SCHEDE
BIOGRAFICHE PERSONAGGI |
GIACOMO
MARGOTTI |
( " la diversità delle opinioni è la base della ricerca " )
GIACOMO
MARGOTTI uno sconosciuto?
No ! Fu il TENACE SACERDOTE artefice del motto "nè eletti nè
elettori" (il "non expedit" di Pio IX)
Fu il fondatore di "ARMONIA", accusato da Cavour di abusare delle
"armi spirituali"
E' l’autore delle “Memorie per la storia dei nostri tempi”
per gentile concessione
di Giacomo Razzetti
curatore del sito
CATTOLICI NELLA SOCIETA'
Don Giacomo Margotti nasce l'11 maggio 1823, si laurea in studi filosofici e diviene seminarista a Ventimiglia; nel 1845 ottiene il dottorato presso l'università di Genova.
Nel 1848, insieme al Vescovo di Ivrea Moreno, il Professor Audisio ed il Marchese Birago, fonda a Torino il quotidiano "L'Armonia", di cui è la vera anima e brillante direttore; tanto brillante da suscitare il duro disappunto della Torino sabauda: senza troppi complimenti si tenta di sopraffarlo con sequestri, multe, chiusure coatte ed ogni genere di vessazione (tra cui un tentato omicidio contro la sua persona nel 1856), fino alla definitiva chiusura del quotidiano, ordinata da Cavour nel 1859.
Ma il tenace sacerdote non si dà per vinto e riesce a spuntarla nuovamente, prima dalle colonne de "Il Piemonte", poi nuovamente dal ristabilito "L'Armonia" che, per volere del Beato Pio IX, viene rinominato "L'Unità Cattolica", nel giorno di Natale del 1863. Foglio, più moderato, ma non meno intransigente, che dal 1870 al 1929 uscì (a Firenze) listato a lutto per la condizione in cui si era venuto a trovare il papa dopo la fine del potere temporale.
Fu il principale artefice del motto "nè eletti nè elettori" (del 1864, successivamente rielaborato dal Beato Pio IX nel principio del "non expedit"), naturale evoluzione dell'atteggiamento di totale chiusura del parlamento sabaudo, che addirittura annullò la sua trionfale elezione alla Camera del 1857 per il curioso reato di "abuso di armi spirituali", neologismo politico dello scaltro Cavour che non aveva certo bisogno di una opposizione intelligente che fosse ostile alla sua linea anti-clericale (ed estese tale provvedimento aberrante ed anti-liberale ad una ventina di sacerdoti neo-eletti).
Dei suoi numerosi scritti, di cui ci perviene quasi niente ma che comunque bastano a tracciare lunghe ombre di dubbi sull'operato di alcuni pater patriae, voglio ricordare il monumentale "Memorie per la storia dei nostri tempi" (in 6 volumi, del 1863), assolutamente introvabile anche nelle biblioteche nazionali (e ciò, mi si consenta, allunga ulteriormente le succitate ombre), di cui chi scrive sta faticosamente ricostruendo l'iter storico, nella speranza di poterlo poi ripubblicare in serie limitata; poi anche "Considerazioni sulla separazione dello Stato dalla Chiesa in Piemonte" (1855); "Le vittorie della Chiesa nei primi anni del Pontificato di Pio IX" (1857); Le consolazioni del S. P. Pio IX" (1863); "Pio IX e il suo episcopato nelle diocesi di Spoleto e d'Imola" (1877).
Giacomo Razzetti
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GIACOMO MARGOTTI: chi era costui?
L’autore delle “Memorie per la storia dei nostri tempi” che stiamo pubblicando
di Angela Pellicciari
Chi è don Giacomo Margotti? Chi è l’autore delle Memorie per la storia dei nostri tempi che stiamo pubblicando a puntate? Un prete giornalista. Un prete battagliero. Un uomo coraggioso. Un combattente per la verità.
Il 18 agosto 1849 Pio IX scrive alla granduchessa Maria di Toscana: sebbene “la tutela del dominio temporale della S. Sede sia in me un dovere di coscienza, pur nonostante è un pensiero assai secondario in confronto dell’altro che mi occupa, di procurare cioè che i popoli cattolici conoscano la verità“.
Che i cattolici conoscano la verità: questa è la preoccupazione del papa e questo è l’assillo di don Margotti. Perch�? Perch� l’Ottocento è teatro di una riuscitissima campagna di diffamazione, menzogna ed odio contro la chiesa cattolica. Perch� i liberali che realizzano l’unità d’Italia, acerrimi nemici della chiesa, non si vergognano di dichiararsi ferventi cattolici. Perch� i Savoia -che si professano cattolici- seguono pedissequamente le mosse dei sovrani protestanti che nel Cinquecento derubano la chiesa di ogni avere. Perch� i governi liberali che si appropriano del patrimonio che la popolazione cattolica ha regalato nel corso dei secoli alla chiesa, hanno l’ardire di farlo nel nome della chiesa. Per contrastare una simile gigantesca menzogna si tratta di difendere la verità raccontando i fatti. Bisogna ribattere punto per punto alla propaganda di stato. E’ quello che fa don Margotti dalle colonne del torinese l’Armonia.
Nel paese che si gloria di essere l’unico in Italia a difendere la libertà -compresa quella di stampa-, nel Piemonte sabaudo, cosa succede a Margotti che racconta la verità? Succede che il giornale è più volte messo sotto sequestro, multato, ed infine succede che qualcuno attenta alla sua vita. Il 27 gennaio 1856 don Margotti è aggredito per strada da un malvivente che, con un grosso bastone, lo colpisce alla testa. Mentre l’aggressore fugge pensando di aver compiuto il suo compito, il prete è soccorso dai passanti e, miracolosamente, si salva.
L’anno successivo, alle elezioni del 1857, Margotti è eletto trionfalmente alla Camera insieme ad una ventina di sacerdoti. Il liberale Cavour che di tutto ha bisogno fuorch� di un’opposizione parlamentare degna di questo nome, invalida le elezioni degli scomodi preti con la scusa dell’"abuso di armi spirituali". In cosa consiste questo crimine? Nell’aver i presbiteri denunciato la politica anticattolica del governo sardo. Nell’aver ricordato la scomunica maggiore che colpisce i liberali nel 1855, dopo l’approvazione della legge soppressiva di 35 ordini religiosi. A parere di Cavour dire apertamente che i governanti sardi sono tutti scomunicati equivale a commettere un reato, un "abuso" appunto. Il presidente del Consiglio dal canto suo vieta la pubblicazione delle encicliche del papa, compresa quella relativa alla scomunica.
Quando nel 1864 Margotti propone la linea n� eletti n� elettori (che Pio IX trasformerà dieci anni più tardi nel non expedit) sa quello che fa: la sua esperienza sta lì a dimostrare che, in un modo o nell’altro, per i cattolici, nel Regno d’Italia governato dai liberali, non c’è posto.
Per conoscere più da vicino che tipo di uomo è don Margotti trascriviamo la prima parte della lettera da lui inviata ai lettori dell’Armonia qualche giorno dopo l’aggressione: “Dopo una settimana d’ozio forzato, riprendo i miei lavori. Non odiando nessuno, io credevo di non avere nemici. Molti contava avversari politici, ma li riputava tutti onoratissimi, che avrebbero fatto a me buona guerra, com’io a loro, guerra di penne e di ragioni, quale s’addice a gente costumata in paese libero, e non la vilissima guerra dell’assassino. Quando qualche benevolo m’avvertiva s’andare cauto, e premunirmi, io apprezzava l’avviso, per sentimento di benevolenza d’onde partiva, ma mi parea suggerito da una sconsigliata paura, e dicea: in ogni caso, che cosa guadagnerebbero levandomi dal mondo? La causa nostra non dipende dagli uomini, e molto meno da me, l’infimo di tutti. E poi, lo confesso schietto, per quanto io senta sinistramente della libertà moderna, ero persuaso che in Piemonte si potesse ancora scrivere una verità, salva la vita. In Francia, paese di grandi virtù ma anche di grandi delitti, vedea pubblicarsi da buona pezza giornali schietti e franchi come il nostro, senza che i compilatori avessero rischio di sorta.
" La sera di domenica, 27 gennaio 1856, m’avvertirono ch’io era nell’errore, e che troppo ancora credeva (e Dio sa quanto ci credeva poco!) alla libertà ed all’onestà di certuni. Mi dolse del mio caso, ma assai più dell’inganno. Sì, per l’amore che porto alla mia patria, non avrei voluto essere obbligato a confessare, che nel Piemonte, donde furono cacciati gli arcivescovi di Torino e Cagliari, annidassero poi gente rotta ad ogni delitto. Ad ogni modo, se taluno odia me, sappia che io non odio nessuno. Perdonai, e perdono di buon cuore a chi tentò d’uccidermi, e se lo conoscessi, vorrei fargli vedere a’ fatti, che se i principii della sua politica lo consigliarono a sfracellarmi la testa, le massime della mia religione mi comandano di stringermelo affettuosamente al seno. Forse allora costui imparerebbe che differenza corre tra un servo e un nemico del Papa; tra un apologista, e un calunniatore di S. Romana Chiesa.
" Iddio, che mi legge nel cuore, sa ch’io non iscrivo frasi, ma dico quello che sento. In questo senso parlai ai magistrati, che accorsero al mio letto per gli interrogatori fiscali. Ho sempre protestato di non voler porgere querela contro nessuno, e se non potei oppormi al diritto che compete alla società, di buona voglia rinunciai, e rinuncio a quello che mi compete individualmente“.
Caro a Pio IX, che aveva una sua foto sul comodino, Giacomo Margotti è un esempio di italiano e di cattolico di grande valore. Speriamo che -dopo quasi centocinquanta anni di colpevole dimenticanza- la pubblicazione di alcuni dei suoi articoli gli renda, almeno in parte, giustizia.
Angela Pellicciari
www.lapadania.com/2002/maggio/21/21052002p15a1.htm
(a presto una prossima puntata)