi dietro le vite di centinaia di uomini rimasti imprigionati nel ventre della nave.Il Titanic anticipò solo di un paio di anni quella frattura nella storia europea che nella primavera del 1914 avrebbe definitivamente spazzato via intere nazioni e causato la Prima Guerra Mondiale.
Infatti, a soli 24 mesi dal naufragio del transatlantico ritenuto inaffondabile, i popoli europei si combatterono gli uni con gli altri ponendo fine ad un equilibrio tra le nazioni che senza troppi scossoni era resistito fina dai giorni del Congresso di Vienna quando, le teste coronate dell'Ancien Regime avevano riportato il proprio predominio sul continente dopo i terremoto giacobino e la furia napoleonica.
Come ha scritto qualcuno, dopo "Nulla fu più come prima".
Tecnologia e scienza non furono più usate per migliorare e allungare la vita degli uomini, ma per creare armi di distruzione di massa e di sterminio collettivo.
Ciò che fino ad allora era stato la speranza dell'umanità divenne il suo peggiore incubo.
Anche la cartina dell'Europa uscì completamente ridisegnata dal conflitto.
Tre millenari imperi, Impero d'Austria - Ungheria, Impero ottomano, Impero zarista, cesseranno di esistere e saranno smembrati.
L'Austria diventerà una piccola ed ininfluente repubblica, con una capitale, Vienna, ridotta al rango di grande città per un piccolo stato. Una testa senza corpo. La Turchia perderà ogni influenza nel vecchio continente dove conserverà solo un piccolo istmo di terra e non riuscirà mai a giocare un ruolo veramente influente nella politica mediorientale.
Ma le trasformazioni più profonde avverranno in Russia dove, sulle note dell'Internazionale trionferà la Bandiera Rossa con l'affermazione del comunismo bolscevico leninista.Inizia quel "secolo breve" descritto dallo storico inglese Eric Hobsmawn, caratterizzato dall'avvento sulla scena della grande politica delle masse che, con la concessione del diritto di voto a suffragio universale furono così indennizzate per il grande sacrificio subito durante la Grande Guerra.
Masse che solo parzialmente erano pronte alla vita politica attiva. Solo la classe operaia, egemonizzata e guidata pedagogicamente dai partiti socialisti e socialdemocratici, aveva una certa coscienza di se e un graduale preparazione all'esercizio del potere nelle democrazie parlamentari.
I ceti medi e quelli rurali, arrivarono al palcoscenico della politica attiva, senza alcuna formazione politica di riferimento precostituita e con il timore di rimanere schiacciati, come tra l'incudine e il martello, da un lato dai grandi potentati industriali e dall'altro dal sempre più forte proletariato industriale urbano. Piccoli borghesi e contadini spaventati che il credo socialista si diffondesse a macchia d'olio sconvolgendo definitivamente quel loro "piccolo mondo antico" ormai consegnato agli annali di storia.
L'Europa fu sconvolta dal conflitto che segnò l'inizio di un'epoca di incertezze che sfocerà nei tre grandi totalitarismi (fascismo, nazismo e stalinismo).Totalitarismi nati e fortificati dalla paura e che faranno sì, come ha scritto lo storico tedesco Momsen, che le due Guerre Mondiali, in realtà non siano solo che la prima e la seconda parte di una lunga guerra civile europea che raggiungerà l'apice con la Seconda Guerra mondiale alla fine della quale l'Europa troverà un nuovo equilibrio e la più lunga epoca di pace e benessere diffuso della propria esistenza, ma perderà la propria centralità a vantaggio delle due nuove superpotenze: gli Stati Uniti d'America e l'Unione Sovietica.
Luca Molinari
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durò 44 anni. - Forse fu il
periodo più felice per il modello europeo
LA BELLE EPOQUE
di FERRUCCIO GATTUSO
"Quella della Belle Epoque fu una società che visse inconsapevolmente su un campo minato". Così diceva - in un’Europa ormai mutata, dilaniata da due guerre atroci, orfana di un primato mondiale - lo scrittore Paul Morand. E in queste parole si può veramente riassumere il significato (e la tragedia) di un periodo storico del nostro continente in cui tutto sembrò, per molti anni, grandioso; ma che nascondeva - sotto i palpiti di una società in rapido cambiamento morale e tecnologico - un cancro in lenta e inesorabile progressione.
L’Europa che estendeva il proprio dominio su tutti i continenti, forte di un modello politico e culturale senza rivali, culla della rivoluzione industriale e delle prime stupefacenti innovazioni tecnologiche, era la stessa Europa che preparava, sotterraneamente, la grande carneficina della guerra. In seguito ad essa nulla fu più come prima.
Nelle trincee scavate nel fango, tra i fili spinati e i campi minati, non trovava la morte solo una generazione di europei condannata ad un sacrificio assurdo. In quegli stessi luoghi, in quello stesso tempo, moriva una società che sarebbe apparsa alle generazioni successive come un’età dell’oro. Ma non sperduta nel passato più recondito dell’uomo. Così vicina, così crudelmente palpabile, nelle foto, nei filmati - i primi -, nelle dispute letterarie, la Belle Epoque ci apparve per molto tempo, e forse ci appare ancora, come un’occasione perduta, una promessa non mantenuta, un oggetto prezioso appena sfuggito di mano. L’immagine della Belle Epoque è legata, proprio per la connotazione di "età gaudente" che ha assunto nella nostra memoria, a eventi e caratteristiche sociali e di costume, più che ad avvenimenti politici e storici.L’EUROPA SOVRANA
Ci sembra strano pensare che la Belle Epoque era la stessa del generale Boulanger, della revanche francese, dell’Affaire Dreyfuss, della prima rivoluzione russa del 1905, delle "piccole guerre" condotte ai margini del continente (quella greco-turca del 1897, quella ispano-americana dell’anno seguente), dell’astro nascente marxista. Eppure l’Europa che sfoggiava - soprattutto tra Parigi e Vienna - la società del can can, del piegabaffi, delle prime goffe auto e delle ultime carrozze, della Bella Otero, di grandi artisti come Monet o Gauguin, o come Sarah Bernhardt ed Eleonora Duse, aveva uno sfondo storicamente preciso: gli anni del colonialismo, del cancelliere Bismarck, dell’espansione delle grandi famiglie capitaliste come i Rothschild.
E’ convenzione far iniziare la Belle Epoque con il 1871, anno di assestamento internazionale e - per quanto ci riguarda - di pieno compimento dell’avventura risorgimentale.
I 44 anni che separano questa data da quella, funesta, del 1914 (assassinio di Serajevo, scoppio della Grande Guerra), costituiscono il periodo più felice per il modello europeo, cioè quel modello basato sull’esperienza politica liberale, borghese, e su di uno sviluppo scientifico senza precedenti fiorito da una libertà di pensiero e da un laicismo prima sconosciuti. Questa nuova era delle possibilità fu terreno fertile per tutti i campi del sapere umano: romanzo, poesia, teatro, diplomazia, finanza. Il tenore di vita dei ceti medi era molto favorevole, e l’accesso alla vita mondana (che in quel tempo si andava espandendo come mai in precedenza) e a quella culturale diveniva più automatico. I Caffè - non, come scrive Giovanni Alberto Castellani, "i frettolosi bar del giorno d’oggi" - erano il luogo dove avvenivano incontri e scambi sociali e artistici di qualsiasi livello. Dalle dispute dell’uomo comune, qualche volta fisiche, incentrate su temi politici ma anche idealistico-letterari, ai contatti illustri tra grandi nomi della cultura, tutto veniva ospitato tra le mura e i tavolini dei più prestigiosi caffè di capitali come Parigi, Vienna e Roma.
LE DINASTIE DELL’ORO
I Teatri, sempre pieni, ospitavano nomi leggendari come Isadora Duncan, Anna Pawlova, la già citata Eleonora Duse., e vi si rappresentavano tutti i generi, dalle piacevoli commedie di George Feydeau alle tragedie di Gabriele D’Annunzio. Parigi, la "Ville Lumiere". La Belle Epoque. In queste due parole - che non hanno trovato sinonimo o traduzione diversa - si può ben comprendere l’importanza che la Francia ebbe in questo quarantennio a cavallo tra i due secoli. Parigi fu, indiscutibilmente, la culla, il cuore pulsante della "corsa in avanti" che la società e il costume del tempo stavano compiendo.
Non a caso, per fare un esempio, fu in Francia che nacque quella che è riconosciuta come l’ultima arte creta dall’uomo: il cinema. In quegli anni sembrava che tutto dovesse venire dalla terra dei Napoleoni. E fu lì che, attraversando il Reno, si insediarono le dinastie dell’oro di origine ebraica.Dietro i pionieri Rothschild, seguirono gli Hottlinger, i Cahen D’Anvers, gli Erlanger, i d’Eicthal, i de Romilly. Queste ricche famiglie si unirono da subito con la nobiltà e l’alta borghesia parigine. Nasceva così la grande società parigina, "le monde", orbitante intorno ai salotti di figure come la contessa de La Rochefoucald o della duchessa Clermont Tonnerre.
Sotto questo mondo che appariva distante e chiuso nelle sue convenzioni, appariva il così detto demi-monde, un universo più libero, frenetico, gaudente, e quindi più affascinante. Non erano rare le volte in cui principi e nobili in incognito si avventurassero in questo mondo irregolare per cercarvi svago e evasione. Ancora più sotto, regno della media e piccola borghesia e dei lavoratori, stava la dimensione del Quartiere Latino. Affollato di artisti e soprattutto studenti, il quartiere era una fucina di vita mondana, arte e pensiero. Da esso, ma non solo, Parigi trasse nomi come Toulouse Lautrec, Degas, Manet, Cezanne, Delacroix.PARIGI, BOOM DEI GIORNALI
Infine l’Università della Sorbona, che attirava giovani di tutto il mondo, era motivo di prestigio ma anche di fermento culturale nella capitale francese. Nel 1890 l’8 per cento degli iscritti alla Sorbona erano stranieri, agli inizi del novecento erano il 18 per cento. In questo scenario fiorivano con estrema facilità i giornali. Sulla spinta di giornalisti pionieri come Emilio de Girardin, grande polemista, che aveva creato molti anni prima "La Presse" (centomila lettori, 25.000 abbonati), erano seguiti fogli come il "Siècle", la "Libertè" e la "France". "L’impresa di De Girardin - scrive Castellani - può essere paragonata, per la sua grande forza rivoluzionaria, a quella delle ferrovie." E infatti la stampa parigina , tra il 1835 e il 1840, aveva avuto un’impennata considerevole. La Parigi di fine secolo, quindi, poteva contare su una pluridecennale tradizione giornalistica.
Come a Parigi, anche a Vienna - capitale dell’Impero asburgico - la Belle Epoque trovò terreno fertile. E come era successo a Parigi, anche sulle rive del Danubio si verificò l’insediamento delle grandi famiglie capitaliste alla Rothschild. che si unirono, forse con maggior difficoltà, all’aristocrazia viennese. Al barone Salomone Rothschild si dovrà la diffusione capillare delle ferrovie. Egli diventerà in poco tempo l’uomo più ricco d’Austria e persino l’Imperatore si rivolgerà a lui per rimpinguare le casse del Tesoro statale.
La cattolicissima Austria, dopo una dura diffidenza,
si inchinava al potere economico del ricco israelita.A Vienna tornò anche a fiorire quell’arte che nei primi decenni dell’800 aveva languito. I fasti settecenteschi di Maria Teresa e Giuseppe II (grande conoscitore di musica e amico di Mozart) si persero con Francesco II e Ferdinando. I Rothschild adottati dall’Austria divennero presto mecenati di una nuova rinascita artistica. Da loro e dall’humus israelita nacque un nuovo fermento intellettuale. Hoffmannsthal, Schnitzler, Freud, Strauss, Lehar sono solo alcuni dei nomi che fecero grande la Vienna della Belle Epoque.
IL MAGICO ORIENT EXPRESS
Ai Rothschild e alle loro ferrovie si deve anche, come conseguenza, la nascita di un altro mito e simbolo della Belle Epoque: l’Orient Express. Il 2 maggio del 1883 nasceva il treno che avrebbe attraversato l’Europa verso l’oriente misterioso, verso Costantinopoli. A bordo di esso, politici, giornalisti, artisti e scrittori intrecciarono le loro storie e i loro interessi. L’Orient Express sopravvisse fino al 28 maggio 1961: in un mondo che in quegli anni si lanciava nella corsa allo spazio e che avrebbe visto in Juri Gagarin il primo uomo orbitante intorno alla Terra, il vecchio serpente di ferro che attraversava il continente appariva come un anacronistica curiosità. L’avventura e il mistero in cui si tuffava il vecchio treno non erano più nel "lontano" Oriente, ma tra le stelle.
Dopo la bruciante sconfitta subita per mano di Bismarck, moriva l’Impero francese. Nel settembre 1870 il Comitato di salute Pubblica composto da uomini come Adolfo Thiers, Enrico Rochefort, Jules Favre e Jules Ferry, eredita il regno di Napoleone III. Nel febbraio del 1871 Thiers diventa capo esecutivo del governo e il 1 marzo viene ratificata la fine della monarchia napoleonica. L’Assemblea Legislativa che nasce dalla ceneri della monarchia è però a maggioranza conservatrice, mentre nei caffè e nei circoli intellettuali cominciano a diffondersi idee di stampo anarchico e comunista ( termine da non intendersi con la piena accezione cui assurse da Lenin in poi). Parigi finisce, grazie anche all’intervento dei battaglioni presenti in città e fortemente anti-monarchici, in mano ai rivoltosi. Il generale Mac Mahon assedia la capitale : è la guerra civile. Dalla lotta tra due visioni differenti della repubblica - una borghese, l’altra comunarda - emergerà vittoriosa la prima.
LA FRANCIA SI RINNOVA
E’ la terza Repubblica. Nell’agosto del 1871 Thiers viene eletto presidente, ma il suo incarico durerà solamente fino al maggio del 1873, schiacciato tra le innumerevoli divisioni interne al paese tra repubblicani, reazionari, cattolici, nazionalisti. Gli succederà Mac Mahon, e con il generale predominerà in Francia il conservatorismo, si procederà ad importanti mutamenti istituzionali, come la creazione della figura del presidente del Consiglio dei Ministri e la formula del settennato per la Presidenza della Repubblica. A capo del Consiglio dei Ministri arriverà quell’Albert De Broglie, tradizionalista cattolico, che - insieme a Mac Mahon - darà alla Francia un’impronta autoritaria. L’atmosfera è quella dell’attesa: tra sostenitori dei Napoleonidi e degli Orleans si accende una sotterranea lotta per riportare la monarchia, mentre le forze repubblicane appaiono deboli e divise. E’ in questa atmosfera che appare "Histoire d’un crime" di Victor Hugo. Il pamphlet scritto dal grande romanziere è un’atto di accusa contro l’autoritarismo di Mac Mahon.
Nei boulevards di Parigi scoppieranno violenti scontri tra oppositori e sostenitori delle tesi di Hugo, ma alla fine anche la penna di Victor Hugo contribuì ad indebolire il presidente. La dittatura presidenziale di Mac Mahon termina con la forzata elezione alla presidenza del Consiglio dei Ministri del repubblicano Dufaure. In quello stesso periodo Parigi celebra tra i suoi fasti più grandi: si ingrandisce, vede il completamento del Teatro de L’Opera, riordina i campi Elisi, celebrerà il centenario della morte di Voltaire. Parigi accoglierà in questi anni la crema della borghesia e della nobiltà europee, ma anche artisti e scienziati. In questa sfolgorante cornice di potenza però le tensioni politiche continuano più o meno sotterranee tra repubblicani, monarchici, nazionalisti, e comincia ad insinuarsi sempre più nell’opinione pubblica francese quel sentimento successivo alla sconfitta per mano della Prussia e che andò sotto il nome di revanche.
BOULANGER, L’EROE DI DESTRA
La Francia ha bisogno della sua rivincita e della sua grandezza politica, che nel susseguirsi della tranquilla mondanità della Belle Epoque, sembra esaurirsi. Si attende qualcuno che possa incarnare questo spirito di rivalsa, e Parigi crede di averlo trovato nel generale George Ernest Boulanger. Il "Generale Revanche" - come poi fu chiamato - cominciò ad alimentare il suo mito in occasione degli scioperi del febbraio 1886 ad opera dei minatori del bacino carbonifero dell’Aveyron. Il governo, che gestì malissimo la situazione e non seppe fronteggiare la protesta, si affida nelle mani di Boulanger, al tempo ministro della Guerra nel governo Freycinet. Il generale invia truppe e stronca gli scioperi in poco tempo. Attaccato dall’opposizione di sinistra Boulanger si difenderà di fronte al Governo e alla Camera con un discorso memorabile per i suoi toni decisi. La destra ha ora un eroe, la sinistra un nemico.
Come prima conseguenza di questa nuova tendenza revanchista francese, i rapporti con la Germania diventano tesi. Nell’aprile 1887 venti di un possibile scontro armato soffiano sul confine franco-tedesco. La Francia oscilla tra l’interventismo di Boulanger e il moderatismo di uomini come il Presidente della Repubblica Jules Grevy. Per un triennio, nei circoli politici e culturali parigini ci si scontrerà a favore o contro il generale Boulanger. Gli uomini, da una parte e dall’altra della barricata, accenderanno i loro discorsi sul ruolo che questo "uomo della provvidenza" debba avere. I salotti femminili, invece, si interesseranno alla relazione tra il generale e Margherita de Bonnemains, sua inseparabile compagna. il governo cercherà di arginare l’ombra del colpo di stato incarnata da Boulanger esautorandolo dal ministero e designandolo al comando del XII Corpo d’Armata sulle montagne dell’Alvernia.
IL GENERALE BEFFATO
Quando il generale si reca, l’8 luglio, al treno che lo deve portare alla destinazione assegnatagli, una folla di sostenitori lo porterà in trionfo. Boulanger da questo momento incarna l’eroe che i nazionalisti e i conservatori hanno cercato per molto tempo. Colui che dovrebbe rappresentare al meglio lo spirito della revanche, però, non sa - o non vuole - approfittare della situazione. Esercito e buona parte dell’opinione pubblica si riconosce in lui ma, quando potrebbe tentare il colpo di stato, si accontenta di una candidatura a deputato nelle elezioni del gennaio 1889. Eletto a furor di popolo, anziché assumere un atteggiamento aggressivo si adagia e temporeggia fino a che l’onda nazional-conservatrice comincia a decrescere.
L’epilogo della carriera politica di Boulanger avrà del ridicolo: ingannato da spie nemiche dirette dal Ministero degli Interni accetterà di lasciare Parigi sotto invito di un sedicente nazionalista (in realtà un poliziotto). E’ imminente un suo arresto - questo l’avvertimento del falso sostenitore - e Boulanger deve lasciare la capitale. Boulanger abbandonerà la città in compagnia di Margherita de Bonnemains. Il giorno seguente la stampa sommerge Parigi titolando sulla "fuga del generale Boulanger". E’ la fine politica del "Generale".
Nonostante i drammi politici e gli scontri diplomatici con il pericoloso vicino tedesco, la Francia e Parigi continuano la loro "belle époque" Nel 1889 si celebrava con grande pompa il centenario della Rivoluzione con la grande Esposizione Mondiale, il cui simbolo divenne poi il simbolo incontrastato di Parigi: la Torre Eiffel. In aprile, gli stessi parigini che si accapigliavano sul destino politico di Boulanger erano quelli che si recavano in un nuovo locale: il Moulin Rouge. Inventato da Carl Zidler, il Moulin Rouge offriva ai suoi visitatori la faccia più libertina di Parigi. Nei suoi locali bellissime ragazze eseguivano un ballo che, come diremmo oggi, fece subito tendenza: il can can.IL MALIZIOSO CAN CAN
L’audacia e la malizia di questo ballo fu tale che il can can divenne il simbolo universalmente riconosciuto della Belle Epoque. Naturalmente osteggiato con forza dai benpensanti. Purtroppo per quest’ultimi, il Moulin Rouge fece scuola, e sorsero per tutta la città (soprattutto nella zona di Pigalle) club e locali dello stesso tipo come le Folies Bergère.Contemporaneamente si sviluppava lo spettacolo del music-hall, i cui eroi furono Maurice Chevalier, la Bella Otero, Lina Cavalieri. In quegli anni non era solo un audace can can a costituire motivo di scandalo. A dispetto del pensiero benpensante, veri e molto più gravi scandali accadevano in campo politico e finanziario. Gli anni della Belle Epoque sono i medesimi dell’Affaire Dreyfuss, della Banca Romana, del fallimento della Compagnia Universale del Canale di Panama, dell’arresto di Oscar Wilde con l’accusa di omosessualità. Il fallimento dell’impresa che avrebbe dovuto realizzare il canale all’istmo di Panama coinvolse milioni di francesi. La vera e propria campagna pubblicitaria per l’acquisto di azioni della Compagnia aveva avuto un successo senza precedenti.
I lavori, cominciati nel 1884 in un’atmosfera di grandeur naufragarono già tre anni dopo. Per un incredibile errore di calcolo le casse erano già vuote, a ciò si aggiunsero gli sperperi della Compagnia e le epidemie di scorbuto e malaria che colpivano gli operai. Quando si arrivò a contare 400 operai morti al giorno si comprese il totale fallimento dell’impresa. Lo scandalo esplode con tutta la sua forza nel novembre del 1892, quando Edgard Rumond, direttore del "Libre Parole" accusa apertamente il governo di sperperi e operazioni poco chiare. Un anno dopo, nel 1893, uno scandalo analogo avverrà in Italia e coinvolgerà personalità come Crispi e Giolitti. Da un’inchiesta nata dalle denunce della sinistra vengono accertate irregolarità e un vuoto di cassa di due milioni nella Banca Romana.UNA RAFFICA DI SCANDALI
La stampa di opposizione si scatena contro il governo e nel mese di maggio si procederà alla liquidazione della banca. Da essa nascerà la Banca d’Italia. Lo stesso anno grandi clamori susciterà l’arresto dello scrittore e poeta di origine irlandese Oscar Wilde. L’accusa, omosessualità, lo porterà a scontare due anni di lavori forzati. L’autore di "Il Ritratto di Dorian Gray", "Salomè" e "La Ballata dal carcere di Reading" (nata dall’esperienza in prigione) morirà il 30 novembre 1900 a Parigi, assolutamente dimenticato, in un alberghetto in via delle Belle Arti. Di ben altro spessore, politico e simbolico, fu lo scandalo che ruotò intorno alla figura di Alfred Dreyfuss, addetto allo Stato Maggiore francese, ingiustamente accusato di spionaggio a favore dei tedeschi. Il suo caso appassionò non solo Parigi e la Francia, ma tutto il mondo.
La vicenda Dreyfuss costituì il pretesto perchè si scatenasse in Francia un’ondata di antisemitismo senza precedenti (ma che, purtroppo, sarebbe impallidita di fronte a ciò che sarebbe successo quarant’anni dopo). La fin troppo ovvia accusa nei confronti del piccolo ufficiale Dreyfuss era quella che un "cosmopolita ebreo" non provasse sentimenti nazionali e per danaro si sarebbe venduto al nemico. La Francia assistette alla condanna di quest’uomo innocente e alla sua deportazione all’Isola del Diavolo nel febbraio del 1895. Due anni dopo, nell’ottobre del 1897, il calvario di Dreyfuss si avvia alla conclusione. Scoppia lo scandalo che proverà la sua innocenza e porterà all’incriminazione dei più alti papaveri della gerarchia militare francese. I documenti confidenziali consegnati al nemico erano scritti con lo stesso pugno di alcune lettere del comandante Walsin-Esterhazy, nelle quali peraltro si dichiarava apertamente l’ostilità verso il governo e il popolo francese e propositi di tradimento.L’INGHILTERRA VITTORIANA
In campo scese anche il celebre scrittore Emile Zola che sul "Figaro" comincò una campagna innocentista nei confronti di Dreyfuss e che culminerà con il celeberrimo "J’accuse !" (gennaio 1898). Solo più di un anno dopo, nel giugno del 1899 (e dopo l’incriminazione dello stesso Zola per vilipendio alla Repubblica), la verità poteva essere riconosciuta e sancita da un tribunale: la Corte Suprema annullava la sentenza contro Alfred Dreyfuss. Non finì qui, poiché la Francia si divise drammaticamente a proposito. Un nuovo processo vedeva la luce in agosto. Il 9 settembre Dreyfuss veniva riconosciuto "colpevole con circostanze attenuanti", ma in seguito veniva formalmente graziato e reintegrato nei gradi nel luglio del 1906. L’Inghilterra che visse nel periodo della Belle Epoque fu dominata da una figura politica di assoluto livello, una delle più grandi nella storia dell’isola: Benjamin Disraeli.Sotto il Primo Ministro "preferito dalla regina Vittoria" la potenza inglese raggiunse il suo culmine. Il Regno Unito sarebbe divenuto Impero e il suo mito sarebbe durato fino alla perdita dell’India dopo la Seconda Guerra Mondiale. La politica di Disraeli fu imperniata essenzialmente sul colonialismo. L’India era al centro dei suoi pensieri, poiché ben comprendeva come questo dominio avrebbe influito straordinariamente sulle fortune politiche e soprattutto commerciali ed economiche dell’Inghilterra.
Un grande avvenimento, accaduto nel 1869 ad opera della Francia, ha aperto nuove possibilità per l’accesso all’India, e cioè la creazione del Canale di Suez. Il Mediterraneo e l’Oceano Indiano sono ora uniti e il commercio ne godrà immensi vantaggi. Disraeli comprende da subito come la via all’Oriente passerà per l’Egitto e l’Arabia e non più per la Turchia. "Dominare le sponde del Mar Rosso". è questo l’imperativo avanzato da Disraeli. Grazie al finanziamento dell’ennesimo Rotschild, Nathan, il governo britannico riuscirà ad impossessarsi di molte azioni del canale di Suez.LA BELLE EPOQUE IN ITALIA
Dopo la rinunciataria politica estera dell’eterno rivale Gladstone, ora la Corno inglese può contare su un primo Ministro dinamico e votato alla grandezza imperiale britannica. Sono gli anni in cui nasce l’Impero e assurge a piena notorietà il suo cantore: Rudyard Kipling. Nell’aprile del 1881 Benjamin Disraeli muore, e con lui un pezzo di arte politica anglosassone. La figura di Gabriele D’Annunzio, con i suoi eccessi, le sue grandezze e piccolezze, è indissolubilmente legata con il periodo della Belle Epoque nella Roma di fine secolo. Riconosciuto talento sin dalla più giovane età, il giovane Gabriele giunse a Roma con la reputazione già consolidata della promessa e dell’adolescente prodigio di scuola carducciana. Accolto con tutti gli onori dai salotti importanti, strabiliati dalle prime opere del diciottenne, come "Canto nuovo".Correva il 1883, e lo stesso anno l’apprendista "vate" si sposava con la duchessina Maria Hardouin. Due stagioni distinte a Roma caratterizzarono la vita del poeta di Pescara, la prima in giovane età, la seconda da autore affermato de "L’innocente" e "Il Trionfo della morte". In quest’ultima Roma la vita sociale scorreva al ritmo frenetico della vacuità, e anche D’Annunzio vi si immerse da subito. Tra flirt riconosciuti (Barbara Leoni, detta "Barbarella") o meno, D’Annunzio condusse una vita tra la creazione letteraria, l’attività giornalistica su giornali come la "Tribuna" e la partecipazione agli eventi cittadini, come ad esempio la frequentazione del famoso Caffè Greco. Cresciuto in fama e riconoscimenti, Gabriele D’Annunzio avrebbe seguito il richiamo della "Ville Lumiere". Parigi lo accolse da subito a braccia aperte, da sempre favorevole ad accogliere nel proprio seno le novità letterarie.
LA "FIN DE SIECLE"
Il Vate, in quel periodo era arrivato nella capitale francese con alle spalle buona parte della sua più nota produzione: "Il Piacere", "Giovanni Episcopo", "Le Elegie Romane". Contemporaneamente al trionfo dannunziano in terra francese, arrivava a Parigi anche l’attrice Eleonora Duse, che vi avrebbe mietuto molti successi, in concorrenza con un altro mito, Sarah Bernhardt. La Duse giungeva a Parigi con la fama non solo della grande artista, ma anche con quella del grande amore di D’Annunzio. Con l’anno 1900 si concludeva il secolo diciannovesimo, ma solo formalmente.
La parola fine sul secolo nato dalla sconfitta di Napoleone la scriverà, col sangue, la Prima Guerra Mondiale. L’Europa che entrava - solo matematicamente - nel nuovo secolo era ancora molto sicura di se stessa. Eppure alcuni fermenti da lì a poco si sarebbero formati e sviluppati velocemente. I circoli anarchici di tutto il mondo avevano indetto a Parigi un congresso dove avevano esaltato le proprie teorie regicide.
In luglio a Monza veniva ucciso Umberto I, ad agosto lo Scià di Persia sfuggiva a un attentato, a novembre a Bruxelles il Principe di Galles veniva ferito. Fuori dal continente i Boeri sconfiggevano gli inglesi in Africa, a Pechino si verificava la rivolta dei Boxers, domata solo da una spedizione internazionale europea. A cavallo tra i due secoli si realizzavano anche le più grandi scoperte scientifiche che avrebbero caratterizzato il Novecento, e ne avrebbero fatto da base di decollo per una corsa senza precedenti verso il futuro.
Fu anche grazie a queste scoperte che il Novecento verrà definito "il secolo breve", durante il quale le concezioni di spazio e tempo verranno relativizzate. Tra il 1890 e il 1905 i fratelli Wright realizzeranno il primo aeroplano, i fratelli Lumière creeranno il cinema, i coniugi Curie scopriranno i raggi X e il nostro Guglielmo Marconi scoprirà le onde radio e creerà la telegrafia.LA FAVOLA FINISCE
Nel mondo della produzione le cifre erano impazzite: negli ultimi trent’anni di Ottocento la produzione di ghisa era salita da 12 a 70 milioni di tonnellate, il commercio marittimo dilagava per tutti i mari del mondo, la Germania con la sua produzione mineraria e di carbone era divenuto il massimo fornitore energetico per tutti i paesi del continente, la corsa agli armamenti - nel timore della ricco e aggressivo Impero germanico - era alle stelle (con grande piacere e vantaggio delle ricchissime famiglie di costruttori d’armi, come gli Schneider, i Krupp e i Wickers).
Politicamente si affacciavano, accanto e come riflesso delle teorie internazionaliste marxiste, politiche nazionaliste in ogni Paese. Si consolida il colonialismo e la volontà di potenza. Dall’altra parte dell’oceano un’America forte e distaccata dalle cose europee seguiva il popolare presidente Teddy Roosevelt nel suo slancio imperialista e protezionista allo stesso tempo. In Russia la Corona zarista comincia a vacillare e ad allontanarsi drammaticamente dalla società russa. Di lì a poco due rivoluzioni e un golpe (1905, febbraio 1917, ottobre 1917) cambieranno il volto della Russia.
Serajevo, 28 giugno 1914. L’arciduca ereditario austriaco Francesco Ferdinando e la moglie Sofia Chotek vengono assassinati nella propria carrozza da uno studente serbo, anarchico, Gavrilo Princip. La notizia fa rapidamente il giro dell’Europa, la guerra è imminente, poiché l’Austria si scatenerà con ogni probabilità contro la Serbia e i complessi meccanismi delle alleanze continentali si metteranno improvvisamente in moto.
Quando si viene a conoscenza dell’attentato, Parigi è immersa nel suo ultimo happening mondano: la corsa di cavalli del gran Premio, cui partecipava la società tutta, il monde, il demi-monde e l’uomo comune. Due mesi dopo la capitale francese doveva fronteggiare l’avanzata proveniente dal Belgio "violato" dell’esercito germanico. Alla frenesia dei balli del Moulin Rouge si sostituisce il crepitìo dei fucili e delle mitragliatrici. La Belle Epoque era finita.di FERRUCCIO GATTUSO
Ringrazio per l'articolo
offerto a Cronologia
il direttore di