ANNO 1968 - (provvisorio)
( Anno 1968 - Decima Parte )
'68
- COME REAGI' |
INTERVISTE
1988 - Intervista al professor Deotto, rettore dell�Universit� Statale di Milano durante gli anni pi� violenti e difficili
�LO STATO ITALIANO ERA PRATICAMENTE ASSENTE�
Il professor Romolo Deotto (scomparso nel 1992) � stato rettore dell'Universit� Statale di Milano dal 1969 al 1972, negli anni difficili. Dopo la laurea in medicina e chirurgia inizia la carriera come assistente del professor Rondoni nel 1934. Cattedra di microbiologia a Sassari dal 1949 al 1956, poi a Milano dal 1956 al 1981. Negli stessi anni dirige anche l'Istituto di microbiologia della Facolt� di medicina. Questa intervista � stata concessa al mensile �Historia� nel marzo del 1988.
Professor Deotto, lei � stato rettore dell'Universit� Statale di Milano dal 1969 al 1972. Anni di fuoco. Qual era la situazione al momento della sua nomina?
�Nel novembre del 1969, quando sono stato eletto, molto era gi� cambiato dalle iniziali motivazioni che erano alla base dell'agitazione studentesca. Non che all'inizio mancassero i motivi per uno scrollone all'organizzazione universitaria. La fine della guerra aveva trovato l'universit� di Milano annichilita, come le altre, nelle diverse componenti: carenze di strutture, di attrezzature, di personale docente; c'era urgenza di una riforma che ricreasse l'universit� come centro di studio e di ricerche, ma gli appelli sempre pi� pressanti delle autorit� accademiche a livello ministeriale erano praticamente inascoltati, il Parlamento era sordo ai nostri problemi, i progetti di riforma erano impelagati nei bizantinismi dei politici e nelle velleit� dei tecnici, le amministrazioni universitarie erano abbandonate a dibattersi con gli enormi problemi economici di gestione...�
In queste condizioni come ha retto il corpo docente, come ha fronteggiato le necessit� della ricerca e dell'insegnamento?
�Quanto � stato realizzato di buono in quei tempi � stato dovuto certamente allo spirito di sacrificio e all'intraprendenza di singoli professori, i quali erano, sono e saranno sempre diversi fra loro per intelligenza, cultura, carattere, patrimonio morale�.
Secondo lei il Sessantotto � stato un giusto �redde rationem"?
�Che in queste condizioni dovesse prima o poi scoppiare un Sessantotto era prevedibile e in un certo senso auspicabile. La situazione mi ricordava un motto del Quinto Reggimento Alpini: "Niente da fare, tutto da rifare". Quello che effettivamente accadde nel Sessantotto lo possiamo rileggere in parte nella stampa quotidiana dell'epoca ma lo ritroviamo straordinariamente identico in una memoria dei primi anni dell'Ottocento relativa a quanto accadde all'universit� di Torino sotto l'influenza della Rivoluzione francese: l'occupazione degli istituti, con grave compromissione della didattica e della ricerca, la richiesta di un miglioramento della didattica (richiesta sacrosanta ma non realizzabile con le strutture e il personale insegnante a disposizione), l'istituzione dei gruppi di studio, realizzati in diversi casi con risultati positivi ma limitati sempre a problema nella sua globalit�. Queste le direttive generali dell'agitazione studentesca del '68.
Diversa l'evoluzione dal '69 al '72�73. La massa degli studenti si divise fra quelli che volevano un miglioramento della didattica e coloro che politicizzarono fortemente il Movimento. E questi ultimi prevalsero con la violenza: picchetti all'ingresso della Statale per impedire l'ingresso di studenti di diversa ideologia, etichettati come fascisti, e per ispezionare e perquisire chiunque entrasse, docenti compresi; guerra alla meritocrazia; esami di gruppo e il "27" assicurato; frequenti gli atti di intolleranza nella sede universitaria con relative invasioni, interruzioni delle sedute del Senato Accademico e del consiglio di amministrazione. �La situazione venne ulteriormente aggravata dalla cosiddetta "legge Codignola", che, aprendo la facolt� a studenti italiani e stranieri in possesso di un qualunque titolo di studio medio-superiore, fece crescere vertiginosamente le immatricolazioni anche di stranieri che non avrebbero avuto accesso, con il loro titolo di studio, in nessuna universit� del mondo�.
Quale fu, in questa situazione, la risposta del Palazzo sia a Roma sia a Milano?
�Scrupolosamente silente il ministero della Pubblica Istruzione di fronte alle ripetute denunce del rettore, silente la Procura della Repubblica di fronte alle denunce inoltrate, silenti le autorit� cittadine per ragioni politiche, forse pensando che fosse meglio che le baraonde studentesche avvenissero nel chiuso dell'universit� piuttosto che nelle strade milanesi. Unica proposta delle autorit� municipali: trasferire direttamente agli studenti il sussidio che il Comune aveva fino ad allora versato all'amministrazione universitaria. Unica proposta delle autorit� governative: costituire all'interno della sede universitaria un posto di polizia, proposta rifiutata dal rettore�.
Come reag� il corpo docente in questa fase?
�Nella stragrande maggioranza e senza distinzione di credo politico ha svolto il proprio incarico con dignit� e senso del dovere, pur fra disagi psicologici e materiali. Qualche pavido, qualche �uomo-guida� in buona fede, qualche furbo. Riassumendo: molta onest�, qualche caso di onest� �compensata� (il termine viene dal linguaggio medico: con la definizione "cuore compensato", ad esempio, s'intende un cuore che regge soltanto se non viene sottoposto a sforzi)�.
Che cosa pensa di tutta questa vicenda, vissuta in prima persona?
�Non ritengo corretto esprimere un mio giudizio che enuclei la vicenda, indubbiamente importante, dagli avvenimenti quotidiani di questa nostra Repubblica. E allora non mi resta che concludere mestamente �chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato�. Perch� non ne facciamo l'inno nazionale?�.
Come reag� la classe dirigente di fronte al fenomeno?
Risponde un autore che ha scritto due libri sul "problema �68"
LA VECCHIA TECNICA:
ATTENDERE
PERCH� NULLA CAMBIIntervista a MICHELE BRAMBILLA, giornalista del "Corriere della Sera", autore
di due libri riferiti a quegli anni, "L�eskimo in redazione" e "Dieci anni di illusioni".
Perch� il Sessantotto italiano dur� dieci anni mentre altrove si concluse in pochi mesi?�Perch� in Italia c'� la cattiva abitudine a non affrontare i problemi. Di fronte alle rivendicazioni - degli studenti prima e degli operai dopo - le istituzioni non diedero risposte, limitandosi, come sempre, ad aspettare che il fermento si esaurisse da s�. Questa tendenza, purtroppo, c'� ancora. Quando inizi� Tangentopoli, i giornalisti, e in generale l'opinione pubblica, pensavano si trattasse di qualcosa di molto pi� incisivo della solita inchiesta sulla corruzione. I politici invece - sia a Roma che a Milano - consideravano l'azione del pool "Mani pulite" come un fenomeno provvisorio, ed erano convinti che Di Pietro sarebbe finito a dirigere il traffico a Gallarate. Nel '68 la classe politica commise lo stesso errore: lasci� che le cose decantassero, e rinvi� ogni decisione sia sull'organizzazione degli studi sia sulle modifiche salariali. La situazione, come sappiamo, non decant�, ma si incattiv� e degener�. In Francia, De Gaulle ascolt� da subito studenti e operai, concedendo loro quanto possibile; poi, dinanzi a richieste eccessive e a metodi violenti, rispose con un gesto risoluto. Con ci� non voglio dire che mi sarebbe piaciuto vedere i carri armati nelle piazze d'Italia. Dico solo che se la classe politica avesse saputo dire i s� e i no al momento opportuno, le cose sarebbero andate diversamente�.
La contestazione si � manifestata in diversi Paesi, connotata per� da un comune denominatore: la critica ai valori di una societ� bigotta e ingessata.
�La societ� occidentale. Il '68 - � importante dirlo - � sorto nella parte pi� ricca e democratica del pianeta. Non si trattava certo della societ� migliore che si potesse immaginare, ma di sicuro non era la peggiore, considerando che si contendeva il campo con l'Urss da un lato e con le dittature latino-americane dall'altro. Il '68, quindi, si � affermato in quei luoghi dove c'era benessere. Ma a un certo punto la generazione che di quel benessere si � nutrita sin dall'infanzia ne ha scoperto l'incompletezza. Generalizzando, possiamo dire che il modello sociale di quei tempi - l'"american way of life", cio� la villetta, la moglie, il bel lavoro, la macchina - non rispondeva adeguatamente alla domanda di senso che i giovani avevano dentro. Cos� si � diffusa un'insoddisfazione generale�.
In seguito, gli avvenimenti hanno avuto sviluppi differenti. Negli Usa la protesta ha imboccato la via del pacifismo, in Europa si � abbracciato il marxismo-leninismo. Perch�?
�Perch� negli Usa il pacifismo era legato a un fatto contingente: il Vietnam. C'erano uomini che andavano in guerra, e le famiglie si sfaldavano: le madri vedevano partire mariti e figli, le fidanzate perdevano i fidanzati... insomma, esisteva un motivo concreto per mettersi contro la guerra. Inoltre negli States, per ragioni culturali, Marx non ha mai fatto proseliti. Nell'Europa occidentale, invece, il marxismo aveva le sue origini. Ecco che, quando � scoppiata questa rivolta, ci si � illusi di poter rispondere alla domanda di senso che i ragazzi avevano dentro con l'ideologia, ed � venuto fuori il pasticcio che sappiamo. Tant' � vero che, in seguito, sono nati migliaia di movimenti di estrema sinistra, ben lontani, per�, dall'ortodossia sovietica o dello stesso Pci�.
Come si comport� la stampa di fronte al Movimento?
�Dapprima con sufficienza. C'� stato un indubbio ritardo - da parte della stampa cosiddetta borghese - nel capire cosa stesse accadendo. I giovani venivano chiamati con disprezzo "capelloni", il giornalismo era legato a vecchi schemi, lo Stato aveva sempre ragione, le istituzioni erano sacre, Polizia e Carabinieri dicevano sempre la verit�... di fronte a una generazione che rifiutava in toto questo mondo lo scontro divenne inevitabile. Poi � subentrata la faziosit�: quando si � visto da che parte tirava il vento, tutti lo hanno seguito. E' il solito discorso delconformismo: la stampa fu tutta fascista durante il ventennio, tutta antifascista tre giorni dopo il 25 aprile e cos� via. Di fronte alla prima protesta tutta l'informazione fu "reazionaria"; poi, quando divent� di moda essere sessantottini, anche i giornali borghesi si misero l'eskimo�.
Massimo Fini, ricordando la figura mitica di Che Guevara, parla di una generazione che covava �incoffessabili pulsioni di guerra e violenza�. Come � stato possibile passare dai "fiori nei cannoni" alle spranghe e ai cubetti di porfido?
�La ragione di questo passaggio sta nel fatto che il pacifismo dei primi tempi era strumentale, diretto a senso unico contro l'occidente. Mai si ebbe una protesta contro quello che accadeva nei regimi comunisti. Io non ho mai creduto al pacifismo di costoro. Guardiamo i fatti: quella generazione ha scatenato una rivolta violenta; come si pu� pensare che da un albero pacifista nascano frutti violenti non lo so. Ha ragione Fini. La dimensione generale del fenomeno � stata di rottura, e in molti si sono accodati senza sapere di cosa si trattasse. Era tutt'altro che una rivolta pacifista�.
Non tutti, per�, si accodarono. C'erano anche ragazzi per i quali la vita di tutti giorni era costituita dalla motocicletta, dalle prime cotte, dallo studio. Fu una "maggioranza silenziosa" ante litteram?
�No, fu una maggioranza inerte. Come sempre, i piloti della storia sono i piccoli gruppi. La Bastiglia fu presa da una piccola parte della popolazione di Parigi, cos� come la Resistenza fu opera- secondo i dati dell'Associazione Nazionale Partigiani Italiani - di circa 170mila persone. La maggior parte sta sempre dietro le finestre a guardare�.Questa minoranza attiva fu davvero spontanea o fu pilotata?
�All'inizio fu spontanea. Non ho mai creduto ai grandi complotti a tavolino. Intendiamoci, i complotti ci sono. Per� pensare che qualcuno, a un certo punto, abbia deciso di far scoppiare simultaneamente una rivolta ovunque - nello stesso periodo e nello stesso anno - mi sembra un insulto all'intelligenza. Poco dopo, il timone della protesta fu preso dalla sinistra. E subentr� una grande ipocrisia, che fu cieca - per esempio - davanti ai carri armati sovietici a Praga�.Procedendo per sommi capi, si pu� dire che quella fu una protesta giusta nei contenuti ma sbagliata nei metodi?
�E' difficile dire esattamente quali fossero i contenuti, perch� c'era molta confusione. Io posso condividere l'insoddisfazione legata a molti aspetti della societ� di quel tempo. Si contestava la Chiesa, l'esercito, il partito. Tutto ci� pu� essere comprensibile. Ci� che non condivido � l'idea di sostituire la societ� ingessata con una priva di quasiasi regola. Questo era quel che si voleva, e questo - accanto ad altri fattori - ha spalancato le porte alla droga. La quale - � storicamente provato - � stata introdotta in Europa dall'oriente ai tempi delle Crociate. Solo che non � mai attecchita perch� il modo di pensare, nel Medioevo, aborriva l'idea di procurarsi dolore. Nel '68 si afferm� invece l'idea della liberazione da ogni tab� e - grazie anche a fior di libri che lo sostenevano - ci si convinse che la droga fosse uno strumento di liberazione personale. Questa mentalit� ha favorito la diffusione della tossicodipendenza. Certo, i narcos e gli spacciatori non sono sessantottini, ma hanno trovato terreno fertile. Se sono riusciti a guadagnare in quel modo, � merito di quella mentalit�. Questo � stato uno dei risultati tragici del '68. Poi ci fu l'ideale della coppia aperta, per reagire a una certa ipocrisia della vita matrimoniale. Ci� ha condotto a una societ� dove la famiglia � relegata in secondo piano. Sono utopie non condivisibili, che vanno contro la natura dell'organizzazione umana. E alla fine dei conti, chi idealizzava la copiia aperta dava di matto per la gelosia non appena la sua ragazza andava con un altro. Insomma, per reagire a cose sbagliate hanno proposto modelli ancora peggiori�.Mettiamo a confronto questi due pareri sul '68. Vittorio Foa: �Una risposta ad opera di una minoranza di giovani che � riuscita a diventare un'avanguardia e a spostare vecchi modi di pensare�. Franco Battiato: �Una buffonata, puzza di semplice incazzatura�. E Battiato non � certo di destra. Chi ha ragione?
�C'� del vero in entrambi. Istintivamente darei ragione a Battiato, anche in virt� di quel che ho vissuto in prima persona frequentando le scuole superiori al centro di quegli anni, dal '72 al '77. Ma Foa ha ragione quando parla di cambiamenti. Il '68 ha perso politicamente, ma ha inciso nei costumi, talvolta anche positivamente. Mi riferisco alla critica alle istituzioni: da allora si smise di prendere come verit� rivelata tuttoci� che proveniva da esse. Fu un merito anche l'aver ridicolizzato certi formalismi nei rapporti tra le persone. Tuttavia - a mio avviso - il risultato complessivo non � soddisfacente. Non mi pare che da quelle istanze sia sorto un mondo migliore rispetto a quello di prima. Il mondo odierno � ancora pi� capitalista e consumista di quello che si combatt�. In pi�, sono stati spazzati certi valori, quali una certa parsimonia, un certo senso del rigore che privilegiava aspetti pi� trascendenti e meno materiali. C'� una citazione dal Vangelo che dice: �La bont� dell'albero si vede dai frutti�. E i frutti che raccogliamo oggi non sono migliori di quelli di prima�.
di IGOR PRINCIPE
Ringrazio per l'articolo
concessomi gratuitamente
dal direttore di