SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
ANTONIO CARDARELLI

Insigne clinico dal leggendario "occhio clinico"

In un ormai lontano del giorno del 1923 un corteo numerosissimo di giovani allievi della facoltà di Medicina di Napoli, proveniente dall’edificio centrale dell’Università in Corso Umberto, sfilò in Via Santa Maria di Costantinopoli, trainando a mano una carrozza senza i cavalli; il corteo era seguito da una folla di professori universitari, medici e gente del popolo, ed era accompagnato da lancio di fiori e da scroscianti applausi dei passanti. In quella carrozza sedeva un vecchio signore, piccolo ed elegante, che sorrideva dietro i suoi candidi baffi bianchi: era Antonio Cardarelli, il grande clinico, che a novantadue anni era stato costretto dalla nuova legislazione dell’epoca a ritirarsi dall’insegnamento.

I suoi studenti, i suoi colleghi e soprattutto il popolo che tanto amava, lo stavano riaccompagnando a casa, in quella casa di via Costantinopoli ove oggi una lapide lo ricorda, e dove in quegli anni sostava in attesa di una sua visita, una interminabile fila di pazienti.

Nato a Civitanova del Sannio nel 1831 Antonio Cardarelli aveva compiuto a Napoli gli studi di medicina e qui rimase tutta la vita; stimatissimo docente universitario fu però tenuto per anni in disparte dal mondo accademico, tanto da essere nominato professore di Patologia medica a cinquantotto anni; ricevette però i più grandi consensi come medico e diagnostico, diventando sin dagli inizi della carriera un vero e proprio mito, per il suo ‘occhio clinico’ ormai leggendario.

Gli episodi che testimoniano le sue incredibili capacità diagnostiche sono innumerevoli: egli riuscì infatti più volte a diagnosticare mali gravissimi in persone all’apparenza sane, e per farlo gli bastava un solo sguardo; si racconta ad esempio che, trovandosi in treno, preannunciò un malore ad una giovane sposa che viaggiava nel suo scompartimento, così come è noto che egli individuava con estrema facilità l’aneurisma aortico, facendo pronunciare la lettera ‘a’ agli ammalati. Con questo sistema salvò la vita ad un pescatore che aveva sentito urlare in riva al mare, e diagnosticò una tubercolosi ad un artista, mentre era seduto tra il pubblico al Teatro San Carlo.

Molti suoi colleghi, invidiosi della fama e della stima unanime di cui godeva il grande clinico, vollero metterlo alla prova facendogli visitare un loro complice che si fingeva gravemente malato; Cardarelli lo visitò e tra il grande stupore dei colleghi sentenziò la nefasta diagnosi di nefrite cronica, che lo avrebbe condotto rapidamente alla morte. Quando i colleghi gli rivelarono divertiti la burla, egli non si scompose minimamente. Il finto ammalato morì infatti morì sette giorni dopo.

Medico di fiducia di Garibaldi, Vittorio Emanuele II e di Umberto I, Antonio Cardarelli ebbe modo di farsi conoscere in tutto il mondo anche per essere stato l’unico a diagnosticare, attraverso la sola lettura dei bollettini medici, un cancro alla pleura al pontefice Leone XIII. Le sue dichiarazioni, pubblicate sul ‘ROMA’, fecero scalpore in tutto l’ambiente medico, ma dopo la morte del Papa, anche i suoi più illustri colleghi dovettero dargli ragione.

Antonio Cardarelli si spegneva novantaseienne nella sua casa di Via Costantinopoli l’8 gennaio del 1927. Con lo pseudonimo di Amato Amati era stato anche il protagonista nel libro di Matilde Serao Il paese della cuccagna; e qui la scrittrice racconta che: ‘tutta la gente lo chiamava, l’invocava, gli tendeva le mani, chiedendo aiuto, assediando il portone, le scale, la sua porta…con la pazienza e la rassegnazione di chi aspetta un salvatore’.

Estratto in sintesi dal volume: Andrea Jelardi, Giuseppe Moscati e la scuola medica beneventana, Realtà Sannita, Benevento, 2004.


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