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ANNO 146 d.C.

QUI  riassunto del PERIODO  ANTONINO -  M. AURELIO ( dal 138 al 180 d.C. )


PROSEGUIAMO NELLA LATINITA' DELL'IMPERO

Da questo momento la cultura greca e romana volgevano rapidamente al tramonto, si sta chiudendo un'epoca anche se i romani non lo sanno ancora.

Infatti il cammino di questo sogno dell'impero unificato e della "romanit�" nel mondo conquistato era iniziato con Augusto; poi TRAIANO e ADRIANO lo avevano semplicemente accelerato dando l'impressione che l'obiettivo stesse per essere sul punto di essere raggiunto. Mentre CARACALLA fra alcuni anni, lui imperatore, alla fine di questo percorso con la concessione della cittadinanza romana, quest'unione la formalizzer� per necessit�, ma era troppo tardi, le province erano cresciute, e da sole, ognuna con il proprio "nazionalismo".

Da TRAIANO in avanti lo sviluppo della vita municipale aveva dato vita a piccoli compartimenti, che soddisfaceva le aspirazioni dei singoli componenti, che se capaci e ambiziosi potevano fare carriera e perfino diventare Imperatori. Infatti, da Traiano (lui spagnolo) in avanti vedremo proprio questi provinciali salire sul trono, e numerosi saranno i funzionari, magistrati, scrittori, filosofi, retori, poeti che, appena arrivavano alla celebrit�, nella loro terra con orgoglio i concittadini non si limitavano a celebrarli con statue e festeggiamenti ma prendevano soprattutto coscienza (e questo era molto pi� importante del fatto in se stesso) che ogni cittadino della provincia poteva arrivare a Roma alle pi� alte vette della carriera. Questo non dava solo la percezione che erano forti e validi per ogni compito, ma dava anche l'impressione (e alle volte c'era la certezza, perch� era palese) che a Roma non c'erano pi� uomini altrettanto forti e validi.
Se una nazione non esprime il suo meglio proprio con gli uomini di governo, � una nazione in declino. Gli uomini di Roma "romani" erano stati per due secoli in tutto il Mediterraneo dei miti, mentre ora l'uomo romano si era appannato. E di questo i primi a rendersene conto furono gli altri, oltre che alcuni scrittori, che per� venivano subito indicati come delle Cassandre.

Scopriamo che certe autonomie concesse, furono create essenzialmente dunque per interesse e per debolezza; solo per conservare e continuare quel benessere romano di stile Augusteo, senza pagare una sesterzio o impiegare un solo uomo. Roma finora aveva pagato a caro prezzo in denaro e in vite umane per difendere il suo benessere interno. Non riuscendo pi� a sostenere questi oneri non voleva rinunciarvi e ricorse agli espedienti per tappare i buchi della sua incapacit� (l'oro della Dacia di Traiano o il patrimonio di Antonino erano palliativi temporanei, non risolvevano il problema di fondo; morti loro i problemi ritornavano a galla).
Roma per il suo esercito perennemente impegnato nelle conquiste aveva tolto gli uomini dalle campagne spopolandole, mettendo in crisi tutta un'economia. Tanto dicevano ci sono le importazioni. Quello che ci manca lo prendiamo dalle province conquistate. Un vero affarista di derrate alimentari o di merci varie, invece di percorrere gli impervi territori interni a fare acquisti, preferiva pagare i noli marittimi e andava a prendere quanto occorreva nelle province mediterranee.
Tutto questo port� a un depauperamento delle campagne e l' immiserimento di mille attivit� artigianali all'interno.

Con quelli che avevano abbandonato le campagne per andare a risiedere in citt�, avevano provato per finanziare le spese militari, a perseguitarli con le tasse, e non contenti, molte volte a confiscare i beni dei senatori pi� ricchi accusandoli di colpe molte volte inesistenti ma create a regola d'arte per prendere di mira i loro patrimoni. (come il Seiano di Tiberio o Agrippina di Nerone),

Era chiaro che Roma e i suoi imperatori non potevano continuare cos� all'infinito, ma neppure del resto i romani volevano rinunciare a certi privilegi ereditati, n� far perdere il prestigio alla capitale dell'impero. Roma voleva seguitare a essere grande, importante, essere il faro di ogni re asiatico, di ogni governatore, e di ogni popolo che spesso aveva altre tradizioni, culture e non ultima in certi casi anche alle spalle una grande civilt� come quella greca. Alle volte per voler restare "guida" ad ogni costo  prosegu� con un pi� accentuato imperialismo tramite i generali che abbiamo conosciuto, dotati di energia fuori dal comune come Cesare, Druso, Claudio, Traiano, Adriano, che portavano i segni della civilt� ma avevano seminato anche odio e dispensato morte.

Oppure col paternalismo di un Antonino. Un imperialismo sottile con un potere monarchico assoluto (non molto diverso da quello assolutistico di Tiberio, di Traiano e di Adriano, che spesso alle province conveniva quasi sempre accettare, ma toglieva (o meglio soffocava) quelle autonomie che gli erano state concesse, e toglieva la carica dirompente della propria gente che alla fine sempre di pi� si sent� umiliata nelle sue tradizioni, nella sua autoctona intelligenza, e che aspirava una cosa sola: a governarsi con quelle leggi consuetudinarie che abbiamo ricordato sopra, anche se non disdegnava di aggiungervi quelle che ritenevano utili alla propria crescita civile.

Un problema di razza non esisteva, le popolazioni dell'Europa erano pi� affini delle altre. E proprio in Europa e ai legami di quest'affinit� -tutta di origine indoeuropea- dobbiamo il diffondersi e una facile assimilazione della lingua di Roma, appunto il latino, che poi sopravvisse a lungo e mise delle radici profonde spazzando via i dialetti locali preromani; e che poi con la diffusione della chiesa e delle sue versioni in latino delle sacre scritture fece diventare quasi universale in Europa, lasciando in ognuna queste radici.

Ma solo in occidente, non certamente in Grecia, in Asia Minore, in Egitto i cui popoli, malgrado la lunga dipendenza da Roma, non ignoravano le proprie grandi civilt� del passato. Quindi non solo mantennero la loro cultura, le loro tradizioni e lo stile di vita, ma conservarono la loro lingua, e non certo per una concessione romana. Questa poteva andare bene per i paesi europei usciti dall'arcaico ma non certo poteva essere imposta a coloro che di quella lingua era stata la culla.

Il latino italiano aveva le caratteristiche alla sua origine di "lingua contadina", legata nell'etimologia delle parole a sentimenti e modi di vita agricola. Molti vocaboli furono derivati da un substrato linguistico pre-indoeuropeo, molto diffuso in Italia: un miscuglio di Siculo, Osco-umbro, Germanico e Celtico (sono relativamente numerose le affinit� morfologiche e lessicali). Solo quando ci fu l'incontro con i greci stanziati nell'Italia meridionale nel sec. VII a.C. appaiono le prime rozze manifestazioni del latino dotto. Nel sec.III a.C. cominci� ad essere scritto (l'alfabeto latino non � altro che una trascrizione, adattata alla fonetica, dell'alfabeto greco calcidese importato dalla ionica Cuma) e dopo averlo arricchito di vocaboli e modi greci, tale da renderlo uno strumento linguistico adatto alla letteratura e, perfino, al discorso filosofico, arriviamo a questo sec. II, dove si trasforma e si trasfonde in quello medioevale e cristiano, intellettuale, e che in certi ambienti come nella Chiesa va a sostituire il greco. Sar� Tertulliano a creare il linguaggio teologico della Chiesa latina che poi con i suoi monaci s'irradier� in tutta l'Europa continentale e andr� a creare i grandi centri di cultura (San Gallo, Cluny, la scuola palatina e tanti altri).

Se fu facile per i motivi detti sopra, romanizzare l'intera Europa in certe zone, dove gli abitanti ancora uniti in piccole trib� erano appena usciti dalle capanne e dalle foreste, fu meno facile farlo con i popoli in oriente, che malgrado ogni favore ricevuto e buona disposizione (come in Grecia o in Egitto) non dimenticavano la loro etnia legata alla loro cultura e alle antiche civilt�. E qui forse Roma commise degli errori di presunzione, tipica degli stati imperialisti - grandi errori, che poi si ripercuoteranno in futuro portando alla disgregazione l'impero - errori proprio in quelle localit� dove i popoli si sentivano privati delle loro tradizioni millenarie cui non volevano rinunciare. E non vi rinunceranno caparbiamente mai, anche quando questi popoli diventeranno poveri e ininfluenti.

Le complicazioni che ne seguirono porteranno fin da questo momento alla caduta sempre pi� in basso dell'impero, fino alla sua completa scomparsa, fino a ridurre Roma in un paesino di 30.000 anime che si aggireranno come fantasmi fra le grandi grandi spettrali costruzioni dell'impero. L'inizio di queste divisioni che culmineranno nella spaccatura Oriente Occidente stanno avvenendo in questi anni, poi, proseguendo negli errori, si verificheranno anche all'interno della stessa Europa, che pur conservando molti costumi e tradizioni culturali latine, ripudier� - e proprio nell'ambiente pi� colto- del tutto la lingua parlata latina. Un rifiuto psicologico

E' da questo momento che iniziano in Grecia, in Asia Minore e in Africa pregiudizi e insofferenze. Pregiudizi che porteranno alla rottura totale di due mondi, pregiudizi che contrariamente a quanto avverr� poi in Europa per altri motivi (quelli delle dispute religiose tra cristiani e ariani- le leggeremo molto pi� avanti), erano dettati dal giustificato timore di alcuni popoli che si vedevano imporre una cultura e una civilt� estranea alla propria, che era invece sentita etnicamente come un irrinunciabile patrimonio culturale millenario.

L'errore fu di non creare anche in oriente quelle stesse autonomie (pur avventatamente, e con altri risvolti negativi) concesse alle province europee nel 132. Solo queste permisero di romanizzare e latinizzare (ma solo nell'ambiente letterario, teologico e poi anche scientifico) l'intera Europa per un certo periodo.
Se in oriente si perse quest'occasione, fu dovuto proprio all'ostinato impegno di voler sottomettere le province orientali con il sistema imperialistico, perch� Roma le considerava inferiori, non capaci a governarsi da sole. Ostinato progetto che port� perfino - altro gravissimo errore- a disimpegnarsi e a smobilitare in occidente (lo far� del tutto poi Costantino nel 319 trasferendo la capitale a Bisanzio e fondando la Nuova Roma) permettendo a chi queste autonomie le aveva ricevute (leggi Francia, Germania, Inghilterra) l'occasione di organizzarsi e aspettare il momento pi� debole dell'impero per mandare fuori i romani dai loro territori e formare un proprio Stato con le proprie tradizioni, anche se arcaiche, ma con la precisa intenzione di rompere del tutto i ponti, costruendo ex novo una propria lingua e la propria cultura.

A Roma si apprezzavano moltissimo i prodotti dell'Oriente, la moda femminile romana faceva pazzie per i vestiti di seta e i profumi, gli uomini altrettanto pazzie le facevano per i vini, le droghe, le primizie, l'arte della scultura, della ceramica, del vetro, della metallurgia, ma non apprezzavano per� la creativit�, le tecniche e le lavorazioni che quei popoli dentro le mille meraviglie che arrivavano a Roma, vi avevano profuso. I romani apprezzavano i prodotti ma disprezzavano chi li aveva fatti, e se proprio erano tolleranti li consideravano dei semplici sudditi, dei "Vu' Cumpr�", e questi stettero al gioco (alle volte pesante). Significativi due documenti di PLUTARCO e di DIONE (entrambi greci ma filoromani) che fanno il quadro preciso della situazione di questi anni a Roma. Il primo scriveva: "I romani simpatizzano(!) solo per quelli che riconoscono Roma grande", mentre il secondo rivolto ai greci (ai Rodii) mand� a dire "che erano cos� rozzi e insensibili da preferire a loro gli schiavi che aveva in casa piuttosto che un'alleanza con loro". Insomma una bassa considerazione, non giustificata ed anche sfacciatamente incoerente

Perch�  in un certo senso poteva anche avere -paradossalmente-  ragione Dione; infatti  i pi� ricchi a Roma avevano nelle proprie case schiavi di origine greca, che erano per  loro una fonte di cultura; spesso erano impiegati come istitutori dei giovani figli delle famiglie pi� benestanti, aristocratiche e di stirpe imperiale. Alcuni persino famosi. Non c'era un letterato, poeta, retore, amministratore, imperatore di Roma che non avesse ricevuto un'educazione o studiato da giovane accanto a un greco. 

Per il resto dei cittadini dovevano passare in alcuni paesi 1000 anni in altri 1400, perch� qualcuno iniziasse a riscoprire e a capire cos'era la civilt� greca, la sua cultura, la sua arte, i suoi grandi filosofi, che furono rifiutati (opere e pensiero) con grande arroganza e presunzione, prima dai romani poi seppelliti del tutto dal cristianesimo fino al 1500. In Egitto dovevano passarne 1800 di anni, perch� scoprissimo i contenuti delle Piramidi, 1800 per conoscere la grande Cina, 1900 per entrare in Giappone.

Questi sono gli anni in cui si stanno chiudendo le porte all'Oriente, alla Grecia, all'Egitto, dove la scienza, l'arte, la medicina, l'agricoltura, la navigazione, l'astronomia, la matematica, la tecnologia, avevano gi� compiuto passi giganteschi, riportati e illustrati in grandi opere, che furono inizialmente ignorate, poi definitivamente sepolte nei conventi e nelle abbazie, ma fortunatamente custodite in oriente dagli Arabi (il 90% delle opere che conosciamo dell'antichit� ci sono pervenute da questi). Finalmente riscoperte tramite loro in Europa, se ne avvantaggi� un continente in letargo da mille anni.

Ma i romani non lo sanno ancora, devono ancora vivere questo dramma, Roma si sta incamminando verso il crollo e il buio medioevo ma non lo sa ancora. Ha molti retori, filosofi, poeti, letterati, giuristi ma nemmeno uno interessato alle opere di Archimede, Demostene, Ippocrate, Democrito, Eraclide, Euclide (il suoi Elementi di geometria arriveranno in Europa in un'unica copia Araba solo nel 1140), di Aristotele i libri scientifici,  arriveranno nel 1340 sempre scritti in arabo. Sacrabosco nel 1247 riscopre sempre dall'arabo la Teoria Eliocentrica di Eratostene (275 a.C .) e non se ne far� pi� nulla fino a Copernico e Galileo. Un crociato, Borghesano, di Bologna torna da Coo nel 1251 con i telai della tessitura mossi da una mulino idraulico (l'energia a buon mercato) che filava quanto 400 persone, e a Coo, Adriano non dimentichiamolo, gli stessi telai li aveva visti nel 130. I suoi funzionari si interessarono solo ai famosi e pregiati tessuti di seta da mandare a Roma, come si producevano non li interessava e gli artigiani che li producevano erano disprezzati, era pezzenti che sudavano per guadagnarsi il pane, solo dei poveracci al servizio di Roma.

Queste cambiali del disinteresse furono pagate salate; per 1000 anni esatti in Italia pi� nessuno fu in grado di fabbricare un centimetro di seta, fare un'ampolla di vetro (arriver� a Murano solo nel 1291 per mezzo anche qui di un crociato di ritorno dall'Oriente), a dissodare i campi con l'erpice che scopre solo con molto ritardo in un libro arabo De Crescenzi, in un Trattato di Agronomia del 190 a.C. o costruire un mulino idraulico per fare la forza motrice in uso in Grecia fin dal 100 a.C.

Al crollo del benessere, tutto questo disinteresse alle tecnologie della produzione materiale dei beni, corrispose poi il vuoto assoluto, e altrettanto vuoto nel disinteresse culturale. Rimase la Chiesa, e fu l'unica, diciamolo pure, che and� a sostituirsi a quel potere imperiale che andava sempre di pi� naufragando, fu l'unica a mantenere una coesione almeno sotto il profilo spirituale, opponendosi a quella separazione che certamente si sarebbe verificata anche sul piano religioso dopo quello politico all'interno di una parte dell'Europa.
Nel farlo dovette procedere a relegare nelle abbazie, nei conventi quei testi che illustravano quelle culture, quelle filosofie di vita, certi ideali (riscopriremo Tacito nel 1451 in una Badia e cos� tanti altri) e perfino i manuali della produzione dei beni consumistici (del diavolo) che erano, si affermava, responsabili, del peccato di presunzione e che avevano fatto fallire tutta l'altra autoctona economia nella penisola e quindi nell'intero impero, soprattutto in centro e nord Europa.
Nel seppellirle se causarono danno sulle coscienze intellettuali politiche e scientifiche del tempo (oltre a quelle dei consumi che rimasero a produzioni con tecniche arcaiche con le comprensibili conseguenze della carenza alimentare, quindi dell'intera economia di mercato) dando origine al basso e alto Medioevo, non causarono danno inizialmente sul piano politico e sulla aggregazione di questi pochi popoli che si erano ritrovati ad un certo punto col potere vacante.
 S� autonomi, ma orfani di una guida illuminata capace di creare una unit� culturale europea omogenea. Rimasero i connotati di vita latina ma rifiutarono (salvo in quella religiosa) la linguistica latina. Rompevano i ponti cos� non solo con una lingua ma con tutta la cultura che in questa lingua era depositata. E quando un popolo rifiuta una lingua e ne va a creare una ex novo c'� la determinazione di rompere i ponti anche con il modello politico. Ed � ci� che avvenne in seguito. Un vero e proprio "autismo", perdita di interesse per l'ambiente al di l� del proprio territorio, "una porta chiusa, al di l� della quale non vi � nulla", un disturbo affettivo della volont� di un popolo nei confronti di un altro, la volont� di isolarsi e far da solo.

Poi, dopo quel vago collante linguistico culturale teologico spirituale, la Chiesa, che seppe per un periodo tenere unita l'Europa, fece nascere e stabil� in parallelo il potere temporale. Fu questo atteggiamento prima sub�to nei primi secoli, ma poi dopo il Mille, fu anch'esso identificato come un altro imperialismo romano e fece scattare un altro "autismo", questa volta anche sul piano religioso. Sappiamo come and� a finire con Lutero nel 1525, il latino teologico lo sostitu� con il tedesco e la stessa Bibbia la scrisse in germanico, nasceva il Protestantesimo. E subito sei anni dopo, nel 1531, l'Inghilterra fece altrettanto non con un monaco ma con un re, Enrico VIII fondando la sua Chiesa Anglicana.
Rimase la Francia, troppi erano i legami religiosi latini con Roma, i pi� vecchi d'Europa, e scelse per questa divisione solo nel 1700 per staccarsi e poi creare la sua egemonia culturale , e per un lungo periodo l'intera cultura europea s'identific� con il francese e il suo illuminismo. Era il riscatto della ragione dal suo stato di subordinazione latina. Prese alla lettera il motto di Kant "abbi il coraggio di servirti del tuo proprio intelletto". E fu l'ultimo atto per la definitiva scomparsa della lingua latina dall'Europa.

Ma qualcosa di singolare in giro per l'Europa era gi� avvenuto nel 325 ma, anche se in anticipo dei tempi, (esiste infatti un legame con questi anni 145-160 in cui si sta verificando una divisione politica) lo racconteremo il prossimo anno.....

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