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MILIARDI ALL' 1 A.C. |
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ANNO 144 d.C.
QUI riassunto del
PERIODO
ANTONINO - M. AURELIO ( dal 138 al 180 d.C. )
*** LA FAMA DELL'IMPERATORE ANTONINO.....
raggiunse anche le province. Contrariamente a come si era comportato Adriano sempre assente da Roma con i suoi viaggi, Antonino, forse proprio sfruttando quel malcontento che si era diffuso nelle province che si lamentavano di non avere un interlocutore in grado di ricevere e inviare domande e risposte immediate ai loro problemi, fece di Roma "il centro del mondo".
Una ragnatela di centomila chilometri di strade con al centro lui a ricevere con un fare molto pratico e spartano, e ad esaudire le richieste e i molti desideri dei suoi sudditi sparsi su un territorio che lui considerava null'altro, rispetto a quella di prima, una propriet� un po' pi� grande.A lui non costava fatica, non gli piacevano i viaggi, gli spostamenti, i cambiamenti di clima, le caserme e gli accampamenti dei militari, le marce a cui Adriano si sottoponeva (anche di cinquanta chilometri al giorno) solo per dare ai suoi soldati esempio di disciplina e di stoica sopportazione alla fatica; e non solo ai suoi soldati. Chi viaggiava con Adriano, che si portava dietro funzionari, tecnici, agronomi, artisti, scultori e architetti, ritornava a casa distrutto. Uno storico che Adriano ebbe al seguito, dopo aver con lui attraversato il deserto, dormito sulla nuda terra in una tenda di un nomade arabo, e patito la fame e la sete, disse che "se per fare l'imperatore bisogna vivere cos� con mille disagi era meglio fare una vita anonima a Roma, dove si vive meglio e si campa di pi�" e i fatti gli diedero ragione, Adriano in quella vita si era consumato, e Antonino non voleva fare la fine sua, preferiva ogni sera il suo morbido letto e al mattino ricevere ambasciatori di ogni provincia in pantofole, riposato, non corrucciato da problemi, sempre sereno, e soprattutto sempre intenzionato a comunicare questa serenit� a chi lo avvicinava. Sdrammatizzava tutto, e trovava sempre le soluzione pratica.
Nell'operare in questo modo che rientrava nella sua natura, ANTONINO fece ritornare la fiducia ai funzionari e ai governatori delle pi� sperdute e lontane province. Tutti gli ambasciatori che gli facevano visita, sapendo sempre di trovarlo, oltre che avere un punto di riferimento ben preciso e a portata di mano, si sentivano nella sua casa a proprio agio, senza soggezione, veramente membri di una grande comunit�, e quindi protetti da Roma e dal suo imperatore. Ogni suo ordine, anche il pi� anticonformistico, da sembrare perfino poco autorevole, era nonostante tutto, sopportabili, se poi si traduceva in ordine, tranquillit�, serenit� e soprattutto soluzione dei problemi.
Ne rimasero affascinati anche quei re che per anni male avevano sopportato l'arroganza romana. APPIANO scrive che molti ambasciatori anche di altri Paesi non alleati (dall'India, dall'Ircania e perfino dalla Battriana) nel sentire dai loro colleghi raccontare il "clima antonino" che si respirava a Roma, chiedevano l'annessione all'impero anche loro per sentirsi protetti e guidati da un saggio come lui. (Scopriremo poi - curiosamente- che la sua fama era arrivata perfino in Cina; ne leggeremo i particolari nell'anno 168).
In Armenia, quella perenne spina nel fianco dell'impero romano, Vologese II stava preparando un attacco per la solita guerra di successione interna; Antonino non sappiamo cosa gli scrisse per dissuaderlo, ma sappiamo solo che fino alla sua morte, in Armenia regn� la pace.In Germania, in alcune trib�, Antonino concesse fin troppo certe libert�, tanto che ne approfittarono alcuni ribelli che con i romani non erano mai andati d'accordo e che da due secoli avevano conti in sospeso per le angherie subite o le crudelt� commesse. Ma a parte queste scaramucce anche qui la tranquillit� rimase per anni; poi alla sua morte, sul Danubio e in Asia Minore ripresero le ribellioni, le invasioni, le insofferenze che furono debellate come al solito con l'intervento armato che risolveva la questione per un paio d'anni, attizzava nuovamente il rancore, e tutto ricominciava da capo.
Insomma gli storici scrissero nel periodo di ANTONINO che "tutte le province fiorirono" sotto il suo governo. Da accorto amministratore che era stato nel suo precedente immenso patrimonio, la sua esperienza affaristica fu il toccasana per le finanze. Pur dimostrandosi moderato nel far pagare le tasse, non fu meno prodigo dei suoi predecessori nello spendere grosse somme per le elargizioni al popolo (ne fece 9, in denaro e grano), ai soldati, per i giochi, gli aiuti ai bisognosi, ai giovani, e alle fanciulle, a cui fece assegnare tutti gli utili dei possedimenti di sua moglie defunta. Insomma Roma e l'impero stava vivendo il suo periodo di pace casareccia. Un periodo pacifista perch� Roma non si muove, � ferma, quasi rigida. Non vede il futuro, vive solo il presente con il suo imperatore nella veste pi� di "babbo" di una grande famiglia piuttosto che in quello di uno statista, anche se in quest'ultima mansione svolse benissimo il suo compito in un modo forse pi� singolare ma non per questo meno efficiente di tanti suoi predecessori e successori.
La parte dolente � che morto lui non c'era un altro Antonino, al naturale, rustico ma pratico; poco marziale ma eccellente amministratore.Mentre siamo all'alba di alcuni sommovimenti sul pianeta; in pochi anni si muoveranno trib� in Europa, popoli interi in Oriente, a sud, al nord, a ovest e perfino dove non abbiamo testimonianze scritte ma solo referti, in America. Forse una forza cosmica, una evoluzione cerebrale, una diversa concentrazione di serotonina nei neuromediatori fa aumentare la dose di aggressivit�, il fattore R, che stimola l'invasione e il possesso di un nuovo territorio vitale ed esistenziale da parte di un gruppo a spese di un altro.
E' un fenomeno planetario.
IN ASIA CENTRALE c'� l'inizio "tellurico". KUSANA KANISKA sale sul trono dello Stato detto poi dei KUSANA e diventa il pi� grande sovrano della dinastia che estender� i suoi domini in tutta l'Asia Centrale : quella parte di Asia (Iran, Kashmir, Magadha ) tutta appartenente alla cultura Iranica e Indiana e che avr� grande importanza quando la stessa cultura Kusana eserciter� una forte mediazione fra le due e pi� in generale permetter� in seguito uno scambio e un assorbimento reciproco fra Oriente e Occidente delle rispettive culture e non ultima la sua grande influenza religiosa.
Provenienti dalle regione occidentale della Cina (nel Gansu) questa trib� di nomadi si era stanziata nella Battriana fin dal 130 a.C. per poi organizzarsi e scendere in questi anni verso l'Afghanistan e il Pakistan sconfiggendo i Parthi. Il grande impero che si and� cos� a formare controllava tutte le carovaniere della famosa via della seta, raggiungeva il Punjab e gran parte della valle dell'Indo. Quando poi, nel III sec. l'impero sasanide di Persia si impossess� del territorio restandovi fino al 636 questo popolo si fuse, si integr� completamente e scomparve. Anche perch� le orde successive furono sterminate. Stavano iniziando a mettersi in movimento milioni di esseri umani su tutto il territorio asiatico, stravolgendolo.
MARCIONE A ROMA Uno di quei discepoli dello gnostico VALENTINO di cui abbiamo parlato nel 135, fonda una sua scuola, una comunit� che subito ha un certo successo. La sua dottrina � concepita tutta su un rifiuto del Dio dell'Antico Testamento, il Dio autore del mondo, della materia e del male e nell'accettazione invece del DIO del Nuovo Testamento che esige rinuncia al piacere, il non avere un'anima terrestre. Ammette di questo Nuovo Testamento solo il Vangelo di Luca e le Epistole che lui ammira per i commoventi dettagli psicologici e umani in cui presenta Ges� Salvatore e Misericordioso.
In quella Chiesa cattolica lui (e divenne il pi� importante ERETICO ) vede una degenerazione "ebraica" di quella originaria e inasprisce l'antitesi di Paolo fra Legge e Vangelo a tal punto, da negare completamente la Legge. L'unico vero apostolo per lui sarebbe stato Paolo, il suo unico Vangelo quello di Luca.
La sua chiesa ebbe grande diffusione fin quasi al 400 con numerosi martiri, poi si fuse coi Manichei e con i Pauliciani e la sua supercritica produsse paradossalmente un rinforzamento della stessa Chiesa Cattolica.