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CRONOLOGIA

DA 20 MILIARDI
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ANNO x  ANNO
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E TEMATICI
PERSONAGGI
E PAESI

ANNI 578 - 535 a.C 

ROMA ORIGINI
(secondo gli scrittori antichi)

REGNO DI SERVIO TULLIO
( Etrusco 167-211 Anno di Roma - 578-535 a. C. )

(da Tito Livio, Istorie)

[Regnava già da 38 anni Tarquinio quando i due figli di Anco Marzio, nella speranza di ricuperare il regno che ritenevano fosse stato loro usurpato da Tarquinio, lo fecero assassinare da due pastori, che avevano ottenuto il permesso di essere ammessi alla presenza del re, perché questi definisse una loro contesa].
Tanaquilla in quel frangente fece chiudere le porte della reggia, e mandò fuori tutto coloro che non avevano a che fare, e nel tempo stesso sollecitamente preparò quanto occorreva per medicare la ferita, come se vi fosse speranza; e per il caso che questa mancasse, meditò ben altri provvedimenti.
Chiamato Servio [un giovane di modesta origine, ma allevato come figlio dal re, che gli aveva data in sposa la propria figlia], e mostratogli il marito ormai dissanguato, tenendogli la destra, lo scongiurò a non lasciare invendicata la morte del suocero, né la suocera oltraggiata dai nemici. "Tuo è il regno, diss'ella, o Servio, se d'uomo hai cuore, e non di coloro che per mano altrui hanno commesso il peggiore dei misfatti. Noi pure fummo stranieri e regnammo; pensa chi sei, non da chi sei nato; e se nel caso ti manca consiglio, tu segui il mio". Non potendosi omai più frenare le grida e l'impeto della folla, Tanaquilla, affacciatasi alle finestre del piano superiore che davano sulla via nuova (il re abitava dalla parte del tempio di Giove Statore), arringò il popolo. Disse che rimanessero calmi e di buon animo; che il re era rimasto solo stordito per un colpo improvviso, che la ferita non era profonda; che era già rinvenuto; che, esaminata la piaga e fermato il sangue, tutti i segni erano buoni; che aveva fiducia e che forse lo avrebbero rivisto quel giorno stesso. Ordinava intanto che il popolo prestasse obbedienza a SERVIO TULLIO, il quale amministrerebbe la giustizia e supplirebbe alle altre competenze del re. Servio uscì in pubblico con i littori, e, sedendo sul seggio reale, alcune cose già lì le decise, per altre finse di doversi consigliare con il re. Così, già spirato Tarquinio, e celatane la morte per alcuni giorni, Servio, mentre faceva finta di tenere le sue veci, consolidava la sua potenza.

Allora soltanto si levò nella reggia il lamento funebre, e la morte del re fu fatta conoscere. Servio fu il primo che, circondato da una forte guardia, e senza l'elezione del popolo, né per volontà del Senato, riceveva in mano il regno di Roma. I figli di Anco Marzio, fin dalla cattura degli esecutori del delitto, inteso che il re viveva e che Servio aveva grandi forze, erano andati in esilio a Suessa Pomezia.
Né Servio, per consolidarsi sul trono, fece maggior uso sia dei mezzi pubblici sia dei privati; e affinché i figli di Tarquinio non fossero ostili verso di lui, come erano stati i figli di Anco verso Tarquinio, unì in matrimonio le due sue figlie con i giovani reali Lucio ed Arunte Tarquini.

Dopo avere combattuto vittoriosamente contro alcune città etrusche, si pose alla più grande opera di pace che fosse mai stata fatta, e siccome Numa era stato istitutore dei riti religiosi, così Servio voleva dai posteri essere celebrato come il fondatore di ogni distinzione fra le classi dei cittadini, dove esisteva fra questi certa differenza di ceto di dignità e di fortuna.

Istituì dunque il censo, salutare cosa per uno Stato che doveva diventar così grande, e per cui i carichi della pace e della guerra venivano a sostenersi non più, come prima, per testa, ma secondo gli averi di ciascuno. Quindi, giusta il censo, stabilì le classi e le centurie e l'ordinamento che dura ancora ed è confacente alla pace ed alla guerra.
Di quelli che possedevano un censo di centomila assi o più, fece ottanta centurie, quaranta di vecchi e quaranta di giovani, detti tutti insieme de....

La prima classe; i vecchi dovevano badare alla custodia della città, i giovani guerreggiare al di fuori. Questi ebbero l'ordine di armarsi di elmo, di scudo, di gambali e di corazza, tutte armi di bronzo e schermo della persona; ad offesa poi del nemico, di asta e di spada. Si aggiunsero a questa classe due centurie di fabbri che militassero senz'armi: era loro competenza attendere alle macchine da guerra.

La seconda classe fu formata di quelli che possedevano dai centomila assi ai settantacinquemila, e di questi si fecero venti centurie tra vecchi e giovani; l'armi comandate furono lo scudo invece di targa, e fuorché la corazza, tutto il resto.
La terza classe volle fosse di quelli che avevano dai settantacinque ai cinquantamila assi; e se ne fecero pure venti centurie, con la medesima distinzione di età, né si fece alcun cambiamento rispetto all'armi, salvo i gambali, che furono tolti.
La quarta classe fu di quelli che avevano venticinquemila assi, divisa pure in venti centurie; l'armatura fu mutata, né si permise loro che l'asta ed i giavellotti. Fu più numerosa la quinta classe, di cui si fecero trenta centurie; portavano seco le fionde e le pietre da scagliare; fra questi furono annoverati dei cornatori e trombettieri, distribuiti in tre centurie; questa classe era di coloro che avevano un censo di undicimila assi. Il censo minore di tal somma comprendeva tutta la restante moltitudine, di cui si formò una sola centuria esente dalla milizia. Così armata e ripartita la gente a piedi, istituì Tullio dodici nuove centurie di cavalleria fra i principali della città; mentre il numero delle tre centurie istituite da Romolo elevò a sei. Per comperare i cavalli furono assegnati del pubblico denaro diecimila assi; e per mantenerli furono tassate le donne nubili del pagamento di due mila assi l'anno. Così tutti questi carichi dal povero passavano al ricco.
Poi s'aggiunsero distinzioni di onore. Pertanto non fu permesso ad ogni cittadino, com'era stato istituito da Romolo ed osservato dagli altri re, di votare per testa promiscuamente, con lo stesso effetto e diritto; ma si fecero tali differenze, che non sembrasse ad alcuno di esser escluso dal votare, ma in realtà tutto l'effetto del voto era nelle mani dei principali cittadini. I cavalieri furono chiamati per primi, poi le ottanta centurie della prima classe; se vi era discordia, il che accadeva di rado, si chiamava la seconda classe; né avveniva quasi mai di dover scendere tanto da giungere sino agli infimi.

Compiuto il censo, che Tullio aveva affrettato con la legge pubblicata contro i non censiti con minaccia di prigione e di morte, pubblicò un editto che tutti i cittadini romani, o fanti o cavalieri, si trovassero sul far del giorno, ciascuno nella sua centuria, in Campo Marzio. Qui, schierato tutto l'esercito, lo purificò, sacrificando un maiale, una pecora ed un toro (suovetaurile); e questa cerimonia fu detta lustro compiuto, perché con essa si era posto fine al censo. Dicono che a quella funzione vi fossero ottantamila censiti. Fabio Pittore, il più antico dei nostri scrittori, aggiunge che tal numero fu dei soli abili a portare le armi.

Parve anche necessario ingrandire la città in ragione di tanta moltitudine, e Servio vi aggiunse i due colli Viminale e Quirinale; poi incluse 1'Esquilino, dove volle lui medesimo abitare, per dar prestigio al luogo. Cinse la città di argini, di fosso e di muro, allargando il pomerio. A badare al solo vocabolo, pomerio significa spazio dopo il muro; ma significa piuttosto "circamerio o attorno al muro", luogo che un tempo gli Etruschi, fabbricando le città consacravano, dopo presi gli auspizi, fra certi limiti, là dove intendevano innalzare il muro; sicché dal di dentro gli edifici non si dovevano appoggiare al muro, e al di fuori restasse alquanto terreno intatto per le coltivazione.

Questo spazio dunque, cui non era lecito né abitare, né arare, i Romani chiamarono "pomerio", non tanto perché fosse dopo il muro, quanto perché il muro fosse dopo quello; e sempre nell'ingrandirsi della città, man mano che si dovevano allargare le mura, anche questi sacri limiti si portavano innanzi.

(Da Tito Livio,  Istorie, I, Trad. L.Mabil-T.Gironi - Ed. Paravia)

Fonti:
ERODOTO, STORIE
STRABONE, STORIA ROMANA
TITO LIVIO, ISTORIE
CASSIO DIONE - STORIA ROMANA
+ BIBLIOTECA DELL'AUTORE

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