ANNO 1986 (Pagine in costruzione) MESE DI NOVEMBRE

6 NOVEMBRE - Se alla Montedison inizia quella che sar� la lunga e scandalosa "questione"  della chimica in mano privata, ritenuta una operazione strategicamente scorretta per il Paese, perch� demagogicamente si teme il monopolio di un intero settore primario, termina invece in ben altro modo quello altrettanto primario del settore automobilistico, che si avvia verso il monopolio.

La "questione auto" in Italia non � nuova. Ancora nell'" Era Fascista", l'americana Ford dopo aver messo alcune centinaia di concessionari in Italia per la vendita delle sue auto, e dopo aver iniziato una campagna pubblicitaria (vedi Le Vie d'Italia del 1924-1926 - e fra i premi dei soci metteva in palio proprio delle Ford), era intenzionata a costruire alcuni stabilimenti nella penisola per la costruzione di auto, veicoli industriali e per l'agricoltura. 
Al salone del Mappamondo, ci furono vivaci discussioni dei rappresentanti della casa torinese, e Mussolini pose il veto al colosso americano. La Ford rimase con le pive nel sacco, dovette rinunciare al suo progetto.

La "questione", auto straniere in Italia,  ritorn� sul tappeto con tutta la virulenza del caso nel 1980: quando l'IRI volendosi sbarazzarsi di un azienda che da anni non decollava per l'inefficienza del management, decise di mettere in vendita l'Alfa Romeo.

Avanzarono questa volta delle proposte di acquisto i giapponesi della Nissan, che non solo rilevavano l'azienda di Pomigliano d'Arco, ma erano intenzionati - con una societ� mista- a costruire ex novo un altro stabilimento.

Al governo c'era Cossiga, che autorizz� l'accordo tra le parti il 20 settembre. Ma in giro c'era gi� aria di "guerra". 
La Fiat sosteneva che il mercato dell'auto in Italia era arrivato alla saturazione, e che non c'era posto per altre iniziative, salvo compromettere l'occupazione. 
Il 31 Luglio si era dimesso Umberto Agnelli da amministratore delegato, gli era subentrato Cesare Romiti. Che prese in mano le redini del management, al rientro dalle ferie delle maestranze, fece trovare una lettera di licenziamento a 14.469 lavoratori del settore auto. Sotto la minaccia dei sindacati lo sostitu� con un altro provvedimento: 23.000 lavoratori in cassa d'integrazione a zero ore.
Vi rimandiamo ai gravi fatti che poi accaddero in settembre, in ottobre, e nel novembre del 1980: l'occupazione della fabbrica per 35 giorni, la marcia dei 40.000 quadri intermedi, l'invito al governo a tutelare (anche con la forza pubblica e con l'esercito) chi voleva lavorare.
Il Governo Cossiga fu liquidato con i franchi tiratori e fu rimpiazzato quattro giorni dopo da Forlani che appian� tutto, bocciando la finanziaria che comprendeva l'introito della vendita Alfa. La Fiat torn� a produrre abbondantemente auto senza pi� alcun timore di "stranieri in Italia".

Per coerenza snobb� l'acquisto dell'Alfa; del resto non rappresentava un pericolo come concorrente, visto che le auto che uscivano da Pomigliano D'Arco, per lo spreco e l'inefficienza, non conveniva certo allo Stato produrle perch� si vendeva a cento quello che costava alla produzione 200. La si teneva in piedi solo per fare dell'assistenzialismo locale.

Per alcuni anni in questa condizioni l'Alfa non causa di certo a Torino nervosismi. Ma quest'anno la "questione" torna a interessare i politici e anche ovviamente  l'azienda torinese. Infatti la volont� dello Stato di vendere l'azienda sempre in deficit torna sul tappeto, e le offerte arrivano un'altra volta dalla Ford. Fibrillazione a Torino, che inizia degli incontri a maggio, ci sono poi delle trattative, si fanno offerte e infine il 6 novembre l'azienda torinese viene preferita. L'Alfa � sua, e la Ford torna - per la seconda volta- a fare le valigie per andarsene a casa.  
In questo caso (diversamente dalla Montedison o Enimont) l'azienda automobilistica privata, che � ormai un monopolio non � per i politici un settore strategico. 
Anzi si dia la "benedizione" al liberismo e al monopolio privato.

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