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ANNO 151 d.C.
QUI
riassunto del
PERIODO ANTONINO - M. AURELIO ( dal 138 al 180 d.C. )
*** ANTONINO E MARCIONE
*** I RITI A ROMA
PROSEGUI NELL'ANNO 152 >MARCIONE (o Marciano). Quest'ultimo lo abbiamo conosciuto nel 145 quando fond� in forma autonoma a Roma, staccandosi da quella di VALENTINO - la sua Scuola religiosa-filosofica cristiana, che proveniva dalla gnostica ma fu chiamata apologetica quindi in contrasto con quella di Valentino.
All'inizio di quest'anno, Marcione indirizza ad Antonino Pio una strenua difesa del cristianesimo presentandolo attraverso concetti platonici come la vera e unica filosofia esistenziale.
Che uomo fosse ANTONINO lo abbiamo descritto negli anni precedenti: un uomo vissuto in mezzo alla campagna, in mezzo alle tante fattorie del suo immenso patrimonio che possedeva, dove i riti e le credenze erano arcaici, legati unicamente alla terra, alla fertilit�, ai cicli vegetali, come del resto sono tutte le antichissime tradizioni nel mondo rurale in perpetuo minaccioso contatto con la natura, con credenze religiose piuttosto naturalistiche costellate di magie esoteriche e riti primordiali dalla notte dei tempi molto familiari; comunque pur semplici e grossolani non mancavano in essi alcuni valori fondamentali dettati dalla saggezza, come la solidariet� e l'amore degli uomini fra loro, rifiuto della violenza, pratica di una giustizia non codificata ma fatta e trasmessa oralmente dai vecchi saggi del villaggio. Era insomma una religione-legge fatta di saggezza, quindi con una propria etica. Non tutta da buttar via, che resisteva, resiste in questi secoli ad ogni attacco, e resister� ancora per molto tempo. Alcuni riti propiziatori sono ancora presenti anche in Italia in molte contrade.
Dobbiamo dunque precisare che la religione di Stato non coincideva per niente con la "religione della fattoria" e della casa, pur esercitando il pontefice e i sacerdoti un controllo autorevole sui Culti Pubblici dei cittadini romani. Il culto privato poggiava sui cardini arcaici ed era un grande patrimonio della famiglia, quindi in un certo senso restavano inossidabili, e pi� che tollerati questi culti erano rispettati perfino per legge. Mantenevano le tradizioni e resistevano a tutte le innovazioni di qualsiasi genere. Alcune da tempi immemorabili sono ancora oggi vive e vegete in certe contrade, anche in quelle ormai inserite e vicine alle citt� moderne tecnologiche. Sono riti entrati nell'immaginario collettivo delle genti rurali, associati poi con il tempo con i riti religiosi che spesso si sono sostituiti nelle celebrazioni di un santo patrono del villaggio, del paese, della citt�.
ANTONINO non aveva nulla di ADRIANO, non era portato a fidarsi dei presagi, n� tanto meno dei miracoli; n� aveva per i culti vari sia quelli antichi che nuovi, una elasticit� di giudizio per poterli valutare nella loro essenza religiosa o naturalistica, e neppure era superstizioso. Le feste nelle sue campagne e nei suoi villaggi le organizzava nelle varie ricorrenze, le finanziava abbondantemente e vi partecipava anche seguendo tutte le tradizioni popolari stratificate dal tempo, ma nulla pi�. Le assecondava come un fatto politico, per la buona conduzione, per ottenere il meglio. Il volgo nella festa popolare, che vedeva come sua fatta apposta per lui, partecipandovi dimenticava ogni ingiustizia, ogni fatica, ogni umiliazione.
Prosegu� cos� anche nella conduzione dell'impero, quindi quella linea di condotta lasciata dai suoi predecessori, che era di tolleranza, per ragioni politiche pi� che spirituali. Ma in certi casi Antonino accentuandola questa politica paternalistica, spesso caus� involontariamente il peggio. E' infatti ritenuto il responsabile di una intolleranza pi� che di una persecuzione vera e propria nei confronti sia dei Cristiani Cattolici sia dei Cristiani Gnostici a capo dei quali quest'anno troviamo proprio Marcione che indirizza la sua Apologia proprio ad Antonino che certamente cap� poco: lui uomo semplice, pratico, odiava la dialettica da qualunque parte provenisse essendo prevenuto nei confronti dei troppo sapienti.
Uomo invece di grande cultura, MARCIONE nel suo scritto fa una strenua difesa del cristianesimo. La sua Apologia infatti � la pi� antica che si conservi. In questa lui vuole innanzitutto mostrare l'infondatezza giuridica delle persecuzioni contro i cristiani confutando gli orrori ad essi attribuiti, e nello stesso tempo vuole mettere teologicamente in luce la superiorit� della "filosofia" cristiana contro la stoltezza e l'immoralit� del paganesimo. In poche parole, quindi attaccava anche quelle tradizioni arcaiche che abbiamo ricordato sopra. Infatti pagano, alla lettera, vale abitatore di un pagus, cio� villaggio dove vivono famiglie rurali con il loro bestiame).
Quelle di MARCIONE sono idee etico-religiose di un'"illuminismo" popolare in cui lui con la dialettica trova elementi o frammenti di quella verit� che poi si sarebbe rivelata a pieno nel Cristo quale "logos", energia e pensiero di natura trascendente che si manifesta nel mondo sensibile cos� come � espresso nella Bibbia e con Cristo concepito come "parola" di Dio rivolta al mondo.
ANTONINO PIO, sfogli� l'Apologia, lesse e tacque. Erano cose troppo grandi per lui. E non aveva torto. Perfino i grandi filosofi cercavano nuove risposte agli interrogativi della vita, per nulla accecati dallo splendore della cultura materiale del tempo. Le divinit� orientali premevano dall'Egitto, dall'Asia, dalla Palestina con contenuti spirituali straordinari che sfuggivano alla comprensione dell'uomo romano e, come vedremo, perfino a Marco Aurelio, lui che aveva una eccezionale preparazione filosofica.
L'ascetismo perfino disumano degli Esseni, che sta gi� trasformandosi in quelle forme di monachesimo esasperato, era assolutamente il contrario dello spirito della cultura greca e romana, il cui pensiero si orientava nell'arte del vivere e nelle forme della bellezza della vita terrena. Non pensavano affatto i romani al dopo, e soprattutto non concepivano perch� bisognasse condannare quello che si aveva, e rifiutare in certi casi persino la vita stessa per la salvezza del mondo (come il martirio cristiano, o come il suicidio di massa di Masada degli Ebrei ecc. ecc.)
Poi il cristianesimo di questo tempo era, in blocco, una dottrina totalitaria che imponeva un tipo di vita opinabile: riconosceva la superiorit� della verginit� e della continenza coniugale (alcuni si spingevano a condannare perfino quest'ultima ) e in tal modo, condannando persino una normale vita sessuale, predisponeva l'estinzione della razza umana.
(Alcuni di questi concetti, anche dopo, non scomparvero proprio del tutto. Con molti distinguo fra le varie correnti cristiane (5) e le varie Chiese (53), alcune ammisero l'unione matrimoniale anche tra i preti mentre altre condannarono le unioni anche in una parte della popolazione che era laica. L'indissolubilit� del matrimonio divenne solo una soggettiva opinione di chi aveva scelto una dottrina invece di un'altra. L'interpretazione di santit� insomma � rimasta sempre molto vaga e molta soggettiva al vertice delle varie chiese. Arriveremo anche a molti re che per sposarsi la propria bella, metteranno al bando la consuetudinaria religione e i veti che questa imponeva, e creeranno una propria religione e cambieranno le leggi e la morale per il proprio tornaconto).
Di qui i contrasti che preoccupavano non poco i governatori della societ� romana che basava sulla famiglia la sua stabilit� e la sua continuit�, e che non aveva mai considerato il pessimismo ne' voleva sentire parlare di quelle apocalissi che tutta la letteratura cristiana di questo tempo ospitava e di cui solo una parte � oggi sul Nuovo Testamento.
I cristiani avevano ereditato o mutuato dal giudaismo il messianismo, avevano come loro l'orrore per i "falsi dei"; ritenevano un abominevole insulto al Dio unico compiere per altri gli atti del sacrificio e non potevano quindi accettare quello gli si chiedeva loro, cio� la tolleranza verso altre credenze o altri tipi di religioni, o di essere attivi nelle celebrazioni delle religioni di stato, n� volevano accettare alcune istituzioni, come quelle soprattutto militari; infatti predicavano la disubbidienza e la diserzione nell'esercito, che era poi l'ossatura dell'impero romano.
Dovremo aspettare il cristianesimo di Costantino per far cessare questo plateale antagonismo (ma anche le scelte di Costantino furono dovute essenzialmente a ragioni politiche, spesso molto ambigue come vedremo negli anni a lui dedicati).
La Chiesa diventer� organismo di Stato, e ricever� uno statuto giuridico particolare quando i vescovi saranno riconosciuti giudici e assimilati come potere ai magistrati romani. Sar� il momento in cui il cristianesimo tender� a imporsi al di l� del suo contenuto spirituale, perch� diventer� religione di Stato; una strategia politica, e tutte le credenze verranno aggredite, perseguitate, spazzate via, o integrate nel cristianesimo stesso, che si sovrapporr� nelle citt� e nelle campagne a quei riti tradizionali e pagani, e a molti di quelli orientali, assimilandoli, mutuandone diversi aspetti liturgici, cerimoniali, trasformandoli, adattandoli, traslandoli da epoche antichissime, come il Natale, il Carnevale, la Pasqua Ebraica, il 15 Agosto e le varie feste pagane campestri che prenderanno altri nomi, legati alla vita del Cristo, o a personaggi che via via diverranno carismatici, martiri e infine santi. (san Martino, san Giovanni, santa. Lucia, san Nicola ecc.)
Queste trasformazioni non divisero del tutto Roma, ma certamente la trasform�, restituendole quella dimensione spirituale che le avrebbe assicurata una sopravvivenza. Sar� infatti, solo la Chiesa a far sopravvivere, malgrado le catastrofi politiche che leggeremo pi� avanti, l'antico ideale di giustizia, di pace e di unit� degli uomini che Roma inutilmente aveva impiegato secoli nel cercare di plasmare con altre "dottrine", e che da questo momento andranno sempre di pi� drammaticamente scomparendo, assieme a tutte quelle manifestazioni ludiche, della creativit� e dell'ingegno umano che in quelle "dottrine" (o meglio stile di vita) erano parte integrante (si pensi all'arte, alla musica, alla scienza, allo sport)
Il lato negativo di questa trasformazione port� l'Italia e molti paesi europei al medioevo, ma per molti di questi popoli occidentali un tempo raccolti sotto l'impero non ci sar� la frantumazione come in Oriente, ma rimarr�, nonostante il vuoto del potere politico, il valido indirizzo morale, resister� l'organizzazione amministrativa, la gerarchia sovranazionale della Chiesa. Gli altri malgrado altre scelte, religiose e politiche, e pur con pochi impedimenti, non avranno queste occasioni, e il medioevo continuer� con le lacerazioni fino ai nostri tempi moderni.
Proprio a Roma in questo periodo si estende l'istituto dell'episcopato monarchico cos� come lo abbiamo presentato nel 115. Nel cattolicesimo � la concezione secondo la quale in via di principio tutti i "vescovi" (alla lettera significa "i custodi") hanno la stessa posizione e autorit�, che esercitano sia in fatto di dottrine sia come direzione spirituale. Sar� pi� tardi CIPRIANO nel 258, a mettere i fondamenti di questa Chiesa. Poi a partire dal IV sec. furono istituiti gli "arcivescovi" (alla lettera "custodi superiori") i metropoliti (capo dei vescovi). Questi ultimi, diminuirono la loro importanza, quando la Chiesa Occidentale istitu� la figura del Papa (mutuato dalla Siria, dal patriarca di Alessandria, detto Baba) quando i conflitti della supremazia gerarchica episcopale dei due imperi produssero la rottura fra le due chiese. Dispute, anche traumatiche, che troveremo nei prossimi anni tra Roma e Costantinopoli, dall'avvento di Costantino fino a Giustiniano.