SCHEDE
BIOGRAFICHE PERSONAGGI |
VINCENZO
RUSSO |
Poeta autodidatta, dalla vita brevissima, resta un genio della poesia napoletana
VINCENZO RUSSO nato a Napoli il 1876, era il primogenito di un umile ciabattino di via Correra, Giuseppe, e di una modesta operaia, Lucia Ocubro e con loro visse, poverissimo, assieme ai cinque fratelli Salvatore, Concettina, Nunziatina, Luisa e Carmela.
Sin da piccolo si adattò a fare l’umile mestiere di ciabattino e fu poi assunto come garzone in una bottega di guantai, ma dotato di grande ingegno e di una forte volontà di migliorare la propria scarsissima istruzione, si iscrisse alle scuole elementari serali e si dedicò anche a buone letture. Appassionato di teatro, e non avendo i soldi necessari a pagarsi il biglietto, non esitò a lavorare come buttafuori e mascherina, assistendo così ai tanti spettacoli di varietà che si tenevano nella Napoli di quegli anni.
Gravemente ammalato di una malattia polmonare Vincenzino Russo, all’epoca giovanissimo, passava nottate intere sveglio, scrivendo versi e canzoni, due delle quali, ‘’O ciardiniello’ e ‘Nc’aggia penzà’, furono messe in musica nel 1894 da Alberto Montagna. Provò anche a lanciare a Piedigrotta tre delle sue canzoni ‘Filumè Filumè’, ‘Napulì Napulì’ e ‘Marenà Marenà’ , ma non ebbe alcun successo.
Intanto, grazie all’aspetto malaticcio e alle sue tristi vicissitudini personali, intorno a lui cominciò ad aleggiare la fama di ‘assistito’, cioè gli si attribuivano capacità medianiche nell’indovinare i numeri del Lotto; nel 1897 fu proprio per questo avvicinato dal musicista Eduardo Di Capua, accanito e sfortunato giocatore che, pur senza mai vincere con i suoi numeri, scrisse la musica di molti versi del guantaio-poeta, dando vita ad alcune delle più famose melodie della canzone napoletana.
In quell’anno i due scrissero ‘Chitarrata’, seconda classificata a Piedigrotta, seguita poi negli anni seguenti da ‘’Nfama’, ‘Serenata de’ ‘rrose’ e ‘’Nterra ‘e Pusilleco’.
Il primo grande successo fu ‘Maria Marì’ del 1889, l’appassionata serenata che diede agli autori una fama che tuttora non conosce limiti, tanto che quando un giorno Russo si rivolse a Ernesto Murolo chiamandolo ‘maestro’, si sentì da lui rispondere: ‘ Chi ha scritto versi come: ‘Arapete fenesta/famme affaccià a Maria’ nunn’adda chiammà maestro a nisciuno’.
Nel 1900, sotto le incalzanti pressioni dell’editore Bideri, Di Capua e Russo firmarono un altro successo, ‘I’ te vurria vasà’, che si classificò secondo alla Piedigrotta di quell’anno, ma che ha conosciuto decenni di fama immutata, tanto da essere poi anche riproposta e rivisitata da Peppino Di Capri e dai Dik-Dik.
I due vinsero anche una Piedigrotta con ‘Nuttata a mare’, e si affermarono ancora con ‘Torna Maggio’ e ‘Tutt’è passato’, ma la sorte di Vincenzino Russo non cambiò neanche in minima parte, costringendolo a continuare il suo lavoro di guantaio e di maschera nei teatri.
Dopo poco le condizioni di salute di Russo peggiorarono progressivamente, costringendolo a letto, minato da forti accessi di tosse; ancora ottimista scrisse per Di Capua ‘Canzona bella’, pubblicata da Bideri, ma dovette poi rassegnarsi ad una prossima fine.
Dal balcone della sua casa di piazza Mercato assistette, un triste giorno, al matrimonio della ragazza della quale era innamorato, e che non aveva potuto sposare a causa della salute malferma. Tornato a letto chiese carta e penna e scrisse i toccanti versi de ‘L’urdema canzone mia (Tutto è fernuto)’: ‘Addio staggione belle!/ Addio rose e viole!/ i’ ve saluto’.
Dopo poco si spense appena ventottenne, l’11 giugno del 1904. Fu Eduardo Di Capua a scrivere la musica di quel suo addio alla vita, pubblicato postumo da Bideri, ultima testimonianza di un genio della poesia napoletana, che è stato riscoperto dalla critica solo recentemente.