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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNO 1939 (4)
RAPPORTI DOPO L'INTERVENTO IN SPAGNA

Invece di dare interpretazioni (le posteriori sono facili a farsi), ci atteniamo ai testi ufficiali dell'anno XVIII (11-12-1940) - Integrali.
Sono di parte, ma di parte diventano solo dopo; al momento questa era l'informazion ( tutta legata al carro)
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Nella fitta rete degli avvenimenti, di cui è intessuta la storia delle relazioni internazionali, non pochi ti è dato trovarne, dei quali gli uomini politici facevano gran conto nel calcolo dei loro interessi, ma che, al tuo occhio lontano, appaiono ormai senza rilievo sull'uniforme volgere del tempo; altri invece vengono per te in netto risalto, superando di gran lunga le aspettative che avevano potuto suscitare. Gli è che gli uomini sono soliti giudicare proiettando nel futuro questa situazione d'interessi che è legata, nei suoi sviluppi, ad un passato troppo vicino per essere da loro consapevolmente conosciuto.
Tu diventi consapevole del passato, quando arrivi a riconoscerlo come tale nel tuo presente, cogliendo i due termini nel distacco che te li contrappone: tra l'uno e l'altro di essi è la zona incognita del presente che si fa passato, della cronaca che non è ancora divenuta storia.
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RAPPORTI DOPO L'INTERVENTO IN SPAGNA

"La rivoluzione nazionale spagnola ha preso inizio con una rivolta militare, scoppiata il 27 luglio 1936 a Melilla ed a Ceuta. Mentre il Marocco spagnolo cadeva nelle mani degli insorti, comandati dal Generale Francisco Franco della zona militare delle isole Canarie, altri focolai di rivolta si accendevano in diverse guarnigioni del territorio metropolitano: Siviglia, Cordova, Granata nella Spagna meridionale; Valladolid, Burgos, Saragozza, Pamplona nel nord; Toledo nella Nuova Castiglia furono i primi principali centri tenuti dall'insurrezione militare contro le forze governative, che allineavano le formazioni armate volontarie raccolte dai partiti dell'estrema sinistra al fianco delle truppe rimaste fedeli. Nei due centri più importanti di Madrid e di Barcellona la rivolta poteva essere soffocata dopo una breve resistenza: nel frattempo, dei veri e propri fronti di battaglia si venivano aprendo nei punti strategici del territorio spagnolo. L'insurrezione militare si allargava così fino a diventare una guerra civile : una sanguinosa guerra civile che per circa tre anni porterà gli spagnoli a combattersi sotto opposte bandiere con le armi più micidiali della guerra moderna.


L'esercito spagnolo non disponeva allora di un armamento moderno mancava di aeroplani, di carri armati, di artiglierie pesanti; aveva poche armi automatiche, scarse riserve di munizioni. I rivoltosi, specie le guarnigioni del Marocco, potevano essere anche abbastanza bene attrezzati per una breve campagna di guerra, ma non disponevano certo di sufficienti riserve di materiale, ed avevano contraria la marina da guerra che, per quanto gravemente minorata dalla perdita di moltissimi ufficiali, poteva sempre ostacolare gravemente i loro trasporti dal Marocco attraverso lo stretto di Gibilterra; i governativi avevano il vantaggio di poter contare sulla struttura statale e sopratutto sulle riserve della Banca di Spagna, e di avere nelle loro mani le principali industrie del Paese e le poche fabbriche d'armi. Se da una parte era schierato il meglio dell'esercito spagnolo, soprattutto dell'alta ufficialità; dall'altra parte, oltre alla marina, erano le grandi masse operaie trascinate dal miraggio di una rivoluzione egualitaria di stampo bolscevico. Per intendere le forze di queste masse, eccitate da un'abile propaganda sovversiva, bisognerebbe ricordare le arretrate condizioni politiche e sociali in cui versava la Spagna, tormentata dagli eccessi reazionari dei partiti conservatori - esigui nel numero, ma potenti nei mezzi e nelle tradizioni -, certo non meno che per le violenze dei partiti estremisti rivoluzionari. Una classe di nobili feudatari, affiancata da alcuni elementi ecclesiastici, aveva sempre tentato di soffocare nel Paese ogni impulso di risanamento sociale : i capi della insurrezione militare scinderanno la loro posizione da quella dei partiti della destra reazionaria, la renderanno indipendente da ogni vincolo monarchico e presenteranno al popolo un programma di rinnovamento morale e di riforme sociali.

Lo schieramento delle forze tra loro avverse metteva incerta la vittoria per l'una e per l'altra parte. Poiché l'insurrezione di poche guarnigioni aveva preso gli sviluppi di una guerra civile su tutto il territorio spagnolo, il segreto del successo, per ambedue i contendenti, era di saper durare fino all'esaurimento dell'avversario : all'uno ed all'altro occorrevano armi moderne di più efficace offesa, riserve di materiale bellico, personale militare specializzato e tecnico. Per questi rifornimenti, i « rossi » avevano notevoli vantaggi sui « nazionali » : anzitutto la frontiera comune con la Francia, retta anch'essa da un Governo di Fronte popolare; la grande dimestichezza con l'internazionale comunista e, in definitiva quindi, con la Russia stessa; da ultimo, la libera disponibilità delle riserve della Banca di Spagna.

Conviene inoltre tenere presente che, per quanto sopra si è detto, il momento appariva in generale abbastanza favorevole per eccitare in tutto il mondo un'efficace propaganda antifascista: dopo di che Franco, fin dal primo momento, fu presentato come il capo di un movimento fascista spagnolo, destinato a creare in Spagna un nuovo Stato totalitario sulla stessa impronta di quelli che si erano già affermati in Italia ed in Germania. Del resto, ancor prima che in questo sommovimento militare, che finì per accogliere diverse correnti di « destra » non sempre tra loro perfettamente intonate, prendessero ad affermarsi quei principi falangisti di rinascita nazionale e di ricostruzione totale, già l'Italia e la Germania avevano manifestato le loro solidarietà verso i ribelli antigovernativi. Il terreno sul quale era stata seminata e coltivata questa solidarietà era soprattutto il terreno degli interessi nazionali, reso però più adatto dai fertilizzanti ideologici che facevano ancor più appariscenti e rigogliose le fronde di questa collaborazione con l'Italia e la Germania.

Appena sistemato l'affare etiopico (la fine delle sanzioni è del 15 luglio), che tanto travaglio aveva reso alla vecchia Europa, Francia e Russia avevano scorto una pronta possibilità di facile rivincita nella repressione in Spagna di un sollevamento militare che avrebbe potuto, riuscendo, allargare la collaborazione del l'Italia e della Germania sul piano europeo; quanto a queste ultime: l'Italia voleva valorizzare in Europa, con un altro successo nel Mediterraneo occidentale, la sua vittoria africana; la Germania poi aveva tutto l'interesse ad impedire un componimento di compromesso fra le parti che si erano così vivamente scontrate a Ginevra per l'affare etiopico, ed in questo suo interesse era efficacemente coadiuvata sia dalla Francia che dalla Russia. Che lo fosse ad opera di quest'ultima non poteva essere motivo di meraviglia perché in fondo, già da allora, la diplomazia sovietica rivelava, sotto tutto il rumoroso contrasto delle loro opposte propagande, un certo parallelismo d'interessi con quella tedesca; altra era invece la posizione della Francia, dovuta principalmente alla miopia dei suoi governanti : e la prova di questo è offerta dal fatto stesso che nella fase conclusiva del conflitto spagnolo, soltanto la Francia ha finito per restarvi impegnata.

All'ultimo momento, quando le sorti erano già decise, la Russia ha subito fatto le viste di disinteressarsene, mentre l'Inghilterra, venendo anch'essa ad agevolare in un certo qual modo la vittoria di Franco, si adoprava a che la Francia non vi restasse - come forse questa voleva - definitivamente impegnata.

Questo contrasto d'interessi internazionali, che come ulteriore sviluppo del conflitto etiopico veniva ora accentrandosi intorno alla guerra civile spagnola, aveva delle ripercussioni ideologiche, anche immediate, affatto trascurabili per l'evoluzione della crisi che, da un anno ormai, travagliava il Continente. Al di qua ed al di là delle barricate spagnole furono inalberati dei gagliardetti con due formule di facile intuito : « lotta contro il comunismo », « lotta contro il fascismo ». Formule non vuote queste, anzi tanto ricche d'interesse e di significato, che finivano per riuscire comprensibili soltanto nelle loro più immediate rappresentazioni : le quali non erano poi che dei paraventi dietro cui si svolgeva l'effettivo gioco degli interessi nazionali e degli ideali politici. La vittoria di Franco, per vero, non è stata tanto, sul più immediato piano politico, una sconfitta del comunismo - anche perché, sul piano di una rivoluzione mondiale, il comunismo spagnolo, che in definitiva risultava quello veramente battuto, aveva un'importanza che non può essere esagerata - quanto, soprattutto, delle due democrazie occidentali: della Francia principalmente, e dell' Inghilterra solo mediatamente. E questa conclusione è perfettamente rispondente all'effettiva realtà di quelli che erano i veri termini del conflitto dietro le posizioni polemiche del momento.

I primi aiuti dall'estero per i « rossi » e per i « nazionali » furono prestati con l'invio di alcuni aeroplani, dei quali - come si è detto - erano privi ambedue i contendenti. I primi invii di apparecchi dalla Francia e dall'Italia risalgono ancora alle prime settimane dall'inizio del conflitto. Ebbe così principio quell'azione d'intervento che si protrasse sotto diverse forme, a favore dell'una e dell'altra parte, per tutta la durata della guerra civile spagnola : la quale diventò in tal modo un campo circoscritto di lotta dove venivano a precisarsi ed a misurarsi le forze di molti Paesi europei, tanto che la minaccia diventò più volte presso che irresistibile per una generale conflagrazione.

Ad evitare questo pericolo contribuì certamente, e non poco, quella posizione ufficiale di « non intervento » che venne assunta formalmente dai diversi Governi i quali davano a vedere d'ignorare gli aiuti di uomini e di materiali che partivano dai propri Paesi; naturalmente non già che l'opera del Comitato londinese del non intervento sia sta così efficace da impedire il classico “casus belli”, piuttosto è da credere che allora nessun Governo, nonostante le ricorrenti minacce, fosse effettivamente deciso ad affrontare una prova risolutiva : intendevano soltanto profittare del conflitto spagnolo mantenendosi entro i limiti di esso. Il successo arrise a coloro che seppero essere i più risoluti nell'assumersi il rischio di questa responsabilità.

La prima iniziativa per il non intervento fu presa dal Governo francese, il quale però v'impresse subito quella impronta di ambiguità che segnerà tutta l'azione del Comitato londinese. Nel primo progetto francese la proclamata astensione « da qualsiasi ingerenza diretta o indiretta negli affari interni della Spagna » doveva poi, in concreto, limitarsi all'embargo sui materiali bellici: a-parte il fatto che la contiguità della frontiera avrebbe agevolato ogni eventuale infrazione francese, quello che qui conta segnalare è il rigetto del controprogetto italiano che proponeva un'astensione integrale e concreta, la quale avrebbe dovuto impegnare i singoli Governi ad impedire ogni forma d'ingerenza, anche se non denunziabile come direttamente ufficiale.

Il rigetto venne motivato adducendo la speciosa argomentazione che in un Paese democratico l'autorità governativa non poteva vietare le manifestazioni private, quali le pubbliche sottoscrizioni di denaro o le partenze di volontari. Non vale qui riandare le lunghe diatribe sostenute al Comitato londinese del non intervento per tutta la durata del conflitto, basterà ricordare che progressivamente si giunse a vietare ogni forma di assistenza fino a sancire, ed attuare in parte, il rimpatrio dei « volontari » combattenti per il Governo repubblicano e per la Giunta Nazionale, costituita a Burgos. Inesauribili furono le discussioni sui mezzi di controllo da attuare a garanzia degli impegni assunti ; la raccolta dei verbali del Comitato di non intervento costituisce un saggio non privo d'interesse sulla raffinata impostura della moderna diplomazia: non una delle parole, che infinite furono pronunciate in quel consesso internazionale, aveva rispondenza alcuna nelle intenzioni di chi le pronunciava.

La comnedia era per tutti manifesta, pure poteva essere continuata con la più imperturbabile serietà. I metodi e l'esperienza ginevrina avevano trovato sulle rive del Tamigi i loro effetti più brillanti : la Società delle Nazioni, cui era stato affidato il compito - più che dai programmi wilsoniani, dalla sincera credenza di innumerevoli folle - di risanare la vita internazionale, aveva finito per corromperla a tal punto da rendere possibile per quasi due anni e mezzo, non più nel segreto delle Cancellerie, ma al cospetto stesso della opinione pubblica internazionale, la rappresentazione di questa commedia dell'impostura diplomatica.

La guerra di Spagna seguiva intanto i suoi sviluppi, segnati dalle tappe di una dolorosa « via crucis ». Divenuto Capo del nuovo Stato spagnolo, il Generale Franco assumeva la prima responsabilità politica e militare della causa nazionale. Il valido aiuto portatogli dall'Italia e dalla Germania non valse soltanto a bilanciare gli abbondanti apporti di uomini e di materiale ricevuti un po' da ogni parte del mondo dal Governo repubblicano, ma riuscì a dare quella prima ossatura all'organismo militare e politico dei nazionali, che farà superare la sparsa guerriglia - in cui minacciavano di prevalere i « rossi » - sul piano di una sistematica, campagna militare. Nessuno ha mai negato, e tanto meno coloro che hanno dovuto duramente combattere avanti di piegarlo, il coraggio delle brigate internazionali e dei “dinamitoros” asturiani - per citate solo alcune fra le più famose formazioni « rosse » - ed è certo che la vittoria fu assicurata a Franco, oltre che da una più viva e precisa tensione ideale, dalla capacità tecnica, nel sistematico impiego dei mezzi bellici a sua disposizione, e dal fecondo ordine interno mantenuto nelle province governate dalla Giunta nazionale di Burgos.

L'intervento italiano in Spagna divenne più largamente e più efficacemente operante con l'inizio del nuovo anno. Poco prima di Natale erano sbarcati a Cadice i primi reparti inquadrati ed equipaggiati dei volontari italiani arruolatisi nel Tercio : avanti questo primo trasporto di uomini, effettuato sotto la vigile scorta della R. Marina, l'intervento italiano si era limitato alla cessione di alcuni aeroplani e, più che altro, ad un'assistenza politica generale. Nel frattempo aiuti di ogni genere, anche se meno organizzati, erano forniti al Governo repubblicano un po' da ogni dove : ma principalmente da parte della Francia e della Russia. I russi lavoravano con più metodo: ma era il solito metodo di azione corrosiva ed insurrezionale proprio della propaganda sovietica, che non era il più adatto per una lotta di largo impegno militare; quanto ai francesi, era risorto in Francia quello spirito tra il tracotante ed il festaiuolo che aveva caratterizzato la campagna antifascista organizzata pochi mesi prima dal Fronte popolare. Mentre la Germania muoveva le sue pedine non senza una certa parsimonia, ma sopratutto con una accurata risolutezza, l'Italia, che non aveva ancora smobilitato i suoi appostamenti bellici in Africa Orientale, affrontò la nuova prova, come un corollario della campagna appena vittoriosamente sostenuta.

Il tentativo inglese di minimizzare il nostro successo africano aveva toccato nel vivo gli ambienti responsabili romani: il mal represso, o addirittura dichiarato, livore dei circoli politici parigini, di molta stampa internazionale e di vaste cerchie antifasciste allignate un po' dovunque, in ogni classe sociale ed in ogni Paese, avevano ammonito l'Italia a salvaguardare e consolidare i risultati della sua impresa coloniale. L'intervento italiano, incominciato così in sordina, verrà rivelandosi sempre più nei lunghi sviluppi del conflitto spagnolo fino ad affermarsi palesemente in una fraternità d'armi, d'interessi e di ideali con la nuova Spagna nazionale.

Mentre più vivace era lo scambio di accuse e minacce tra Francia e Russia da una parte, Italia e Germania dall'altra, intorno alle inadempienze ed ai controlli per il non intervento in Spagna; e mentre nei commenti della stampa internazionale si faceva un gran dire sugli atteggiamenti, gli interessi, i moventi - più o meno reconditi - delle grandi Potenze continentali nei riguardi del conflitto spagnolo, scarsa era l'attenzione che veniva prestata alla parte tenuta dall'Inghilterra come se l'ospite del Comitato di non intervento fosse il meno interessato alla faccenda, tanto da poter addirittura apparire al di sopra della furiosa mischia continentale. Eppure qui non era questione d'isolazionismo o di assenteismo britannico per le baruffe europee: appunto perché, come isolani direttamente interessati -a quanto può toccare le vie del mare, gli inglesi non potevano sentirsi estranei ad un conflitto che aveva per teatro il Mediterraneo occidentale. Gli è che il Governo inglese proprio perché si sentiva il più direttamente interessato agli sviluppi di questo « imbroglio » spagnolo, aveva saputo condurre una politica di estrema finezza e di grande abilità.

Fin dal primo momento aveva calcolato che le forze, portate a contrasto diretto su questo scacchiere spagnolo, avrebbero potuto equivalersi in una certa situazione di equilibrio. In Francia si meravigliavano che da oltre Manica non si reagisse al tentativo di sopraffazione delle Potenze antidemocratiche, così come qualcuno da noi voleva gridare allo scandalo perché a Londra si restava indifferenti di fronte ad un tentativo comunista nell'Europa occidentale. Ingenui gli uni non meno degli altri : il Governo inglese ben sapeva che altre Potenze si sarebbero presa (anzi si erano già presa) la briga di arginare l'ondata comunista, e, d'altra parte, stimava che le forze «rosse» in via d'impegnarsi (e già impegnate) erano sufficienti per impedire la pretesa sopraffazione degli Stati « totalitari »; perché impegnarsi, dunque, in un ginepraio di così disparati interessi, in un pericoloso conflitto d'ideologie? Meglio cercare di sfruttare la situazione dominandola dall'alto.

L'Inghilterra era tutt'altro che indifferente agli avvenimenti spagnoli, tanto da volersi assicurare in ogni caso l'amicizia del contendente più fortunato, che arrivato stremato alla vittoria, avrebbe dovuto cercare, nel valido appoggio inglese, la forza di sottrarsi ad ogni debito di riconoscenza verso i premurosi amici che lo avevano aiutato nella lotta fratricida. Questo il disegno della tela che l'astuta Albione veniva intessendo intorno al drammatico svolgimento delle vicende spagnole, coadiuvata, più di quanto non fosse generalmente considerato, dalla non sempre rettilinea politica del Governo portoghese.

Dopo il primo anno di guerra, quando si delineò l'irreparabile insuccesso politico e militare del Governo « moderato » di Negrin, e la vittoriosa avanzata dei « nazionali » verso il Nord venne a dimostrare proprio nella regione più sensibile agli interessi britannici la loro superiorità nell'ordine politico e nella organizzazione militare, il Governo inglese incominciò a manifestare la sua attenzione, e quasi la sua simpatia per le azioni del Generale Franco. Quando le truppe legionarie e navarrine entrarono in Bilbao, la gran maggioranza dell'opinione pubblica inglese - che neppure due mesi prima si era tutta commossa per il blocco delle coste basche - salutò quasi con soddisfazione la vittoria nazionalista. Vittoria che fu subito seguita (se non addirittura preceduta) da attive conversazioni sul regime delle miniere basche controllate dal capitale britannico.

Fu allora che prese a delinearsi una manovra inglese intesa a distaccare Franco dai suoi amici e alleati. Come ad un segno convenuto, tutta la stampa inglese viene a sostenere che il Generale Franco dà segni evidenti di non più gradire la premurosa amicizia di Roma e di Berlino. Lo stesso Governo di Valenza rimane vivamente impressionato per questa benevola attenzione inglese in favore della Giunta di Burgos ed il Primo Ministro Negrin, con il suo Ministro degli Esteri, corre, anzi vola, a Parigi per avere chiarimenti ed assicurazioni.
E’ un momento di generale incertezza che sorprende amici e nemici di Franco, il quale rompe il silenzio per dichiarare allo stesso corrispondente del Times ch'egli non può acconsentire alcun ritiro di « volontari » e smentisce recisamente ogni. cambiamento nei suoi rapporti con il Governo italiano. La manovra è fallita, ma rimane di vivo interesse mettere in luce l'intervento - se vogliamo indiretto - dell'Inghilterra in Spagna e l'evoluzione dei suoi rapporti con l'Italia.

Occorre infatti ricordare che il primo riavvicinamento italo-inglese dopo la crisi etiopica, consacrato in quello che fu detto “gentlemon's agreement”, coincide esattamente con l'invio dei primi contingenti italiani in Spagna. Si è già detto delle origini di questa schiarita, che si era venuta sempre più precisando attraverso le dichiarazioni di uomini responsabili della politica dei due Paesi, il ritiro del distaccamento indiano da Addis Abeba e le riprese degli scambi commerciali italo-britannici. Il 2 gennaio 1937 veniva, dunque, sottoscritto a Roma un accordo fra i due Paesi per il rispetto dello “stata quo” politico e territoriale del Mediterraneo, e sui loro rispettivi interessi, nonché per il miglioramento dei loro rapporti. Ora, non è senza interesse ricordare un episodio che certo non è privo di significato : il giorno dopo la pubblicazione di questo accordo mediterraneo italo-inglese, le agenzie giornalistiche britanniche diffondevano la notizia di uno sbarco di numerosi contingenti di volontari italiani in Spagna intorno a Natale e Capodanno.

Proprio in quei giorni veniva perfezionato il gentlemen's agreement : poteva il Governo inglese ignorare il transito attraverso il Mediterraneo occidentale di un numeroso convoglio di navi da trasporto scortate da unità della nostra Marina? Evidentemente no; eppure non solo aveva affrettato la conclusione delle conversazioni romane, ma aveva anche impedito la diffusione di una notizia che avrebbe potuto provocare delle reazioni contrarie alla conclusione dell'accordo. La coincidenza di data fu rilevata, e qualcuno accennò anche ad una (!!!) connivenza inglese per l'intervento italiano. L'atteggiamento generale tenuto allora, ed anche nei mesi successivi, dal Governo di Londra, non autorizza affatto a credere che questo si fosse già deciso per favorire la vittoria di Franco che era ancora lungi dal precisarsi come probabile. il piuttosto da credere che altre fossero le ragioni di questa « connivenza » inglese.

L'« imbroglio » spagnolo aveva favorito un ulteriore riavvicinamento nei rapporti tra Roma e Berlino. Non era bastato cancellare l'affronto sanzionistico per ridare vita all'antica situazione d'interessi fra l'Italia e la Germania : comunque, nuove ragioni per riconoscere l'opportunità di un'ulteriore coincidenza di comportamento fra il Governo tedesco e quello italiano furono tosto offerte dalla insurrezione di Franco. L'Italia diede il primo aiuto di aeroplani, ma, subito dopo, l'interessamento della Germania per la riuscita del tentativo nazionale in Spagna si fece intenso. Fu allora che si determinò l'opportunità di regolare tra il Governo italiano e quello tedesco i modi e l'intensità delle loro rispettive ingerenze nell'affare spagnolo. Il conte Ciano si recò a Berlino ed ottenne il riconoscimento dei nostri prevalenti interessi mediterranei. Questo successo della diplomazia italiana venne a rinsaldare considerevolmente i rapporti italo-tedeschi, nella precisazione di un reciproco comportamento tra i due Paesi, commentato in piena fiducia.

Mentre il Governo francese reagiva malevolmente - e malamente - con il ritiro dell'Ambasciatore a Roma, quello inglese, tutto all'opposto, (!!!) accelerava le riprese delle relazioni con l'Italia, perché questa non avesse a sentirsi nuovamente sola con la Germania. La conclusione delle trattative italo-inglesi, incominciata con delle dichiarazioni a distanza degli uomini politici e delle stampe dei due Paesi, importava necessariamente il benestare britannico all'ingerenza italiana in Spagna; il quale benestare, poi, poteva anche riuscire una mossa politica molto abile.

Nel momento in cui la Germania stava per prendere una posizione preoccupante nell'assistenza al Generale Franco (e non era possibile impedirglielo pacificamente, mentre d'altra parte era prima necessario bilanciare i già considerevoli appoggi della Russia, della Francia e della Terza internazionale a favore dei « rossi » spagnoli), era meglio non lasciarla sola, consentire ed anzi - in certo qual modo - appoggiare l'intervento italiano anche nella segreta speranza che i due Stati totalitari potessero trovare poi tra di loro facili motivi di gelosia.

Questi intenti, per quanto reconditi, non sfuggirono alla stampa internazionale, e tanto meno al Governo tedesco, che inviò il Maresciallo Goering a fare una gita a Capri. Due settimane dopo la firma del gentlemen's agreement, Mussolini concedeva una rassicurante intervista al Vólkischer Beobachter : dieci giorni dopo lo stesso giornale riportava un'intervista del Conte Ciano, mentre a Berlino, nel suo discorso al Reichstag, Hitler ritirava la firma del Trattato di Versaglia.


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