SCHEDE
BIOGRAFICHE PERSONAGGI |
FERDINANDO
RUSSO |
Poeta, letterato, giornalista, illustre cantore napoletano
FERDINANDO RUSSO, oltre ad essere uno dei maggiori poeti napoletani, fu uno dei più noti esponenti e frequentatore dei salotti culturali cittadini. Di estrazione borghese era nato a Napoli il 25 novembre 1866, da Gennaro, funzionario del Dazio e da Cecilia De Blasio.
Abbandonati gli studi entrò giovanissimo come correttore di bozze alla ‘Gazzetta di Napoli’ e, pervaso dalla passione per il giornalismo fondò nel 1866 il periodico ‘Prometeo’, che ebbe però vita breve. Precursore dei servizi diretti, scritti attraverso accurate indagini sul territorio, Russo scrisse pregevoli ritratti delle classi più povere e disagiate di Napoli, indagando sulla malavita e sulla prostituzione, finendo per questo anche dinanzi al magistrato, con l’accusa di offesa alle istituzioni, anche per le sue opinioni critiche nei confronti di Garibaldi unificatore dell’Italia.
Lasciato il lavoro al giornale entrò come impiegato al Museo Nazionale, senza mai abbandonare l’attività giornalistica, poetica e letteraria. Fu apprezzato autore di circa un centinaio di macchiette tra cui ricordiamo ‘Il cantastorie’ e ‘O pezzente ‘e San Gennaro’, e soprattutto ‘L’elegante’, una garbata presa in giro di Marcello Origlia, famoso viveur, affidata all’interpretazione di Nicola Maldacea, che ebbe occasione di incontrare al termine di uno spettacolo, e a cui fece notare come i testi da lui interpretati fossero poco adatti alla sua voce.
La vera notorietà Russo la raggiunse con i bellissimi versi del 1887 di ‘Scetate’, un’appassionata serenata musicata da Mario Costa, che divenne un vero e proprio inno degli innamorati di Napoli.
Avviò poi una fortunata collaborazione con Salvatore Gambardella, un musicista di grande bravura pur senza aver mai studiato musica, con cui scrisse brani destinati a restare immortali. Ugualmente proficuo fu il sodalizio con altri grandi musicisti, da cui nacquero: ‘Manella mia’ e ‘Serenata a Pusilleco’, con musica di Vincenzo Valente, ‘Tamurriata palazzola’ musicata da Rodolfo Falvo ed infine il suo maggiore successo con Emanuele Nutile, ‘Mamma mia che vò sapè’, scritto nel 1909 dopo una crisi sentimentale, che conobbe enorme popolarità entrando nel repertorio dei più famosi interpreti.
In perenne competizione con Salvatore Di Giacomo, e vittima di giudizi negativi di Croce, Ferdinando Russo incontrò invece il favore di Carducci che, giunto a Napoli nel 1891 assieme all’allieva Annie Vivanti, volle conoscerlo personalmente. Durante un pranzo con il poeta maremmano Russo fece eseguire da alcuni posteggiatori la sua serenata ‘Scetate’ suscitando l’estasiata ammirazione della Vivanti che improvvisamente scoppiò a piangere. Carducci ingelosito si allontanò con la ragazza e non volle più vederlo.
Il 15 ottobre 1902 Russo sposò a Bologna Elisa Rosa Pennazzi, una sciantosa nota con il nome d’arte di Rosa Saxe; il matrimonio si rivelò un fallimento a causa del passato poco dignitoso della donna ed anche per la sua gelosia ossessiva, che la portò ad ingaggiare un investigatore per far pedinare il marito. Ferdinando Russo se ne accorse quasi subito, in quanto riconobbe addosso all’uomo che lo seguiva costantemente, molti dei propri abiti, che la donna gli dava come compenso. A matrimonio concluso Russo scrisse ‘Nun me guardate cchiù’ portata al successo da Diego Giannini, che fu magistrale interprete anche della sua canzone ‘Tu sola’.
Personaggio poliedrico Ferdinando Russo ebbe interessi per l’archeologia, fu autore di liriche erotiche, e si esibì anche come cantante, eseguendo nel 1924 al Modernissimo di Napoli, il suo pezzo ‘’E denare d’’o nfinfirinfì’. Nel 1891 aveva anche volato su Napoli, a 3600 metri di altezza, con il pallone aerostatico Urania e di ritorno dalla straordinaria esperienza scrisse il poema ‘’N paravise’. Nel 1911 fu anche chiamato a dirigere la Poliphone, casa editrice musicale tedesca che aveva sede a Napoli.
Recentemente rivalutato dalla critica letteraria Ferdinando Russo lasciò un gran numero di canzoni, liriche ed opere in prosa, tra le quali ‘Memorie di un ladro’ ‘Usi e costumi della camorra’ (entrambe del 1907) e ‘Il mio amico Landru’ (1927).
Morì improvvisamente nella sua casa di via Cagnazzi il 30 gennaio del 1927, lasciando sulla sua scrivania i primi due versi di una nuova canzone: "Napule ride ‘nta ‘na luce e sole/ Chien’’e feneste aperte e d’uochhie nire’".
Dopo la sua morte fu ricordato da una lapide dettata da Carlo Nazzaro nei pressi del porto, andata poi distrutta assieme all’edificio su cui era murata. Recentemente una copia è stata ricollocata nello stesso luogo in ricordo di uno dei più illustri cantori dell’anima napoletana.