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CRONOLOGIA

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ANNO x  ANNO
PERIODI STORICI
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E PAESI

ANNO 544 d.C.
( QUI riassunto dell'intero periodo ( guerra gotico-bizantina) dal 540 al 567 ) >

*** BELISARIO NUOVAMENTE A RAVENNA
*** LA STRATEGIA DI TOTILA
*** GIUSTINIANO  HA UN ALTRO AMORE: LA TEOLOGIA

Quando a Costantinopoli  -dopo i preparativi- venne la decisione di salpare per l'Italia, del grande esercito che Giustiniano aveva promosso a Belisario incaricato di guidare la campagna in Italia, c'era appena l'ombra. Pochi gli uomini, poche le navi e pochi i fondi.
Giustiniano sembrava aver dimenticato l'Italia e il "problema Italia". 
Belisario in queste condizioni si sent� fin dalla partenza impotente, e non sapeva ancora chi doveva affrontare, ne conosceva ancora Totila!
Il generale amareggiato e sperando solo nella fortuna part� comunque.

La direzione presa fu quella verso Otranto, la citt� portuale bizantina pi� in pericolo. Sbarcandoci, la riforn� di armi, sistem� alcuni soldati per rinforzare le difese in caso di un attacco dei goti, ma non and� oltre il porto; subito dopo riprese il mare e si diresse al porto di Ravenna. 
Acquartierate le sue truppe dentro la fortezza, lui si barric� nel palazzo di corte, aspettando gli eventi. Un atteggiamento che non rientrava nel suo carattere, lui aveva sempre preferito fare guerra di movimento, e i nemici era sempre andato a scovarli e affrontarli nei loro territori.
Ma nelle condizioni in cui si trovava non � che potesse fare altro.
Nella fortezza - anche perch� i goti erano impegnati altrove - vi rimase tutto l' anno.

Intanto ne resto d'italia, dopo Napoli, e dopo l'assedio di Otranto a cui Totila ha per� rinunciato con l'arrivo dei rinforzi bizantini, l'esercito goto ha ripreso la strada verso il nord risalendo la strada adriatica, con l'intenzione di espugnare prima Ascoli e Fermo, poi Spoleto.
 
Nell'attraversare il lungo territorio il prestigio e la notoriet� di TOTILA aumenta  per il rispetto che ha per gli abitanti delle citt� che conquista e per la sua proverbiale giustizia che esercita . La sua fama inizia ad entrare non solo nell'immaginario collettivo dei goti, ma anche nelle popolazioni italiche. Il suo nome e la sua leggenda entrano nelle citt� prima ancora che il capo goto vi giunga.
 
Nella stessa Roma che � consapevole che da un momento all'altro Totila piomber� sulla citt�,  una buona parte della popolazione sarebbe disponibile a trattare, ma un'altra fazione oltre che essere a favore del governo bizantino invita gli avversari a non farsi illusioni, e a non correre avventure; se si fa entrare e si accetta Totila come signore -esautorando i bizantini- e poi anche lui per qualche accidente o un altro pugnale nella schiena muore, la punizione di Giustiniano per questo atto che verrebbe preso come un "tradimento" non si far� di certo poi attendere. 
Quindi l'unico suggerimento era quello che in caso di assedio di resistere ad ogni costo, fino all'arrivo di rinforzi. Sapevano del resto che erano gi� sbarcati a Otranto, ma non certo immaginavano che Belisario invece di risalire la penisola fino a Roma, aveva ripreso il mare e si era anche lui barricato dentro le mura di Ravenna.
Ed anche a lui, a Ravenna,  questa popolarit� del re dei Goti lo raggiunse.

La spavalderia che gli veniva dalla sicurezza, il fascino personale di Baudila che incantava tutti quelli che lo avvicinavano, il coraggio che mostrava nell'esporsi sempre quando il suo esercito affrontava il nemico e la persistente fortuna di uscire indenne sempre ad ogni violento scontro, gli valse l'appellativo di "immortale", cio� TOTILA.

Ma a parte la leggenda delle sue imprese personali, quello che iniziava ora a preoccupare era la sua strategia; che non era di certo quella del solito capo barbaro che andava allo sbaraglio. Totila si stava muovendo sulla penisola con una lucidit� e accortezza straordinaria. Nessuno capo barbaro scendendo a sud, aveva mai ignorato Roma. Invece Totila - scendendo da Firenze a Napoli- si era gi� una volta lasciato alle spalle la grande citt�, e quest'anno dalle Puglie risalendo la costa adriatica la citt� eterna la ignora un'altra volta. 
Totila ha infatti conquistato i territori a sud e ora le sue intenzioni sono quelle di occupare le localit� da cui passano le comunicazioni fra Ravenna e Roma. 
Cos� avrebbe prima assediato e conquistato la isolata Ravenna, poi come ultimo e definitivo obiettivo, avrebbe attaccato la isolata Roma.

A BELISARIO tutto questo gli apparve molto chiaro; lui era un grande e vecchio generale, era reduce da mille battaglie e da mille strategie, pertanto sapeva benissimo valutare dalla sua critica posizione queste geniali mosse dell'avversario. Intelligenti manovre perfino da ammirare, ma che  purtroppo rendevano Belisario ancora pi� impotente  di fronte a questo giovane che stava conquistando le citt� una a una con il sorriso e le gentilezze di un angelo. Sar� proprio Belisario a dire nei momenti di disperazione quando inutilmente inizier� il prossimo anno a combatterlo in campo aperto: "Con lui c'� Dio, ed � sempre al suo fianco".

Belisario disperato lo era gi� quando era giunto a Ravenna con pochi uomini. Ora sta ancora sperando prima che finisca l'anno - e prima del grande scontro o prima di un grande assedio-  che Giustiniano si ricordi dell'Italia, che si ricordi di lui, e gli invii dei rinforzi.
Ma sembra che Giustiniano quest'anno non ha proprio intenzione di occuparsi di cose militari n� tanto meno dell'Italia. Oltre che prestare molta attenzione e controllare ogni attivit� dell'impero- anche perch� era costantemente bisognoso di denaro- inizia con un "attivismo confusionale" (cit. Procopio) ad occuparsi anche di cose teologiche, sfoggiando nelle controversie la sua eminente oratoria. Solo  col tempo - trovandoci gusto e occupando molto del suo tempo - Giustiniano arricch� poi la sua oratoria con considerevoli conoscenze teologiche. 
Del resto Giustiniano oltre che voler essere il degno erede dei cesari, voleva anche essere degno erede di Costantino. Capo supremo del grande Impero riunificato, e capo supremo della Chiesa. Anche lui credeva di essere l'uomo che le Divinit�, nel suo caso il Dio cristiano, aveva scelto per dirigere gli affari umani in terra. Fare l'imperatore era insomma solo una missione.

Con questa concezione, Giustiniano ex contadino macedone, da quando era salito sul trono come erede degli imperatori romani  voleva essere agli occhi degli uomini, oltre che il rappresentante vivente della grande idea dell'Impero Romano, vuole essere ora anche il rappresentante vivente della grande idea della cristianit�.
E nonostante Procopio ci abbia lasciato di lui un ritratto caratteriale poco lusinghiero, Giustiniano riusc� a ricoprire questo ruolo, passando alla Storia come uno dei pi� grandi imperatori
 Anche lui (come i cesari, divinus, augusti, padri della Patria) non fu insensibile ai titoli risonanti, ai cerimoniali pomposi, alla magnificenza della corte, e infine a farsi promotore di grandiosi e splendidi monumenti da lasciare ai posteri; il tutto, senza badare a spese.

Agazia , lo storico, che � pi� benevolo di Procopio, scrive: "Giustiniano fu il primo degli imperatori bizantini , a dimostrarsi, a parole e a fatti, padrone assoluto dei romani. Lo Stato la legge e la religione dipendevano in eguale  misura dalla sua volont� sovrana. Conseguentemente alla infallibilit� attribuita alla funzione imperiale, egli desiderava essere nello stesso modo legislatore e conquistatore, unendo, come avevano fatto gli imperatori romani, la maest� della legge al lustro delle armi".

Procopio invece mette in evidenza il suo orgoglio e la sua vanit� infantile; che era geloso di chiunque potesse apparire sufficientemente grande o indipendente da contestare le sue decisioni. Come quella presa con Belisario, di cui l'Imperatore invidi� per tutta la vita la sua fama, fino al punto se non proprio a  incoraggiare gli intrighi contro di lui (come afferma lo storico con un certo astio), comunque sempre disposto ad ascoltare le calunnie che danneggiavano il suo leale generale.
Nonostante le sue innegabili qualit� positive - sempre secondo Procopio- la sua volont� era debole e vacillante, un carattere mediocre con mutamenti repentini, dalle passioni alle depressioni (come alla rivolta di Nika), anche se aveva un animo che non mancava di grandezza: autocratico sovrano ma semplicit� nel comportamento, cordiale nel conversare, grande passione per il lavoro che svolgeva preoccupandosi anche dei minimi dettagli,  che ovviamente gli procuravano una mole di lavoro che lo  impegnava dal mattino presto fino a tarda notte, fino al punto di prendersi l'appellativo di "imperatore insonne".
Era insomma un uomo di scrivania, che pretendeva di conoscere tutto, di esaminare tutto e decidere lui tutto. Del resto  i codici giustiniani  non sono solo la testimonianza di un gigantesco e minuzioso lavoro, ma sono anche una documentazione della sua vita.

A parte Procopio e Agazia, secondo quasi tutti i contemporanei, a dominare la sua volont�, a sviare la sua energia (temperamento violento ma sempre sotto autocontrollo) ci fu sempre sua moglie Teodora; lei a governare l'impero; secondo alcuni sullo stesso piano, secondo altri lei ad avere di fatto il maggior potere o a condizionare fortemente quello di Giustiniano.
Forse per questo quando si applicava al suo pedante lavoro invidiava Belisario.

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