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ANNO 390 d.C.
QUI
riassunto del PERIODO
da GRAZIANO a TEODOSIO dal
378 al 395 d.C.
L'ANNO 390
* LA STRAGE A TESSALONICA - *
* AMBROGIO INDIGNATO
* IL PENTIMENTO DI TEODOSIO - *
* IL CONFLITTO STATO-CHIESA
* NASCE IL POTERE "TEMPORALE"
Ricapitoliamo brevemente. - L'imperatore TEODOSIO dopo la visita a Roma lo scorso ottobre era rientrato a Milano. Dal suo "consigliere" e "confessore" AMBROGIO, desiderava quello che a lui mancava: un po' di saggezza e soprattutto saper controllare la sua collera che ogni tanto esplodeva facendogli commettere azioni irrazionali. Ma troppo recente era il sodalizio per far tesoro delle prediche di quel saggio prete, ai suoi occhi appassionato di giustizia ma anche spesso ostinato e "tirannico".
"L'autorit� non � mia, io sono un nulla, sono solo il ministro di Dio" gli ripeteva e si difendeva Ambrogio da quelle accuse ogni volta che voleva imporre la sua autorit� a quella dell'imperatore.
Questi scontri e idilli, nelle accese o pacate conversazioni dell'allievo con il Maestro, furono turbati da un episodio e da un'affrettata decisione di Teodosio; che non solo non ascolt� il prete nel prendere un severo provvedimento -dove lui condannava delle persone anche innocenti- ma anche quando Ambrogio lo implor� con ripetute suppliche di clemenza per l'orrendo delitto che stava per compiere, Teodosio non volle ascoltarlo.
L'episodio nasce a Tessalonica. Qui si erano registrate delle insofferenze degli abitanti nei confronti di alcuni stranieri (diremmo oggi extracomunitari) non facenti parte delle province ma che giungevano da tutte le parti. Questi si erano stanziati nei territori vicini dopo quel famoso accordo fatto in Mesia da Teodosio con i Visigoti, Sarmati e Quadi. Teodosio aveva concesso gli insediamenti e aveva permesso la libera immigrazione dove c'era necessit� di braccia.
Tessalonica adagiata sul mare greco, crocevia per Atene o Costantinopoli, era (e lo � ancora) il punto terminale della lunga strada che parte da Aquileia e attraversa tutto il territorio della odierna Iugoslavia. Insomma era la citt� sognata da tutti gli emigranti dei Balcani, il punto di arrivo degli "extracomunitari", il "porto" della speranza.
Quindi una citt� affollata di stranieri; alcuni si sistemavano bene, ma altri giravano senza arte n� parte come randagi, con problemi di ordine pubblico.
Inoltre sempre per volont� di Teodosio erano stati concessi a chi voleva lavorare, appezzamenti di terreno da coltivare, scatenando invidie agli abitanti locali.
Per queste e altre ragioni di insofferenza razziale i cittadini invocarono provvedimenti restrittivi. Chi non aveva n� lavoro n� terreni da coltivare reclamava: "ma come? a loro s� e a noi no".
Ci fu insomma uno sciopero e una manifestazione di forte protesta contro chi permetteva queste ingiustizie e soprattutto per le incapacit� del comandante della guarnigione romana, BOTERICO, che ingiuriato ripetutamente e dopo alcuni disordini di piazza ripromise alla prima occasione di vendicarsi.
C'erano in programma i giochi annuali della citt�, una specie di piccola olimpiade. Boterico per rifarsi da quelle ingiurie e proteste, non fece scendere in campo nell'Arena proprio la squadra della citt�.
Una punizione verso gli abitanti responsabili degli incidenti, simile a quella dei nostri Stadi calcistici quando squalificano il campo per i disordini provocati.
Fu una fatale decisione. I cittadini si sentirono defraudati, diedero inizio ad un altra protesta ancora pi� massiccia, irruenta e BOTERICO per controllare la piazza dai tafferugli iniziati forse con una semplice scazzottata, sbaglia a voler calcare la mano, forse perde la testa nell'esasperazione, o forse sbagliano tutti gli abitanti quando lo circondano inferociti. Tirano fuori le mille accuse e i mille rancori assopiti da tempo per qualche torto subito in precedenza, e qualcuno grida "a morte". I pi� esagitati gli saltano addosso, gli mettono una corda al collo, lo impiccano, poi lo fanno a pezzi.
TEODOSIO informato del grave episodio, scaturito da un incidente che si poteva evitare, si lascia prendere dalla foga di una spietata vendetta. Probabilmente nella sua collera avr� detto, "li voglio tutti morti". Non si sa se si riferiva ai pochi che avevano partecipato al linciaggio del comandante romano o intendeva veramente proprio tutti.
Il funzionario ripartito da Milano prese invece alla lettera l'ordine, ritorn� a Tessalonica e i zelanti ufficiali incaricati per la severa punizione architettarono un piano diabolico, di micidiale crudelt�. Furono organizzati dei grandi spettacolari giochi con numerose belve feroci e le corse di aurighe nell'anfiteatro. L'intera citt� si paralizz� per l'evento, 7000 cittadini entrarono nel grande "stadio" a godersi lo spettacolo promesso; ma a certo punto all'esterno a un cenno di un comandante i soldati aiutati dai "barbari" che i cittadini con rancore avevano contestato, inchiodarono le porte di accesso, barricarono le uscite e dentro l'Arena furono massacrati tutti i 7000 cittadini. L'ordine con tanto cinico zelo era stato eseguito. L'onta era stata vendicata cos�. Cosi il "campione" del giorno in quei Giochi, fu un solo uomo: il criminale TEODOSIO che aveva firmato l'ordine della strage.
AMBROGIO venuto a sapere l'efferato delitto "barbarico" di TEODOSIO, prese a pretesto una indisposizione e part� da Milano per destinazione ignota, non volle pi� ricevere ne' pi� incontrarsi con il sanguinario "mostro" TEODOSIO.
AMBROGIO era affranto, angosciato, sconvolto, travolto da uno sdegno che lo mortific� nel profondo dell'anima per giorni e giorni. Fin quando prese penna e calamaio e scrisse di proprio mano una lettera privata all'imperatore.
Gli riconosceva le buone qualit� di imperatore, e l'amore a Dio, ma esigeva che a un tale crimine dovesse seguire un profondo e sincero pentimento pubblico.
Fino a quel giorno - gli scrisse Ambrogio - in presenza sua non avrebbe mai pi� celebrato il sacrificio della Messa, lui non era degno di Dio, e con questa colpa infame non era nemmeno degno di vivere. Del resto l'angoscia l'avrebbe perseguitato per sempre in una vita d'inferno fino a soccombere.
TEODOSIO affranto e non capace di spiegarsi nemmeno lui come poteva aver dato un ordine cos� mostruoso per una semplice zuffa iniziata cos� banalmente, cap� che c'era una sola cosa da fare, ascoltare fino in fondo il prete, per far tacere la propria coscienza diventata - come gli aveva predetto quel "prete"- proprio un inferno.
Lui che aveva riservato a Costantinopoli onori da principe perfino a un re nemico, a un barbaro, lui che era stato sempre considerato magnanimo, generoso, saggio; come poteva vivere con addosso ora una infamia cos� grave. Un orrendo delitto che stava offuscando il prestigio imperiale e la sua dignit� di uomo, in ogni angolo dell'impero, dove la notizia si sparse in un baleno ed era ascoltata e commentata con raccapriccio.
Teodosio cap� che non c'erano altre alternative. Si rec� quindi a Milano con il suo seguito, si spogli� della porpora, entr� nella Cattedrale di Milano con i vestiti di un comune cittadino, si avvicin� all'altare dove c'era AMBROGIO si prostr� umilmente ai suoi piedi e gli depose sui gradini le sue insegne. Pi� che ad Ambrogio chiese perdono alla maest� offesa del cielo, voleva acquietare la sua coscienza in pena. Ed era quello che voleva l'umile prete, ministro di Dio.
Questo evento sancisce d'ora in avanti e per circa 1500 anni (fino al 1871- Breccia di Porta Pia) il potere della Chiesa sul potere temporale. Da questo 390 lo Stato non era pi� dipendente di un sovrano ma condizionato da un uomo della Chiesa.
La sottomissione di Teodosio ne � appena l'inizio.
L'autorit� morale prendeva il sopravvento su quella temporale.
Il gesto di umilt� voluto da Ambrogio al cospetto del pubblico (quindi un notevole fatto politico e sociale - oltre che nella sua essenza simbolica puramente religiosa) affermava la potenza e l'autorit� della Chiesa cristiana come l'aveva concepita Ambrogio. La sua non era una insubordinazione all'autorit� politica: pi� semplicemente voleva affermare che la legge morale deve presiedere qualsiasi azione, anche le attivit� politiche e le decisioni dell'imperatore, un uomo che per Ambrogio non ha nessun potere nel decidere la vita e la morte di un uomo; questo appartiene per diritto solo a Dio.
Si potrebbe intorno a questo avvenimento iniziale operare critiche a non finire, da una parte e dall'altra. Si fece di questo fatto un evento da leggenda. Lo si attribu� all'intervento divino. L'immaginario collettivo e i cronisti dell'epoca, poi quelli che seguirono, non posero pi� limiti alla fantasia. I panegiristi ci scrissero numerose favole. Fantasie o no, ci basta la cronaca per comprendere che un fatto del genere fu dirompente nell'immaginario collettivo e sconvolse gli equilibri del potere. Non era mai accaduto prima, n� tanto meno era accaduto al vertice dell'impero.
Pur nella loro straordinariet�, forse i fatti semplicemente accaddero per una fortuita circostanza in un contesto particolare - inoltre i due uomini erano entrambi di alta statura morale. Entrambi forti ed entrambi coerenti con la propria politica (meglio dire missione); entrambi nobili d'animo, anche se commisero molti errori, e proprio per questo credibili come essere umani.
Di errori d'ora in avanti se ne faranno ancora molti, soprattutto quando entrambi questi due poteri politico e religioso, allevando al proprio interno uomini mediocri, questi non all'altezza nell'affrontare alcuni drammatici eventi crearono autoritarie devianze e in parallelo enorme vuoti di potere.
Soggetti mediocri all'interno della Chiesa e sul trono crearono gratuite intolleranze, ed alcuni, forti solo dell'autorit� ereditata, di errori ne commisero madornali. Molti anche in buona fede -con metodi poco ortodossi- andranno molto al di la' di quelle intenzioni che entrambi questi due uomini si proponevano in campo politico e religioso.
Ma � un discorso molto lungo che lasciamo alla soggettivit� del lettore dopo che avr� conosciuto, esaminato, approfondito l'intero corso della storia e i personaggi che hanno fatto scrivere ai cronisti pagine straordinarie, illuminanti, ma anche oscure e inquietanti pagine. Ognuno pu� poi trarre le sue conclusioni, spogliandosi se ci riesce da ogni condizionamento, e possibilmente non facendo una distinzioni fra un'Etica filosofica naturalistica e un'Etica teologica di religione. L'etica umana non � monopolio n� della politica n� della religione, � un patrimonio dell'umanit�.
Ricordiamo che dopo questa vittoria di Ambrogio, Teodosio emana un provvedimento di assoluto divieto del culto pagano prima a Roma, poi lo estende l'anno dopo a Costantinopoli.
In questi provvedimenti di Teodosio c'� indubbiamente l'ispirazione e la volont� di Ambrogio; gli scritti teologici, le opere contro le eresie, i cicli di predicazioni di questo suo periodo fecondo, sono tutti indirizzati alla lotta del paganesimo.