MAO ZEDONG   FRA COMUNISMO  E NAZIONALISMO

IL LIBRETTO ROSSO 

 

Giovanni De Sio Cesari
( http://www.giovannidesio.it/ )

Indice: Parte Prima: notizie generali - rivoluzione culturale-
il comunismo del libretto rosso - Mao e il nazionalismo cinese -
continuità del partito comunista- Europa e Cina
Parte Seconda: Analisi dell'opera per capitolo- Conclusione

PARTE PRIMA

NOTIZIE GENERALI

Il "LIBRETTO ROSSO" di Mao è stata l'opera che ha avuto la maggiore diffusione nel mondo moderno, sia pure per un periodo molto breve: furono stampate in Cina 300 milioni di copie: tradotto in tutte le lingue, ebbe una diffusione immensa in tutto il mondo sia nei paesi occidentali come in quelli del terzo mondo: solo nei regimi comunisti dell'est europeo ne fu impedita la circolazione. 

Il titolo originale dell'opera era: Citazioni dalle Opere del presidente Mao tze tung (attualmente: Mao Zedong), in cinese si pronunciava " Máo Zhuxí Yulù" secondo la translitterazione ora in uso.

In Occidente fu conosciuto però generalmente come Libretto Rosso di Mao o anche delle Guardie Rosse

Era costituito da un antologia dei pensieri di Mao tratte da varie opere e organizzate pare da Lin Biao (allora "Lin Piao"), delfino di Mao e originariamente destinata all'esercito

Dal 1966, durante la Rivoluzione Culturale, in Cina divenne obbligatorio portarlo sempre con se, infilato nella "casacca alla Mao", allora vestito praticamente unico per tutti i cinesi.

Occorreva studiarlo attentamente e anzi era consigliato impararlo tutto a memoria. Le folle cinesi lo alzavano in alto con la mano sinistra in tutte le occasioni, lo recitavano collettivamente a memoria, ne gridavano brani come slogans in tutte le manifestazioni

Le somiglianze con i Vangeli o il Corano potevano essere impressionanti: come i testi sacri anche il pensiero di Mao era ritenuto in grado di risolvere tutti i problemi della vita.

In Occidente non gli fu riconosciuto un tale potere taumaturgico: tuttavia fu ritenuto, nell'ambito della Contestazione del 68, una delle voci più importanti per la formazione di una società autenticamente comunista che non si trasformasse in un capitalismo di stato come, si diceva, fosse avvenuto in Russia.

Ma in realtà cosa effettivamente era detto nel Libretto Rosso? Come mai per una parte considerevole dell'umanità ebbe una autorità e una diffusione paragonabile ai Vangeli o al Corano.  Quale contesto storico- politico spiegava una fatto tanto singolare e incredibile ?
E soprattutto: il libretto di Mao era una sintesi del marxismo o un travisamento dello stesso?

A queste domande cercheremo di rispondere: nella Parte Prima esamineremo il problema nella sua globalità mentre nella Parte Seconda passeremo a un'analisi dell'opera capitolo per capitolo, giungendo quindi a una conclusione che, per comodità di esposizione, sarà anticipata nella prima parte.

RIVOLUZIONE CULTURALE

Il Libretto Rosso era lo strumento essenziale della Rivoluzione Culturale che va inquadrato nella Rivoluzione comunista cinese. Nel 1949 l'armata comunista cinese sotto la guida di Mao aveva preso il controllo di tutta la Cina costringendo le residue forze di Chiang Kai-shek (attualmente: Jiang Jiesh) a rifugiarsi nell'isola di Taiwan, sotto la protezione americana.

Mao tze tung stabilì quindi un governo comunista e nel '56 lanciò la politica cosi detta dei "cento fiori; "Che cento fiori sbocciano che cento scuole rivaleggino" aveva detto Mao riprendendo un antico verso. La politica economica che ne scaturì, molto simile alla NEP Sovietica degli anni 20, però rischiava di portare la Cina sulla strada del liberismo occidentale. Mao quindi, come Stalin, tornò rapidamente a una politica di forte collettivazione,  centralisticamente  programmata per avviare la Cina sulla via effettiva del comunismo.

Si trattò del "grande balzo in avanti": le conseguenze economiche furono disastrose più ancora che quelle analoghe della Russia Sovietica: milioni di cinesi morirono per fame perchè non si volle ammettere il fallimento e richiedere aiuti alimentari internazionali: anzi il disastro fu accuratamente nascosto e la sua entità tuttora non è stata storicamente ancora chiarita del tutto. 

Il fallimento, però, fu di tale entità che l'apparato del partito cinese mise in disparte Mao allontanandolo dalle leve effettive del potere, pur lasciandogli, però, intatte in apparenza, autorità e il prestigio. 
Accade allora un fatto, crediamo, unico nella storia: Mao si rivolse direttamente alle masse cinesi, anzi propriamente ai giovani e giovanissimi invitandoli a portare avanti una "rivoluzione culturale" cioè un mutamento radicale della mentalità per fondare veramente il comunismo e respingere quindi una forma politica che si avviasse sulla via del revisionismo e del capitalismo. Strumento essenziale di un tale capovolgimento di mentalità avrebbe dovuto essere il pensiero di Mao che veniva presentato al popolo nella versione semplificata ma essenziale del Libretto Rosso.

Il comunismo, si afferma, in qualcosa di radicalmente nuovo, in funzione di un uomo nuovo: quindi tutto quello che è tradizionale nella tradizionalissima Cina dalla storia millenaria deve essere dimenticato, radicalmente estirpato, nullificato come se non fosse mai esistito perchè comunque intriso di valori feudali (o borghesi ): bisogna quindi ricominciare daccapo, cioè dal pensiero di Mao, fondamento di un mondo nuovo e radioso in cui si affermi la società giusta, felice e umanizzante del comunismo

Anche i saperi tecnici assumono una funzione secondaria di fronte all'ideologia comunista perchè solo essa può veramente cambiare il mondo. Conseguentemente i giovani e i giovanissimi (quindi senza esperienza) si lanciarono all'attacco dei quadri del partito formati da uomini maturi e quindi consci delle difficoltà tecniche e anche della cultura non marxista nella quale pure erano nati, per esautorarli violentemente

In questa prospettiva si comprende e si giustifica l'immensa autorità che viene ad avere il Libretto Rosso, seguendo il quale solo è possibile la instaurazione del "vero" comunismo.

Certamente la Rivoluzione Culturale fu manovrata dall'alto: questo però non toglie che l'entusiasmo e la convinzione delle Guardie Rosse fosse vera e genuina: effettivamente le masse dei giovanissimi crederono di potere instaurare, una volta e per sempre, in Cina e nel mondo, la giustizia e la felicità, veramente furono convinti che bastasse imparare a memorie quel piccolo libretto per comprendere tutto, per potere fare tutto: fu veramente un momento eroico nella storia.

Naturalmente i risultati furono disastrosi: il crollo economico, tecnico e culturale inevitabile.  Benchè Mao avesse stravinto, tuttavia dovette ancora rimettersi da parte e dopo la sua morte la Cina prese una strada diametralmente opposta a quella indicata dal "grande timoniere " ed ora veleggia apertamente nella direzione del capitalismo anche sfrenato. Mao è comunque rimasto un simbolo tuttora venerato e incontestato dai cinesi

Una singolare conseguenza di una tale situazione è che ora i cinesi paiono non aver una propria ideologia culturale. II marxismo non è stata ripudiato a livello teorico, non sono state rivalutate le tradizioni cinesi, non si sono diffusi gli ideali liberali occidentali, il cinese medio conosce solo il pensiero di Mao, cosi come presentato dal Libretto Rosso  ma esso appare del tutto avulso dall'attuale situazione. Sono stati invece rivalutati pienamente i saperi tecnici che attualmente costituiscono il motore più importante dell'imponente sviluppo economico cinese.

Allo straniero che chiede ai cinesi del loro millenario passato essi rispondono che, in realtà, non ne sanno molto: la loro giovinezza è stata solo piena di Mao, il loro presente solo pieno di tecnologia e lavoro

 

IL COMUNISMO DEL LIBRETTO ROSSO

Il problema che si pone è se o in quale misura il LIbretto Rosso di Mao sia una esposizione popolare del pensiero comunista. Molti avanzano la teoria che in realtà in esso di comunismo ci sia ben poco, che si tratti di una deviazione più o meno radicale. Molti ritengono che il pensiero di Mao in generale, e quindi anche il Libretto Rosso, sia una manifestazione del millenario spirito cinese che assuma solo occasionalmente e superficialmente le vesti del comunismo.

Per tentare di rispondere a questa domanda bisogna innanzi tutto chiarire cosa vogliamo intendere per "comunismo". Con questo termine infatti si indica una gran numero di fenomeni, in qualche modo connessi, ma pure nettamente distinti.

Per comunismo possiamo intendere innanzi tutto quello delineato da Marx nell’800: in realtà egli fu però uno studioso del capitalismo e non del comunismo: non per un caso la sua opera principale si intitola "Il Capitale".
Egli sostenne che il capitalismo aveva contraddizioni tanto gravi e insolubili che si sarebbe presto dissolto per fare posto al comunismo, uno stadio perfetto dell'umanità nel quale sarebbe sparita la oppressione dell'uomo sull'uomo e con esso tutti il male del mondo per cui non sarebbe più stato necessario uno Stato con i suoi mezzi coercitivi e autoritari. 

Coerentemente non delineò mai una programma politico di gestione del potere, diede indicazioni piuttosto generiche sul processo che avrebbe portato al dissolvimento dello stato stesso, anzi polemizzò con i socialisti del suo tempo che delineavano una società socialista in tutti i particolari affermando la impossibilità di una tale previsione. Pertanto in effetti dire se il programma concreto di un qualunque partito che voglia gestire il governo in vista dell'avvento del comunismo sia più o meno marxista risulta praticamente impossibile perchè manca il temine di paragone cioè un programma effettivo delineato da Marx. Possiamo invece dire che un programma per dirsi marxista (comunista) dovrebbe prevedere come sbocco finale la società senza classi e senza Stato vagheggiata da Marx.

Per questo fatto, partiti diversissimi e in lotta fra di loro poterono richiamarsi a Marx e nei paesi dove i partiti comunisti erano (o sono ) al potere non si parla di stati comunisti perchè esso sarebbe stato lo sbocco del processo che si considerava all'inizio: si parla di sistemi socialisti, democratici, popolari, non comunisti

Con la espressione di "socialismo reale" si fa riferimento a quelle esperienze economiche e politiche effettivamente realizzate nella storia che si sono richiamate al marxismo. Tuttavia possiamo rilevare storicamente che esiste un periodo "eroico" del socialismo reale in cui effettivamente si cerca di instaurare il comunismo secondo la visione di Marx come ad esempio il periodo lenilista in Russia.
 I fallimenti di queste politiche tuttavia fanno tramontare questa prospettiva: allora la prospettiva del comunismo marxiano non viene teoricamente rifiutata ma viene allontanato indefinitivamente nel tempo, diviene, in pratica, una richiamo teorico ufficiale ma in realtà si abbandona il progetto concreto di instaurarlo, almeno in un futuro prevedibile: ad esempio la Russia dopo Kuescev, la Polonia di Komulka, l’Ungheria di Kadar. Spesso si parla a questo proposito di “capitalismo di stato”: il 68 e dintorni è una ripresa del progetto marxiano considerato tradito dal socialismo sovietico.
Da questo punto di vista è possibile anche pensare a una rifondazione del comunismo (donde il nome del partito italiano) nel senso che si prende atto del fallimento delle vie percorse nel socialismo reale e si teorizzano altre vie che comunque condurrebbero allo stadio ipotizzato da Marx.

Nel caso di Mao il problema quindi è vedere se esso effettivamente intende giungere alla società senza classi e senza oppressione dell'uomo sull'uomo, indicata da Marx e se per raggiungerla intende seguire le strade che il movimento comunista internazionale iniziato dalla Rivoluzione di Ottobre aveva cercato di seguire, o se al contrario si tratta di un pensiero che, genericamente richiamandosi a quelle visioni, pone al centro invece altri elementi come la tradizione o il nazionalismo cinese.

 

MAO E IL NAZIONALISMO CINESE

Per comodità di esposizione anticipiamo la conclusione a cui siamo giunti (vedi Parte Seconda ): Il libretto rosso era una documento che rifletteva fedelmente il comunismo di matrice marxista come si era andato svolgendo nella prassi e nella teoria del comunismo internazione iniziato dalla Rivoluzione di Ottobre. Solo marginalmente possiamo trovare in esso qualche elemento riconducibile alla cultura e alle tradizioni cinesi: anzi nella storia non è stato mai registrato un tentativo cosi radicale e massiccio di ignorare, di cancellare una cultura, per altro così antica e così illustre: solo la Cambogia di Pol Pot, per altro seguace del maoismo, tentò qualcosa di simile, anche più radicale e per questo anche più disastrosa.
Nella storia invece le rivoluzioni e i mutamenti in generale hanno quasi sempre fatto riferimento alle “vere” tradizioni nazionali, magari inventandole o distorcendole allo scopo. Cosi il Risorgimento si inventò una serie di figure e di miti che dimostrassero una inesistente aspirazione  degli italiani all’unità  (Disfida di Barletta, Balilla genovese) e anche nel comunismo russo e europeo si cercò il recupero della tradizione, sia pure letta in una certa prospettiva: In Russia (attraverso i film di Ejzenštejn) fu esaltata anche la figura di Ivan il terribile  e del principe Nevskij che certamente  non possono considerarsi antesignani del comunismo.
In Italia Togliatti incessantemente si riferì alle tradizioni risorgimentali tanto che, a un certo punto, il partito adottò addirittura la figura di Garibaldi come proprio riferimento.

Niente di tutto questo avvenne in Cina: la Rivoluzione Culturale fu proprio il tentativo di azzerare del tutto la cultura, la tradizione, di partire da zero nella costruzione dell’uomo nuovo: il posto assolutamente eccessivo dato ai giovanissimi era motivato sostanzialmente dal fatto che essi era non erano contagiati dalla cultura tradizionale come gli uomini maturi che in quella cultura comunque erano nati. Nel 1966 un ventenne aveva conosciuto solo il comunismo ma un cinquantenne si era formato in una società non comunista ma borghese o feudale, in una società tradizionale.

Tuttavia la figura di Mao negli ultimi anni in Cina è andata sempre più perdendo le sue connotazioni comuniste per divenire essenzialmente il creatore della Cina moderna, un "grande cinese" quindi come gli antichi imperatori e non più il banditore di un verbo rivoluzionario valido in tutto il mondo dalla Albania al Perù, dei groppuscoli dello contestazione europea ai movimenti di guerriglia dell’africa.

Il giudizio su Mao in Cina è quello enunciato, si dice, da Deng: il 70% bene, il 30% sbagliato. Quel 70% pare riferirsi soprattutto al combattente prima del 49, quel 30% alla Rivoluzione Culturale cioè al tentativo quindi di imporre effettivamente in Cina il comunismo. Infatti nelle ultime edizioni delle biografie ufficiali il Mao che campeggia è sempre quello delle Grande Marcia e della lotta all’invasore giapponese: l’ideologia comunista viene invece sfumata in una generica propensione verso il popolo, i poveri, la giustizia sociale.

La figura di Mao perde quindi sempre più in Cina le sue effettive caratteristiche e tende sempre più ad essere una icona in cui tutti i cinesi possono riconoscersi anche se hanno del tutto abbandonato il comunismo e praticano un capitalismo molto spinto. Se Mao potesse vedere la Cina dell'attuale miracolo economico vedrebbe esattamente il mondo che ha combattuto per tutta la sua vita. 

Eppure quel mondo incredibilmente lo acclama come il proprio fondatore! Come è possibile una cosa del genere? Ci sono molti motivazioni: potremmo però, per comodità di esposizione, riferirci a due poli di spiegazioni che individuiamo nella continuità del Partito comunista e nella storia della Cina stessa. 

CONTINUITA' DEL PARTITO COMUNISTA

Nel 1989 i moti della Piazza Tian an men sembrarono portare la Cina sulla via della Occidentalizzazione, all’abbandono traumatico del comunismo così come contemporaneamente avveniva in Europa. Gli studenti erano in piccolo numero rispetto all’immensità della Cina ma rappresentavano la "intelligenza" della nazione. Le autorità cinesi furono a lungo incerte ma alla fine soffocarono nel sangue la protesta studentesca. L’episodio fu condannato senza riserve, in tutto il mondo: tuttavia dobbiamo riconoscere, con il senno di poi, che l’abbandono traumatico e improvviso del comunismo in Russia ha portato miseria, caos economico e disgregazione politica perché non si improvvisa un’economia capitalistica da un giorno all’altro.
In Cina invece la continuità politica ha portato a uno sviluppo economico davvero prodigioso che certo nessuno si poteva aspettare.

La Cina ha scelto quindi la continuità politica e la discontinuità economica. Una economia capitalista in uno stato retto da un partito comunista: un vero inedito ma certamente funzionante.
In questo contesto che fare della figura di Mao?

Avviene quello che spesso è avvenuto nella storia dei popoli: perde le sue caratteristiche storiche reali e diventa un simbolo, il "Padre della Patria" che si ammira e che non si critica.

Capita infatti spesso che personaggi che hanno avuto una grande popolarità ma i cui programmi non sono stati realizzati vengano assunti al ruolo di "Padri della Patria " anche se in realtà il modello da essi propugnato è uscito del tutto sconfitto dalla storia reale. I nuovi governanti infatti non hanno interesse a condannare una figura prestigiosa: molto meglio canonizzarlo, farne una icona e in qualche modo dichiararsi suoi continuatori mentre in realtà si è andati in tutta altra direzione. Ma la politica ha sempre bisogno di miti.

E’ il caso per esempio del nostro Mazzini: l'Italia nata dal Risorgimento non aveva niente a che fare con quella sognata da Mazzini: egli voleva la “repubblica” (non nel senso comune, attuale del termine) ma una società senza autoritarismi che faceva paura ai ”benpensanti” e invece l’Italia dei Savoia era fortemente autoritaria, fermamente diretta dai "benpensanti". Eppure poi è stato presentato come il grande “apostolo” dell'unita italiana a tante generazioni di italiani. Ogni libro di lettura delle scuole elementari riportava qualche brano del Grande Apostolo ma nessuno avvertiva che in realtà il suo programma era uscito sconfitto nel processo storico e si fingeva che invece esso fosse stato pienamente attuato: non solo gli alunni ma nemmeno i maestri non se ne rendevano affatto conto.

Stesso discorso si può fare per Gandhi. In realtà il suo programma non era caratterizzato dall’indipendenza dell’india, tutti la richiedevano. Gandhi voleva una India in cui convivessero pacificamente tutte le fedi: ma appena gli Inglesi lasciarono il potere scoppiarono invece tremende lotte fra mussulmani e indù: ci fu la più grande pulizia etnica della storia durante la quale ci fu un milione di morti, si dice, ma in effetti nessuno li ha mai potuto contare, e poi ancora tre guerre e tuttora uno stato di tensione che continua ancora dopo 60 anni.

Dal punto di vista economico Gandhi sostenne sempre una economia tradizionale da piccolo villaggio con telai domestici (negli ultimi anni trascorreva molte ore egli stesso a lavorare su un telaio a mano per dare l'esempio). Ma il suo programma economico del piccolo artigianato, delle reti di villaggio non è mai nemmeno partito tanto apparve subito ai suoi stessi, strettissimi seguaci del tutto impraticabile.
Eppure Gandhi viene considerato da ogni indiano come il padre della patria e la sua memoria à sacra.

Non bisogna quindi meravigliarsi nella Cina del culto di Mao di oggi: il Grande Timoniere voleva il paese del comunismo intransigente, della rivoluzione permanente delle Guardie Rosse che tanto fece sognare i giovani del ‘68 e tanto spaventò i buoni borghesi occidentali.
La Cina moderna è invece quanto di più lontano si possa immaginare dal pensiero di Mao, eppure incredibilmente il suo mausoleo è sempre meta di sentiti pellegrinaggi, rimane sempre il "grande timoniere" che non si discute, si ammira.

EUROPA E CINA

Per comprendere la persistenza del mito di Mao bisogna anche tener conto del diverso andamento del processo storico in Cina e in Europa.

In Europa le lotte intestine non hanno impedito lo sviluppo della civiltà, anzi in qualche modo possono essere stati degli stimoli. Si pensi alle cattedrali medioevali italiane nate in città in continua guerra fra di loro. Ma in Cina l'ordine interno e il benessere sono praticamente considerati sinonimi: come si esprimeva K'ang Yu-wei K'ANG vi sono periodi di "disordine" e di "pace crescente". Infatti si sono sempre alternati periodi di decadenza caratterizzate da lotte interne e invasioni di barbari e periodi di sviluppo caratterizzati al contrario dalla pace interna.
Facciamo un rapido paragone. Più o meno nello stesso periodo si formò l’Imperò Romano e quello cinese e quasi nello stesso periodo ambedue si dissolsero. Però in Europa non si ricostituì mai un stato unitario e i conflitti incessanti hanno sempre accompagnato tutta la loro storia fino alla II Guerra Mondiale quando finalmente le lotte interne sembrano cessate per sempre e si è dato l’avvio, invero molto faticoso, a un processo di unificazione.

In Cina invece la dissoluzione durò qualche secolo: caduto nel 220 dC. l’impero degli Han esso risorse con la dinastia Sui nel 589 poi sostituito dai Tang. Alla sua caduta nel 907 un periodo di guerre e disordini terminato con l’unità riportata dai Song nel 960.

Ancora nel 1200 l’invasione dei mongoli di Gengis Kan portò guerra e desolazione ma l’impero nazionale fu ricostituito nel 1300 dai MIng. Nel 1600 nuovo arrivo dei barbari, i Manciù, che però essi stessi rinnovarono l’unità e l’ordine dell’impero e furono l’ultima dinastia regnante in Cina, fino al 1911 (dinastia Qing). 

Nella cultura e nella mentalità cinesi quindi abbiamo l’dea di un alternarsi di periodi di  decadenza e di splendore,  i primi caratterizzati da invasioni barbariche, disordine, perdita dell’unita e quindi miseria e guerre interne i secondi in cui l’unità, l’ordine e la pace permettono sviluppo economico e culturale. L’ultimo di tali periodi per i Cinesi è quello dell’800 e ‘900.

L’impero cinese non ha retto nell’800 il confronto con gli europei che i Cinesi riuscirono a veder solo come barbari invasori assimilati quindi alle nazionalità che dai confini dell’impero si erano riversati periodicamente sul paese.
Agli inizi del '900 poi l’impero stesso si dissolse proprio perché non fu in grado di respingere i nuovi barbari.
E’ seguito un periodo estremamente disastroso per tutta la Cina, di anarchia e di miseria come era sempre accaduto nella storia in queste circostanze. La violenza dilagava, portata da quelli che in Occidente chiamiamo "i signori della guerra" (In cinese:
junfa) che si spartivano il territorio in zone di influenza.
 A questo stato di cose cercò di porre riparo il Guomindang (allora: Kuo min tang) guidato da SunYat Sen: ebbe successo nell’ eliminare, l’uno dopo l’altro “i signori della guerra” ma poi dovette fronteggiare l’invasione dei nuovi barbari, i Giapponesi e si divise a sua volta nelle due correnti comunista (minoritaria) e anti comunista (maggioritaria). 
I giapponesi furono poi sconfitti ( non dai Cinesi ma dagli americani, ma non importa) e l’unità e l’ordine furono ristabilite dalle armate popolari guidate da Mao. A prescindere da ogni analisi storica sempre opinabile, sta di fatto quindi che la unità e la cacciata dei barbari della Cina si è realizzata con la presa del potere di Mao. Lo sviluppo spettacolare della Cina moderna è stata essa stessa possibile dalla unità, dall’ordine, dalla cacciata dei barbari. 

In questa prospettiva la Lunga Marcia diventa un mito fondante della Cina moderna: gli aspetti propriamente comunisti vengono messi in ombra, e risalta invece il piccolo gruppo di patrioti guidata da Mao che prepara l’unità e la indipendenza del grande paese. Più passa il tempo, più viene messo in ombra il credo politico, le intenzioni, gli errori stessi di Mao e la sua figura si staglia come il restauratore della grandezza della Cina. Quello che conta nella storia, quello che effettivamente gli uomini ricordano non sono le intenzioni, ma i fatti. La Cina che ora si proietta verso il futuro, che forse contenderà anche all’America il primato mondiale è proprio l’opposto di quello che Mao aveva proposto e cercato di imporre al prezzo di milioni di morti : ma comunque è la Cina che si è ricostituita sotto la guida di Mao ed è questo è quello che conta

Che la Cina senza Mao avrebbe fatto meglio o più in fretta o avrebbe risparmiato orrori senza fine sono opinioni che possono essere sostenute da analisti: ma come è noto con i “se” e i “ma” non si fa la storia.

PARTE SECONDA

Il libretto Rosso è diviso in 33 capitoli ciascuno dei quali porta un titolo che ne indica l’argomento: prendiamo in esame sinteticamente l’opera, capitolo per capitolo. Da essi alla fine presentiamo una conclusione.

I - Il Partito Comunista...

Delinea il ruolo del PC comunista: 

Il nucleo dirigente della nostra causa è il Partito comunista cinese. Per fare la rivoluzione, occorre un partito rivoluzionario. Il Partito comunista cinese costituisce il nucleo dirigente dell'intero popolo cinese. Un partito disciplinato, armato della teoria marxista-leninista,

e la funzione essenziale e indispensabile:

Il Partito comunista cinese costituisce il nucleo dirigente dell'intero popolo cinese. Senza un simile nucleo, la causa del socialismo non riuscirebbe a trionfare.

Si afferma l'idea del movimento comunista internazionale che la rivoluzione non può essere opera spontanea delle masse ma che esse debbano essere guidate da un partito formato da "professionisti della rivoluzione" che in realtà è la base teorica della soppressione della libertà in tutti i paesi del socialismo reale

II. - Le classi e la lotta di classe

Si prende in esame la lotta di classe che viene considerata, secondo il pensiero marxista, l'unico vero motore della teoria:

Lotta di classe - certe classi sono vittoriose, altre vengono eliminate. Questa è la storia, la storia delle civiltà,da millenni. Interpretare la storia da questo punto di vista è quel che si dice materialismo storico;

Si afferma l’internazionalismo proletario perchè : 

La lotta nazionale è in ultima analisi una lotta di classe nel senso che la liberazione della Cinaiin in effetti corrisponde alla liberazione delle masse degli sfruttati .

La liberazione che deve venire in una azione violenta secondo il famosissima brano:

... la rivoluzione non è un pranzo di gala, non è una festa letteraria, non è un disegno o un ricamo; non si può fare con tanta eleganza, con tanta serenità e delicatezza, con tanta grazia e cortesia. La rivoluzione è un atto di violenza, è l'azione implacabile di una classe che abbatte il potere di un'altra classe.

Ma la vittoria militare non significa vittoria finale perchè:

Occorrerà ancora un periodo di tempo abbastanza lungo per decidere il risultato della lotta ideologica tra il socialismo e il capitalismo nel nostro paese. La ragione di ciò sta nel fatto che l'influenza della borghesia e degli intellettuali che provengono dalla vecchia società continuerà ancora a lungo nel nostro paese, così come la loro ideologia di classe. Nel nostro paese, l'ideologia borghese e piccolo borghese, le idee antimarxiste sussisteranno ancora a lungo.

Occorre quindi una lotta dopo l'instaurazione della dittatura del proletariato: la qualcosa poi giustificò la violenta repressione verso intere classi sociali e chiunque sembrasse in qualche modo ancora partecipe della cultura borghese e feudale.
Vengono quindi denunciati i mali del dogmatismo e del revisionismo:

l dogmatismo e il revisionismo si contrappongono entrambi al marxismo.

Il ripudio del dogmatismo permette di modificare la teoria marxista ogni volta che il potere lo ritenga necessario pur affermando che..

Tuttavia, non si possono infrangere i principi fondamentali del marxismo senza cadere nell'errore.

Ma sarà poi il partito decidere quali essi siano ma il maggior pericolo, il maggiore nemico è il revisionismo:

I revisionisti o opportunisti di destra approvano il marxismo a parole e attaccano a loro volta il"dogmatismo." Ma di fatto, i loro attacchi mirano alla sostanza stessa del marxismo.

Il che significa che anche quelli che si dichiaravano comunisti e da sempre avevano combattuto per esso potevano essere etichettati come opportunisti di destra o dogmatici come ,analogamente, in Russia si parlava di gruppi antipartito, di deviazionismo di destra o di sinistra.

III. - Il Socialismo e il Comunismo

Si espone la classica distinzione fra socialismo e comunismo (della internazionale marxista).
Si inizia con la affermazione della ineluttabilità oggettiva scientificamente dimostrata dell'avvento del comunismo:

In ultima istanza, il regime socialista si sostituirà al regime capitalista; si tratta di una legge oggettiva,indipendente dalla volontà umana.

ma la fase comunista vera e propria in cui lo stato sparirà, verrà in un secondo momento perchè intanto è necessaria la dittatura del proletariato, concetto piuttosto vago in Marx ma centrale in Lenin e nel movimento comunista :

"Ma allora voi non volete sopprimere il potere dello Stato?" Si', noi vogliamo sopprimerlo, ma non ora; non possiamo ancora farlo. Perché? Perché l'imperialismo continua a esistere.

e quindi la dittatura del proletariato deve

La sua prima funzione è quella di esercitare la repressione, all'interno del paese, sulle classi e sugli elementi reazionari

Si distingue fra popolo e nemici del popolo:

L'esercizio della dittatura democratica popolare implica due metodi. Nei confronti dei nemici, noi
applichiamo quello della dittatura; in altri termini: per tutto il tempo che sarà necessario, noi non
permetteremo loro di partecipare all'attività politica, li obbligheremo a sottomettersi alle leggi del governo popolare, li costringeremo a lavorare con le loro mani affinché si trasformino in uomini nuovi. Per contro, nei confronti del popolo, non il metodo della coercizione, bensì il metodo democratico viene applicato; in altri termini: il popolo deve poter partecipare all'attività politica; occorre applicare, nei suoi confronti, i metodi democratici di educazione e di persuasione, invece che obbligarlo a fare questa o quest'altra cosa.

Vi è anche presente la dottrina molto diffusa nei movimenti comunisti del tanto peggio tanto meglio: 

Delle caratteristiche della Cina, fatta di 600 milioni di persone, quella che colpisce è la povertà e lo spogliamento. Cose cattive, in apparenza, ma buone in realtà. La povertà induce alla trasformazione, all'azione, alla rivoluzione. Su un foglio bianco, tutto è possibile: ci si può scrivere o disegnare tutto ciò che c'è di più nuovo e di più bello.

IV. - La giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo

Si ripropone la classica distinzione fra contraddizioni NELLA classe e contraddizioni FRA le classi:

Le contraddizioni tra noi e i nostri nemici sono contraddizioni antagonistiche. In seno al popolo, le contraddizioni tra i lavoratori non sono antagonistiche.
Siamo in presenza di due tipi di contraddizioni sociali le contraddizioni tra noi e i nostri nemici e le contraddizioni nel popolo. Si tratta di due tipi di contraddizione completamente diversi.

Ovviamente diverso sarà il comportamento nei due casi: per i nemici c’è la eliminazione:

L'eliminazione dei controrivoluzionari è una lotta che rientra nell'ambito delle contraddizioni tra noi e i nostri nemici.

Per il popolo invece:

Occorre criticare i difetti del popolo, ma occorre anche farlo partendo veramente dalla posizione del popolo;la nostra critica dev'essere ispirata dall'ardente desiderio di difenderlo e di educarlo.

Chi potrà distinguere i due casi? ad esempio i fatti di Ungheria del 56 vengono considerati una manifestazione di antagonismo fra le classi :

I reazionari all'interno di un paese socialista, in combutta con gli imperialisti, cercano di far trionfare il loro complotto approfittando delle contraddizioni nel popolo per fomentare la divisione e suscitare il disordine. Questa lezione, tratta dai fatti di Ungheria, merita la nostra attenzione.

 

V. - La guerra e la pace

Viene riproposta la classica concezione di Marx della guerra come un effetto della proprietà privata:

Le guerre hanno avuto inizio con la comparsa della proprietà privata e delle classi, e sono la forma suprema di lotta, la forma alla quale si ricorre per risolvere i contrasti fra le classi, le nazioni, gli Stati.

In linea di principio quindi si è contrari alla guerra ma la realtà presente richiede la guerra:

Noi siamo favorevoli all'abolizione delle guerre; noi non vogliamo la guerra. Ma non si può abolire la guerra se non mediante la guerra.

Infatti vi è distinzione:

La storia insegna che le guerre si distinguono in due categorie: le guerre giuste e le guerre ingiuste.

Conseguentemente la affermazione famosissima di Mao:

Ogni comunista deve assimilare la seguente verità: che "il potere sta in fondo alla canna del fucile."

E perfino la riaffermazione del noto detto di von Clausewitz:

La guerra è la continuazione della politica.

La guerra quindi marxisticamente è vissuta come una necessità per instaurare nel mondo il comunismo dopo di che la guerra non avrà più ragione di essere.

 

VI. - L'imperialismo e tutti i reazionari sono tigri di carta

Il titolo è una delle più famose affermazione di Mao che allora fu considerata estremamente preoccupante: ma è giustificata appieno dalla sua  concezione infatti:

Tutti i reazionari sono tigri di carta. Apparentemente sono terribili, ma in realtà non sono poi tanto potenti.

Questo perché nell’ ottica marxista le forze produttive che li avevano supportate sono cambiate:

In passato, la classe dei proprietari di schiavi, la classe feudale dei proprietari fondiari e la borghesia furono, prima della loro conquista del potere e per un certo periodo successivo, pieni di vitalità, rivoluzionariee e progressiste; erano vere tigri. Ma nel periodo successivo, mentre i loro antagonisti - le classi degli schiavi, i contadini e il proletariato - si facevano maturi e impegnavano la loro lotta contro di esse, una lotta vieppiù violenta, quelle classi dominanti si sono trasformate a poco a poco nel loro contrario, e sono diventate reazionarie, retrograde, tigri di carta.

E anzi più essi combattono il popolo, più si avvicina la loro sconfitta:

Un proverbio cinese definisce l'azione di certi sciocchi dicendo che "essi sollevano una pietra per lasciarsela cascare sui piedi." I reazionari di tutti i paesi sono precisamente degli sciocchi di questo genere. Le repressioni di ogni sorta che essi mettano in atto contro il popolo rivoluzionario non possono altro, in definitiva, che spingere il popolo a intensificare la rivoluzione.

 

VII. - Avere il coraggio di lottare, avere il coraggio di vincere

Si tratta di brani che riaffermano la potenza del popolo rivoluzionario:

il popolo è imbattibile ! Popoli del mondo, unitevi, per abbattere gli aggressori americani e i loro lacchè! Basta che i popoli prestino orecchio soltanto al loro coraggio, che osino affrontare la lotta, sfidare le difficoltà, che avanzino a ondate successive, e il mondo intero apparterrà loro. I capitalisti diventano mostri non uomini veramente; I mostri verranno tutti annientati.

se il popolo sarà unito e non conti sulla possibilità di fare accordi con i nemici di classe:

I popoli oppressi e le nazioni oppresse non devono assolutamente contare, per la loro emancipazione, sulla "saggezza" dell'imperialismo e dei suoi lacchè. Questi popoli e queste nazioni potranno trionfare soltanto rafforzando la loro unità e perseverando nella lotta.

 

VIII. - La guerra popolare

Si delinea il concetto di esercito non come un corpo a parte professionale secondo la tradizione ma come popolo in armi:

Poiché la guerra rivoluzionaria è la guerra delle masse popolari, è possibile condurla soltanto se si mobilitano le masse popolari, soltanto se ci si appoggia sulle masse popolari.

Segue poi una serie di principi tattici: ne riportiamo solo i primi due:

1. Attaccare dapprima le forze nemiche disperse e isolate, e successivamente le forze nemiche concentrate e potenti.

2. Impadronirsi dapprima delle Città piccole e medie e delle vaste regioni rurali, e successivamente delle grandi città.

 

IX. - L'esercito popolare

Viene delineato il principio che l’esercito non è solo un corpo combattente ma anche funzioni di lavoro politico:

Noi abbiamo un esercito che combatte e un esercito del lavoro. Avendo due eserciti quali l'esercito combattente e l'esercito del lavoro, e quando l'esercito che combatte è capace sia di condurre la guerra che di lavorare nella produzione e, inoltre, di svolgere il lavoro tra le masse,noi possiamo superare tutte le difficoltà,

Pur riaffermando il principio del primato del politico sul militare:

Il nostro principio è: il Partito comanda ai fucili, mentre è inammissibile che i fucili comandino al Partito.

 

X. - Il ruolo dirigente dei comitati di Partito

Consta di una serie di suggerimenti, di norme pratiche per la collaborazione nella organizzazione con l’insistenza di attenersi ai dati oggettivi e la consultazione continua con la base, della collaborazione fra gli organi infiori e superiori

Si fa l’esempio del pianoforte:

Imparate a "suonare il pianoforte.” Per suonare il pianoforte, occorre muovere le dieci dita; è impossibile farlo con poche dita soltanto, lasciando immobili le altre. Tuttavia, se si premono le dieci dita tutte in una volta, non si dà melodia. Per fare della buona musica, occorre che i movimenti delle dita siano ritmati e coordinati……. Ovunque si ponga un problema, occorre premere sul tasto; è, questo, un metodo in cui dobbiamo acquisire una certa maestria. Certuni suonano bene il pianoforte, altri lo suonano male, e la differenza tra le melodie che ne traggono è enorme. I compagni dei comitati del Partito devono imparare a "suonare bene il pianoforte."

Notiamo che se queste norme fossero state effettivamente seguite, sia pure un poco, non ci sarebbe stata la carestia che, alla fine degli anni ‘50, provocò milioni di morti.
Tali citazioni però sono funzionali al movimento delle guardie rosse che volevano essere un movimento anti- autoritario.

 

XI. - La linea di massa

Si afferma come principio una illimitata fiducia nelle masse:

Le masse popolari sono dotate di un potere creativo illimitato. Esse sono capaci di organizzarsi e di rivolgere i loro sforzi in tutti i settori e in tutti i rami in cui esse sono in grado di investire la loro energia; esse possono impegnarsi nei compiti produttivi, in larghezza come in profondità, e così creare un numero crescente di opere utili al loro benessere.

e in tutto il capitolo si ribatte la critica all’autoritarismo:

L'autoritarismo è un metodo pericoloso in ogni lavoro, poiché non considera fino a quale punto sono coscienti le masse, e viola il principio del libero consenso; è la manifestazione della malattia che si chiama fretta eccessiva.

Come per il capitolo precedente si tratta di una base teorica per l’azione delle Guardie Rosse.
Segue una serie sei capitoli che sono rivolti specificatamente all’esercito: si tenga presente che il libro era diretto all’inizio all’esercito.

XII. Il lavoro politico
XIII.I rapporti tra ufficiali e soldati
XIV. I rapporti tra esercito e popolo
XV. Le "tre democrazie"
XVI. L'educazione e l'addestramento delle truppe
XVII Al servizio del popolo

Si insiste sulla importanza che i militari siano coscienti, educati politicamente e non solo dal punto di vista militare.
La disciplina militare non deve diventare una frattura fra ufficiali e soldati così come l’ esercito non deve estraniarsi dal popolo:

Molte persone immaginano che se non esistono buoni rapporti tra gli ufficiali e i soldati, tra l'esercito e il popolo, ciò è dovuto a metodi cattivi: io ho sempre spiegato loro che qui si tratta di un atteggiamento di fondo (o di un principio fondamentale), che consiste nel rispetto del soldato, nel rispetto del popolo. Da questo atteggiamento derivano la politica, i metodi e le forme adeguate.

Si afferma il principio famoso dl “servire ll popolo” ,che divenne poi lo slogan di molti movimenti europei:

Servire il popolo con tutto il nostro cuore senza mai staccarci, nemmeno per un solo istante dalle masse, in ogni cosa, partire dagli interessi del popolo e non da quelli dell'individuo o di un piccolo gruppo.

Non bisogna sopravvalutare la bomba atomica. Infatti:

La bomba atomica è una tigre di carta di cui i reazionari americani si servono per far paura alla gente. Ha un aspetto terribile, ma di fatto non è terribile. Certamente, la bomba atomica è un'arma che può provocare massacri immensi, ma soltanto il popolo decide l'esito di una guerra, e non una o due armi nuove.

 

XVIII. - Il patriottismo e l'internazionalismo

Si afferma con forza il principio dell’internazionalismo proletario che non è in contrasto con il patriottismo:

Un comunista, che è internazionalista, può essere nello stesso tempo un patriota? Noi pensiamo che non soltanto può, ma deve esserlo.

Infatti:

La vittoria della Cina sui suoi aggressori imperialisti sarà un aiuto per i popoli degli altri paesi. Nella guerra di liberazione nazionale, il patriottismo è quindi un'applicazione dell'internazionalismo.

E bisogna sempre essere vigili contro ogni nazionalismo:

Evitiamo sempre di nutrire il minimo orgoglio ispirato da sciovinismo di grande potenza, di farci presuntuosi in seguito al nostro trionfo nella rivoluzione e per certi successi ottenuti nell'edificazione.

 

XIX. - L'eroismo rivoluzionario

Si loda l’esercito di liberazione non solo sul piano militare ma anche su quello politico ed economico:

Nella lotta per liquidare il nemico, per aumentare e sviluppare la produzione industriale ed agricola, voi avete superato numerose difficoltà, dimostrando un coraggio, una saggezza e un entusiasmo ammirevoli.

anche se si mette in guardia contro ogni eccessiva presunzione:

Se diventerete presuntuosi - se sarete meno esigenti nei vostri confronti, non farete più sforzi per migliorarvi, non prenderete in considerazione l'opinione degli altri, non prenderete in considerazione l'opinione dei quadri e delle masse, non meriterete più l'appellativo di eroi del lavoro e di lavoratori modello.

 

XX. - Edificare il paese con diligenza ed economia

Si danno vari consigli per una amministrazione oculata e attenta della produzione alla quale devono partecipare ampiamente anche l’esercito come anche i quadri amministrativi :

Alcuni sostengono che se le unità militari partecipano alla produzione, esse non possono combattere ed occuparsi di esercitazioni o di altro lavoro, e che se le amministrazioni si occupano della produzione, non possono fare il loro dovere. Ciò è falso.

 

XXI. - Contare sulle proprie forze e lottare con tenacia

L’internazionalismo proletario non significa che noi dobbiamo aspettare l’aiuto esterno:

Certo, noi non siamo soli: tutti i paesi e tutti i popoli del mondo in lotta contro l'imperialismo sono nostri amici. Tuttavia, noi insistiamo sulla necessità di contare sulle nostre forze. Appoggiandoci alle forze che noi stessi abbiamo organizzato, noi possiamo vincere tutti i reazionari cinesi e stranieri.

Vi è poi il racconto tradizionale cinese delle due montagne che indica che la costanza si può raggiungere qualsiasi obbiettivo:

"Come Yu Kung spostò le montagne." In essa si narra che, in tempi remoti, nella Cina settentrionale viveva un vecchio che si chiamava: Yu Kung dei Monti del Nord. La sua casa dava a sud, su due grandi montagne: Taihangscian e Wangwuscian, che ne sbarravano gli accessi. Yu Kung decise di spianare queste montagne, insieme coi figli, servendosi di zappe. Un altro vecchio, che si chiamava Gi So, quando li vide scoppiò in una risata e disse: "Lavorate per niente: non è possibile che riusciate a spianare due montagne così grandi." Yu Kung gli rispose: "Io morrò, ma resteranno i miei figli; morranno i miei figli, ma resteranno i nipoti, e così le generazioni si seguiranno le une alle altre incessantemente. Le montagne sono alte, ma non possono diventare ancora più alte, quanto più lavoreremo, tanto più esse diminuiranno; perché non potremmo spianarle?"
Smentita con queste parole la conclusione errata cui era giunto Gi So, senza esitare un istante Yu Kung cominciò a scavare giorno per giorno le montagne. Ciò impietosì il Cielo, il quale inviò sulla terra due angeli che portarono via le montagne. Anche oggi due grandi montagne opprimono con tutta la loro pesantezza il popolo cinese: una di esse si chiama imperialismo, l'altra feudalesimo.

 

XXII. - Metodi di lavoro e di pensiero

È una sintesi della filosofia marxista come correntemente veniva interpretato nel movimento comunista: La fede nel progresso inarrestabile:

La storia dell'umanità è un costante movimento dal regno della necessità verso il regno della libertà. Il processo è senza fine.

Il carattere di classe e di prassi della filosofia :

La filosofia marxista - il materialismo dialettico- presenta due evidenti particolarità. la prima è il suo carattere di classe: essa afferma apertamente che il materialismo dialettico serve il proletariato; la seconda è il suo carattere pratico: essa pone l'accento sul fatto che la teoria dipende dalla pratica, che la teoria si fonda sulla pratica e, a sua volta, serve la pratica.

Le idee nascono dalla realtà sociale:

Da dove provengono le idee giuste? Cadono dal cielo? No. Sono innate? No. Esse non possono venire che dalla pratica sociale, da tre specie di pratica sociale: la lotta per la produzione, la lotta di classe e la sperimentazione scientifiche

Si spiega anche la formazione della mente attraverso gli stimoli esterni :

Innumerevoli fenomeni del mondo oggettivo si riflettono nel cervello attraverso il canale dei cinque organi di senso - la vista, l'udito, l'olfatto, il gusto e il tatto; così si costituisce, inizialmente, la conoscenza sensibile.

la relatività storica del pensiero:

L'esistenza sociale degli uomini determina il loro pensiero.

Ma si distingue accuratamente dal materialismo meccanicistico:

Pur riconoscendo che nel corso generale dello sviluppo storico ciò che è materiale determina lo spirituale, l'essere sociale determina la coscienza sociale, riconosciamo anche e dobbiamo riconoscere l'azione di ritorno dello spirituale sul materiale, della coscienza sociale sull'essere sociale, della sovrastruttura sulla base economica. Facendo questo,non contraddiciamo il materiale, bensì , evitando di cadere nel materialismo meccanicistico, ci atteniamo fermamente al materialismo dialettico.

Insiste sulla centralità della prassi:

La filosofia marxista considera che l'essenziale non è tanto di capire le leggi del mondo oggettivo per essere in grado di spiegarlo, ma di utilizzare la conoscenza di queste leggi per trasformare attivamente il mondo.

La vacuità dell’idealismo rispetto al materialismo :

Non c'è al mondo nulla di più comodo che l'atteggiamento idealistico e metafisico, poiché esso permette di asserire qualunque cosa, senza tener conto della realtà oggettiva e senza sottoporsi alla verifica da parte della stessa. Al contrario, il materialismo e la dialettica esigono sforzi; esigono che si parta dalla realtà oggettiva, che ci si sottoponga al suo controllo.

 

XXIII. - Indagini e ricerche 

Si ribadisce l’importanza di valutare oggettivamente i fatti:

Noi dobbiamo partire dalla situazione reale che esiste all'interno e fuori del paese, della provincia, del distretto, del circondarioo, dedurre dalla situazione reale le leggi che le sono proprie e non le leggi che sono frutto della nostra immaginazione, dobbiamo cioè trovare negli avvenimenti che si succedono intorno a noi il loro nesso intrinseco.

e di valutare con grande lucidità i fatti ( si citano dei proverbi cinesi ):

Compiere indagini è un po' come "portare il feto per dieci lune" e la soluzione del problema è come il "giorno del parto." Indagare su un problema significa risolverlo.

 

XXIV. - Autoeducazione ideologica

Si riferisce soprattutto all’importanza di subordinare la parte al tutto, di seguire le esigenze generali e non quelle proprie come invece si fa nel liberalismo:

Nelle collettività rivoluzionarie il liberalismo è estremamente dannoso. E' un corrosivo che distrugge l'unità, che mina la solidarietà, che induce alla passività e crea disaccordo. Esso priva le file rivoluzionarie di compattezza nell'organizzazione e di severità nella disciplina, si oppone a che le nostre direttive politiche siano integralmente applicate e separa le organizzazioni del partito dalle masse che esse dirigono. E' una tendenza estremamente pericolosa.

da cui si deduce l’importanza di non allontanarsi dalle decisioni del partito

Il malinteso spirito "d'indipendenza" é, di solito, inseparabile della tendenza a mettere il proprio "io" in primo piano. I suoi esponenti di solito affrontano in modo sbagliato la questione dei rapporti tra l'individuo e il Partito. A parole, anch'essi rispettano il Partito, ma nella realtà essi pongono la loro persona in primo piano e il Partito in secondo.

 

XXV. - L'unità

Capitolo molto breve in cui si ribadisce l’importanza dell’unità:

Soltanto attraverso l'unità del Partito comunista si può ottenere l'unità di tutta la classe e di tutta la nazione;soltanto con l'unità di tutta la classe e di tutta la nazione si può vincere il nemico e portare a termine la rivoluzione nazionale e democratica.

 

XXVI. - La disciplina

Si enuncia il principio del centralismo democratico, cardine di tutti i partiti comunisti storicamente costituiti:

In seno al popolo, la democrazia è correlativa al centralismo, alla libertà e alla disciplina. Sono due aspetti contraddittori di un tutto unico; sono in contraddizione, ma nello stesso tempo uniti, e noi non dobbiamo sottolineare unilateralmente uno degli aspetti e negare l'altro. In seno al popolo, non si può fare a meno di libertà, ma neanche fare a meno di disciplina; non si può fare a meno di democrazia, ma neanche si può fare a meno di centralismo. Questa unità della democrazia e del centralismo, della libertà e della disciplina costituisce il nostro centralismo democratico. Sotto un tale regime, il popolo gode di una democrazia e di una libertà ampie, ma nello stesso tempo deve stare nei limiti della disciplina socialista.

In concreto però si afferma una concezione autoritaria e fortemente gerarchica

Bisogna riaffermare la disciplina del Partito, e cioè:

1. sottomissione dell'individuo all'organizzazione;
2. sottomissione della minoranza alla maggioranza;
3. sottomissione del grado inferiore al grado superiore;
4. sottomissione dell'insieme del Partito al Comitato centrale. Chiunque viola queste regole didisciplina sabota l'unità del Partito.

 

XXVII. - La critica e l'autocritica

E un breve capitolo tutto rivolto all’importanza che i comunisti imparino dai propri errori perché il partito comunista è sicuro di essere nel giusto: 

Il Partito comunista non teme la critica, perché noi siamo marxisti e la verità è dalla nostra parte, e le masse fondamentali - gli operai e i contadini - stanno dalla nostra parte.

Quindi la critica deve essere fondata :

Nella critica in seno al Partito mettere in guardia i compagni contro i giudizi soggettivi, arbitrari, e la critica banale; gli interventi devono essere fondati e le critiche avere un senso politico preciso.

Resta comunque salda l’idea che il comunismo ha la verità ultima e definitiva:

Noi comunisti cinesi, che prendiamo per punto di partenza l'interesse supremo della grande massa del popolo cinese, che abbiamo fiducia nella assoluta giustezza della nostra causa, non abbiamo timore di sacrificare, in nome di questa causa, tutto quello che possediamo di personale, e siamo sempre pronti a dare per essa la nostra vita.

 

XXVIII. - I Comunisti

Si delinea la figura del buon comunista:

Un comunista deve essere franco e schietto, devoto e attivo, considerare gli interessi della rivoluzione al di sopra della propria vita e subordinare i suoi interessi personali a quelli della rivoluzione. Deve rimaner fedele, sempre ed ovunque, ai principi giusti e condurre una lotta instancabile contro tutte le idee e le azioni sbagliate, in modo da consolidare la vita collettiva del Partito e rafforzare i legami tra il Partito e le masse. Deve infine preoccuparsi più del Partito e delle masse che dell'individuo, più degli altri che di se stesso. Solo così meriterà il nome di comunista.

Il suo criterio supremo è il bene del popolo:

Mai, in nessun momento, in nessun luogo, un comunista deve mettere in primo piano i propri interessi personali; deve invece subordinarli sempre agli interessi della nazione e delle masse popolari.

 

XXIX. - I quadri

Importanza della formazione delle nuove generazioni di quadri :

Per essere certi che il nostro Partito e il nostro paese non cambieranno colore, dobbiamo non soltanto avere una linea e una politica giuste, ma educare e formare milioni di continuatori della causa rivoluzionaria del proletariato.

che possano portare avanti il comunismo senza cadere nel revisionismo alla kruscev:

se esiste una generazione giovane capace di portare avanti la causa rivoluzionaria marxista-leninista intrapresa dalla vecchia generazione di rivoluzionari proletari, se la direzione del nostro Partito e del nostro paese resterà sempre nelle mani dei rivoluzionari proletari, se i nostri discendenti continueranno ad avanzare sulla buona strada tracciata dal marxismo-leninismo, se riusciamo ad impedire ad un revisionismo alla Kruscev.

 

XXX. - I giovani

Il mondo nuovo costruito da comunisti naturalmente appartiene ai giovani:

Il mondo è vostro quanto nostro, ma, in fin dei conti, è a voi che appartiene. Voi giovani siete dinamici, in piena espansione, come il sole alle otto o alle. nove del mattino. In voi risiede la speranza......Il mondo appartiene a voi. A voi appartiene l'avvenire della Cina.

I giovani sono i migliori rivoluzionari :

I giovani costituiscono la forza più attiva, più dinamica della nostra società. Sono i più appassionati allo studio, i meno aggrappati a idee conservatrici, e così è soprattutto nell'epoca del socialismo.

Ma devono pure seguire gli anziani :

Naturalmente, i giovani debbono imparare dai vecchi e dagli adulti e assicurarsene, per quanto è possibile, il consenso, prima di intraprendere qualsiasi utile attività.

XXXI. - Le donne

Viene istituito un parallelo fra l’autoritarismo della società feudale e quello al quale era sottoposta la donna:

Oltre che a questi poteri, la donna è sottoposta al potere dell'uomo (potestà maritale). Questi quattro poteri: politico, di clan, religioso e maritale, rispecchiano l'insieme dell'ideologia e del sistema feudale-patriarcale e sono le quattro grosse corde che tengono avvinto il popolo cinese, e in particolare i contadini.

Si afferma però che in ambito contadino la gerarchia uomo donna non era cosi rigida:

Per quanto riguarda la potestà maritale, essa nelle famiglie povere non è mai stata molto forte, dato che le donne erano costrette dalle condizioni economiche a lavorare per mantenere la famiglia in misura maggiore che non le donne delle classi abbienti, e in casa avevano quindi diritto di parola e spesso di decisione.

Non ci sono però accenni al posto della donna nella famiglia: sembrerebbe però che la maggiore preoccupazione sia quella di inserire le donne nel processo produttivo:

E' di primaria importanza per l'edificazione della grande società socialista inserire in massa le donne nelle attività produttive. Il principio "a eguale lavoro uguale salario" deve essere applicato nella produzione. Una vera eguaglianza tra l'uomo e la donna è realizzabile solo nel corso del processo di trasformazione socialista di tutta la società.

XXXII. - La cultura e l'arte

Se afferma il carattere classista dell’arte rifiutando una sua autonomia politica:

Nel mondo contemporaneo ogni cultura, ogni letteratura e ogni arte appartiene a una classe determinata e si rifà ad una ben definita linea politica. L'arte per l'arte, l'arte al di sopra delle classi, l'arte che si sviluppa fuori della politica e indipendentemente da essa, nella realtà non esiste.

Quindi gli artisti debbono mettersi al servizio del proletariato:

gradualmente deve passare dalla parte del proletariato, dalla parte degli operai, dei contadini e dei soldati, andando tra loro, gettandosi in pieno nella lotta pratica, studiando il marxismo e la società. Solo cosi noi avremo una letteratura e un'arte che possano servire realmente agli operai, ai contadini e ai soldati, una letteratura e un'arte autenticamente proletarie.

 

XXXIII. - Lo studio

Si afferma il fine eminentemente pratico e politico della conoscenza che non può essere considerata una attività autonoma :

Ci sono due modi d'imparare. Uno, dogmatico, consiste nell'essere ricettivi a tutto, convenga o non convenga al nostro paese. Non è un buon modo. L'altro consiste nel far lavorare il cervello e imparare ciò che corrisponde alle condizioni del nostro paese, cioè assimilare l'esperienza che ci può esser utile. Questo è il modo che dobbiamo adottare noi .

Il marxismo teorico è il quadro generale e va applicato ma senza dogmatismo:

La teoria di Marx, Engels, Lenin e Stalin ha un valore universale. Non va considerata come un dogma, come una guida per l'azione. Non bisogna accontentarsi di imparare la terminologia e la fraseologia marxista-leninista, ma studiare il marxismo-leninismo in quanto scienza della rivoluzione. Non bisogna soltanto le leggi generali, stabilite da Marx, Engels, Lenin e Stalin basandosi sul loro studio ampio e profondo vita reale e dell'esperienza della rivoluzione, bisogna anche studiare che posizione e che metodo essi adottano per esaminare e risolvere i problemi.

ma lo studio non deve mai essere sentito come concluso ma va sempre approfondito:

Il nostro peggiore nemico nello studio è la sicumera; chiunque voglia realmente imparare cominci con il liberarsene. "Istruirsi e non ritenersi mai soddisfatti" e "insegnare senza stancarsi mai", tale deve esser il nostro atteggiamento.

 

CONCLUSIONE

Nel valutare se il Libretto Rosso sia un opera propriamente marxista e se in essa si riversa il patrimonio culturale cinese dobbiamo, innanzitutto, liberarci da un pregiudizio proprio europeo. Se pensiamo alla cultura della Cina, il nostro pensiero va immediatamente ad antichi pensatori come Confucio e Lao tzu, immaginando che la cultura cinese sia rimasta immobile per migliaia di anni, come se essa non avesse avuto "storia".

Ma l'impressione di immobilità è del tutto errata: la Cina ha avuto una storia culturale e filosofica ricca almeno come quella dell'Occidente: la persistenza dei grandi maestri classici ( Confucio soprattutto ma anche Lao-tzu, Mo tse e tanti altri) non significa che la loro influenza sia stata costante e immutabile: in realtà si sono avuti periodi di eclisse e di ripresa e, soprattutto, sono stati interpretati in modo molto diverso. E’ un fenomeno analogo a quanto avvenuto in Europa con il classicismo greco romano: si ispirarono al classicismo il Medio Evo, il Rinascimento, l’Illuminismo, il Romanticismo e anche il Fascismo: ma si tratta di interpretazioni ben diverse, niente affatto assimilabili. 

In particolare, fra l’ 800 e il ‘900 la Cina ha reagito alle stimolazioni venute dall’Occidente e ha rielaborato una sua cultura moderna di cui il marxismo stesso ne è un esempio

La Cina non è solo il paese di Confucio: è anche il paese degli scontri e degli incontri fra un antichissima civiltà e le nuove idee importate dall'occidente.

Di tutto questo travaglio spirituale e civile, antico e moderno, in verità non troviamo alcuna traccia nel Libretto Rosso: il nome stesso di Confucio non viene mai citato come non vi ricorrono i nomi di tutti gli altri pensatori significativi della tradizione antica e moderna, nè dei contemporanei. Nemmeno il nome di Sun-yat-sen , fondatore della Cina moderna e molto rispettato dai comunisti cinesi viene mai citato. 

Nemmeno si trova mai un richiamo a K'ang Yu-wei (1857-1927 ) di cui per altro Mao ebbe grande stima e le cui opere furono integralmente pubblicate solo nel 1935. Leader di un movimento culturale molto ampio, egli sosteneva, di fronte all'invadenza della cultura occidentale un ritorno a Confucio di cui però veniva data una particolare lettura.
Secondo essa vi sono periodi di "disordine" e di "pace crescente". Il capitalismo, il nazionalismo, l'individualismo occidentale sono un momento di disordine a cui bisogna reagire ritornando al pensiero confuciano. Esso viene visto soprattutto come anelito alla giustizia sociale in una prospettiva socialista e internazionalista. Si tratta, come si vede, di un pensiero che intende dichiaratamente tornare alla tradizione cinese ma in effetti ingloba in sè gli ideali della sinistra occidentale.

Ne tanto meno vi sono accenni al movimento rivale di Hu Shih,(1891-1962) seguace del Dewey che invitò a tenere delle conferenze all'università di Pechino e l'iniziativa ebbe enorme successo. Promosse pure una ampia "rivoluzione letteraria" che ebbe fra i suoi effetti quello di sostituire la lingua cinese classica, ormai solo scritta,  con quella effettivamente parlata.
((HU SHIH (1891-1962) studiò negli Stati Uniti, e fu alunno di Dewey. Egli respinse l'opinione corrente che l’Occidente, nella sua prosperità, fosse materialista mentre l’Oriente, nella sua povertà spiritualista e sosteneva che i termini materialismo e spiritualismo fossero mal definiti . Riteneva "altamente spirituale" che una civiltà potesse incarnare delle idee in macchinari ed altre opere d’ingegno, sollevando così la gente dalla miseria. Affermava che effettivamente un’automobile poteva definirsi materiale, ma che non c'era però nulla di spirituale in un risciò tirato da un essere umano. Nel 1919 invitò Dewey e Russell a tenere delle conferenze all'università di Pechino e l'iniziativa ebbe enorme successo. Fu quindi esponente di una cultura che avvicinava la Cina essenzialmente ai modelli di democrazia occidentale a carattere pragmatico e individualista più specificatamente americana. Per questo fatto fu poi aspramente criticato dai comunisti e additato da Mao come un esponente del capitalismo e come tale "demonizzato".

Nè si vede nel Libretto Rosso alcun accostamento a quei movimenti che in Cina avevano rappresentato violente rivoluzioni dei poveri contro i ricchi, simili ai nostri movimenti pauperistici medioevali o alle "jaquerie" nella Francia moderna ma che ebbero in Cina una vastità e una ampiezza assolutamente non confrontabili con quelli occidentali. Non si accenna mai ai Turbanti Gialli, la grande rivolta contadina che si accompagnò nel II secolo d.C. alla fine dell’imperò cinese antico degli Han. 
Nemmeno poi si accenna alla rivolta dei Taiping ("adoratori del cielo") che, nella seconda meta dell’Ottocento, sconvolse la Cina e che provoco più morti di qualunque altra rivoluzione della storia (forse 30 milioni); eppure le loro istanze di uguaglianze e giustizia sociale furono molto simili a quelle che poco più di 50 anni dopo ispirarono il comunismo cinese .

Manca poi del tutto il concetto fondamentale che ha ispirato tutta la civiltà cinese: il sentirsi il “centro” del mondo: al di fuori non vi sono che popoli barbari e nulla che sia fuori della Cina può essere veramente importante.

Della tradizione cinese nel Libretto Rosso rimane solo qualche proverbio, qualche racconto popolare che potrebbero d’altra parte appartenere a qualunque altro popolo.

Invece sono presenti tutti i punti del movimento internazionale comunista ispirato al marxismo-lenilismo: dai principi filosofici a quelli pratici adottati dal movimento comunista internazionale, come abbiamo ampiamente mostrato nell'analisi del testo.

Ogni successo cinese viene sempre presentato con l’avvertenza che bisogna guardarsi da ogni sciovinismo e lo si deve considerarlo come un successo dell’internazionalismo proletario.

Non si vede quindi come si possa considerare il Libretto Rosso come qualcosa di diverso da quello che programmaticamente voleva essere: una esposizione del marxismo-lenilismo che ripudiasse radicalmente il passato per costruire l’uomo nuovo del comunismo: non a caso l’autore del Libretto Rosso faceva conto sui giovanissimi che dl passato nulla sapevano.

Giovanni De Sio Cesari
( http://www.giovannidesio.it/ )

 

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