SCHEDE
BIOGRAFICHE PERSONAGGI |
ALESSANDRO
MANZONI |
L'IRONIA DEL MANZONI
LO STILE, IL COLORITO, LA LINGUAQuando un mondo se ne va, si dichiara l'ironia. Questo dà un alto significato all'ironia di Socrate o di Luciano, all'ironia di Ariosto o di Parini, all'ironia di Voltaire o di Goethe; questo dà un'importanza storica all'ironia di Manzoni.
Essa è la faccia che prende venendo alla luce il senso dal limite e della misura, in lui così caratteristico; è il senso del reale che si risveglia e si afferma. Di qui la sua disposizione a cogliere nella cose umane quel di più e quel di meno, che ti fa dire subito : non è vero, e che provoca quel suo risolino. Lo stesso padre Cristoforo, non può sottrarsi a quel suo sguardo ironico. Accomiatandosi da Lucia con queste parole: « Il cuore mi dice che ci rivedremo presto », - che sa egli il cuore? - nota l'inesorabile critico. L'ironia lo accompagna in tutte le sue analisi, anzi l'analisi è ella stessa un'ironia, dandosi la chiave di tutte le esagerazioni, a cui si abbandonano i personaggi. Noi che siamo stati messi a parte del segreto, e abbiamo veduto il retroscena, e sappiamo tutti i concerti e gli apparecchi dagli attori, quando appaiono sulla scena, li accompagniamo con lo stesso risolino del poeta, o vi siano moti e paure e crudeltà di plebe, o furberie di Conti e di Provinciali, o furfanterie di Azzecca-garbugli, o malizia di osti e di bravi.
Anche nella rappresentazione degl'ideali più cari e più nobili della vita, in mezzo alla naturale esaltazione de' sentimenti, compare a un tratto quel tal risolino, che impedisce l'esagerazione, e ti ridona il senso della misura. Esaltazione spiegata è già esaltazione raffreddata. Questo che, secondo le regola comuni, sarebbe un errore, è appunto la genialità del poeta, la sua originalità, o, per dirla con parola più modesta, il suo carattere. Il cappuccino che fa le sue osservazioni a padre Cristoforo e si acquieta ad un suo motto in latino, il maggiordomo che fa la sue rimostranze al Cardinale quando sta per ricevere l'Innominato, il Nibbio che parla di compassione, la vecchiarella che cerca di consolare Lucia a modo suo, i monelli che fanno il chiasso in mezzo alla peste, sono la presenza della vita comune, una specie di contro-ideale, che regola e tempera ciò che vi è di troppo esaltato in situazioni così drammatiche. Diresti che come Alfieri pare che aguzzi sempre il suo pugnale, Manzoni pare stia sempre lì a spuntarlo.
Originalissimo è sotto questo aspetto l'incontro di Federigo e di don Abbondio. Se Federigo parlasse solo, sarebbe una predica insopportabile. Quelle idee, quei sentimenti così fuori della vita comune e nella loro generalità così illimitati, dàlli e dàlli, provocherebbero una reazione ironica nella sfera temperata, in cui sono i lettori. Ma la reazione è trattenuta e sviata dalle risposte e soprattutto dalle impressioni di don Abbondio, posto in una sfera morale bassissima anche dirimpetto al concetto ordinario della vita: incontro singolare e collisione vivacissima di ciò che vi è di più eroico nella vita morale e di ciò che vi è di più abbietto. E il risultato di quest'audace concezione è una situazione tragicomica, i cui effetti contraddittorii si rintuzzano e si temperano a vicenda, sicchè la reazione che produrrebbe ciò che vi è di troppo assoluto nelle idee dell'uno, è sviata da ciò che vi è di troppo volgare nel carattere dell'altro. E il vantaggio è tutto di don Abbondio: che produce effetti comici irresistibili, con la naturalezza, la sincerità e la subitaneità delle sue impressioni, nelle quali appare tutto lui, nelle più varie determinazioni del suo carattere, paura, stizza, volgarità, ottusità, tutto impressione e immaginazione; dove il Cardinale è talmente immedesimato con le sue idee, che ti pare un ente di ragione, anziche un uomo vivo : qui hai idee, là senti un uomo. Appunto perchè nel Cardinale non c'è che una corda sola e ne' suoi toni più acuti, quando ella vibra di soverchio e troppo a lungo, sì che il discorso prende aria di sermone, la reazione, malgrado il correttivo di don Abbondio, sta lì lì per formarsi nell'animo del lettore; ed eccoti in buon punto il poeta che interrompe il sermone e dice lui la sua parola. Gli è che il poeta non è assorbito nell'azione, e non si fa imporre neppure dal Cardinale, ed anche dirimpetto a lui sta lì col suo risolino, disposto a burlarsi un po' insieme col pubblico di questo metter fuori con così poca fatica tanti bei precetti di fortezza e di carità; se non che riflette che quelle cose erano dette da uno che poi le faceva, e si riconcilia con l'oratore. Così rimasto fuori della scena, tranquillo e intelligente spettatore, in comunione con l'uditorio e attento alle sue impressioni, egli vi partecipa, le spiega e le modera.
LO STILE, IL COLORITO, LA LINGUA NEI PROMESSI SPOSILa popolarità dello stile è l'araba fenice, appresso alla quale oggi corrono i nostri scrittori. E credono sia un meccanismo così facile ad acquistare come fu il meccanismo classico. La letteratura scolastica abbonda specialmente di cotali meccanismi. Vogliono contraffare il fanciullo, vogliono scimmiottare il nostro popolino, pigliando in prestito il loro linguaggio, e sto per dire il loro cervello. E chiamano loro precursore Alessandro Manzoni, e si dicono manzoniani, come le scimmie di Petrarca si dissero petrarchisti. Credono che quel linguaggio di Manzoni stia da sè, faccia modello, come faceva modello quel linguaggio solenne e nobile che fu detto classico.
Ne' Promessi Sposi linguaggio e stile non sono costruiti a priori, secondo modelli e concetti. E' la conseguenza di un dato modo di concepire, di sentire e d'immaginare. Lo stile è la combinazione delle due forze, che aveva lo scrittore in così alto grado: la virtù analitica e la virtù immaginativa. Uso a decomporre, a distinguere, ad allogare secondo una certa misura o limite interno, che non è altro se non il senso del vero, l'espressione è sempre precisa e giusta, cioè vera, ed è insieme semplice, perchè l'interna misura esclude ogni esagerazione ed ogni complicazione. Tutto è a posto, e tutto è nel suo limite; niente v'è di sì complesso, che non sia distinto e semplicizzato ; perciò tutto è vero e tutto è semplice.
Queste virtù intellettuali sono in lui anche forze morali, perchè tutto è armonia in quella mente. Il suo senso del vero è fortificato dalla sua sincerità, il suo vigore analitico è aiutato dalla sua serenità e imparzialità, e quel suo gusto del semplice è anche semplicità morale, che lo tien lungi da ogni affettazione e ostentazione, da ogni ricerca di effetti artistici che non sieno inclusi, naturalmente e immediatamente, nel suo argomento. Questa è la base solida e direi organica del suo stile, non fabbricato per meccanismi o processi esterni, ma nato e formato nel suo spirito. Dico la base, perchè se questo basta allo scienziato, non basta all'artista. C'è il disegno, non c'è il colorito. Ma come il poeta s'interna nelle più minute pieghe del suo argomento, scopre sempre lati nuovi, che stuzzicano più la sua curiosità e rinfrescano le sue impressioni. Scartando tutti i luoghi comuni poetici e tutte le reminiscenze, esplorando tutto con osservazione diretta, gli brilla innanzi un mondo psicologico tutto nuovo, a cui il suo spirito non rimane indifferente, a cui anzi ha la più viva partecipazione. Perciò mentre tutto esprime con previsione ed esattezza di scienziato, in quell'espressione, non sai come, si mescolano e si fondono le sue impressioni, che la rendono animata e spiritosa. Dall'alto del suo osservatorio, sempre presente a sè, e non dominato ma dominando, cio che lo colpisce più è il contrasto tra quello che le cose sono e quello che paiono, velati gli occhi da ignoranza e da passione ciò che dà alla sua espressione una leggiera tinta ironica, una forma, nella quale il reale vero si afferma di contro all'apparenza.
Ma perchè il mondo va così, e non può andare altrimenti, quell'ironia non è senza una cert'aria di benevolenza, essendoci nella più parte de' casi debolezze da compatire, perchè debolezze della stessa natura umana. « Così va il mondo», nota il poeta, « o piuttosto così andava nel secolo decimosettimo »; correzione ironica, piena di garbo, che fa ammettere, ridendo, il rimprovero e gli toglie ogni asprezza. Riservando la sua indignazione per le singolarità vituperevoli di questo o quell'individuo, quando s'incontra in casi comuni e generalmente tollerati, l'universale tolleranza si rivela in quel carattere benevolo della sua ironia, come quando dice de' soldati in guarnigione che insegnavano la modestia alle fanciulle e alleggerivano i contadini dalle fatiche della vendemmia. Così la sua analisi è mescolata di malizie, d'ironie, di motti arguti, di riflessioni piccanti, e la sua espressione è così colorata, che spesso nelle cose si sente l'impressione, e nell'impressione traspariscono le cose: onde il suo stile, mentre è sempre semplice e preciso, è insieme sempre spiritoso. Ed è ancora altamente pittoresco, perchè il poeta, oltre ad una eminente facoltà di analisi, possiede una potente immaginazione.
Appunto perchè le cose fanno sul suo spirito una così viva impressione, le qualità più astratte, le nozioni più astruse, i fenomeni più spirituali prendono faccia e gli si muovono innanzi come esseri animati. E come tutto nasce da osservazione diretta delle cose nelle loro individualità, quei colori non hanno niente di comune, e nascono con esse le cose. Non vi sorprendi mai ripetizione o reminiscenza di colorito; tutto è nuovo, perchè tutto è proprio e non si rassomiglia che a se stesso, a quel modo che nessun individuo si rassomiglia con altro. Onde avviene che tanti personaggi, tanti fenomeni, tante malizie, tante apparizioni lasciano nel tuo spirito sempre una immagine, che te ne conserva la memoria. Fino il Griso e il Nibbio, fino Gervasio e Tonio, chi può, dimenticarli? attaccati i loro nomi a certi tratti plastici e caratteristici, che ti s' improntano nell' immaginazione. Nessuna malizia ti sfugge, nessuna ironia ti lascia indifferente; non c'è apparizione sì piccola e insignificante che non abbia una sua faccia propria, se non altro per dirti che è piccola e insignificante.
Vedi la forma sprezzante, con la quale è indicata la morte del Griso, come d'un animale senza pensiero, senza parola e senza rimorso, senza alcun vestigio di senso umano. � non perchè non pensi e non parli, ma perchè il poeta con l'aria di chi guarda e passa, non degna raccogliere pensieri e parole di un essere così insignificante e volgare nella sua malvagità. Questa potenza e proprietà di colorito tu non l'incontri solo nell'analisi, ma ancora più nella rappresentazione, quando alla descrizione e al discorso succede il dramma, cioè a dire quando tale personaggio, tale avvenimento, ben descritto e bene analizzato, entra in una data situazione. Mentre si opera e si parla, il poeta è là che dà il rilievo, scolpendo le figure, animando gesti, movenze, positure, dipingendo al di fuori tutta la vita interiore così bene esplorata, e cogliendo a volo le sinuosità più sfuggevoli e più delicate della rappresentazione. E tutto questo mondo è così sempre tutto intero innanzi al poeta, che analisi e rappresentazione s'illuminano a vicenda, entrando l'una nell'altra, e l'una essendo all'altra specchio e rilievo, di modo che spesso un tratto analitico ti rischiara tutta l'azione, e un gesto, una parola ti richiama tutta l'analisi.
Don Abbondio è il personaggio meglio analizzato e più compiuto. Lo incontriamo nelle più varie situazioni, sempre diverso e pur sempre quello. La sua nota fondamentale è la pusillanimità, che nelle situazioni più accentuate prende la forma acuta della paura; e la sua diversità è apparente, e nelle varie gradazioni di quella nota, come sono le sue stizze, le sue impazienze, la sua poltroneria, e fino il suo coraggio, quel tale coraggio della paura. Si veda come così varie situazioni di animo sono illuminate da tratti analitici, e come talora un suo gesto, una sua parola ti richiama l'analisi, e gli caccia d'improvviso e a sua insaputa il gran segreto della sua natura a tutti manifesto, fuorchè a lui, qual è il motto famoso : « il coraggio uno non se lo può dare ».
Spesso l'analisi è il frontespizio della rappresentazione, ed hai un vero processo logico, una specie di premesse e di conseguenze; talora è in antagonismo e ne vengono grandi effetti estetici: quel don Abbondio, in quello stato di perfetta quietudine, quasi di uomo contento che faccia il chilo, col suo famoso : « chi è Carneade ? » rimasto proverbiale, colto a volo e fissato in caricatura, con quella zimarra, con quel camauro ! (nell'edizione del 1825, indossava questo, e non una vecchia papalina. Ndr.) in quella figura grottesca; e da quel sicuro lido lanciato subito in pieno mare tempestoso. Queste intime commessure delle cose scrutate e connesse con tanta virtù intellettuale, e allogate, rilevate, armonizzate con l'occhio sicuro di un artista consumato, producono nell'unità dell'insieme anche l'unità del colorito, espressione immediata delle cose e delle loro impressioni sul poeta, e così preciso e giusto e semplice, perchè la visione è chiara e l'impressione è vera.
Tale esce qui lo stile nelle sue forme intellettuali e fantastiche dalla sorprendente combinazione di due forze amicamente operose, un grande vigor logico e una immaginazione potente. Il suo carattere è la precisione congiunta con l'evidenza nella massima semplicità. O, per dirla con una parola, è la naturalezza, quell'immergersi e obbliarsi della mente nella natura e parer una con quella. Il che se desideri nelle parti serie e ideali, dove senti alcuna volta una certa ineguaglianza, un certo sfoggio come d'idee e di colori uscenti più da previsione mentale che da visione immediata, trovi sempre e in grado eccellente nelle parti mezzane e comiche della vita e nelle sue analisi. Chi disse che lo stile è l'uomo, disse una mezza verità. La verità intera è questa, che lo stile è la cosa nel suo riflesso e nel suo effetto sulla mente. Da questo lavorìo esce la cosa impressionata, sì che tu ti accorgi che la è passata per la mente e ne ha ricevute le impressioni. La storia dell'arte è la storia di questa unione. Talora la mente accoglie in sè la cosa con poca serietà, e resta lei, e vuol comparir lei, e per volerla troppo abbellire, troppo assimilarla a sè, la snatura. Questo chiamano eleganza, che nella sua esagerazione conduce sino ai processi artificiali e convenzionali. A questa eleganza oppone Manzoni la sua naturalezza, sì che la cosa esce dalla mente nella integrità e nella verità della sua natura e delle sue impressioni.
In questo senso Manzoni è il vero padre della nuova letteratura, il cui carattere ai nostri giorni è la naturalezza. Pur voi vedete da quello che si è discorso finora, come si richiedono maggiori mezzi e maggior potenza di mente a produrre questa naturalezza, che a produrre quella eleganza. Perch�, se è facile copiare artificialmente e riprodurre l'eleganza, difficilissimo è ottenere la naturalezza, la quale presuppone lo studio e l'intelligenza e l'amore delle cose, quali te le dà la natura e la storia, e una grande virtù nella mente di assimilazione e di produzione. Onde avviene che i più, come sono molti che si dicono scrittori popolari e realisti, correndo appresso alla naturalezza, trovano l'insipidezza, che è la cosa uscita dalla mente senza sapore e senza colore, senza quell'impronta spirituale, che le viene dalla sua dimora e dalla sua trasformazione nella mente.
Tale lo stile, e tale la lingua. Il grosso materiale è qui la lingua parlata e intesa dall'un capo all'altro d'Italia, intramezzata di lombardismi ! (D. si riferisce sempre all'edizione del 1825. Ndr) e di toscanismi, che le comunicano la vivacità del dialetto. Scopo della lingua non è l'eleganza, che la impoverisce, la cristallizza in classificazioni arbitrarie e convenzionali, con un'aria di solennità artefatta; ma scopo è qui la perfetta similitudine sua con le cose, una espressione di quelle la più precisa e la più immediata, nella quale conformità consiste la sua bontà. Ond'ella ti riesce ricca, variata, mescolata di forme e di accenti, sempre propria e plastica, tale che assicuri la più rapida e la più evidente trasmissione delle cose nei lettori.
E perchè il popolo concepisce appunto così e vede per immagini e in modo vivo e pronto, scegliendo le vie più brevi, tutto ellissi e scorciatoie e troncamenti e abbreviazioni, come si vede ne' suoi dialetti, si comprende la grande popolarità di una lingua simile, e come di tutte le prose italiane questa sia che si legga tutta e volentieri da tutte le classi.RITORNO ALLA TABELLA ANTOLOGICA