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( QUI TUTTI I RIASSUNTI ) RIASSUNTO ANNO 58-50 a. C.
CONQUISTA DELLA GALLIA
I COSTUMI DEI GALLI - De bello gallico, di Giulio Cesare, VI,11,20)Fra i Galli non soltanto in tutte le città e villaggi, ma perfino quasi in ogni casa si trovano fazioni, delle quali sono capi gli uomini giudicati più autorevoli, dal cui arbitrio dipendono gli affari e le deliberazioni più importanti. Questa sembra essere istituzione antichissima, affinché nessuno manchi di protezione contro uno più potente; perché, infatti, nessun capo può permettere, a costo di perdere ogni riputazione, che sia usata prepotenza a danno di alcuno dei suoi.
In tutta la Gallia sono tenuti in conto ed onore due soli ordini di persone; laddove i semplici popolani sono tenuti quasi in condizione di schiavi, perché essi non osano far nulla da sé, né partecipano ad alcun consiglio; bensì i più di loro, allorché debiti o imposte o soperchierie dei prepotenti li incalzano, si mettono al servizio di nobili, i quali acquistano per ciò ampia padronanza su di loro, come su schiavi. I due ordini privilegiati sono quelli dei druidi e dei cavalieri.
I primi si occupano delle cose sacre, presiedono ai sacrifici pubblici e privati, e sono dotti in fatto di religione: presso di loro accorre un gran numero di giovanetti per essere istruiti, ed essi sono sommamente onorati. Decidono in quasi tutte le controversie pubbliche private; e, se è stato commesso qualche delitto od omicidio, se vi è una lite per motivo d'eredità o di confini, sono essi che sentenziano, che stabiliscono i premi o le punizioni, e, se alcuno non sta ai loro decreti, essi gli interdicono i sacrifici: pena presso i Galli rarissima; ché coloro che sono interdetti sono considerati empi o scellerati: tutti li fuggono, evitando di incontrarli e di parlare loro, per non partecipare del loro disonore; né si rende loro giustizia, né essi sono fatti partecipi di alcun onore.A tutti i druidi sovrintende un capo, che ha su di loro la maggiore autorità: morto il quale, se uno eccelle per dignità sugli altri, gli succede; laddove, se ve ne sono parecchi pari per importanza, decide per la successione una votazione dei druidi e talvolta anche si ricorre alla sorte delle armi. In una certa stagione dell'anno i druidi si raccolgono nel territorio dei Carnuti, che si considera essere il centro di tutta la Gallia. Ivi tutti coloro che hanno controversie convengono da qualsiasi luogo della Gallia e sottostanno ai loro decreti e giudizi. Si crede che la disciplina druidica abbia avuto origine nella Britannia e che di là sia stata importata nella Gallia: pertanto anche oggi coloro che desiderano conoscerla più a fondo vanno in quel paese per impararla meglio.
I druidi hanno l'abitudine di astenersi dalla guerra, né pagano, come fanno gli altri cittadini, i tributi: perché essi hanno immunità sia dal servizio militare, che dagli altri oneri. Invogliati da tanti privilegi, molti si dedicano per elezione propria all'apprendimento della disciplina druidica, altri vi sono destinati dai genitori e dai parenti. Si narra che, per pervenire alla conoscenza di una tale dottrina occorra apprendere un gran numero di versi, cosicché alcuni impiegano perfino vent'anni. Né è lecito scrivere tali versi, laddove per alti testi e nelle faccende pubbliche e private i Galli si servono dei caratteri greci. Il che io credo essere prescritto per due motivi: sia perché non vogliono che la dottrina druidica si diffonda fra il popolo, sia perché coloro che studiano quei versi, fidando nella scrittura non ne trascurino l'apprendimento a memoria, perché infatti a molti accade di porre meno diligenza nello studiare a memoria quando abbiano l'aiuto dei testi scritti.
Sopra ogni altra cosa i druidi si adoperano a persuadere che le anime non muoiono, ma che dopo morte passano da un corpo ad un altro; il che ritengono essere massimo incitamento all'esercizio della virtù, piuttosto che il timore della morte. Oltre a ciò i druidi disputano intorno agli astri ed ai loro movimenti, alla grandezza del mondo ed alla forma delle terre, alla storia naturale, alla potenza degli dèi immortali ed istruiscono i gioventù intorno a tutto questo.
L'altro ordine privilegiato è quello dei cavalieri. Costoro; quando necessario o sta per scoppiare una guerra, sono tutti pronti alle armi e, secondo la nascita e delle ricchezze, ognuno ha attorno a sé un maggiore o minore numero di mercenari e di clienti; perché essi riconoscono questo solo segno di importanza e di potenza.
Tutta la nazione dei Galli è quanto mai dedita alle pratiche religiose e superstiziose: pertanto coloro che sono affetti da gravi malattie o che sono minacciati da pericoli di guerra, immolano uomini quali vittime nei sacrifici, ovvero fanno voto di immolare sé stessi, in conformità delle pratiche druidiche, ritenendo di non potere placare gli dèi immortali per riscattare la vita di un uomo, se non col sacrificarne un altro; per modo che essi hanno istituiti pubblici sacrifici di questo genere. Cosi presso alcune tribù si costruiscono figure colossali fatte di vimini, entro le quali sono collocati gli uomini vivi, i quali muoiono fra le fiamme appiccate all'involucro dentro cui sono racchiusi. Si ritiene che più accetto agli dei sia il supplizio di uomini colpevoli di furto, di rapina o di qualche altro delitto nocivo; ma, in mancanza di costoro, sono sacrificati degli innocenti. Fra gli dèi i Galli adorano sopra tutti Mercurio, del quale si vedono numerosi simulacri: perché lo ritengono inventore di tutte arti, protettore delle vie e dei viaggi, potentissimo nel procurare guadagni.
Dopo Mercurio venerano Apollo, Marte, Giove e Minerva, ai quali attribuiscono pressa a poco gli stessi poteri che presso gli altri popoli; credono cioè, che Apollo vinca le malattie, Minerva insegni i principi delle arti e dei mestieri, Giove tenga il governo delle cose celesti, e Marte governi le guerre. A quest'ultimo, quando stanno per attaccar battaglia, votano quelle cose che riusciranno a prendere nella guerra e, se vincono, immolano gli animali catturati e radunano in un solo luogo tutte le altre cose, frutto di bottino, le quali in molte città si possono vedere accatastate in luoghi consacrati: né spesso accade che alcuno, disprezzando i doveri religiosi, osi nascondere presso di sé le cose catturate od asportarle da dove sono collocate, nel qual caso sarebbe fatto morire fra i tormenti.
I Galli si dicono nati tutti da Dite e dicono ciò essere stato tramandato dai druidi. Per questo il tempo si misura non contando i giorni, bensì le notti, ed i giorni natalizi ed i mesi e gli anni, hanno principio dalla notte.Per quanto riguarda gli altri costumi i Galli differiscono dagli altri popoli in quanto non permettono ai loro figli di accompagnarli in pubblico, se quelli non abbiano raggiunta l'età in cui possano prestare servizio militare, essendo ritenuta turpe cosa che un figlio di età puerile comparisca in pubblico presso il padre.
Gli uomini, altrettanto denaro quanto hanno ricevuto in dote dalla moglie, mettono insieme con quello: tutto questo denaro è amministrato insieme ed i frutti di esso ne sono conservati: morto uno dei due coniugi, questo comune capitale passa con tutti i frutti degli anni passati al coniuge superstite.
Gli uomini hanno diritto di vita e di morte sulla moglie come sui figli; quando poi un capo famiglia d'illustre nascita viene a morte, i suoi parenti si riuniscono e, se vi è sospetto di morte non naturale, sottopongono le mogli ad interrogatorio, come si usa con gli schiavi e, se è provato esservi delitto, le fanno morire con il fuoco o sotto ogni altro tormento.I funerali sono magnifici e sontuosi per quanto comporta la civiltà dei Galli; e tutte le cose che si crede essere state a cuore ai vivi, sono gettate nel fuoco, compresi gli animali; anzi sino a poco tempo fa anche i servi ed i clienti che si sapeva essere stati amati dal defunto, fatte le dovute esequie, venivano bruciati insieme con lui.
Le città della Gallia che sono considerate come quelle che amministrano meglio lo stato, hanno sancito delle leggi per le quali, se alcuno apprenda dagli stranieri qualche voce riguardante lo stato, ha il dovere riferirla ai magistrati, senza farne parola con alcuno; essendo noto come spesso uomini stolti ed ignoranti, atterriti da false notizie, siano spinti ad azioni dannose ed a prendere determinazioni inopportune circa cose della massima importanza; laddove i magistrati occultano le notizie che credono bene siano ignorate, e rivelano al popolo quelle che giudicano opportune siano conosciute. D'altra parte fra i Galli non è lecito parlare delle cose inerenti allo stato, se non nelle assemblee pubbliche.Da Caio GIULIO CESARE, De bello gallico, VI, 11,20.
RIVOLTA DEI GALLI SOTTO VERCINGETORIGE.Tranquillizzata la Gallia, Cesare partì per l'Italia. Essendo a conoscenza del decreto del Senato che chiamava sotto le armi tutti gli uomini validi, dai 17 ai 46 anni, ordinò la leva anche in tutta la sua provincia. Giunta la notizia di ciò nella Gallia Transalpina, i Galli vi ricamarono sopra, aggiungendovi ciò che pareva loro esserne conseguenza: che Cesare era trattenuto a Roma da disordini interni, cosicché, fra così grandi guai, non avrebbe potuto raggiungere il suo esercito. E, cogliendo quest'occasione, coloro che già da prima
si dolevano d'essere soggetti al dominio di Roma, cominciano a parlare più liberamente ed audacemente di guerra.
Raccoltisi in adunanze tenute in luoghi silvestri e lontani dai maggiori centri, i principali cittadini della Gallia presero a dolersi della sorte comune di tutta la Gallia, e, promettendo ogni sorta di premi, si diedero a sollecitare i singoli popoli a dare inizio alla guerra contro Roma, restituendo, con pericolo proprio, la Gallia in libertà.
Essi dicevano doversi innanzi tutto procurare di impedire che Cesare raggiungesse l'esercito, prima che i loro clandestini complotti fossero manifesti. Il che non avrebbe dovuto essere difficile.
Fonti, Bibliografia, Testi, Citazioni:
GIULIO CESARE, De bello gallico
TITO LIVIO - STORIE (ab Urbe condita)
POLIBIO - STORIE
APPIANO - BELL. CIV. STORIA ROMANA
DIONE CASSIO - STORIA ROMANA
PAOLO GIUDICI - STORIA D'ITALIA
UTET - CRONOLOGIA UNIVERSALE
I. CAZZANIGA , ST. LETT. LATINA,
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