SCHEDA |
POLITICA E PARTITI TEDESCHI |
1970
I successi
di Brandt e di Scheel
in politica estera
Il 1970 segna l'inizio della realizzazione dei principali obiettivi della Ostpolitik. Brandt, utilizzando l'espressione "due Stati, una nazione", riconobbe implicitamente la Sed come rappresentante, anche se non necessariamente legittimo, della popolazione della Repubblica Democratica Tedesca .
Il 12 agosto 1970 fu firmato il Trattato di Mosca che apriva la strada ai negoziati con gli altri paesi del blocco socialista e stabiliva relazioni e cooperazione economica con l'Urss con clausole molto vantaggiose sia per la Germania federale, sia per l'Unione sovietica.
L'appoggio dei sovietici aveva permesso, nel marzo 1970, di organizzare il primo viaggio di un cancelliere tedesco-federale nella Ddr.Prima a Erfurt (marzo), poi a Kessel (maggio) si incontrarono il cancelliere Brandt e il primo ministro della Repubblica Democratica Tedesca Willy Stoph.
Fu il primo incontro al vertice intertedesco del secondo dopoguerra, ma non diede grandi risultati poiché la dirigenza della Sed, dopo una fase di iniziale entusiasmo, ripresentò la vecchia pregiudiziale del riconoscimento diplomatico imponendo una battuta d'arresto nei negoziati.
Un risultato di grande valore, invece, lo si ottenne sul versante dei rapporti con la Polonia: il 7 dicembre 1970 Brandt e Scheel firmavano un Trattato con cui si riconosceva il valore della frontiera dell'Oder-Neisse tra la Germania e la Polonia.
Si metteva così la parola fine ad un'annosa questione riguardante i confini ed il reciproco riconoscimento tra i due paesi. Il raggiungimento dell'accordo fu facilitato dalla mediazione di Gromyko, Ministro degli Esteri sovietico, ma su alcune questioni l'accordo fu ritenuto impossibile poiché il governo di Bonn poteva agire solo a nome della Bundesrepublik e non dell'intera Germania. Fu deciso che di tali problemi se ne sarebbe parlato nel caso (allora ipotetico e addirittura ritenuto né realistico, né tantomeno auspicabile) di una riunificazione tra le due Germanie.Con quasi venticinque anni di ritardo rispetto al resto del mondo finiva il dopoguerra lungo i confini orientali del Repubblica Federale Tedesca e si assisteva alla normalizzazione, tanto attesa quanto auspicata dentro e (soprattutto) fuori della Germania di Bonn, dei rapporti diplomatici tra la Rft e i paesi del blocco socialista.
La pace e la sicurezza nel cuore dell'Europa cominciavano ad essere valori comuni e universalmente ricercati dalla dirigenza politica di entrambi gli schieramenti che, oltre che la tranquillità dei confini e dei rapporti bilaterali, vedevano in tali fatti proficui tornaconti economici per tutti.
Le riviste ufficiali dei maggiori partiti politici italiani analizzate affrontarono solo superficialmente e con pochi articoli i fatti del 1970: aspettano, probabilmente, aspettarono di vedere l'evoluzione di tali trattative di pace tra Bonn e i paesi limitrofi.Il 1970 fu, in sintesi, un anno ponte, un periodo di transizione in cui si abbozzarono e si posero le basi delle successive svolte nella politica estera della Repubblica Federale Tedesca.
Come si è visto a Erfurt, nel marzo 1970, si incontrarono per la prima volta i primi ministri della Rft (Brandt) e della Ddr (Stoph) e ciò segnò l'inizio di una marcia verso la sicurezza il cui naturale compimento, almeno così si auspicavano ampi settori della sinistra europea, doveva risultare il superamento dei blocchi contrapposti diminuendo l'influenza statunitense nelle relazioni diplomatiche tra gli stati europei in generale e tra i due tedeschi in particolare.
Per realizzare ciò sarebbe stato possibile solo a condizione che le due Germanie si ponessero su di un piano di rispetto reciproco e di paritetica parità, superando, così, oltre due decenni di scontri, tensione e incomprensioni.L'arrivo di Brandt a Erfurt fu accompagnato dall'auspicio espresso dal cancelliere socialdemocratico che "i tedeschi dell'est non si sentono <stranieri> a quelli dell'ovest, che insomma fanno tutti parte della stessa nazione germanica" .
Brandt sintetizzò questo suo pensiero nella già citata formula "due Stati, una Nazione" , ma Stoph "insiste sulla parola Stati al plurale" .Infatti l'obiettivo del leader comunista della Ddr è quello di utilizzare le parole di Brandt "per significare come ormai dopo più di vent'anni dalla costituzione ufficiale della RFT e della RDT, la Germania sia divisa in due" e che, quindi, la soluzione più naturale al problema inerente alla questione tedesca sia "prendere atto di questa realtà e trarne le opportune conseguenze anche sul piano giuridico" .
Tale conseguenza giuridica non può che essere una sola: "il riconoscimento diplomatico della Repubblica democratica tedesca" .Brandt è tendenzialmente ostile a tale opzione ma, contrariamente ai suoi predecessori democristiani, non per volontà egemonica della Germania occidentale rispetto a quella orientale, ma perché un tale atto eliminerebbe "per sempre qualsiasi prospettiva di una futura unità tedesca" , ma nessuno dei due capi di governo nega che tra le due Germanie ci siano delle "relazioni speciali" che devono mirare a dare una "maggiore consistenza ad una evoluzione dei rapporti inter-europei" in quanto essi rappresentano una "via obbligata e naturale" sulla via della pace.
I rapporti bilaterali hanno come avversari più o meno dichiarati sia gli Stati Uniti d'America, sia l'Unione sovietica che temo di perdere parte della propria influenza nelle rispettive sfere d'influenza in seno al Vecchio Continente.
Ma i dialoghi tra Bonn e Berlino Est hanno già dato risultati immediati, riscontrabili in "un miglioramento dei rapporti fra i due Stati tedeschi" che potrebbero, però, subire dei ritardi qualora il governo tedesco-orientale "si irrigidisca sulla tesi del riconoscimento" .
Ciò che Brandt deve fare è dare prova di grande realismo politico e sapere sfruttare in maniera proficua le tre carte positive di cui dispone:1) innanzi tutto bisogna che la Rft abbia un ottima rapporto con la diplomazia sovietica, assecondando, come sembra voler fare, la volontà di Mosca di convocare al più presto una conferenza sulla sicurezza europea il cui obiettivo non sarebbe altro che quello di "portare alla solenne consacrazione dello status quo, quindi all'accettazione della invulnerabilità del blocco comunista e ad un riconoscimento de facto della RDT" . L'Unione sovietica ha in questo obiettivo uno dei punti strategici e di primaria importanza della propria diplomazia e politica estera e, per vederlo sancito anche da Bonn, è disposta a fare pressioni su Ulbricht affinché la dirigenza della Repubblica Democratica Tedesca assuma una linea dialogante e disposta all'accordo con il governo di Bonn;
2) il riconoscimento delle frontiere uscite dalla Seconda Guerra Mondiale da parte di Bonn potrebbe essere utilizzato come "moneta di scambio" per ottenere dal governo della Ddr il riconoscimento de facto dell'inserimento dei quartieri occidentali di Berlino nel territorio della Repubblica Federale Tedesca;
3) infine Brandt potrà sempre dire ai proprio interlocutori che ritardi o un'andatura moderata della diplomazia di Bonn nei rapporti internazionali e nelle concessioni diplomatiche sono dovuti alla necessità di trovare l'accordo, se non almeno la non belligeranza, dell'opposizione democristiana, forte nel paese e nel Parlamento, per raggiungere, con la massima unità interna possibile, un obiettivo strategico che ha in se un intrinseco "valore storico" .Se si vuole che il processo di pace dia risultati positivi occorre che esso venga accettato e condiviso dal maggior numero di forze politiche, sociali ed economiche possibili. E per far ciò occorre tutto il tempo necessario.
Una totale e completa opposizione ai risultati dell'azione diplomatica di Brandt e di Scheel venne dal congresso della Csu di Joseph Strauss che si tenne a Monaco di Baviera. Strauss, in perfetto stile nazionalista, accusò il governo di "svendere gli interessi nazionali e di preparare il kerenskismo per la Germania occidentale" .
Strauss vuole assumere la leadership dell'intera opposizione e "trascinare su questa scia anche l'altra ala della democrazia cristiana tedesca, la CDU" .
Per ottenere ciò fece sorgere in tutta la Germania (anche oltre i confini della sua Baviera) dei circoli di "amici della Csu" il cui fondatore è un professore fanatico e nostalgico che si fece paracadutare in Scozia per chiedere la liberazione di Rudollf Hesse e che, a Colonia, aveva lanciato la propria auto contro alcuni studenti riuniti in un sit-in di protesta contro il riarmo e per la pace.
La tattica di Strauss è quella di screditare il governo Brandt e di insinuare nell'opinione pubblica il dubbio e l'insinuazione che il nuovo corso non sia altro che un tradimento degli interessi della Germania federale e del popolo tedesco.
Anche la stampa di Springer mira a tale obiettivo il cui naturale risultato sarebbe la "caduta del governo Brandt nel corso della presente legislatura" .Inizialmente la linea di Strauss diede alcuni modesti risultati in quanto indebolì il partner di coalizione dei socialdemocratici, la piccola Fdp. Ciò lo si vide nelle elezioni regionali tenutesi nella tarda primavera del 1970 in Renania-Westfalia, Bassa Sassonia e Saar.
Qui la coalizione di governo rosso-blu ebbe un indebolimento a causa, soprattutto "della severa lezione che un elettorato sollecitato sino al limite di rottura della campagna apocalittica del partito cristiano-democratico ha inflitto al piccolo partito liberale" .
Nel complesso i tentativi di Strauss fallirono e il gabinetto Brandt-Scheel rimase al potere continuando nella propria azione diplomatica in politica estera.
La firma del Trattato con Mosca sulla rinuncia all'uso della forza e il riconoscimento delle frontiere uscite dalla guerra permisero un rafforzamento della coalizione di governo della Rft. Si affermò, per la prima volta nel secondo dopoguerra, la diplomazia tedesca ha assunto un ruolo di leadership nel contesto europeo.
La Germania federale non è più solo un impero economico, ma sta conquistando un ruolo di guida nei processi decisionali in seno alla diplomazia europea.
La Germania occidentale agisce nello scacchiere europeo da protagonista: "Il centro politico dell'Europa occidentale si va spostando. Da a Londra a Parigi comincia ad andare verso Bonn" .
Un ruolo importate nella trattative tra la Rft e l'Urss lo ha avuto il Ministro degli Esteri Gromyko che ha "ha fatto tali aperture ai tedeschi che questi in breve potranno diventare il loro partner privilegiato non solo in campo economico ma anche in quello politico" .Questi cambiamenti nello scacchiere diplomatico europeo hanno allarmato non poco gli Usa che non vogliono che un paese alleato come la Germania federale "si intromettano in maniera autonoma in un settore così importante" come quello dei rapporti con l'Unione sovietica.
Anche il governo di Londra appare irritato dai comportamenti di Bonn, ma ciò è spiegabile prendendo atto del fatto diminuisce "progressivamente l'importanza e l'influenza" del governo inglese che riesce solo "ad accodarsi in secondo ordine alla politica americana" .
Parigi, invece, teme l'attivismo di Brandt e di Scheel perché "perde completamente quella leadership europea cui aspirava ai tempi di De Gaulle" facendo della Francia non più la tradizionale società cosmopolita, ma "una nazione sempre più provinciale, vecchia nelle strutture e nella mentalità" .
I riflessi positivi delle svolte e dei successi in politica estera sono visibili anche nella politica interna della Bundesrepublick.Infatti, dopo un primo indebolimento dovuto all'azione di Strauss e della stampa di Springer, la coalizione rosso-blu, esce rafforzata dall'azione diplomatica dei suoi leader.
L'opposizione democristiana si trova in una condizione sfavorevole poiché, avendo puntato tutta la propria azione sulla speranza di vedere fallire in poco tempo i tentativi diplomatici del governo, è ora, alla luce dei successi di Brandt e di Scheel, priva di argomenti polemici e anche i tradizionali ambienti industriali hanno considerato valida l'impostazione data dal gabinetto alla risoluzione del problema tedesco.La situazione in cui si trovano le Unioni cristiano-democratiche è molto scomoda, infatti i dirigenti della Cdu-Csu (e in maniere particolare gli uomini vicini al leader bavarese Strauss) vorrebbero "gridare no al trattato ma gli mancano gli argomenti e le motivazioni politiche per farlo" .
Anche l'opinione pubblica appare favorevole alle decisioni assunte dall'esecutivo.
Brandt appare quindi come un leader politico vincente e vincitore che ha saputo governare e realizzare i propri progetti in una situazione difficile, senza cercare giustificazioni di nessun tipo (neanche quella teoricamente giusta di avere bisogno anche dell'appoggio dei democristiani per sottoscrivere un trattato alle cui conseguenze è interessata la popolazione della Rft) per rallentarlo: "Il coraggio e la coerenza che ha provato nel procedere nella Ostpolitick, senza trovare scuse nella debole maggioranza su cui il suo governo poggia o sulle divisioni imperanti nel partito liberale, ne hanno fatto un leader di indiscusso prestigio a livello europeo" .Un ruolo importante nel processo di normalizzazione dei rapporti tra la Rft e il mondo socialista viene rivendicato da tutte le forze politiche della sinistra italiana, in modo particolare dal Partito Comunista Italiano, infatti "le forze di sinistra, e in primo luogo quelle comuniste, con un'azione intensa , di anni" tendente "a fare del problema del riconoscimento del problema dello status quo territoriale creato dalle risultanze della seconda guerra mondiale, un punto fondamentale, necessario, di partenza per l'avvio sul continente di nuovi rapporti di collaborazione" .
Come si era già visto in precedenza i rapporti tra il Pci e la Spd sono stati molto intensi fin dall'inizio degli anni '60 e hanno permesso di facilitare l'avvio e il buon risultato delle trattative tra Bonn e le capitali di oltrecortina.
Il Pci ha buon gioco a sottolineare le opposizioni e i ritardi dei democristiani, sia italiani, sia tedeschi, nell'attuazione delle trattative internazionali di cui sono protagonisti e artefici Scheel e Brandt.
Anche il Pontefice, Papa Paolo VI, ha avuto parole contrastanti con le opinioni espresse in varie e differenti occasioni da Strauss e dagli uomini delle Unioni cristiano-democratiche.I comunisti italiani sono tra i primi a riconoscere che l'azione diplomatica del nuovo gabinetto tedesco-federale ha notevolmente aumentato il potere contrattuale e l'influenza della Rft rispetto agli altri paesi europei e agli stessi Stati Uniti: "Bonn ha ora la possibilità di presentarsi come soggetto di politica internazionale, dopo essere stata per tanto tempo, con Adenauer, un oggetto" .
Compito della diplomazia è quello di continuare sulla strada del dialogo e della trattativa per affrontare positivamente la questione tedesca, fatto propedeutico per procedere lungo la via del dialogo tra i blocchi e per avere un calo della tensione tra i medesimi all'insegna della pace e della cooperazione europea.Anche il governo italiano secondo i massimi dirigenti del partito di via della Botteghe Oscure deve agire su questa via; e il primo passo in questa direzione non può che essere che il riconoscimento della Repubblica Democratica Tedesca e del suo governo, cosa che anche il nuovo governo di centro-sinistra presieduto dall'on. Emilio Colombo (Dc) si ostina a non volere fare preferendo continuare a parlare del "governo di Pankow" e non di quello della Ddr.
Le carta vincente di Brandt, secondo il Pci, fu quella di aver saputo, con un bagno di sano realismo, fare tute le rinunce necessarie per aprire e portare a buon fine le trattative con le capitali del blocco socialista.
Il governo rosso-blu di Bonn ha rinunciato a ogni pretesa territoriale nei confronti dei vicini stati confinanti (in modo particolare la Polonia), di aver rinunciato all'uso della forza per risolvere le contese internazionali, aver cessato di ritenersi (e di voler essere ritenuto tale) come l'unico governo legittimato a rappresentare tutti i tedeschi e, infine, la fondamentale rinuncia ad "attribuire qualsiasi validità, giuridica o politica, al trattato di Monaco" del 1938.
Il limite dell'azione di Brandt, invece, è di continuare a non voler affrontare in maniera complessiva il problema delle relazioni diplomatiche con l'est, preferendo una serie di trattative bilaterali con le singole capitali, forse con l'obiettivo di sfruttare le rivalità, i diversi appetiti e le discrepanze tra le aspirazioni dei suoi interlocutori.
Per il Pci il cancelliere tedesco, invece, deve tenere ben presente che nessun accordo con i paesi socialisti è possibile senza un preventivo dialogo, con relativo accordo, con il governo sovietico. I dirigenti del Pci ritengono però che l'azione di Brandt sia molto positiva perché, agendo con grande realismo, ha capito la necessità di trattare prima con Mosca, come è avvenuto con la firma del trattato dell'agosto 1970.
Il governo tedesco e i suoi esponenti, Brandt e Scheel in primis, hanno ottenuto grandi consensi e riconoscimenti internazionali per i risultati conseguiti.
Anche in patria si sono visti i risultati positivi per la coalizione rosso-blu che, nelle elezioni regionali svoltesi nel novembre 1970 in Assia e in Baviera, hanno visto rafforzare i propri risultati.
Soprattutto i liberali, che erano ritenuti l'anello debole della coalizione di governo, sono andati bene grazie essenzialmente al prestigio personale del loro leader, il Ministro degli Esteri Scheel, e per lo sdegno popolare a seguito del "tentativo di corruzione democristiano nei confronti di alcuni parlamentari della FDP" , affinché provocassero la caduto del governo e, quindi, il fallimento delle trattative diplomatiche.Come è stato detto in precedenza il 1970 fu una fase di transizione e la buona parte di eventi di notevole importanza avvennero nell'ultima fase dell'anno, quindi molti fra i commentatori e gli analisti esposero i propri punti di vista e le proprie opinioni nella prima fase dell'anno successivo, il 1971.
(estratto) dalla TESI DI LAUREA
"Storia comparata
dei sistemi politici europei"
Univ. Bologna. (anno 2000)
Candidato: Luca Molinari
Relatatore: Chiar.mo Prof Paolo Pombeni
vedi per altri fatti politici STORIA DELLA GERMANIA