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PERIODI
STORICI E TEMATICI |
PERSONAGGI E PAESI |
ANNO 378 d.C.
QUI
riassunto del PERIODO
da GIOVIANO a
VALENTE dal 363 al 378 d.C.
*** I VISIGOTI NELLA MESIA
LA
BATTAGLIA DI ADRIANOPOLI |
Nel 376 abbiamo gi� letto...
(bisogna leggere cosa accadde in quell'anno e nel successivo)
... la grossa imprudenza compiuta da Valente.
Fu quella quando (credendola esigua) acconsent� a una grande massa di profughi di entrare e stabilirsi nel territorio imperiale.
Fin da allora apparve chiaro che l'Impero era in pericolo; se i barbari (fra l'altro non trattati bene dagli arroganti funzionari ) si fossero improvvisamente ribellati, l'esercito imperiale non sembrava avere le forze sufficienti per opporsi efficacemente. Era insomma una tragedia annunciata.
Dei 500.000 Visigoti che erano arrivati alla foce del Danubio, 300.000 risalirono il grande fiume con in testa il vecchio centenario ATANARICO (o Ermanarico) e su quelle sponde fissarono i loro accampamenti, in attesa di qualche altra impresa o un successivo passo verso l'occidente.
Gli altri 200.000 si erano accampati in Mesia. Intermediario con l'imperatore VALENTE per dettare le condizioni e venire incontro alle loro pretese lo abbiamo gi� accennato in precedenza, c'era proprio il prete goto WULFILA, che ottenne una pace con le solite ambigue promesse fatte dall'imperatore romano-bizantino.
Ambigue e senza uno sbocco politico quelle promesse, che se mantenute avrebbero potuto conciliare le reciproche pretese eliminando certe animosit�. Invece questi accordi di pace con i vari artefici e i falsi compromessi non risolvevano proprio per nulla i problemi dei Visigoti. E questi ormai erano stanchi della lentezza burocratica imperiale, che prometteva ogni cosa nei suoi momenti critici, ma poi non onorava gli impegni presi (l'abbiamo visto fare pi� di una volta: cio� non pagando i debiti contratti). Cos� alla fine il risultato era quello di far continuare le perenni ribellioni.
A Maggio, FRITIGERNO capo dei Goti, vuole lo scontro e attende paziente in Mesia a Cabyle. Se proprio vogliono buttare fuori i goti dal loro impero, gli imperiali devono accettare la provocazione che � poi una vera e propria sfida.
VALENTE freme e in varie zone sta riunendo tre eserciti, utilizzando tutti gli uomini disponibili in Oriente, pronto a marciare contro i nemici.
Ma VALENTE, il gi� cinquantenne imperatore � un bravo soldato, si � sempre fatto onore, ma non � stato mai scaltro come stratega, ha inoltre poche capacit� di comando e ha spesso scatti di volgarit� e di ferocia gratuita (nessuno ha dimenticato la strage della repressione nella ribellione di Procopio, a Costantinopoli, che attirati e ascoltando la mediazione di Basilio, ritornarono nei ranghi ma poi furono fatti tutti assassinare da Valente). Ha inoltre l'imperatore momenti di abbandono e di disperazione quando le cose gli vanno male (lo abbiamo visto proprio in quella circostanza).
Ed inoltre ha alle spalle quella fatale decisione presa nel 376 (che abbiamo letto) quella di aver fatto entrare una incontrollata massa di profughi.
All'appuntamento, Valente avanza per lo scontro contro i goti, mentre questi sono gi� in attesa sul posto, ma non avevano (lo fecero solo intendere) ancora pronta la cavalleria.
I Visigoti, da un po' di tempo hanno imparato molto bene dai romani le strategie di guerra, e stanno molto attenti a non commettere errori. Anzi sfruttano questi pregiudizi che i romani hanno nei loro confronti e fanno credere di essere disorganizzati, disuniti e apparentemente deboli. Una tattica che iniziano a usare molto bene con i risultati come quelli che vedremo.
In un primo momento altri capi intermedi non afferrano la strategia del grande capo, vorrebbero desistere dallo scontro, ma FRITIGERNO si sente sicuro della vittoria, accetta ugualmente lo scontro, predisponendo una colossale trappola.
E' l'8-9 AGOSTO. Della battaglia di due giorni risparmiamo gli episodi, e diciamo subito l'esito. Sul campo rimasero uccisi tutti. L'intero esercito dell'Oriente era stato completamente annientato, quasi nessuno scamp� alla morte, compresi i tre generali e compreso lo stesso imperatore VALENTE.
La sera del 9 AGOSTO fu tragica, erano bastati soli 2 giorni e Costantinopoli e tutto l'Oriente si svegli� il mattino del 10 Agosto con questa ferale notizia. Non esisteva pi� un esercito, non esistevano pi� i generali, non esisteva pi� un imperatore.
I Visigoti, dilagarono e scorrazzarono per l'intera penisola balcanica. Arrivarono a spingersi fino ad Adrianopoli, e qui fecero scempio dei pochi scampati dell'esercito romano e si misero a devastare ogni cosa.
Approfittarono pure i Sarmati e i Quadi che finalmente attraverso il Danubio ormai indifeso e sguarnito dai romani, irruppero anche loro sui territori imperiali o quelli sotto la loro l'influenza, e tutto ci� che era stato risparmiato dai Visigoti non si salv� dalle razzie dei Quadi e dei Sarmati.
Con la morte di VALENTE, termina anche la Storia, con la S maiuscola. Infatti, con la morte di Valente termina la stesura dell'ultimo libro di AMMIANO MARCELLINO, il trentunesimo volume della Storia di Roma aggiornata fino a quest'ultima campagna militare.
E' l'ultimo libro di un vero storico.
D'ora in avanti la storia ha un solo estensore e regista: la Chiesa. Ogni cosa verr� descritta e raccontata solo con l'avallo della Chiesa. Pi� nessuno (anche perch� gli storici sparirono assieme a chi si dedicava alle lettere e alle arti) si permetter� di raccontare altre verit�, scomode al papa e alla religione cristiana.
Di Opere ne verranno scritte tante, ma sono solo dei servili panegirici fatti ai potenti. Solo dopo mille anni verranno fuori in sordina, con il recupero nelle biblioteche arabe, di opere precedenti, quelle originali, occultate, da dove erano stati prese solo le pagine che raccontavano le gesta di alcuni prodi e la storia di Roma e dell'impero, edulcorata in certi aspetti, molto criminalizzata in altri.
Alcuni personaggi furono presentati e perpetuati per secoli come simboli del male (come Nerone) mentre molti altri si ignorarono del tutto, eliminati dalla storia perch� scomodi, perch� tutti controcorrente come pensiero filosofico, e del tutto incompatibile alle ideologie canoniche della chiesa, come quello scientifico, politico, economico, artistico, medico, e perfino quello estetico e quello legato alle salutari concezioni dello sport indicato e istituito nella tradizione greca-latina gi� millenaria, come una fonte di benessere del corpo e dello spirito.
E' in arrivo TEODOSIO. Nonostante eventi positivi visti da un lato, molti sono quelli negativi che influenzeranno tutto il corso della storia. Iniziano i secoli bui. Viene modificata la vita. Annientata la creativit� e nello stesso tempo la volont� come espressione di vita.
L'individualit� dell'uomo viene sopraffatta, la sua libert� d'azione in ogni attivit� repressa, ogni desiderio di migliorare la propria esistenza viene stroncato.
A ogni oppressione o violenza degli uomini, come se non bastassero gi� quelle della natura, l'unica strada che gli insegneranno a percorrere sar� d'ora in avanti la rassegnazione. E anche se giunge in fondo a questi sentieri, non c'� riscatto per l'uomo del medioevo, perch� la sua condizione -gli dicono i saggi che d'ora in avanti comanderanno - � predestinata. Servo sei nato e servo resti.
LA
BATTAGLIA DI ADRIANOPOLI |
Nell'estate del 378 Valente aveva riunito un grande esercito per opporsi ai goti che da due anni devastavano le province orientali dell'Impero. I suoi generali avevano tentato di fermare quei barbari, accolti dallo stesso Valente nel 376 e poi entrati in conflitto con i Romani a causa della avidit� dei funzionari imperiali, ma senza esito. L'imperatore era per� consapevole della forza degli avversari e dell'abilit� del loro capo, Fritigerno, e pertanto aveva chiesto aiuto al suo nipote Graziano, giovane imperatore d'occidente. Il giorno prima della battaglia nel campo romano si tenne un consiglio di guerra durante il quale si fronteggiarono due opinioni diverse. Vittore, generale di cavalleria, non volava attaccare battaglia senza il rinforzo dell'esercito d'occidente. Sebastiano, comandante della fanteria, invece premeva per un'azione immediata. Intanto era giunto il conte Ricomero, con l'avanguardia dell'esercito occidentale, che annunciava l'imminente arrivo dell'imperatore Graziano con le altre truppe e pertanto consigliava di attaccare i goti quando le forze fossero state riunite cos� da essere certi della vittoria. Valente non ritenne per� di seguire questo consiglio forse anche perch� si sentiva umiliato a dover dipendere dal nipote di appena 19 anni (era nato il 23 maggio del 359) verso il quale provava un duplice sentimento: il suo aiuto gli era assai gradito in quella emergenza ma nutriva una mal celata invidia per la recente campagna vittoriosa di Graziano contro gli Alamanni (non dobbiamo dimenticare che Valente, in 14 anni di regno, non aveva fino a quel momento ancora conseguito alcun chiaro alcun chiaro successo nelle guerre da lui intraprese).
Cos�, il mattino seguente, vennero schierate le truppe ma Valente esitava a dare l'ordine di attaccare.Lo schieramento delle truppe era ormai completato e tutta la pianura riluceva per il luccichio delle armi e delle corazze sopra cui ondeggiavano le tradizionali antiche insegne romane. A fianco della fanteria, che occupava la parte centrale era schierata la cavalleria composta da torme variopinte di mercenari Germani, Unni ed Arabi i cui costumi variegati erano in aperto contrasto con le tuniche dei fanti che erano equipaggiati nel classico stile degli eserciti dell'antica Roma. Dietro la fitta muraglia di carri i Goti osservavano con apprensione questo schieramento di soldati che lentamente, ma con grande professionalit� e disciplina, avevano assunto l'ordine di combattimento. Alla vista di tanta potenza l'aggressivit� dei barbari and� scemando anche perch� gran parte dei loro cavalieri, da sempre punto di forza delle schiere gote, era assente dal campo. Cosa pensasse in quel momento Valente non lo sapremo mai: fermo in mezzo a quel grande esercito da lui raccolto, circondato dai suoi migliori generali (fatti di pasta ben diversa da quel Lupicino che, come abbiamo visto, con la sua inettitudine aveva indotti i goti alla rivolta), probabilmente assaporava con soddisfazione la sensazione di autorit� e di potenza che nasceva dall'essere al comando di un cos� grande schieramento di truppe. L'Imperatore credeva di avere ormai in pugno quei barbari che da due anni stavano devastando le fertili province dell'Impero romano d'oriente ed era sicuro che quella giornata gli avrebbe portato la vittoria da lui tanto agognata con conseguente gloria della sua persona e del suo regno.
I suoi soldati, nel frattempo, avevano intonato i tradizionali canti di guerra romani accompagnati dal cupo rimbombo delle armi battute contro gli scudi.Sembra che, ad un certo punto, Fritigerno abbia inviato un ambasciatore per negoziare. Il motivo di questa sua iniziativa non � chiaro: non si comprende se fosse soltanto un espediente ideato per guadagnare tempo con lo scopo di permettere alla sua cavalleria di arrivare sul campo di battaglia ed ai suoi alleati alani ed ostrogoti di intervenire (avevano segnalato di essere ormai nelle vicinanze), ovvero se, alla vista dell'intero esercito romano d'oriente guidato dall'imperatore in persona, fosse stato colto da qualche timore. Comunque questa mossa aument� le incertezze nel campo romano. Infatti l'esercito di Valente aveva ormai completato lo schieramento ed aspettava soltanto un cenno dell'imperatore per dare l'assalto all'accampamento dei goti che, come consuetudine di tutti i barbari, era circondato da carri uniti tra di loro.
Intanto il sole era sempre pi� alto e stava raggiungendo il suo zenith e le truppe romane, prese dal caldo e dall'arsura, faticavano a tenere l'allineamento. Una coorte, guidata da Bacurio, non rispettando gli ordini si lanci� all'attacco ma venne respinta. Improvvisamente si alz� un gran polverone, erano i cavalieri goti che tornavano per salvare il loro popolo. Subito venne dato l'ordine alla fanterie romane di avanzare ma la manovra non venne effettuata con il necessario coordinamento e l'ala destra avanz� prima di quella sinistra. A dire il vero una parte dello schieramento romano riusc� anche a raggiungere l'accampamento dei goti, ma, nel frattempo, la carica tumultuosa ma irresistibile dei cavalieri goti aveva travolto la cavalleria romana, pi� debole di numero e disorganizzata, e la folgore si abbatt� sulle coorti di fanteria. A questo punto si cre� una grande confusione. L'esercito romano si trov� stretto tra l'accampamento di carri e le migliaia di cavalieri goti che sopraggiungevano da ogni parte. Intanto anche gli ostrogoti e gli alani, guidati dai loro capi Alanteo e Safrace, arrivavano sul campo di battaglia in aiuto ai visigoti, aggravando cos� la situazione dei romani.
Non si avevano notizie dell'imperatore e di Sebastiano, dispersi chiss� dove. Secondo la leggenda l'imperatore era stato ferito da una freccia e perci� non poteva camminare. Pertanto le sue guardia del corpo lo avrebbero condotto in una casa per prestargli i necessari soccorsi ma l'abitazione era stata circondata dai goti che le avevano poi dato fuoco. Valente sarebbe cos� morto bruciato vivo (il suo cadavere per� non venne mai ritrovato). Intanto la situazione dell'esercito romano era sempre pi� disastrosa, circondato da una massa superiore di fanteria e cavalleria nemica. Non vi era spazio per manovrare o per cercare una via di fuga. Lo storico Ammiano Marcellino racconta che l'armata romana, compressa in uno spazio molto ridotto, offriva un bersaglio ideale per le armi da lancio. Nel feroce corpo a corpo che si determin� manc� ai Romani la lucidit� per ideare un piano e realizzarlo. Soprattutto ai soldati romani mancarono ordini precisi che dessero un senso alla loro forsennata resistenza, alla loro disperata volont� di non soccombere. Non senza emozione Ammiano ci tramanda i nomi di molte eminenti personalit� dell'Impero orientale morte in questa battaglia: oltre all'imperatore ed a Sebastiano, il maggiordomo di corte, il capo supremo delle scuderie, ed il giovane Potenzio, tribuno dei promoti, figlio del magister militum Ursicino, del quale Ammiano, per molti anni era stato ufficiale al suo seguito e, soprattutto buon amico".
Ci� nonostante la fanteria romana, pur in questa situazione tatticamente disastrosa, continu� a battersi per diverse ore, ma soltanto pochi superstiti guidati da Vittore riuscirono, con il favore delle tenebre, a fuggire in Adrianopoli.
Fritigerno tent� di dare l'assalto a questa citt� ma, le alte mura, la disperata resistenza degli abitanti e dei soldati superstiti, e soprattutto la mancanza di macchine d'assedio lo indussero a desistere. Intanto Graziano era giunto sul campo di battaglia e pot� trattenere a stento la rabbia per l'immane disastro, causato anche dalla volont� dello zio di attaccare battaglia senza aspettare il suo aiuto. Il giovane imperatore non ritenne cosa saggia affrontare in campo aperto i goti. Il suo esercito era l'ultimo rimasto e la sua distruzione avrebbe significato la fine dell'impero. In primo luogo occorreva dare un nuovo capo ai superstiti soldati dell'impero d'oriente ed organizzasse la resistenza contro i goti.
La sua scelta cadde su un giovane di 32 anni! figlio di uno dei migliori generali di Valentiniano, fatto poi assassinare ingiustamente. Il suo nome era Teodosio.
Con la battaglia di Adrianopoli, a detta di molti storici, termina la tradizionale supremazia delle fanterie romane sugli eserciti barbarici.
"La gravit� di quella sconfitta fu pari a quella subita per opera di Annibale nella famosa battaglia di Canne del 216 avanti Cristo. Ma le conseguenze furono ben pi� gravi: dopo Canne, infatti,la Repubblica Romana seppe trovare le risorse per superare brillantemente la crisi creata dal genio militare del grande generale cartaginese ed ebbe inizio un processo di espansione che, nel volgere di due secoli, porter� Roma a dominare tutto il Mediterraneo. Invece, dopo Adrianopoli, l'Impero d'Oriente, nonostante l'ascesa sul trono orientale di un brillante condottiero, Teodosio, non seppe trovare le forze per schiacciare i goti e, dopo quattro anni di dura lotta, vista l'impossibilit� di ottenere una vittoria decisiva, venne stipulato un trattato, il 3 ottobre del 382, che segn� un profondo mutamento negli equilibri strategici. Infatti, anzich� sancire l'insediamento all'interno dei confini imperiali di un nemico sconfitto o sottomesso come era avvenuto (o era sembrato avvenire) sino ad allora, questo nuovo trattato si presentava come un accordo fra parti uguali (ne descriveremo il contenuto nell'anno 382). In questa sede si deve per� anticipare che dalle clausole in esso contenute emergeva non il predominio dell'Impero ma la sua debolezza. Possiamo cos� concludere che, se la sconfitta di Canne rappresent� per la Repubblica Romana la "fine dell'inizio", la sconfitta di Adrianopoli per l'Impero segn� "l'inizio della fine".
Inizia una fase di declino politico e militare che porter�, in meno di un secolo, alla caduta dell'impero romano d'occidente.
Pertanto possiamo considerare quella data "L'alba del Medioevo".
(By: Giovanni Aruta )
BIBLIOGRAFIA:
1) Hermann Schreiber: "I goti" - Garzanti - Milano 1981;
2) Edward Gibbon: "Declino e caduta dell'Impero Romano" - Oscar Storia Mondadori - Milano 1990;
3) Gian Roberto Parisini: "L'alba del Medioevo - Adrianopoli" in Rivista Storica - febbraio 1996;
4) Averil Cameron: "Il tardo Impero romano" - Il Mulino - Bologna 1995;
5) Stephen Williams - Gerard Friell - "Teodosio - L'ultima sfida" E.C.I.G. - Genova - 1999