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MILIARDI ALL' 1 A.C. |
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ANNO 52 d.C.
Qui
l'intero riassunto: del PERIODO DI CLAUDIO dal 41 al 54 d.C.
*** LE RIFORME DI CLAUDIO
*** IL LAVORO E' IGNOBILE FARLO
IN ITALIA la grave crisi alimentare di questi ultimi anni � arrivata alla sua punta pi� critica; nei primi mesi dell'anno lo spettro della fame si aggira minaccioso nelle contrade italiane.
Sebbene si era gi� intervenuti massicciamente nel 33, in occasione di un altra grande carestia, e per alleviarla si erano promossi incentivi per l'agricoltura, distribuiti piccoli contributi a fondo perduto, o somme a prestito di denaro senza interessi per tre anni, i risultati non si erano fatti vedere, anzi si era innestato un processo irreversibile quasi in una forma esponenziale.
Sempre di pi� gli sconsolati proprietari terrieri abbandonavano le campagne andando ad abitare nelle citt� o nella grande citt�. Roma aveva in questo periodo 1.000.000 di abitanti, di cui 280.000 schiavi.
La ragione di questa fuga era che i ricchi proprietari terrieri oltre che non desiderare di vivere nelle grandi propriet� (ottenute da favori, premi imperiali, scellerate speculazioni, abusi, corruzione, tangenti e veri e propri furti allo Stato. - Seiano in venti anni aveva sconvolta la propriet� terriera della nobilt� romana con il terrore - trasferendola ai suoi amici) preferivano abbattere le fattorie poco redditizie nelle colture di ogni genere, e trasformare le terre in grandi pascoli. Non avevano certamente la vocazione rurale anche se c'era stata in precedenza la gara, con ogni mezzo lecito e illecito; contava il prestigio di chi possedeva pi� terreno. Solo la quantit� era apprezzata, e non il suo utilizzo.Una ragione e dei motivi c'erano per questa grave crisi e questa dismissione: era la speculazione e la forte concorrenza delle derrate alimentari che provenivano dalle altre province. Soprattutto dai paesi mediterranei, dove ingenti quantit� di merci arrivavano su navi di mille e pi� tonnellate (alcune a pieno carico stazzavano 10 mila tonnellate) nel nuovo grande porto di Ostia o in quello che era stato fatto costruire recentemente sulla foce del Tevere da Claudio.
Erano cos� nati e pullulavano accanto ai porti i grandi commercianti, i grandi importatori, che ora non disdegnavano di occuparsi di vendite, di trasporti, di magazzini di distribuzione, di catene di negozi che rifornivano celermente. Qui ottenevano grandi guadagni con incredibili valori aggiunti. Soleva dire uno di questi "con un solo trasporto navale guadagno in un mese, senza muovermi da casa n� occupandomi d'altro, pi� di un ricco proprietario terriero in cento anni".(Insomma i soldi li faceva la distribuzione, e tutti ci si buttarono, come nei nostri tempi moderni, un chilo di pomodori che "produce" un contadino del Sud viene pagato 100 lire ma venduto nei negozi del Nord a 1000. E anche a quei tempi non era diverso.
Era andato in crisi quindi tutto il commercio del settore alimentare all'interno, l'agricoltore non potendo vendere direttamente nelle grandi citt� costiere (su queste viveva il 90% della popolazione italiana) sempre pi� rifornite abbondantemente dai mercantili, non aveva non solo disponibile le sementi, gli attrezzi, gli schiavi che i latifondisti non fornivano pi�, ma soprattutto, anche se con tanta volont� i piccoli proprietari producevano qualcosa, ci� che producevano non poteva essere trasportato nei grandi mercati cittadini perch� era carente o mancavano le infrastrutture e tutto l'apparato logistico. La corporazione dei trasportatori, il caporalato degli scaricatori, i mediatori che dominavano in regime di monopolio gli scambi, si erano tutti concentrati nei grandi e piccoli porti, nelle darsene, o operavano nei grandi magazzini delle citt� che abbondavano di beni che provenivano da lontane contrade, dove il pi� delle volte tali beni erano stati semplicemente confiscati, rubati o prodotti con i sempre pi� numerosi schiavi nelle lontane (ma con le navi, vicine) province.
Claudio che lavorava in profondit� e conosceva anche i rovesci delle politiche degli stati conquistati, con la loro precaria stabilit�, vedeva il pericolo di una decadenza nell'agricoltura e nei commerci locali, quindi miseria nei paesi interni dove fino a pochi anni prima prosperava la vita e in una certa misura il sufficiente benessere della popolazione tutta, rurale e cittadina. Prese dunque dei provvedimenti molto severi.
Il prosciugamento del Fucino rientrava in questa politica, fornire terre a chi vi si stabiliva per coltivarle.
Proib� poi di abbattere le fattorie, i proprietari li esent� da molte penalit� e defiscalizz� tutti coloro che erano pronti a stabilirsi nelle terre di loro propriet� e ritornarci a lavorare o almeno a sovrintendere i lavoratori e gli schiavi per apportarvi migliorie. Var� insomma una audace (ma non popolare per i latifondisti e i monopoli commerciali) riforma agraria che se lui fosse stato in vita avrebbe cambiato decisamente il territorio. Ma non avvenne, morto lui, la crisi non solo rimase, ma si accentu�.
Roma voleva godersi il tempo delle sue conquiste, e per antagonismo il lusso si impossess� perfino dei liberti, degli affrancati, che pur essendo provinciali e schiavi per nascita, nei commerci, negli affari, nell'artigianato -che per la domanda si stava trasformando in grandi imprese, quindi formando la categoria dei neo-ricchi- erano riusciti a riscuotere pure del rispetto. Il nobile romano, il cittadino, aveva sempre disprezzato il lavoro e i soldi fatti col sudore, con i commerci, con gli affari. Al romano piaceva solo l'ozio (che era da sempre un merito) e le feste, tante feste, cento all'anno circa.Non solo il lavoratore era socialmente un inferiore, ma era anche considerato sotto molti aspetti ignobile. Seneca scriveva "le arti sordide sono quelle dei lavoratori manuali, quelle degli artigiani e dei bottegai, che impiegano tutto il loro tempo per guadagnarsi da vivere, sono mestieri che non hanno alcuna bellezza e che non hanno molto a che fare col bene", (intanto lui scrive l'ipocrita Trattato sulla felicita' mentre ha in casa 250 schiavi).
Proseguiva Cicerone "la condizione salariale � sempre sordida e indegna di un uomo libero, ogni artigiano � sordido e lo � anche il commercio in quanto fonte di lucro".
Queste idee, questa naturale convinzione venivano da molto lontano, dai pensatori greci, dove troviamo lo stesso Aristotele affermare " i lavoratori non saprebbero governare una citt�, e aggiungeva che "non possono, che non devono, ma che del resto non ci pensano molto perch� non sono virtuosi" sono poco pi� che bestie.Insomma la nobilt� romana, che aveva ereditato queste concezioni ateniesi, considerava pezzenti tutti coloro che non appartenevano alla nobilt� e questa convinzione rimase ancora per secoli. Plotino ancora nel 240 d.C. si spinse anche lui su questo terreno:
"I ricchi hanno il pregio di non aver bisogno di lavorare, costituiscono una categoria che ha un sentore di virt�, e in quanto alla massa dei lavoratori manuali e ai commercianti tutti, costituisce una folla spregevole, e solo destinata a produrre e vendere gli oggetti necessari alla vita di questi uomini virtuosi". Gia', i virtuosi, Aristotele nel 340 a.C. aveva predicato cosi' : "non si pu� praticare la virt� se si fa una vita da lavoratore, da artigiano o il bottegaio e non saranno mai cittadini con cariche pubbliche chi non pratica la virtu'".
Roma non aveva dimenticato queste massime, anzi ne aveva fatto uno stile di vita. Le ville (a Baia, Ercolano, Pompei, Capri, ecc ) e le feste di questo periodo d'oro per i ricchi ne sono oggi la testimonianze.
ACQUEDOTTO ACQUA CLAUDIA a Roma. Si celebrano con feste la fine dei lavori della costruzione di questo grande acquedotto con i monumentali archi, voluto e iniziato da Caligola. Sull'Aniene Nuovo, al bivio di Prenestina- Labicana. Faranno parte in seguito nel 270 delle attuali Mura Aureliane, che diventer� poi la Porta Maggiore, e rimarranno molto significative di questa architettura romana, detta di Giulia-Claudia, che si diffonder� da questo momento su tutte le coste del mediterraneo.