SCHEDE
BIOGRAFICHE PERSONAGGI |
ALESSANDRO
MANZONI |
LA COMUNICAZIONE DEL MANZONI
COI SUOI LETTORIIo già vi ho indicato la potenza del Manzoni, e voi già sapete l'immaginazione che egli ha, ma anche la sua forza; quella forza che dicemmo m i s u r a . Ora, poste questi antecedenti, bisogna vedere come quelle forze operino ne' personaggi del romanzo.
Il mondo artistico non è solo quello che sta di rincontro all'artista; vi ha ancora il mondo dei lettori: da una parte la scena, e dall'altra la platea. Questi due mondi non hanno la medesima temperatura: nella scena gli attori compaiono e parlano con calore, perchè le passioni in loro sono forti, e se ha una temperatura altissima; laddove lo spettatore sta freddo con le impressioni ordinarie della vita, ch'è la temperatura regolare. Se il poeta, dimenticando quest'altro mondo, si gettasse nel suo proprio mondo, e confondendosi con esso, spingesse le immagini all'ultima esagerazione, alzasse il tono, gestisse sforzatamente, e portasse le passioni al di là dell'ordinario, egli è evidente che fra la scena e la platea vi sarebbe disuguaglianza di temperatura, e questa disuguaglianza farebbe nascere certamente una dissonanza.
Bisogna dunque creare una temperatura media. Il mondo romanzesco è il mondo dei lettori, i quale possono mettersi en comunicazione con quello, riducendo le impressioni, i sentimenti e i fatti a tale proporzioni, che sia accessibili ad essi, ed essi possano elevarsi in quel mondo e sentire li medesime impressioni dell'autore. Questo carattere si trova appunto nella forma manzoniana: Manzoni vive nel mondo che crea; e vive senza confondersi con esso; che anzi tiene a rimanerne staccato, a metterselo dirimpetto, a spiegarlo, a porlo in ridicolo, e neanche il padre Cristoforo sfugge alla sua ironia. Così l'autore qualche volta pianta nel miglio il personaggio e parla lui, facendo delle osservazioni e riducendo così il mondo artistico in proporzioni più convenienti agli spettatori. Voi ricorderete quando Lucia non vuol dare il suo consenso per fare quel tal matrimonio di sorpresa perchè non stava bene, perchè erano degl'imbrogli e non erano cose lisce, e domandava perchè questa cosa non era venuta in mente al padre Cristoforo. « Che volete chi io vi dica? », risponde Agnese. « La legge l'hanno fatta loro, come gli è piaciuto; e noi poverelli non possiamo capir tutto. E poi quante cose.... ». E qua s'interrompe e soggiunge: « Ecco; è come lasciar andare un pugno a un cristiano. Non stà bene; ma dato che gliel'abbiate, nè anche il papa non glielo può levare ».
Questo interrompere una forma seria o tragica mercè il comico, è modo comune del Manzoni, il quali così tempera la forma artistica, facendola scindere al livello dei lettori. Lucia dunque esita ancora, ed allora Renzo si accende, e dice che la finirà lui, con un tal viso da non lasciar dubbio sulle sue parole, e che dovunque avrebbe raggiunto don Rodrigo, avesse pur cento, mille diavoli nell'anima, finalmente era di carne e ossa anche lui- E qui interviene la madre e la figlia, e la scena dura per una pagina e mezza. E Lucia gettandosigli ai piedi dice: « E io che male v'ho fatto, perchè mi facciate morire? ». - « Voi » dice Renzo, «voi! Che bene mi volete voi? Che prova m'avete data? Non v'ho pregata, e pregata e pregata? E voi: no ! no ! ». - « Sì, sì » risponde precipitosamente Lucia, « verrò dal curato domani, ora, se volete; verrò ». Se qui prendete alla lettera le escandescenze di Renzo, troverete che l'autore abbia spinto la scena, e l'abbia esagerata; ma Renzo lì non era egli calcolatore, non faceva l'attore? Era la sua concitazione vera, o falsa? L'autore dice : non lo so, e crede cha nemmeno Renzo lo sapesse bene. E soggiunge: « Il fatto sta ch'era realmente infuriato contro don Rodrigo, e che bramava ardentemente il consenso di Lucia; e quando due forti passioni schiamazzano insieme nel cuore d'un uomo, nessuno, neppure il paziente, può sempre distinguere chiaramente una voce dall'altra, e dir con sicurezza qual sia quella cha predomini ».
Grazie dunque a questa ripresa dell'autore voi vedete che in quella scena c'era una concitazione esagerata par fare impressione sull'animo di Lucia; esagerazione che è il motivo comico in forma tragica, per cui quella rappresentazione vien messa al livello della temperatura degli spettatori.
E non solo Manzoni si stacca dal suo mondo, e se lo mette di fronte, ma guarda altresì gli spettatori a si mette in comunicazione con loro. Quando don Abbondio riceve quelle tali minacce da' bravi, per cui « rimase un momento a bocca aperta, come incantato; poi prese quella delle due stradette che conduceva a casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba dopo l'altra, che parevano aggranchiate », l'autore si volge immediatamente ai suoi venticinque lettori, e dice loro : vediamo qualcosa del naturale di don Abbondio, e de' tempi in cui gli era toccato di vivere. Ora questo mettersi in comunicazione diretta con gli spettatori crea appunto quella temperatura media che modera l'alta temperatura estetica.
Immaginate pure, par esempio, de' piccoli paesi, dove siano degli oziosi e vagabondi, cha devastino, come i soldati spagnoli a Lecco, i campi, le viti, che disonorino le fanciulla e commettano altre simili enormità. Considerando tutto ciò nel mondo reale, guardando all'interasse delle famiglie che risentono qua' danni e immaginando il loro dolore, si sente che è orribile cosa. Supponete che l'autore voglia rappresentare questi fatti con le impressioni de' danneggiati : si metterà egli nella condizione dei lettori? Vi sono certi fatti, cha se alla prima destano indignazione, ripetuti diventano fatti ordinari; e naturalmente si pensa che infine i soldati cercano fortuna, e si ride su quelle cose che prima facevano inorridire. Se l'autore dunque avesse voluto rappresentare le prodezze dei soldati spagnoli con la prima impressione avuta da' contadini di Lecco, si sarebbe messo in contraddizione con i lettori presenti. Ond'è che il Manzoni cerca d'introdurre il comico in quel racconto, e vi dice che quel borgo « aveva l'onore di alloggiare un comandante, e il vantaggio di possedere una stabile guarnigione di soldati spagnoli, che insegnavano la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavano di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre; e sul finir dell'estate, non mancavano mai di spandersi nelle vigne, per diradar le uve, e alleggerire a' contadini le fatiche della vendemmia».
Vi presenta insomma come beneficio quello che non era che oppressione e delitto : che è modo anch'esso di rappresentare i fatti secondo il mondo dei lettori.
Osservate pure quel momento quando Lucia si è persuasa, dietro l'escandescenza di Renzo, di andare in casa di don Abbondio. Dopo che Renzo dice : « Signor curato, in presenza di questi testimoni, quest'è mia moglie », e Lucia aveva potuto appena profferire « e questo.... », don Abbondio, divenuto coraggioso per paura, buttando per terra libro, carta e lucerna, e imbacuccando Lucia col tappeto, chiama Perpetua, e poi grida al tradimento. Allora l'autore si ferma a questa scena e dice : « Renzo, che strepitava di notte in casa altrui che vi si era introdotto di soppiatto, e teneva il padrone assediato in una stanza, ha tutta l'apparenza d'un oppressore; eppure, alla fine de' fatti, era l'oppresso. Don Abbondio, sorpreso, messo in fuga, spaventato mentre attendeva tranquillamente a' fatti suoi, parrebbe la vittima; eppure, in realtà, era lui che faceva un sopruso ». Poi soggiunge: « Così va spesso il mondo.... voglio dire, così andava nel secolo decimo settimo ». L'impressione che produce questa frase è, che non c'è niente di più vero, anche oggi, del fatto reale contro la sua apparenza; e l'ironia («così andava nel secolo decimo-settimo ») fa si che quella scena tragica degenera nel comico, mettendo così l'autore in comunione con lo stato d'animo degli spettatori.
Ora avviene, che se nel più delle volte conviene abbassare la temperatura artistica, in altre conviene elevarla perchè il grado della temperatura de' lettori è più alto. Quel momento, per esempio, in cui Renzo, Agnese e Lucia debbono allontanarsi dalla patria loro. Ebbene, che cosa avete voi ? Tre contadini, tre persone del popolo, che certamente non sono al livello dei lettori intelligenti. E che cosa fa Manzoni ? I tre viaggiatori entrano nel battello; non tirava un alito di vento, ed il lago sarebbe parso immobile, se non fosse stato il tremolare e l'ondeggiar leggero della luna; essi con la testa voltata indietro guardavano i monti ed i paesi rischiarati dalla luna; si distinguevano i villaggi, le case, le capanne ed il palazzotto di don Rodrigo, con la sua torre piatta, che elevandosi sopra le casucce ammucchiate alla falda del promontorio, pareva un feroce, che ritto nelle tenebre, in mezzo ad una compagnia d'addormentati vegliasse, meditando un delitto. Lucia lo vede e rabbrividisce, e scendendo con l'occhio giù per la china scopre la sua casetta, scopre la chioma del fico, che sopravanzava il muro del cortile, scopre la finestra della sua camera, posa il braccio sulla sponda, sul braccio posa la fronte, come per dormire, e piange segretamente. E poi? e Renzo ed Agnese? Silenzio sepolcrale : voi avete in quel silenzio l'espressione degli uomini del popolo.
Ma qui l'autore interviene per mettere in comunicazione quegli uomini col mondo de' lettori, e fa l'Addio di Lucia. Lucia quando guardava que' luoghi cari per tante memorie, pensava forse? No, ella piangeva; l'autore vi dice cose che quella giovinetta non dice a se stessa, e vi traduce quelle rimenbranze in linguaggio poetico.
« Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto dei suoi più familiari; torrenti de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendio, come branchi di pecore pascenti, addio ! "
« Addio, casa natia, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni il rumore di un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa ragguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa.
« Addio, chiesa, dove l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir comandato e chiamarsi santo; addio! ».
Tutto questo movimento lirico non si poteva certamente operare nella testa d'una popolana, ed è l'autore che rialza quella temperatura fino al grado de' lettori.
Voi non troverete nella poesia italiana antecedente un poeta che si metta così direttamente in comunicazione con i lettori, che vi spieghi e sminuzzi il vero come il Manzoni; e per noi non è più un mistero la popolarità de' Promessi Sposi, perchè Manzoni è il poeta che si mette in comunicazione con tutte le classi popolari, ritraendo tutto dal vivo. Per questo riguardo non si possono mettere in confronto nemmeno le popolari Mie Prigioni di Silvio Pellico.RITORNO ALLA TABELLA ANTOLOGICA