ANNO 1977 -  MESE DI MARZO

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11 marzo incidenti a Bologna

3 - 10  MARZO - SCANDALO LOCKHEED - Le due camere riunite sono chiamate a deliberare sull'incriminazione di GUI e TANASSI per lo scandalo Loekheed. Il 10, dopo sette giorni molto sofferti, ritenendo gli indizi sufficienti, parlamentari e senatori votano  il rinvio a giudizio dei due ex ministri dinanzi alla Corte costituzionale per corruzione aggravata  ai danni dello Stato
(non era mai accaduto in passato)

Sette giorni di tensioni, poi nell'aula in un silenzio tombale alla fine dell'ultima giornata convulsa, viene letto da INGRAO il verdetto: LUIGI GUI, 487 voti a favore per il rinvio a giudizio, 451 contrari. L'ex ministro si alza dal suo banco ed esce in un agghiacciante silenzio, con nessuno, nemmeno uno del suo partito a confortarlo, come se avesse addosso la "lebbra". Dir� poi ai cronisti: "Mi hanno giustiziato, ha prevalso la volont� del PCI. I comunisti  sono stati assecondati per motivi opportunistici, di calcolo o di paura. Quando in un Paese si sovrappone la politica alla giustizia, si incominciano a compiere esecuzioni politiche, si sa come si comincia ma non si sa come si finisce. Quando un mondo vuole purificarsi   (da quando  mondo � mondo) si comincia sempre cos�, con il sacrifico degli innocenti"

TANASSI (del PSDI, poi PSU, poi PSI, poi ancora PSU) - nemmeno lui � privo di "amici" franchi tiratori) era invece assente dall'aula; per lui 513 voti per il rinvio a giudizio, 425 contrari. Commenter�  anche lui "Si � votato secondo gli schemi dei partiti. Quando il PSI non ha ritenuto opportuno al suo interno di sottoscrivere  il mio rinvio a giudizio, c'� stata una sollevazione generale". Anche lui � stato spinto al "sacrificio", ad immolarsi sul "patibolo".

Sono stati inutili gli accorati appelli del giorno prima di MORO, che nonostante tanta amarezza (questa l'abbiamo riportata e letta e ascoltata lo scorso anno durante la sua sofferta elezione a presidente della DC) fa un discorso duro, tutto difensivo sugli uomini incriminati, dove  c'� la presunzione della piena innocenza, o c'� solo la fierezza "di un politico" della vecchia DC, oppure la pretesa di conservare quella sorta di area di impunit� totale con le solite e solide profonde radici trentennali.
"Per tante ragioni, colleghi che ci avete preannunciato il processo sulle piazze, vi diciamo che NOI... non ci faremo processare.... e non sottovalutate la grande forza dell'opinione pubblica...che da pi� di tre decenni, trova nella DC la sua espressione e la sua difesa"
Dice "NOI", ma Moro � solo!

Un discorso duro, e se nella Dc  il condannato � Gui, lo sconfitto � soprattutto Moro nella "versione forte" ma  inutile, che molti suoi colleghi (pi� realisti) dicono perfino sbagliata perch� negli ultimi tempi la DC non ha pi� la forza di imporre il suo gioco col suo sistema di rapporti e di alleanze come avveniva in passato. Mentre Andreotti ha invece bisogno di ossigeno senza star a guardare di che colore �. - DE MITA non ha dubbi sul  fallimento di Moro "La questione era politica, e quindi  doveva essere gestita diversamente, e non irrigidirsi". Infatti,   Moro ha fatto gravare sul Parlamento il peso di pressioni vicine al ricatto prospettando grosse "turbative" al quadro politico se non si fossero portati a salvamento i suoi ministri.

Insomma la difesa di Moro "noi siamo tutti innocenti" ha rovesciato clamorosamente proprio quel "pregiudizio politico" che fino ad allora, proprio lui, era andato attribuendo agli altri. Un clamoroso errore proprio nel momento  in cui c'erano richieste di solidariet� che, per le occasioni e i modi che le avevano suggerite, diventavano sempre pi� appelli alla convivenza se non addirittura alla pragmatica complicit�.

Infatti, l'arringa fiera di Moro non ha nemmeno impressionato l'interessato ANDREOTTI che sta guidando il governo della "non sfiducia". Quando MORO finito il duro discorso esce dall'aula, nei corridoi, con il volto ancora serio e cupo, Andreotti lo saluta appena, passandogli davanti.

Del resto, colleghi, amici e avversari di Moro sono tutti d'accordo nel negare ripercussioni sul quadro politico. GALLONI (vice segretario della DC) � lapidario "Mi spiace per GUI, ma non ne facciamo conseguire un cambiamento politico". Gli fa eco PAIETTA del PCI:  "Non pensiamo che il voto abbia turbato il quadro politico. Il Parlamento ha risposto alle attese del Paese al di l� di tutte le voci di baratti e di intrighi" (Ma non erano solo voci! Lo scrivevano i giornalisti e gli intellettuali comunisti alla luce del sole, anche sullo stesso organo del PCI, per non parlare del Manifesto). Ma bastano queste due frasi di Galloni e di Paietta, a voto concluso, per spazzare via le paventate "turbative" e i "foschi scenari" prospettati dal pessimista Moro.

MAGRI e la CASTELLINA (PDUP gruppo Manifesto) sono poco soddisfatti, "Questa sarebbe l'occasione a perseverare"   "Questo � il primo passo: Bisogna andare avanti. La corruzione non � dei singoli, ma del regime DC". - PANNELLA � invece abbastanza entusiasta "Prima vittoria politica  e morale del Parlamento contro il regime DC". - PERTINI va ripetendo e borbottando fino alla noia "E' stato un atto di civilt�". - ANDERLINI (sinistra indipendente): "La classe politica non � fatta di omert�. L'arroganza � stata punita". Ma sono solo gli entusiasmi di un mattino.

Sembra infatti, tutto idilliaco. Ma non � affatto cos�. ANDREOTTI deve assorbire il  giudizio pronunciato in aula con il voto, ma anche abilmente far dimenticare a BERLINGUER che lo sta appoggiando, il discorso "minaccioso" di MORO.
Non averlo applaudito Moro, ed evitando di complimentarsi o di commentare il suo sfogo, � gi� un criptico segnale per far decantare le passioni e le ostilit�, e nello stesso tempo per evitare pericoli pi� gravi. Come quello di essere presi dal panico, credere allo sfascio preannunciato da Moro e arroccarsi immediatamente a destra. Questa sarebbe una pericolosa sfida ai comunisti   che l'abile ANDREOTTI (il famoso governo Tambroni di 17 anni fa, lui non l'ha dimenticato) sa che non rende e porterebbe solo a una crisi. Punta dunque all'equilibrio, affiancato dai suoi pi� stretti collaboratori che vanno ripetendo quello che � il suo pensiero: ironico, serafico, rassicurante, che "Le crisi di governo si aprono sui problemi reali del paese, e (minimizza) non per queste cose". Poi lo rassicura ancora di pi� DE MITA "L'atteggiamento dei comunisti mi pare sereno, senza iattanza". (La Repubblica, prima pagina, 11 marzo, 1997). (Figuriamoci i militanti comunisti che leggono, "ma che cos'� questa roba?  un inciucio?"). 

L'unico inviso ora � MORO, che nelle vesti di Cassandra in aula ha fallito in pieno, sia da una parte della staccionata e sia dall'altra. Come abbiamo visto, nessuno  ha dato importanza alle sue parole. Dopo l'errore di aver accettato lo scorso anno la umiliante presidenza, ora deve accettare anche quest'altra  umiliazione: non una voce, non un rigo di approvazione sulla sua filippica, tutti hanno preso le distanze, e paradossalmente, lui che aveva sempre espresso la vigorosa esigenza di un contatto con le correnti di sinistra, ora gli auspicati incontri avvengono senza di lui e  stanno costruendo la base del  successo politico dei suoi colleghi, fino a ieri sulle sue idee e scelte, sempre ostracisti.

MORO aveva dimenticato troppo in fretta il 1969 quando lui aveva inaugurato la "strategia dell'attenzione" nei confronti del PCI e gli altri su quella base costruirono poi il loro successo congressuale, scippandogli l'idea. Ripete il grave errore in questa circostanza: e dopo aver inaugurato lui il "compromesso" ora l'uomo � diventato un grosso ingombro e sta per essere messo da parte, perch� chiamato a gestire il compromesso sar� ANDREOTTI.
Il prossimo anno far� il terzo, il suo ultimo e il pi� fatale errore:  s'inventa la "maggioranza programmatica" col PCI; ma lui  al varo, non sarà solo assente, ma sarà gi� morto politicamente e poche settimane dopo morto anche fisicamente, assassinato.

Questo terzo errore era l'entrata dei comunisti nel governo. Con  lui gi� in pectore presidente della Repubblica (con il PCI schierato in suo favore)  la prospettiva (ormai certa) di sette anni di "riconoscenza" alle forze di sinistra a qualcuno non piaceva proprio.
Dopo le due precedenti strade senza sbocco, alla terza s'era cacciato in un vicolo cieco. Nella prima ('69) dentro la DC pass� all'opposizione;  nella seconda (lo scorso anno, in marzo - salvo andarsene a casa finito per sempre) accetta  una presidenza con i voti di supponenti ex amici; infine nella terza e ultima strada non esisteva il minimo spazio per qualsiasi alternativa. Era un ingombro, molto pericoloso, una vera "bomba" vagante in mezzo a tutta la politica italiana.

E se nelle prime due strade ci fu molto imbarazzo nel farlo passare, nella terza, ci fu la paura, perfino il terrore della sua "...rotta verso Marx portandosi dietro i fedeli di Cristo".( Card. Siri, alla morte di Moro)

11 MARZO - A un giorno dall'autorizzazione a procedere contro i due potenti uomini di governo, la situazione all'esterno � caotica. Ci sono i non soddisfatti che vorrebbero incriminare  altri uomini della DC e auspicano un rinsavimento di Berlinguer. Ci sono i felici che hanno visto finalmente impallidire la DC dopo trent'anni. E ci sono quelli che invece ritengono il processo tutta una farsa.
Tutti costoro si ritrovano a fare manifestazione e contromanifestazione in ogni parte d'Italia.  Contro il governo Andreotti, scontrandosi con quelli che lo appoggiano. Dopo Roma, gli scontri pi� violenti avvengono a Bologna con le stesse caratteristiche. (leggi prima pagina sopra in apertura). Tensione altissima fra i ("sporchi rossi") militanti di Autonomia e i ("sporchi fascisti") militanti di  Comunione e Liberazione. Provocazioni in entrambe le parti come  a Roma, con slogan e scritte (quelli sopra tra virgolette) e  nervi saltati, e poi scontri tra i due schieramenti, serragliamenti, occupazione dell'Universit� con il rettore che sollecita l'intervento della polizia appoggiato dai ciellini. Ed � guerra vera. Il centro della citt�  � sconvolto dalla guerriglia. Distrutta la libreria di CL, assalto al commissariato; sparatorie, lacrimogeni, raffiche di mitra, fino a quando cade fulminato da una pallottola FRANCO LORUSSO,  fin dal 1972 nelle file di LC, molto conosciuto a Bologna. La citt� vive attimi di tensione altissima per tutta la notte dopo che in Tv, � comparso con la solita calma, ANDREOTTI. Commentando il drammatico accaduto ha un'uscita poco felice: "Invito i giovani a una reazione morale. Quanto � accaduto � normale e fatale, dato lo stato in cui versa l'universit�".
Ci mancavano queste due parole per mobilitare la piazza.

I compagni della federazione provinciale   di LC , chiamano a raccolta tutta Italia.  Ricordano il loro compagno sul giornale (su quello sopra, in apertura) e scrivono: "La reazione ci sar�, domani,  a Roma, a Firenze, a Torino, a Milano. E alla Polizia di COSSIGA e al governo di ANDREOTTI, i giovani, i compagni di Lorusso, gli antifascisti, gli operai, si ribellano con energia (e concludono parafrasando Moro. Ndr) I conti (i processi ) si faranno proprio sulle piazze, oggi e nei prossimi giorni".

12 MARZO - Da tutto il centro Italia i militanti di LC si concentrano a Roma per una grande manifestazione. Al mattino ci sono gi� centinaia di migliaia di partecipanti.  La situazione diventa incandescente quando COSSIGA (appellandosi all'ordine pubblico) non autorizza la manifestazione e impedisce il corteo programmato da Piazza Esedra a Piazza del Popolo. Nel frattempo si sono organizzati gli "altri" a dare il "benvenuto".  Lasciati tutti allo sbando nelle vie della capitale, � guerra; distruggono negozi, assaltano sedi di commissariati, con zuffe, cariche, risse e scontri fino a sera; per fortuna senza gravi incidenti..
A TORINO va peggio. Nello stesso giorno viene assassinato un brigadiere. GIUSEPPE CIOTTA. Il 22 tocca a un altro agente di PS a Roma, assassinato dai nappisti: CLAUDIO GRAZIOSI.

30 MARZO - LA SCALA MOBILE - (I punti di Contingenza) - BERLINGUER e i sindacati sono stati  convinti dal governo! (plagiati dicono alcuni).  Il provvedimento a cui hanno acconsentito � quello di "sterilizzare" la "scala mobile". Togliere cio� alcuni prodotti che rientravano normalmente nella spesa quotidiana di un lavoratore e lasciare quelli che pochissimi invece acquistavano. Il "paniere" era piuttosto anacronistico: comprendeva ancora il carbone che nemmeno pi� si trovava, o le   sigarette Nazionali che  si vendevano a un prezzo (politico) irrisorio (per non far salire la scala mobile) ma che nessuno poi trovava perch� limitatamente prodotte. Se una tabaccheria faceva la richiesta settimanale di 1000 stecche ne mandavano 5, e dopo un 'ora erano finite. (questi "trucchi" a Forcella, a Napoli,  li fanno meglio, perfino con pi� eleganza).
Nella sterilizzazione la legge di mercato non era stata presa in nessuna considerazione, infatti, i prodotti inseriti o non c'erano o non aumentavano perch� erano proprio quelli che le famiglie normalmente non acquistavano pi�, di conseguenza la domanda non c'era e quindi il prezzo non saliva, e la scala mobile non si muoveva. Mentre quelli che in effetti veramente si consumavano, e fra questi quelli diventati quasi necessari (si pensi ai detersivi - ignorati  con 6 milioni di lavatrici -  al loro posto figurava il sapone da bucato!) si lasciarono al mercato libero, con aumenti costanti del 20/25% annuo (che correvano in parallelo all'inflazione o calcando la mano si adeguavano alla forte domanda)

Il meccanismo  "turlupinatore" era, che se i prodotti  del paniere subivano un aumento di prezzo sul mercato, il totale della percentuale con un particolare coefficiente determinava un punto di contingenza che tradotto in moneta andava a compensare l'aumento del costo della vita. In pratica assorbiva l'inflazione. Ma "sterilizzato" il "paniere", il provvedimento fu una presa in giro dei lavoratori. Nel vedere poi l'accordo siglato anche dal capo della classe operaia e dai sindacati, ci fu delusione e amarezza, e non desta meraviglia se sta iniziando ora l'indebolimento di quel   rapporto diretto e continuo che negli ultimi anni invece si era formato e consolidato sia nei confronti del PCI sia negli stessi sindacati.

Sono errori che pagher� BERLINGUER (abbiamo letto la sua amarezza e le sue ammissioni nel 1981 che abbiamo anticipato gi� in questo gennaio), e pagheranno i SINDACATI, quando la loro rappresentativit� entrer� in crisi nella famosa "marcia dei 40.000" dei quadri intermedi a Torino, concludendo un decennio di lotte operaie. Anni in cui i sindacati di cose pregevoli ne fecero, ma gli errori furono tanti, e simili a quelli dei governi: errori di verticismo, di burocratismo, di opportunismo, distacco dal reale, politicizzazione sempre pi� marcata che andranno sempre di pi� a indebolire il rapporto con le masse nel corso di quelle utopistiche esperienze berlingueriane con i governi delle larghe maggioranza di solidariet�.

Il Paese nel corso di questi tre anni, nel vuoto di potere, aveva imparato a camminare da solo, lo abbiamo gi� evidenziato, e nell''80 prese l'iniziativa di scrollarsi di dosso le concertazioni (i compromessi senza la partecipazione della base, neppure con il voto - le giunte che nascono sono per alcuni veri pugni nello stomaco) e infine troviamo - sempre agli inizi degli anni Ottanta - l'imprenditoria a riprendersi il management delle imprese.

FINE MARZO

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